14. L’ASCENSIONE1
Incominciando da domani la Chiesa, nella sacra Liturgia ci orienta specialmente verso l’ascensione di Gesù al cielo. I Vangeli in questo tempo ci parlano dell’ascensione di Gesù, cioè l’annuncio che Gesù dà ai suoi discepoli, ai suoi apostoli della sua prossima partenza, del suo prossimo ritorno al Padre. È quasi l’addio, anzi l’addio più affettuoso, un addio in forma divina. E d’altra parte, mentre si annuncia l’ascensione, la Chiesa ci fa riflettere sul pensiero del paradiso: «Il mondo godrà e voi vivrete in mortificazione, ma consolatevi, la vostra mortificazione, la vostra tristezza si cambierà in gioia, in gioia eterna»2.
La Chiesa ci ricorda che siamo fatti per il paradiso, tuttavia al paradiso si arriva come vi è arrivato Gesù. Gesù il giorno dell’ascensione va a sedere alla destra del Padre, ma è passato per tanti sacrifici, tanti dolori. La sua vita visibile, temporale sulla terra è cominciata nell’estrema povertà a Betlemme. Pensiamo alla povertà di Betlemme, pensiamo alla fuga di Gesù in Egitto, pensiamo ai tanti anni della vita privata a Nazaret, il suo lavoro, la sua pietà, la sua umiltà, la sua carità, la sua continua unione con il Padre celeste. Vita domestica, vita di continuo sacrificio, continuo lavoro, continua obbedienza. E poi la vita pubblica, il ministero pubblico. E poi la vita dolorosa, quindi la vita gloriosa. Ecco, Gesù arriva all’ultima stazione della sua vita, dove si ferma alla destra del Padre.
Anche noi facciamo varie stazioni nella nostra vita: si è arrivati al Battesimo, si è arrivati alla Prima Comunione, si è arrivati alla vocazione, si è arrivati al noviziato, alla professione temporanea e poi perpetua. E adesso continuano le varie stazioni della vita. L’ultima stazione sarà quella dell’arrivo in
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patria, alla meta definitiva, al nostro posto, là dove Gesù Cristo regna e dove Gesù Cristo raccoglie i suoi fedeli seguaci. Tutto sta nell’orientare bene la vita e pensare alla meta, al punto di arrivo. Allora si spiegano le varie circostanze, condizioni, contraddizioni, tentazioni, prove e anche le infermità, ecc., della vita, la quale deve essere conclusa con l’ultima infermità che però non è l’ultima stazione. L’ultima stazione è quando il Signore dirà all’anima: Veni, sponsa Christi, accipe coronam3, ricevi la corona.
Ecco ciò che è da dirsi adesso. In questo tempo recitare di preferenza, quando si è liberi, i misteri gloriosi per considerare, non solo la risurrezione di nostro Signore, ma considerare l’ascensione, la discesa dello Spirito Santo, considerare l’assunzione di Maria al cielo. Gesù è la primizia dei risuscitati, è la primizia dei glorificati, anzi egli glorifica gli altri. Maria è la primizia delle creature puramente umane. Gesù era anche Dio, ma Maria è una creatura soltanto, composta di anima e corpo, eppure ella è già lassù, gloriosa con suo Figlio in cielo, in paradiso in anima e corpo.
Ecco, le cose di questa vita e le cose della giornata a volte ci sembrano una montagna da portare, e le disposizioni, le circostanze varie, quello che è contrario alla nostra volontà, le prove, ecc., a volte sembra che ci disorientino. Sempre, allora, rievocare il pensiero del cielo, il paradiso. Niente va perduto di ciò che si fa sulla terra per amore di Dio. Dio tiene conto di tutto. Vi è un occhio che tutto vede, vi è un orecchio che tutto sente, l’orecchio di Dio, e vi è una mano che tutto scrive nel libro grande, nel libro dell’eternità. E alla fine troveremo tutto scritto quello che abbiamo pensato nella mente, che abbiamo desiderato nel cuore, quello che abbiamo detto con la bocca, con la lingua, quello che abbiamo fatto, operato con le nostre mani.
Vi sono persone che ordinano bene tutta la loro vita, la giornata e i minuti. C’è un filo che le guida, il filo che mette capo al paradiso, e seguono costantemente questo filo. Vi sono
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anche persone che ogni tanto spezzano il filo, un po’ perché si pecca o si commettono delle venialità o si fanno delle cose del tutto inutili per cui si perde tempo. Si perde tempo a pensare cose inutili, a fare cose inutili, si perde tempo a parlare di cose inutili. Dobbiamo sempre poter dire: Questo lo posso offrire al Signore. Anche la ricreazione, il riposo è tutto nella volontà di Dio. Che sempre possiamo dire: Questo posso darlo al Signore, posso presentarlo al Signore. Quando invece una cosa non si può presentare al Signore, allora ecco che si interrompe quel filo. Dopo bisogna di nuovo tirare i fili e legare i capi, cioè di nuovo metterci a posto, mettere a posto con la nostra volontà nella volontà di Dio, riunire i due capi: la nostra volontà con la volontà del Signore. È piccolo quel che abbiamo da sopportare, è grande quello che avremo da godere.
Domenica scorsa il Papa ha canonizzato due nuovi santi: un frate e una suora4. E perché tanti frati e tante suore? Perché hanno scelto la via migliore. Se si è fedeli alla propria professione, alle proprie Costituzioni, la santità è sicurissima. Non cerchiamo delle cose rare, no, non cerchiamo dei libri straordinari, non cerchiamo delle cose che siano fuori della nostra strada. A noi basta fare la nostra strada, non bisogna che facciamo quella degli altri, perché la nostra è nella volontà di Dio e quindi i meriti non si interrompono mai. La strada è già segnata, l’abbiamo scelta bene pregando, consigliandoci, ripensando, provando e riprovando. La strada è fatta ed è santissima. L’abbiamo scelta: percorriamola con amore.
Qualche volta ci sono dei sassi. Qualche volta la strada ha dei buchi e qualche volta sentiamo che la macchina non ha olio. Bisogna metterci dell’olio, cioè un po’ più di preghiera. Sentiamo che anche il cuore non funziona più così bene. E poi viene il sacrificio degli occhi che ci vedono più poco, il sacrificio dell’udito che sente meno, il sacrificio delle mani che non servono più come una volta, dei piedi che non hanno più agilità, ecc. Si muore a poco a poco, ma tutto, mentre si muore, arriva sempre più vicino alla vita. Quel bel libro, La Madon-
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na della buona morte5, titola la prima meditazione così: Non tramonto ma aurora. La vita passata così, non è un tramonto: scompare la luce, siamo al buio, scompare la vita, si è morti, si è tramontati. Allora, l’aurora dell’eternità per chi ha passato così bene la vita. La morte di Gesù: il suo spirito andò al limbo6 e poi l’anima si ricongiunse con il corpo, ed ecco la gloria. Non interrompere mai \il filo/. Vedere che nella giornata non ci siano dei vuoti.
Oh, un frate e una suora! Hanno percorso bene la loro via. Il frate7 è entrato in convento vestito da pastore, stava qui vicino, a non molti chilometri da qui, voglio dire a Sezze. Nella sua vita ha fatto il cuoco, il portinaio, il sacrestano, il questuante, sempre così. Quando è entrato non sapeva leggere, quindi è entrato tra i laici. Ma la sua anima era così unita a Dio che scrisse un certo numero di libri, una diecina di libri, perché, una volta entrato, si impegnò a imparare e a progredire. Per la sua intimità e la sua modestia, i suoi libri sono paragonati per l’alta spiritualità a S. Teresa la grande8 e a S. Giovanni della Croce9. Tutto attingeva dalle Visite al SS. Sacramento, dalla sua devozione al SS. Sacramento. Voglio dire, nella vita religiosa vi è più facilità \alla santità/, ma bisogna abbracciarla pienamente, viverla, viverla nell’intimità, perché la vita religiosa ci stabilisce in Gesù Cristo e il mezzo principale per stabilirci in Cristo è proprio la Comunione, la Visita e la Messa.
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Così la suora10 che operò grandi cose anche, pur non trovando tutta liscia la strada. E adesso sarà beatificata un’altra suora11 che si distinse per la sua devozione allo Spirito Santo e pregò il papa Leone XIII12 ad eccitare i fedeli alla devozione allo Spirito Santo. E il Papa scrisse l’Enciclica. Poi ella insistette ancora e si stabilì la novena di Pentecoste che si celebra ancora.
Nella vita religiosa se non si perde tempo e si sta uniti a Dio, allora il filo della vita non viene mai interrotto, anzi in questa vita vissuta serenamente, giorno per giorno nell’umiltà, nella pazienza, nell’obbedienza, nella carità, in questa vita ci sono le comunicazioni di Dio. L’anima a poco a poco si eleva in lui, considera sempre più le cose della giornata in ordine all’eternità, non va a pensare a grandi cose, ma pensa a santificare il momento, i minuti, le ore, le giornate. Non grandi propositi, ma fedeltà e raccoglimento abituale, unione con Dio. Ecco, ci vuole l’unione con Dio e finalmente si arriva: il paradiso. Gesù non rigetta l’anima che ha voluto sempre stare unita a lui.
Quindi fiducia, avanti, sapendo che non c’è da scegliere, non c’è da cercare di meglio: quello che si è professato sia vissuto e quando si rinnoverà la professione in punto di morte, si possa dire: Ecco, quello che avevo promesso il giorno della mia consacrazione l’ho fatto, l’ho osservato. Poi? Poi si
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conclude come S. Paolo: «Reposita est mihi corona justitiae: Adesso mi aspetta la corona della giustizia»13, cioè la retribuzione secondo quello che ho fatto. Il Signore pagherà ognuno secondo quanto avrà operato.
Dunque, in questo tempo che ci porta, ci prepara all’Ascensione, pensare al paradiso e ordinare i minuti al cielo. Non fa bisogno di pensarci continuamente: offrire bene \la giornata/ e poi far bene la volontà di Dio: mettere l’applicazione della nostra mente, del nostro cuore, della nostra attività a compiere ogni momento il santo volere di Dio. Ciò che piace a Dio è quanto Dio premierà.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il 18 aprile 1959. Trascrizione da nastro: A6/ an 65a = ac 111a. Fa riferimento al Vangelo della III domenica dopo Pasqua, in cui la liturgia incomincia a rivolgere l’attenzione all’Ascensione.
2 Cf Gv 16,20.
3 Vieni sposa di Cristo… Cf Breviarium Romanum, Comune delle Vergini, antifona al Magnificat.
4 S. Carlo di Sezze (cf nota 7) e S. Gioacchina Verduna (cf nota 10).
5 Cf Silvio Bonollo, Ianua caeli: meraviglie di Maria nell’ultima nostra ora, Sodalizio Madonna della buona morte, Monselice (PD) 1959.
6 Agli inferi.
7 S. Carlo da Sezze (1613-1670), religioso laico dei Frati minori riformati. Ad una vita dedita a lavori umili, nonostante gli scarsi studi, unì un’insospettata attività letteraria con scritti che vanno dall’autobiografia alla teologia mistica. Fu consigliere di prelati e di membri dell’aristocrazia romana. Fu canonizzato da Giovanni XXIII il 12 aprile 1959.
8 Teresa d’Avila (1515-1582), carmelitana spagnola, maestra di vita spirituale, Dottore della Chiesa. Riportò l’Ordine Carmelitano alla regola primitiva. Tra i suoi scritti ricordiamo: Il libro della mia vita, Castello interiore, Cammino di perfezione, Fondazioni.
9 Giovanni della Croce (1542-1591), carmelitano spagnolo, Dottore della Chiesa. Collaborò con S. Teresa d’Avila per la riforma del ramo maschile dell’Ordine Carmelitano.
10 S. Gioacchina Verduna (1783-1854), catalana, fondatrice delle Suore Carmelitane della Carità. È stata canonizzata il 12 aprile 1959 insieme a S. Carlo da Sezze.
11 Beata Elena Guerra (1835-1914), lucchese, fondatrice delle Suore Oblate dello Spirito Santo (dette di Santa Zita). Si sentì chiamata a diffondere la devozione allo Spirito Santo. Per questo ebbe un carteggio con il Papa Leone XIII. Beatificata da Giovanni XXIII il 26 aprile 1959 e dichiarata “apostola della devozione allo Spirito Santo”.
12 Leone XIII, Vincenzo Gioacchino dei Conti Pecci (1810-1903), nato a Carpineto Romano (RM), papa dal 1878. Sollecitato dallo zelo della beata Elena Guerra, offre alla Chiesa documenti che si possono considerare anche l’inizio del ritorno allo Spirito Santo nei tempi attuali. Cf Lettera Apostolica Provida matris caritate (5 maggio 1895) indirizzata ai vescovi di tutto il mondo per raccomandare ai cattolici la novena allo Spirito Santo, in preparazione alla festa di Pentecoste; Enciclica Divinum illud munus (9 maggio 1897), con la quale istituì la novena di Pentecoste; Lettera ai vescovi Ad fovendum in christiano populo (18 aprile 1902) in cui ricordava ai vescovi che la novena di Pentecoste, con la speciale intenzione del ritorno all’unità di tutti i credenti, doveva essere obbligatoriamente celebrata tutti gli anni.
13 Cf 2Tm 4,8.