Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. FESTA DEGLI ANGELI CUSTODI1


Grande dovere è lodare gli angeli, specialmente gli angeli destinati alla nostra cura, gli angeli custodi. Ringraziare e riparare i torti e la sconoscenza che abbiamo avuto, e poi supplicarli, pregarli, perché continuino la loro assistenza, e non solo, ma che noi abbiamo la grazia di seguire e ascoltare le loro buone ispirazioni.
Primo, ringraziare il Signore, ma intanto lodare gli angeli. Gli angeli sono creature del tutto spirituali; non sono esseri ragionevoli o razionali, ma sono intelligenti, essi vedono, mentre noi dobbiamo ragionare per trovare la verità. Essi la vedono in Dio la verità. Quindi sono sommamente intelligenti e potenti, potenti più dell’uomo, sopra l’uomo, quindi creature ammirabili, creature che sono state fedeli a Dio. Gli angeli custodi sono di quella schiera che seguì S. Michele nel paradiso quando gli angeli erano in prova e Lucifero si era ribellato. Allora S. Michele alzò la bandiera e pronunciò quelle parole: Chi può essere simile a Dio?2. Rimasero fedeli gli angeli buoni e per gli altri, gli angeli infedeli, fu creato l’inferno3. Quindi abbiamo da lodare e ammirare queste creature.
In secondo luogo abbiamo da ringraziare queste creature per la benevolenza che hanno verso di noi. Noi non eravamo ancora in grado di capire il beneficio della loro custodia, ma ecco che accanto a noi, appena noi abbiamo ricevuto l’essere, il Signore ha mandato un angelo il quale ci ha accompagnati e ci accompagna tuttora, e non ci lascerà finché noi non saremo arrivati ad essere con i beati e con gli angeli in cielo. Quindi l’angelo custode ha vegliato sulla nostra culla quando eravamo
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bambini, e ci ha accompagnato in quei primi tempi in cui non avevamo ancora l’uso di ragione. Chissà da quanti pericoli ci ha difeso, pericoli del corpo e pericoli dell’anima, specialmente nei momenti in cui si cominciava a conoscere il bene e il male! E ci ha accompagnato la notte, il giorno, a scuola, in chiesa, per strada, a studio, nelle nostre occupazioni. E quanto ha lavorato per la nostra vocazione con le sue ispirazioni, quante volte ci ha allontanato dai pericoli del corpo, ma specialmente dai pericoli dell’anima! Quando saremo al giorno del giudizio comprenderemo i benefici continui di questo amico, l’amico fedele il quale ci assiste anche da infermi, ci assiste anche in morte, e continuerà a pregare per noi, se noi cadessimo in purgatorio per purgare le nostre mancanze e pagare i nostri debiti. Chi può immaginare un amico più fedele, e un amico più grande? Perciò S. Gregorio dice: Quanto è grande la dignità di un uomo, di un’anima che meritò di avere da Dio un così grande custode4, un angelo che sempre ci assiste.
All’angelo custode dobbiamo anche riparazione. Quante volte abbiamo ascoltato la sua voce, e quante volte non abbiamo ascoltato l’ispirazione? Perché se il demonio ha potere di tentare, l’angelo ha potere di costruire e difendere. «Angelis suis mandavit de te ut custodiant te in omnibus viis tuis». Il Signore ha mandato un angelo, perché ti custodisca in tutti i passi, in tutte le ore della giornata: «Ne forte offendas ad lapidem pedem tuum»5, perché tu non abbia a cadere. Quante volte forse noi abbiamo fatto un po’ i sordi e abbiamo lasciato che il demonio lavorasse con le sue insinuazioni nell’anima. Sì, alla destra di essa l’angelo e alla sinistra, un po’ indietro, il demonio cerca sempre di avvicinarsi.
Gli angeli hanno grande relazione con l’uomo e dobbiamo subito pensare che fin da principio satana tentò i nostri progenitori, e gli angeli cominciarono a custodire l’uomo. «Ecce ego mitto angelum meum ante te ut precedat te in via et introducat te in locum quem paravi: Ecco che io mando l’angelo
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mio davanti a te che ti accompagni sulla strada della vita, ti difenda e ti introduca al posto, al luogo che ti ho preparato»6, cioè il paradiso. Ed egli, dice ancora la Scrittura, non ti lascia ancorché tu ti mostri ingrato e invece di ascoltare le sue ispirazioni, tu finisca per ascoltare invece la tentazione del demonio: «Non dimittet cum peccaveris»7, non ti lascia anche se sei stata ingrata. Allora, riparare almeno una volta all’anno la nostra ingratitudine, la nostra sconoscenza.
Abbiamo poi, in quarto luogo, da supplicare gli angeli. L’Angelo di Dio è la preghiera che abbiamo da recitare ogni giorno, perché l’angelo ci illumini, ci governi, ci regga e poi ci sostenga, ci difenda da tutto il male. Se pensassimo bene che quando si prega accanto a noi c’è l’angelo che prega, e se qui in chiesa, supponiamo siete cinquanta, ci sono cinquanta angeli custodi e che gli angeli hanno l’ufficio di prendere le nostre preghiere per presentarle a Dio, mentre aggiungono le loro. Se pensassimo che per strada ci è accanto l’angelo e che nelle notti l’angelo veglia sopra di noi. Se pensassimo che è proprio lì per illuminarci nei dubbi, per sostenerci in quelle occasioni, per difenderci nelle tentazioni, perché noi siamo illuminati nella nostra mente, e si calmino le passioni e quegli eccitamenti che tante volte vengono dalla natura e altre volte sono prodotte dal nemico, da satana. Vi è una grande lotta: in paradiso si è combattuta la battaglia tra gli angeli buoni e gli angeli cattivi; e questa battaglia che si è combattuta in paradiso ora si è trasportata in terra: gli angeli combattono e lavorano per la nostra salvezza, e il diavolo lavora e si insinua per la nostra perdizione. Oh, satana fa ancora tante vittorie! Perciò alla fine della Messa preghiamo sempre che S. Michele8 cacci nell’inferno quei diavoli che circolano continuamente ad perditionem animarum, per la perdizione, per la rovina delle anime.
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Poi facciamo i nostri propositi. Tu verso l’angelo abbi riverenza: «Angelo tuo reverentiam habes». Riverenza, cosa vuol dire? Rispetto, perché è presente, ti vede. E se tu non faresti certe cose davanti a una superiora o a una persona di autorità, e non diresti certe parole e, se quella persona penetrasse nella tua mente e nel tuo cuore, non terresti quei pensieri e quei sentimenti, perché ti permetti quelle azioni, quelle parole, quei sentimenti mentre sai che l’angelo ti vede, ti sente e ascolta, e sai che gli angeli notano tutto nel gran libro del premio che sarà portato al giudizio? Riverenza, riverenza all’angelo.
E poi benevolenza, perché egli ci ama. Il che significa che noi dobbiamo amare l’angelo, amarlo perché ci ama, ma un amore che si dimostri con i fatti, con l’ascolto, con l’aver fiducia in lui, nella sua custodia.
Terzo dovere è proprio questo della fiducia perché egli è destinato veramente a noi, ha l’ufficio di custodirci. Come una persona che viene destinata a un ufficio, supponiamo la Maestra è destinata a farci scuola, e noi dobbiamo ascoltarla, ubbidirla e credere al suo insegnamento, accettarlo volentieri e poi praticarlo, com’è utile per la nostra vita. Quindi riverenza, poi amore e nello stesso tempo fiducia pro custodia. Fiducia grande.
Voi avete scelto questo giorno per festeggiare il santo angelo custode, ma anche per ricordare le suore le quali sono come gli angeli custodi9 delle inferme. Oh, sì, gli angeli i quali compiono tre uffici:
Primo, illuminare. Essere in una casa di cura come questa, non è essere in una clinica o in un ospedale comune, per quanto anche là si possano trovare suore che hanno cura amorosa delle inferme. Le suore qui in primo luogo sanno che l’infermità ha dei fini nella mente di Dio. Il Signore tante volte permette l’infermità, per che cosa? «Infirmitas haec non est ad mortem, sed pro gloria Dei»10, diceva Gesù parlando dell’infermità di Lazzaro; questa infermità non è per la morte, ma per la gloria di Dio. Cioè il Signore nella sua bontà tante volte ci ferma un
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po’ nella vita, perché entriamo in noi stessi e ci ricordiamo di più che la nostra vita ha un fine: il paradiso. E noi dobbiamo lavorare sempre e solo per quel fine cioè il paradiso. Allora l’infermità è un orientamento.
Le suore fanno due missioni: la cura del corpo e la cura dell’anima. Anche senza tante prediche, tutto il complesso della vita è una predica con gli esempi. In secondo luogo, molte malattie non guariscono solo per le cure fisiche, quanto per la preghiera. Prima ancora delle cure materiali, corporali che sono necessarie, le suore infermiere Figlie di San Paolo, pensano a pregare. Si dice di un medico che ne guariva assai più con la preghiera che non con le medicine. Santo medico, bene! Abbiamo da ricordare che se da una parte le suore si spendono e sovraspendono nelle cure che riguardano la salute corporale, vi è in noi la fiducia in Dio, il quale vuole che ci serviamo dei mezzi quali sono le medicine, le visite, i controlli, e anche le operazioni e tutto quello che in sostanza è proprio del medico e dell’infermiera. Il Signore vuole questo, è sua volontà che ognuna si curi. Però la cura migliore viene dalla preghiera, dalla fiducia in Dio. Io spero che tante guariscano proprio per le preghiere che si fanno qui, perché quando le suore inferme stanno ancora a riposare, e giustamente e devono farlo, le suore infermiere sono già in chiesa, e non pregano solo per sé, ma pregano per tutte le suore inferme a loro affidate. Prevengono non soltanto con il lavoro, ma soprattutto con la preghiera. E Gesù che è il medico, che è il buon samaritano, come accoglie questo atto di carità! Se è detto: «Ero infermo e mi avete curato»11, tanto più questo si applica alla preghiera, alla cura spirituale.
Appoggiarsi a Dio che può illuminare il medico, il quale può illuminare l’infermiera, può illuminare specialmente l’inferma, affinché dalla malattia abbia doppio vantaggio: una cura fisica, corporale e una cura spirituale. Quindi la duplice missione dell’infermiera Figlia di San Paolo. La duplice missione: ecco le sante parole, le parole di incoraggiamento, le parole che ricordano le sofferenze di Gesù, che ricordano le sofferenze di Maria. Ricordano che la malattia è un’occasione di maggior
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santificazione; la malattia è un’occasione in cui dal tabernacolo, da questo medico delle anime e dei corpi che è Gesù, venga una luce che invade l’anima, e finalmente noi indirizziamo tutta la vita, ogni respiro, ogni movimento al cielo, al paradiso: missione! Ecco vi sono istituzioni, le quali nell’approvazione della Chiesa devono fare questo: curare i malati corporalmente e curare i malati spiritualmente. Quindi riconoscenza.
Secondo, ascoltare. Quanto è preziosa l’obbedienza e l’abbandono in Dio nella malattia! Qualche volta l’opposizione oppure la difficoltà è proprio quella che causa l’aggravarsi del male o il ritardare la guarigione. Entrare qui non è come entrare in un ospedale comune: è anzitutto rimettersi a Dio; venire a soffrire vicino a Gesù, venire a curarsi vicino a Gesù e con l’intenzione di guadagnare la salute del corpo, se piace al Signore, ma soprattutto di guadagnare la santificazione dell’anima.
Abbandonarsi nelle mani di Dio e di chi ci deve curare, cioè dei dottori e delle infermiere, e poi quelle disposizioni che vengono date, quei rimedi che vengono applicati, e vengono consigliati. Non opponiamoci mai ai disegni di Dio: «Ti condurrò in una solitudine e ti parlerò al cuore»12, e non opponiamoci mai alla volontà di Dio, perché se la guarigione è legata a quel determinato rimedio, a quel determinato modo di comportarsi, assecondare. A volte vi sono disposizioni: ho visto vicino all’ingresso gli orari, orari delle visite, e gli orari interni. Abbandonarsi in Dio, seguire, perché è tutto il complesso che deve contribuire ad una maggiore santificazione e a ristabilire nella salute. Tutto il complesso della vita. Non è solamente prendere una medicina, non è solamente subire un’operazione, ma è abbandonarsi come bambine, con docilità di bambine e accettare tutto quello che è disposto. Qualche malata vuole curarsi come vuole lei, come se ne sapesse di più, oppure pensando che vi siano altri rimedi che non facciano così soffrire e non siano così disgustosi. Abbandonarsi nelle mani di Dio il quale si serve delle persone che vi amano.
Cosa dovrebbero desiderare coloro che si sacrificano notte e giorno come angeli custodi? Cosa dovrebbero desiderare se
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non la guarigione, se piace a Dio, oppure la santificazione per tutte? E se al Signore piacesse chiamarci, e che noi facessimo un buon transito? Vedete come non cessano di insistere presso il Signore anche dopo che qualcuna è passata all’eternità. Vi è allora il suffragio fatto con gran cuore, con cuore di sorelle.
La riconoscenza si dimostra non solo con la docilità, ma nella preghiera. Vedete, tutte siete impegnate a seguire quanto è disposto, affinché la casa nel suo complesso, per la tranquillità che viene ad avere per l’osservanza degli orari, per la docilità in tutto quello che viene disposto per le cure, tutta la casa abbia da portare maggior giovamento a ognuna. Se la casa è composta nella silenziosità come è, nella pietà, nella carità, e nella docilità, ne avrete vantaggio tutte. Le infermiere faranno più facilmente il loro ufficio, lo compiranno bene, l’impegno c’è sempre, ma voglio dire compiranno più utilmente il loro ufficio; utilmente per quelle che sono malate, quindi le guarigioni saranno favorite anche da questo complesso della vita ordinata e religiosa. Naturalmente ognuna deve ricordarsi che prima è religiosa e poi inferma; quindi le pratiche di pietà sempre, ma nello spirito e nel modo che è indicato nella casa, perché anche quello è medicina di santificazione, medicina per l’anima e medicina per la salute fisica.
Quindi pregare tanto e ciascuna contribuire, per quanto può, al buon andamento della casa. C’è tanto bisogno, e le autorità religiose quante volte ce lo ricordano, c’è tanto bisogno di avere case di cura apposite per le suore. Oh, sì, tanto bisogno! E una grazia che vorrei ancora suggerire, chiedere questa grazia agli angeli custodi oggi: che possano, almeno una o due suore arrivare proprio alla laurea in medicina. Questo sembra che sia lontano, ma il Signore ha tante vie. Affinché molte volte possiate avere cure più particolari e forse, in molti casi, accettate più facilmente. Quest’intenzione io l’ho messa nelle preghiere il giorno che abbiamo benedetto questa casa13. Che il Signore desse a questa casa sante infermiere, ma che fossero
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ben assecondate; e poi che queste infermiere potessero passare più avanti, e quindi il servizio all’infermo fosse sempre fatto secondo, vorrei dire, la delicatezza di una suora. Queste intenzioni le metterete anche voi e non temete che il Signore che ha mandato a S. Paolo, ha mandato il medico Luca, manderà anche a voi, chi sarà capace a curare non solo, ma avrà tutto quello che a una suora rende più facile certe cose che richiedono una speciale delicatezza. Ma con questo non voglio dire che non ci sia delicatezza, voglio dire che vi sono persone, le quali avrebbero più libertà per alcune cose. Questa intenzione piacerà certamente al Signore, e gli angeli custodi la prendano e la portino a Gesù il quale è il medico di tutti.
Dunque oggi duplice punto: primo, ravvivare la nostra devozione agli angeli custodi; secondo, vedere di facilitare l’opera dei vostri angeli custodi visibili che sono le infermiere; facilitare la loro opera, perché possano compiere la loro duplice missione: missione che riguarda il corpo e missione che riguarda lo spirito.
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1 Predica tenuta ad Albano il 2 ottobre 1957. Trascrizione da nastro A6/an 35a = ac 58b. Stampata in Spiritualità paolina, Figlie di San Paolo, Roma 1962, pp. 301-308. Si ritiene come originale la trascrizione.

2 Nella liturgia prima del Concilio Vaticano II, il 29 settembre era festa di S. Michele arcangelo. La citazione è presa dal Breviarium Romanum, II Nocturno, Lectio V, S. Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli, 34,8-9.

3 Cf Ap 12,7-10.

4 Ibid. III Nocturno, Lectio IX, S. Girolamo, Commento a Mt 18. La citazione di S. Gregorio è un lapsus comprensibile.

5 Cf Sal 91,11-12: «Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie… perché il tuo piede non inciampi nella pietra».

6 Cf Es 23,20.

7 Cf Es 23,21: «Egli non perdonerebbe la vostra trasgressione».

8 Cf Preghiera a S. Michele arcangelo composta da Papa Leone XIII nel 1884 da recitare alla fine della Messa. Questa preghiera continuò ad essere recitata fino al 1964, quando l’istruzione Inter oecumenici, n. 48, decretò la soppressione delle preghiere leoniane.

9 Nella casa di cura “Regina Apostolorum” le suore del gruppo denominato “angeli custodi” erano addette alla cura e al servizio delle ammalate.

10 Cf Gv 11,4: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio».

11 Cf Mt 25,36.

12 Cf Os 2,16.

13 La costruzione della casa di cura “Regina Apostolorum” di Albano fu iniziata nel 1947 e nel 1950 fu in grado di ospitare, oltre le Figlie di San Paolo con malattie infettive, anche altre monache di clausura che negli ospedali comuni avrebbero avuto minore assistenza, soprattutto spirituale.