Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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10. LA DEVOZIONE ALLA MADONNA1



Si incomincia la novena allo Spirito Santo, e la devozione sarà specialmente con la recita del terzo mistero glorioso: La discesa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli e sopra Maria santissima.
Un pensiero adesso. Il Figliuolo di Dio venne a salvarci prendendo un corpo e un’anima come abbiamo noi per opera dello Spirito Santo nel seno santissimo della Vergine Immacolata. E come entrò nel mondo per Maria, così volle salire al cielo, lasciare la terra alla presenza di Maria. Perciò, la mattina dell’Ascensione, come commemoriamo domani, egli apparve agli Apostoli radunati insieme a Maria, li invitò a seguirlo, e salì sul monte dell’Ascensione. Maria seguiva. Là Gesù benedisse gli Apostoli e i discepoli che lo avevano accompagnato, lentamente si sollevò da terra, si alzò verso il cielo e una nube venne a toglierlo al loro sguardo; egli entrò nel possesso della gloria: Sedet ad dexteram Dei Patris: Lassù siede alla destra di Dio Padre2 .
Ora Gesù, e alla sua nascita, e alla sua morte e alla sua ascensione, e nella vita privata, sempre volle essere accompagnato da Maria. Questo che cosa ci dice? Ci dice che noi dobbiamo amare teneramente, dobbiamo amare con tutta la mente, con tutto il cuore, con le intenzioni di Maria. Sempre Maria! Gesù volle morire alla presenza di Maria e Gesù volle salire al cielo alla presenza di Maria. Maria sempre con noi! Perché? Perché il devoto di Maria si salva. Ecco il gran pensiero da ritenere: imitiamo Gesù stando sempre con Maria. Il devoto di Maria si salva3. Vi è un Dottore della Chiesa4 che si esprime
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così: Vi sono tre sacramenti che imprimono il carattere: il Battesimo, la Cresima e l’Ordine. Chi riceve il Battesimo ha il carattere di cristiano e tuttavia può perdersi. Chi riceve la Cresima ha il carattere di soldato di Gesù Cristo e tuttavia può perdersi. Chi riceve l’Ordinazione sacerdotale ha il carattere di ministro di Gesù Cristo e tuttavia può perdersi. Ma soggiunge quel Dottore: Vi è come un quarto carattere che non è uguale ai tre primi già detti, ma è una specie di carattere: il carattere della devozione a Maria. L’anima molto devota di Maria ha quel carattere. E dice: Qui habuerit caracterem eius, salvabitur: chi ha il carattere della devozione a Maria sarà salvo.
Così ogni anima che considera se stessa, trova che la devozione a Maria, è una devozione costante, una devozione veramente pratica, e trova che il suo cuore nutre questa devozione. Ecco, può essere serena, fiduciosa: Qui habuerit caracterem eius, salvabitur, sarà salvo. E perché questo? Perché Maria è la Madre di grazia, Mater divinae gratiae, è la distributrice della grazia. Madre in quanto ce la impetra; ed è la distributrice in quanto ella pensa a noi e dà a noi quello che più è necessario. Ora, quale grazia è più importante e più necessaria che la salvezza eterna? I fedeli sono soliti a ricorrere a Maria più per le cose materiali che per le cose spirituali. Ci sono dei difetti; si commettono dei peccati veniali, così si affliggono, ma se hanno una malattia, ecco allora corrono dai medici, e va bene; si lagnano dei mali che hanno, ma in questi casi ricorrono anche a Maria. Poche volte ricorrono a Maria per correggersi dall’orgoglio, dagli attaccamenti vani; poche volte ricorrono a Maria per togliere le loro passioni, la sensualità specialmente, la pigrizia, la tiepidezza. Ricorrono invece per le cose materiali. Ma la Vergine in primo luogo vuole farci le grazie spirituali. Ella vuole che noi arriviamo alla salvezza; vuole che il sangue sparso dal suo Figliuolo Gesù sia applicato a noi in salute e salvezza eterna. Maria, desidera quello che desidera Iddio. Ora, che cosa vuole Iddio? Perché ci ha creati? Per il paradiso. Ci ha creati per il paradiso. In Maria, nel cuore di Maria vi sono gli stessi desideri che vi sono nel cuore di Gesù, il quale è venuto perché avessimo la salvezza: «Veni ut vitam habeant et
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abundantius habeant»5. E Maria, avendo gli stessi desideri del Figlio suo Gesù, vuole, cerca la nostra salvezza eterna. Questa è la grazia che più di tutte chiede per noi: la salvezza eterna. Ora Maria distribuisce le grazie, Maria è madre, Mater divinae gratiae, ma particolarmente di questa. Perciò se la preghiamo, ci darà tante grazie, ma particolarmente la salvezza e tutti i mezzi che ci conducono a salvezza, cioè evitare il peccato, crescere nella virtù, e ricevere bene i sacramenti: in sostanza vivere bene. Maria ci chiede la salvezza eterna e tutto quello che è necessario perché arriviamo alla salvezza eterna. Questa è la grazia suprema, e questa è la grazia che ci concede Maria.
Quante volte forse noi preghiamo Maria e le domandiamo una cosa, magari materiale, ma ella ci esaudisce in modo materno. Non ci dà sempre quel che chiediamo, ma ci dà ciò che è migliore per noi. Alle volte il bambino chiede una cosa alla mamma, ma la mamma vede che è di danno alla salute, un cibo che può fargli male, e sebbene il bambino pianga, la mamma buona glielo nega. E altre volte il bambino non vuole prendere la medicina, perché è amara e la mamma lo sforza, lo convince, insiste e gliela fa prendere. Tutto per la salute del bambino, sia quando nega una cosa e sia quando ne dà un’altra. E così tutte le preghiere che facciamo a Maria, Maria le esaudisce in modo materno, secondo quello che ci è più utile. È buona questa Madre, tanto buona!
La nostra pratica sarebbe questa: Io ho tante grazie da chiederti…, e possiamo anche numerare le grazie che vediamo necessarie, ma poi abbandonarsi nel cuore di Maria: Tu, Madre, dammi però quello che vedi più utile per me. Tu hai una sapienza altissima, tu hai un amore profondissimo per me, tenerissimo per me; io mi rimetto a te. Rimettersi nelle mani e nel cuore di Maria, più intimamente di quanto ci rimettiamo nelle mani dei medici. Noi ci rimettiamo nelle mani dei medici e prendiamo volentieri quello che ci ordinano. Ed è giusto, perché il medico ha appunto compiuto studi e ha un’esperienza, la sua esperienza di professionista. Allora ci rimettiamo a lui,
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ed è giusto e doveroso. Rimetterci con confidenza, ed eseguire per virtù di obbedienza quello che ordina il medico. Oh, quanti meriti si possono guadagnare obbedendo al medico! S. Pio X6 obbediva al cuoco, allorché egli aveva ancora in Vaticano i cuochi; poi hanno cambiato. Stava tranquillamente nello studio, scrivendo o leggendo finché venivano a chiamarlo. Subito si alzava, qualche volta non finiva di scrivere la parola, troncava la parola a metà. Così anche nelle altre cose: obbedientissimo nelle cerimonie, per far questo o quello, e per tutti i movimenti. Vedete all’altare quando c’è la Messa solenne, ci deve essere il cerimoniere che ordina: Surgat, sedeat, ecc..
Le nostre obbedienze devono essere così in tutto, quindi l’obbedienza al medico, l’obbedienza a coloro che hanno l’ordine di dare i segnali, supponiamo di andare a tavola o il segnale della levata. Obbedire, come diceva quel santo uomo, ai superiori morti e ai superiori vivi. Superiori morti: il campanello, questo è uno; e i superiori vivi, per esempio, l’assistente o chi presiede un reparto. E tra i superiori vivi, quando andiamo dal medico, vi è il medico. Oh, noi ci fidiamo ed è giusto e doveroso. Allora fidarci di più di Maria. Noi confidiamo nella scienza e nella sapienza del medico, confidiamo quindi nella sapienza e nell’amore che ha Maria per noi. Pregate, abbandonandovi in Dio; questo è più che pregare per chiedere una grazia particolare, sebbene sempre chiediamo le grazie che sappiamo che piacciono sicuramente a Maria.
E noi eseguiamo i nostri propositi, seguiamo la vocazione, evitiamo il peccato, cresciamo nelle virtù, siamo sempre sicuri che questo piace a Maria. Allora le grazie noi le chiediamo: Si Domino placuerit: Se piace al Signore. Anche nello stesso lavoro di perfezionamento, per esempio, correggerci, acquistare una virtù o un’altra, anche in questo, abbiamo da confidare e affidarci a Maria, abbandonarci in lei. A volte si chiede la carità, ma dentro forse vi è una punta di orgoglio che guasta tutto. Allora Maria ci dà l’umiltà, non la carità. Maria vede molto più quello che ci è necessario. A volte vorremmo essere senza tentazioni, ma la Vergine vede che avere la lotta e la bat-
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taglia sono più utili per noi: «Quis me liberabit a morte corporis huius»7, ho pregato tre volte il Signore che mi liberasse da certe tentazioni, sì, e certe sono umilianti, ma siamo uomini. Vi sono tentazioni umilianti e siamo...8. E si adoperano molti mezzi per andarne esenti. Andremo esenti da alcune tentazioni, da parecchie tentazioni, per esempio, vivendo in clausura. Tuttavia non si va esenti da ogni tentazione, perché quando è finita una ne comincia un’altra. Che cosa ha risposto il Signore a S. Paolo che chiedeva di essere liberato da quelle tentazioni: No, gli ha detto un bel no. «Ti basti la mia grazia»9, e voleva dire: Prega e combatti.
Quindi la Vergine non ci libera da ogni tentazione, ma o ci libera dalla tentazione o non permette che cadiamo nella tentazione. Vincere le tentazioni, quanto merito accumula! Quante volte forse si guadagna più in una lotta serrata, continuata, combattendo su un punto determinato che nel fare la Comunione, che nel fare la Visita. Ma fare la Comunione, fare la Visita non è più che vincere una tentazione brutta? In sé la Comunione è un sacramento, però quello che proprio guadagna il merito è la fermezza nello stare attaccati alla volontà di Dio. Voler ad ogni costo, magari con tutte le difficoltà che si oppongono, stare uniti a Dio di volontà. La tentazione è dentro al cuore e sembra che ecciti tutto il nostro essere, almeno tutta la parte inferiore, ma la volontà è con Dio. Questa unione di volontà con Dio è la perfezione. Vi sono Comunioni che sono anche offerte e non ci uniscono così completamente a Dio quanto certe lotte combattute, lotte che si prolungano alle volte per giornate, per mesi e anche per anni.
Una continua ad amare il Signore, a servire il Signore, ad essere osservante come buona religiosa, per anni e anni, senza consolazioni, neppure le consolazioni celesti, e senza l’approvazione degli uomini, i quali o ci trascurano o magari ci interpretano non bene. Questa ostinazione, diciamo, a stare con Dio, anche quando sembra che siamo abbandonati da Dio: «Ut
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quid reliquisti me: Padre, perché mi hai abbandonato?»10. Ma devo dire: «Nelle tue mani rimetto il mio spirito»11, obbedienza piena, accettazione della croce. Questa è unione di volontà, questa è perfezione.
Allora fidiamoci di Maria anche se non ci libera dalla tentazione. È una mamma che cerca veramente il nostro bene. Rimettiamoci a lei. E questo vorrebbe dire che noi abbiamo scelto lei. Le vogliamo chiedere solo la santificazione, la salvezza in primo luogo. E noi siamo contenti di questo. Siamo contenti, perché è il meglio, è il meglio. Ma vorrei avere anche le grazie materiali, chiediamole pure, perché il Signore ci ha detto di chiedere: «Da’ a noi il nostro pane quotidiano»12. Però abbandonati in Dio e cercando prima il regno di Dio e la santità e il resto, che è materiale, ci sarà dato per giunta13.
Ecco la conclusione. La nostra vita sia sempre accompagnata da Maria, nella certezza che chi è più devoto di Maria si salva e chi è molto devoto di Maria arriva alla santità. Pregare sempre Maria, ma in fondo abbandonarsi nelle sue braccia materne, dormire sul cuore di Maria come il bambino che quando è stanco, quando ha sonno, si addormenta nelle braccia della mamma, posando la sua testolina sul petto della madre. E così fate alla sera per addormentarvi; e così mettiamoci al mattino tra le braccia di questa Madre. E le giornate passino con lei, per amore di Gesù; le giornate e la vita passi con lei per assicurarci la salvezza e la santità.
Oggi, domani, recitare alcune volte il secondo mistero glorioso e contemplare Gesù che benedice dal vertice del monte i suoi apostoli, le pie donne e i discepoli che l’avevano accompagnato e fra essi Maria. E poi si solleva al cielo: contemplare questa scena. Noi aspetteremo il cielo, se sappiamo farci accompagnare nella vita da Maria; in sostanza, se siamo devoti di Maria.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il 26 maggio 1957. Trascrizione da nastro A6/ an 29b = ac 50b.

2 Cf Credo o Simbolo degli Apostoli.

3 Espressione cara a Don Alberione, sovente ripetuta negli scritti, nella predicazione e nelle preghiere. Un esempio per tutti: cf 5° punto della Coroncina alla Regina degli Apostoli.

4 Testo attribuito a S. Bonaventura da Bagnoregio (ca. 1217-1274).

5 Cf Gv 10,10: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

6 Pio X, Giuseppe Sarto (1835-1914), nato a Riese (Treviso), papa dal 1903.

7 Cf Rm 7,24: «Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte».

8 Mezza frase incomprensibile.

9 Cf 2Cor 12,9.

10 Cf Mt 27,46.

11 Cf Lc 23,46.

12 Cf Mt 6,11.

13 Cf Mt 6,33. Questa espressione evangelica è caratteristica dell’insegnamento di Don Alberione e dello stile di vita dei primi paolini e delle prime paoline. Lo spirito del Patto si rifà a questa frase.