Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

17. IL LAVORO SPIRITUALE1


Continuiamo la meditazione di questa mattina e veniamo a chiarire meglio il pensiero. Vi sono varie specie di lavoro. L’uomo è nato per il lavoro, dice la Scrittura2. Di quante specie è il lavoro? Vi è il lavoro manuale che è quello degli operai, muratori, contadini, che non è solo manuale, perché richiede anche intelligenza, ma è prevalentemente manuale. Vi è il lavoro intellettuale, che consiste nello studio, nell’insegnamento. Questo pure richiede fatica. Il professore nella scuola fa la sua fatica corporale, ma questa è prevalentemente intellettuale. Poi vi è il lavoro morale che si riferisce alla vita pratica, ai costumi. L’assistente che guida e conduce i giovani e le giovani nella via della disciplina fa lavoro morale. Il lavoro del professionista, il ministero, l’amministrazione dei sacramenti è chiamato proprio lavoro morale, sebbene abbia il nome di ministero. Invece quello dell’assistente è specialmente da chiamarsi morale. Ma vi è un lavoro per eccellenza di tutti i religiosi e la costituzione Sedes Sapientiae3 pubblicata recentemente dalla Santa Sede, distingue tre specie di vocazioni. La vocazione religiosa in cui l’aspirante si propone la propria santificazione, come il trappista il quale vive nella preghiera, l’esercizio della virtù per sé, sebbene le sue intenzioni si possano rivolgere ad altri come, ad esempio, per la santificazione dei peccatori, per la Russia, per la Chiesa, per le missioni, ecc. Tuttavia è in prevalenza lavoro di perfezione personale.
Poi la vocazione religiosa e apostolica: mentre si attende alla propria santificazione si mira all’apostolato e tutti i membri delle Famiglie Paoline, suore e discepoli appartengono a questa. Chi poi a questa unisce anche il ministero compie un
~
lavoro più completo, e questi sono i sacerdoti nel ministero pastorale. Ma qualunque vocazione uno abbia, sempre ha da compiere un solo lavoro: la santificazione propria. Quindi il lavoro interiore è ordinato alla santificazione nostra. E sia che uno eserciti un apostolato o l’altro, tutti devono compiere questo lavoro spirituale che chiamiamo interiore e che consiste nel purgarsi dai vizi e difetti, parte negativa, e poi nell’acquistare le virtù opposte, parte positiva. Se uno toglie solo i difetti, fa il lavoro negativo, il positivo consiste nel mettere le virtù; quindi purificazione dei difetti e conquista delle virtù. Alla superbia opporre l’umiltà, alla collera la mansuetudine, alla golosità, all’intemperanza la moderazione, alla sensualità la mortificazione. Così alla semplice ragione umana unire la fede, alla speranza umana unire quella soprannaturale, alla bontà naturale, la carità soprannaturale, l’amor di Dio. E poi sempre pensare: Ad quid venisti?4. Siamo venuti qui per fare questo lavoro soprannaturale, spirituale.
Il religioso, qualunque sia il suo ufficio, deve compiere il lavoro spirituale che è il massimo. Vi sono le Costituzioni che si compongono di quattrocento o cinquecento articoli, ma non sono che lo sviluppo del primo e del secondo articolo. Il primo articolo contiene tutta la santificazione, esso è come il germe. Nel germe c’è tutta la pianta con il suo fusto, il suo fiore, le foglie e il frutto che darà a suo tempo, ma il germe di tutto è nel seme. Così è del primo articolo delle Costituzioni.
Attendere alla perfezione mediante l’osservanza delle Costituzioni e la vita comune, che è più difficile dell’osservanza stessa dei voti. Perché la vita comune, importa più mortificazione: che ci sia carità vicendevole, compatimento, che ognuno sia socievole, che si viva nella letizia, la quale non consiste in risate sguaiate ma in continua uguaglianza di carattere e di spirito. S. Vincenzo de’ Paoli5, di cui abbiamo celebrato la
~
festa in questi giorni, era sempre uguale a se stesso, sia nei successi come negli insuccessi, nelle umiliazioni come nelle lodi che gli davano, sia infermo che sano, tanto quando aveva preoccupazioni o ne era libero. Sempre uguale a se stesso, il che comporta un grande dominio di sé per vivere in società. Se vogliamo vivere bene la nostra vita dobbiamo dominarci un poco. A volte si ha voglia di parlare troppo e bisogna dominarsi, si desidera o si vuol fare una cosa e viene negata, si vuol fare in un modo e viene comandato diversamente. La vita comune è fonte di innumerevoli meriti, è una vita di continuo rinnegamento. Chi vuol essere religioso pensi a rinnegarsi.
Intanto il primo articolo delle Costituzioni vuole che noi tendiamo alla perfezione e, che cosa vuol dire questo? È già detto: vincere i difetti e acquistare le virtù, specialmente la fede che ha per conseguenza l’obbedienza, la speranza che ci distacca dai beni della terra, quindi la povertà, e la carità che porta alla castità. La fede ci fa vedere Dio nei nostri superiori e noi obbedienti ci pieghiamo ai loro comandi; la speranza ci fa vedere i beni futuri e le grazie per arrivare al cielo, e allora ci distacca dai beni della terra; la carità che ci fa amare Dio con tutto il cuore, come il religioso solo può fare, non avendo il cuore diviso. Il religioso può dire veramente: Signore, ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, sopra me stesso. Allora la vita religiosa poggia sopra le tre virtù teologali: fede, speranza, carità. Più osserviamo queste tre virtù, più siamo religiosi. Se non osserviamo questo si è scontenti e se non si è contenti, si porta tale scontento pure negli altri, come chi è contento porta la gioia anche in quelli che l’avvicinano. Mi scriveva in una lettera il Maestro Giaccardo: Fare gente contenta è una gran cosa, perché essendo contenti, portando la gioia in cuore si fa tutto più volentieri e con entusiasmo. E là dove vi è la gioia e la carità vi è Dio.
~

1 Quarta meditazione tenuta a Caracas il [21 luglio 1957], alla Famiglia Paolina durante la celebrazione del Vespro.

2 Cf Gen. 2,15.

3 Cf Pio XII, Costituzione apostolica Sedes sapientiae, 31 maggio 1956, AAS 48(1956).

4 Cf Mt 26,50: «(Amico), per quale scopo sei venuto?». S. Bernardo utilizza questa espressione quasi per mettere in dubbio le motivazioni di fondo del religioso. Cf Discorso 76,10 dai Discorsi sul Cantico dei Cantici (SBO, II, 260). Anche il Primo Maestro usa spesso questa frase per invitare alla revisione delle intenzioni.

5 Vincenzo de’ Paoli (1581-1660), francese, sacerdote e fondatore della Congregazione della Missione (1625). Nel 1633 con S. Luisa de’ Marillac (1591-1660) fonda le Figlie della Carità.