Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

4. L’OBBEDIENZA1


Oggi, sabato, giorno che sempre dedichiamo a Maria, la nostra Madre, Maestra e Regina, è perciò anche per noi un giorno di maggiore speranza per la guarigione della Prima Maestra. Certamente già avete pregato e nasce spontaneo nel cuore questo pensiero e ci facciamo questa domanda: Che cosa vuole il Signore da noi? Quale sarà la preghiera, la promessa, il sacrificio gradito al Signore perché ci conceda questa grazia? Chi vorrà fare una cosa e chi un’altra, e qualcuna arriverà anche a dire: Signore, se volete prendete me che sono un servo inutile e conservate colei che tanto ha già operato e che tanto può ancora operare, secondo le nostre viste.
1. Anzitutto dobbiamo pensare che il Signore tutto quello che dispone o permette lo fa in sapienza ed amore. Ma per compiere una cosa gradita al Signore, per fare la preghiera più efficace, la promessa di maggior merito, fare questo: impegnarci a considerare sempre il Signore in coloro che ci guidano. Nelle persone o nella persona che ci guida vedere la sua autorità, non tanto la persona in particolare, che avrà questo o quel merito, ma vedere il volere di Dio che ci viene manifestato attraverso quella determinata persona. Promettere in sostanza l’obbedienza, la docilità a coloro che ci devono guidare. Tenere quindi fermo il principio. Crescere in questa fede, in questo principio di fede: «Omnis potestas a Deo; quae autem sunt, a Deo ordinatae sunt»2. Il potere viene da Dio e tutto quello che
~
è stato disposto da Dio, deve rispettarsi. Quindi fare un atto di fede. Poi, secondo: se è Dio, un atto di amore alla persona, al mezzo di cui si serve per comunicarci il suo volere. E terzo: eseguire docilmente quello che viene disposto.
Un atto di fede: nella persona e nelle persone che ci guidano, non guardare tanto le qualità naturali: è buona, è sapiente, è premurosa, è umile, è forte, ha fede, ecc. Certo, più qualità buone ci sono in chi guida e più siamo inclinati a stimare, oltre che il volere di Dio, anche la persona, il mezzo con cui Dio ci comunica il suo volere. Ma non è quello il motivo di docilità: il motivo fondamentale, sostanziale, è l’autorità di Dio. Questo non manca mai: sia che una persona sia santa di più e sia che lo sia di meno. È sempre Dio. «Non ad oculos servientes»3, dice S. Paolo. Non obbedendo così esteriormente, ma per principio, per amore di Dio, perché riconosciamo l’autorità di Dio. Atto di fede quindi nel potere, nell’autorità. E anche se ci fossero, non è il caso neppure di dirlo, tanto meno in questa circostanza, non sarebbe la verità, anche se ci fossero dei difetti notevoli, è il Signore. Gesù quando entrò nel mondo fece un atto di obbedienza, e da Nazaret, per decreto di Augusto, andò a nascere a Betlemme. E come entrò nel mondo in un atto di obbedienza, così morì. Pilato lo condannò; era l’autorità che rappresentava Roma, e Gesù si piegò. Allora: atto di fede. Questa fede non è abbastanza purificata, troppe volte si dice: Bisogna farlo, perché è tanto buona quella tal persona; perché c’è Dio che dispone con quella persona.
2. Amare la persona che ha questo ufficio penoso di guidare gli altri, perché è difficile guidare le volontà umane, molto difficile. Se voi girate la chiavetta della luce elettrica, ecco la lampada si accende; se versate l’acqua, va in basso. Dice il Salmo: «La natura fa il volere di Dio, obbedisce a Dio; e la neve e il ghiaccio, e il caldo e il vento»4, tutta la natura obbedisce a Dio, ma la volontà degli uomini è libera e allora è difficile qualche volta piegarsi.
~
Chi deve comandare ha grande difficoltà nel piegare la volontà umana, ha quindi un ufficio molto pesante. D’altra parte deve poi fare questo: deve intendere quale sia il volere di Dio sopra i sudditi e poi comunicarlo in una maniera buona, conveniente e ottenere la docilità. È difficile questo ufficio, non ve n’è altro in comunità più difficile che guidare le persone. Allora, amare le persone che guidano, giacché fanno tutti questi sacrifici, amarle e mostrare loro la nostra riconoscenza. L’amore però non sta nel lodare. Lodare sempre Dio: A quo cuncta bona procedunt: Senza del quale niente di bene procede5. Lodare il Signore, ma amare assieme quelle persone, quei mezzi con cui Dio ci comunica il suo volere.
Non dovremmo finalmente mettere fine alle critiche? Quanto fanno male e quanto scoraggiano e diminuiscono lo spirito di sottomissione, di docilità! Perché rilevando i difetti che cosa si ha di conseguenza? Che si disistima e si trova difficoltà a obbedire. Sempre lodare il bene che c’è. Vi sono a volte critiche continuate che accumulano tanto purgatorio e abbassano il livello morale della Congregazione. Perché non si deve mettere avanti il tanto bene che vi è? Mettere avanti questo e incoraggiare tutti, è un vero apostolato nella comunità.
3. Per ottenere la grazia, promettere la docilità in opere. Che cosa si ha da fare? [Primo.] Camminare con sincerità con chi guida, avendo un cuore aperto e lasciando che conosca il nostro bene e il nostro male, perché possa disporre sapientemente a nostro vantaggio. Non ipocrisie, ma cuore aperto, condotta chiara. Non due modi di operare: uno quando si è visti e l’altro quando non si è visti, uno di notte e uno di giorno, uno nell’interno e l’altro nell’esterno. No. Un solo modo semplice di operare: «Est est, non non»6. In modo che con schiettezza e con semplicità siamo conosciuti e quindi si possa disporre di noi nella maniera più sapiente e più vantaggiosa.
[Secondo.] Poi, ricevuta7 una disposizione subito ringraziare, non puntare le mani avanti con obiezioni quasi per al-
~
lontanare quanto è stato disposto. Ma riceviamola con le mani giunte, diciamo così, per esprimere la nostra riconoscenza al Signore che ci dà quel modo di fare il bene, quel modo di spendere la nostra giornata e la nostra vita a maggiore vantaggio nostro. Riconoscenza amorosa, un Deo gratias che nasca dal cuore e anche se qualche volta il comando non ci pare giusto, noi anzitutto pieghiamo la testa, poi se vi è qualche difficoltà si esprima, nel caso che chi guida non conosca quella circostanza o quella difficoltà. Ma l’anima sia disposta a seguire in caso che il comando sia confermato.
Terzo: eseguire docilmente; metterci cioè il cuore, in quella cosa, metterci la mente sia per intendere bene l’intenzione di chi ha disposto e sia nell’eseguire nella maniera più sapiente e più utile, con minor tempo, con maggior efficacia. Metterci poi la volontà e tutte le forze, e cioè obbedire con la mente, con il cuore, con la volontà. E oggi, e domani, finché dura quella disposizione.
Ricordare: «Erat subditus illis»8. Il Maestro divino ci dà l’esempio, era soggetto a Maria e a Giuseppe, due creature e obbedì perfino ai carnefici quando gli intimarono di stendere le braccia sulla croce per inchiodarlo. E allora la nostra disposizione ci porterà qui, che anche quando saremo per passare all’eternità: Sia fatta la tua volontà, o Signore, che è il grande atto di amore con cui passare all’eternità.
Dunque, se come desiderate tutte di cuore, volete fare una cosa utile a favore della Prima Maestra, fare questo: promettere di vedere in chi guida il Signore e disporre la nostra volontà e il nostro cuore e tutto il nostro essere ad eseguire docilmente, come Gesù eseguiva docilmente ciò che Maria e Giuseppe comandavano; come Gesù eseguì docilmente il comando dei crocifissori: «Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis»9. Ma fede ci vuole, non considerazioni umane, fede! Vedere cioè nell’autorità che ci guida il volere di Dio. «Quaecumque autem sunt, a Deo ordinata sunt». «Non est potestas nisi a Deo».
~

1 Predica tenuta a Roma il 23 febbraio 1957. Stampata in quartino (14,5x20) con la semplice indicazione: “Meditazione del Primo Maestro”. Sembrano esserci due edizioni, in una delle quali è indicata la data: “22.2.57”. Tuttavia essa non è esatta, perché all’inizio della meditazione si parla di “sabato” che corrisponde al giorno 23 febbraio, come è anche stato messo a mano nell’altro stampato. Non è indicato il luogo. A mano è stato aggiunto “Roma” e un titolo “L’obbedienza”. Dal Diario Sp. non sembra che il Primo Maestro abbia tenuto una meditazione; con probabilità ha rivolto la parola al folto gruppo di Figlie che in quel mattino hanno partecipato alla sua Messa alle ore 4 (p. 1452), per pregare per la Prima Maestra che in quel giorno doveva essere sottoposta a operazione di mastectomia.

2 Cf Rm 13,1: «Non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio».

3 Cf Ef 6,6: «Non servendo per farvi vedere».

4 Cf Sal 148,8.

5 Dall’Oremus della V Domenica dopo Pasqua.

6 Cf Mt 5,37: «Sì, sì, no, no».

7 Nell’originale: data.

8 Cf Lc 2,51: «…stava loro sottomesso».

9 Cf Fil 2,8: «…facendosi obbediente e a una morte di croce».