Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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V
CHIUSURA DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI1


Siete venute a fare rifornimento spirituale, rifornimento anche per quanto riguarda l’apostolato e per la vita sociale della Congregazione. Quindi questo corso di Esercizi, che so che avete fatto con tanto impegno e con molta preghiera, è stato un grande dono di Dio. E adesso partite per le vostre mansioni, là dove il Signore vi ha destinate. Partite dal tabernacolo, da dove il Maestro divino vi seguirà, sarà con voi nelle vostre case; e partite dalla Regina che avete onorato tanto sia con i contributi dati per la costruzione del santuario, e con le preghiere abbondanti, con le belle funzioni. E partite con S. Paolo: dietro i suoi passi ci sta santità e apostolato. Ora, come ricordo, basta che si faccia ciò che in principio abbiamo meditato insieme, e cioè fare bene la meditazione, bene l’esame di coscienza e bene la Visita.
Secondo, nelle case ci sia la comunicazione delle singole anime con Gesù, sempre vigilando, perché poco valgono gli avvisi. È lui che dà la luce, fa entrare nell’anima la persuasione, la convinzione, il desiderio di farsi sante e di compiere bene l’apostolato. Pensiamo sempre che, per quanto si sappia dirigere, insegnare, ecc., Gesù fa più di noi e meglio di noi. Non pretendiamo con l’orgoglio di volergli rubare il posto e quasi dire: Eh, adesso ci sono io! Ci siamo noi, poveri come ci troviamo, ci siamo noi con tanti difetti e abbiamo bisogno di uguale misericordia. Forse qualche volta maggior bisogno di misericordia che non le persone a cui Dio vuole che diamo aiuto e alle quali siamo guida. Camminare nell’umiltà, perché se l’umiltà è necessaria per tutti, è necessaria specialmente
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per chi guida. È tanto più necessaria quanto la responsabilità e l’ufficio può essere più impegnativo.
Si può essere superiore, ma se si è superiore, l’esempio ci viene dall’alto, fare come Gesù: lavare i piedi. E non si tratta qui soltanto dell’acqua e dell’asciugamano, si tratta del sentimento interiore. Noi superiori riflettiamo sugli altri i difetti che abbiamo, poi negli altri li rimproveriamo. E riflettiamo anche il bene che ci ha dato il Signore. Quindi tante volte dobbiamo tacere, perché non rilevino in noi gli stessi difetti che vogliamo correggere negli altri.
D’altra parte tacere affinché il Signore nella sua bontà, voglia illuminare noi e illuminare coloro che sono guidati da noi: «Se io, Maestro e Signore, ho lavato a voi i piedi, anche voi dovete fare altrettanto»2. Chi non sa mettersi all’ultimo posto, pur sedendo a capo tavola, non farà mai bene la superiora. Sentirsi l’ultima. Sentire che, se le altre hanno da riflettere su se stesse e sul loro apostolato, chi è superiore deve anche riflettere se compie bene tale ufficio, se è di buon esempio. Ma nello stesso tempo aver fede che ci sono le grazie proporzionate, le grazie d’ufficio, e ci saranno di sicuro. Fede che il Signore accetterà il doppio lavoro che riguarda noi stesse, e quello che riguarda gli altri, un doppio premio. Fede, fede!
Volevo soltanto dire ancora alcune cosette. La Congregazione si estende e avete conosciuto quanto è il numero delle nuove professe del ‘583, e così conoscete pressappoco il numero delle novizie nel corso dell’anno ‘594. Vedete, l’aumento delle persone richiede un aumento di carità. Volersi bene! Ogni superiora partendo di qua per arrivare alla sua casa, pensi che rappresenta la Prima Maestra e porti con sé quella bontà, quel compatimento, quella sollecitudine che avete trovato in colei che la Provvidenza vi ha dato a guida. Sovente domandarvi: Se fosse qui la Prima Maestra che cosa farebbe? Che cosa direbbe? Come si comporterebbe? E allora anche voi potrete un poco imitarla. E, nello stesso tempo, sapere che con questo ci sarà an-
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che l’aumento delle grazie, perché sempre il cuore della Prima Maestra è con voi, vi porta tutte nell’animo e tutte nella mente, specialmente in chiesa. Pensare di rappresentarla bene, perché ogni casa deve essere una piccola fotografia della Casa Madre, della Casa generalizia. Una piccola fotografia, non quella che si fa con le macchine, ma la fotografia morale, spirituale.
Ogni casa composta sul modello della Casa generalizia. Per questo è molto da considerare l’aiuto da dare alle giovani professe, perché per un certo numero di suore la buona riuscita per la santificazione e l’esito dell’apostolato dipende dalle prime Maestre che incontrano nelle case. Poiché il noviziato le ha formate, ma la materia di cui sono formate, facciamo il paragone molto solenne, è ancora come gesso molle che può essere sformato. Quindi nelle case ci sia una continuazione delle cure avute durante il noviziato e perciò un consolidamento. L’altro giorno avevano disarmato un piano di una casa, avevano disarmato il cemento, il soffitto, ed era troppo presto! È cascato, e quel che è caduto giù ha pesato sul soffitto sottostante e sono andati giù anche tre uomini che vi lavoravano. Consolidare, dare il tempo di consolidamento, e aiutare questo consolidamento. E vi saranno tanto grate, tanto.
Poi, riguardo all’apostolato, molte cose avete sentito, non è vero? Ma per l’apostolato vi è ancora un progresso da fare, ogni anno un tantino di più. E per questo non credo che vi manchi lo zelo, no, non mi pare. Ma di tanto in tanto manca l’istruzione, specialmente nelle giovani. E non solo nelle giovani. Istruirsi, sì. Bisogna conoscere sempre due cose: a chi si dà e che cosa si deve dare. Conoscere i bisogni delle anime, e secondo che cosa ho in mano da dare.
Il medico prima guarda il malato che gli sta davanti, lo esamina in tante maniere. Si viene anche alle analisi e, a volte, si fanno ricerche ancora più minute e più profonde. Poi il medico, quando ha conosciuto il male, cerca fra l’elenco delle medicine quale è adatta a curare quel male. Quindi è un doppio studio: conoscere le persone, i loro bisogni morali, spirituali, sociali, ecc., e dare il rimedio, come lo dà il medico all’infermo.
Avanzare nell’istruzione. La Casa generalizia a questo riguardo ha cercato di portare un buon aiuto con le pubblicazio-
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ni, e con l’istruzione che vi viene data5. Progredire in questo. Non è solamente star fuori tanto tempo che conta, ma è fare il lavoro con intelligenza. Con intelligenza, in primo luogo. Oh, non è che si vadano a vendere delle pesche, no! Non si va per questua, si va per portare aiuto alle anime. E quante anime al giudizio di Dio vi dovranno ringraziare dell’aiuto e della luce che avete loro portato. Grande è il vostro apostolato!
Una delle consolazioni maggiori che si provano, leggendo la corrispondenza, è questa: Sono contenta della mia vocazione. Quant’è bello il nostro apostolato. Ecco, una delle maggiori consolazioni. I tempi vanno evolvendosi, e ora l’evoluzione in dieci anni è più rapida che una volta in venti, trent’anni. Quindi, pensando al problema vocazionario, vi sono proprio delle cose che oggi bisogna guardare e che vent’anni fa non era necessario curare, cercare. Vedere un po’ di penetrare queste anime: vedere le loro attitudini intellettuali, morali, la salute fisica, ma anche il carattere normale, equilibrato. Oggi, sono più numerosi i caratteri non perfettamente equilibrati a causa della celerità con cui procedono le cose, l’andamento così rapido, le tante novità che si trovano, tutto quello che procede dalla vita moderna tanto movimentata. Allora vediamo di dare molta importanza a questo elemento: caratteri equilibrati e socievoli.
Fra le vocazioni devo ringraziare dell’aiuto molto grande che avete dato allo stabilirsi, veramente non molto ancora avanzato, degli Istituti Secolari6. Tuttavia i risultati sono più abbondanti di quello che credevo da principio. Ma anche lì occorre notare che ci vuole la vocazione. Non basta che ci
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sia la disposizione, che diceva il papa Pio XII: Anime che brucino di amor di Dio! Anime che vogliono darsi all’apostolato e dare alla loro vita tutto un orientamento all’apostolato7. Bisogna che abbiano anche spirito sociale cioè: primo, la dipendenza e secondo la carità vicendevole. Sebbene tutte queste persone non debbano fare una vita in comunità, anzi la quasi totalità deve far vita a sé, ma deve fare vita nel mondo. Se continuate a dare questo aiuto per gli Istituti Secolari, certamente poi ne avrete vantaggio anche voi.
A queste persone poi che non hanno ancora un apostolato proprio è da suggerire in primo luogo la collaborazione al vostro apostolato. Perché l’apostolato, come già tante volte spiegato8, non è dato dall’Istituto. L’Istituto dirige, non dà l’apostolato, però si può sempre esortare a collaborare con il vostro apostolato, e in tante forme. Vi sono anime belle al mondo, tante volte basta scoprirle. Vi sono anime che sentono la necessità di dare aiuto ai fratelli, sì, lo sentono! Perché se tanti sono rivolti a rovinare, c’è bisogno di fare un contrasto, mettere una diga alla marea del male. E allora non hanno bisogno di altro che sentire un invito, ricevere una luce. Voi siate apportatrici di luce.
Adesso andiamo in chiesa. La benedizione larghissima sopra i vostri propositi, e poi la benedizione su tutte le vostre case e tutti i vostri apostolati. Che la Congregazione sia proprio sempre un giardino di viole di umiltà, di gigli di purezza e di rose di carità. Intanto, perché siate più confermate nei vostri propositi, intendo di benedire voi e i vostri propositi, e benedire anche le corone del rosario, perché vedo sempre arrivare molte corone che chiedono la benedizione. E adesso la dò a tutte, non fa bisogno di tirarla fuori dalla tasca. Prima i propositi. La benedizione non la diamo ai taccuini, la diamo alle teste e ai cuori.
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Jesu Magister Via, Veritas et Vita...
Regina Apostolorum...

Sancte Paule Apostole...
Benedictio Dei omnipotentis...


Adesso alle corone: Ad laudem...
Raccomando di portare le immagini, le medaglie della Vergine, della Madonna e del Sacro Cuore di Gesù che sostituiscono gli abitini9, portarle sempre, che siano state benedette da chi ha la facoltà, così acquistate di più. È vero che con la recita quotidiana del Cuore divino di Gesù, si acquistano molti meriti in più, perché si mette l’intenzione con cui Gesù si immola sull’altare, ma allora giungiamo merito a merito, e così sulla porta del paradiso vi troverete più ricche.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 12 aprile 1959 in occasione del corso di Esercizi spirituali alle superiore. Trascrizione da nastro: A6/an 64b = ac 110b.

2 Cf Gv 13,14.
3 Nel 1958 avevano professato 141 sorelle.
4 Nel 1959 erano entrate in noviziato 137 sorelle.

5 Tra gli strumenti di animazione forniti dal Governo generale del tempo, si ricorda il periodico interno Il Raggio, valido e insuperato sussidio di formazione apostolica. Il Raggio culturale fu ideato e pubblicato dal febbraio 1957 al 1968 dal Centro apostolico delle FSP guidato da Maestra Assunta Bassi, consigliera generale per l’apostolato e responsabile del Centro, e dalle sue collaboratrici del Centro edizioni con sede a Roma. La finalità era quella di aiutare le propagandiste e le libreriste nel loro compito apostolico.
6 In particolare suor Felicina Luci (1917-2001), Figlia di San Paolo, fu incaricata da Don Alberione nel 1958 di avviare il nascente Istituto delle Annunziatine. Ne fu responsabile per circa venti anni, durante i quali l’Istituto trovò la propria configurazione giuridica, il proprio volto nella Chiesa. Nel 1977 l’Istituto contava oltre 400 membri.

7 Cf Pio XII, motu proprio Primo feliciter, 12 marzo 1948, n. 6.
8 Ad esempio: “Gli Istituti Secolari non hanno ciascuno un apostolato proprio. L’Istituto Secolare è per condurre le anime e guidarle nella via della perfezione rimanendo nel mondo. I vari membri possono praticarla nelle loro circostanze, e nello stesso tempo stabilire un governo e avere quel tanto di aiuto necessario perché vi sia una parte di vita comune, nella maniera che è loro possibile”. Cf FSP58, med. 14, p. 111ss.

9 Abitino o scapolare, cioè due pezzi di stoffa che riportano ad esempio, l’immagine della Madonna e del Sacro Cuore, uniti da due fettucce. È un segno approvato dalla Chiesa, con il quale, chi lo indossa, rende manifesta la consacrazione a Maria e una speciale devozione alla Vergine Maria. Don Alberione ricorda in particolare di aver ricevuto l’abitino della Madonna del Carmine. Cf AD 204.