Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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30. PREPARAZIONE AL NATALE1


La festa dell’Immacolata è servita certamente a raccogliere i nostri pensieri attorno a ciò che sta per essere celebrato, cioè il Santo Natale. Del resto tutta la preparazione al Santo Natale era già incominciata con la prima domenica di Avvento.
La preparazione al Natale richiede soprattutto la purificazione del cuore, perché S. Giovanni Battista, per preparare il popolo a ricevere il Messia, sempre raccomandò la penitenza e come segno esterno dava un Battesimo di penitenza, Battesimo con acqua il quale indicava che poi doveva venire un altro Battesimo, quello istituito poi come sacramento da Gesù Cristo. La purificazione quindi dei pensieri, dei sentimenti, la purificazione dei nostri sensi esteriori: la lingua, gli occhi, l’udito, il tatto, la purificazione della stessa fantasia, della memoria.
La Confessione serve come sacramento per questo, perché fatta frequentemente ha la virtù di imprimere in noi nuovi propositi. Anzi i propositi devono essere preparazione alla stessa Confessione che ci dà nuove grazie per emendare ciò che è difettoso e per costruire, sempre di più, ciò che è virtuoso, ciò che è più perfetto. Confessioni quindi brevi quanto a stare al confessionale, ma preparate con un buon esame, particolarmente con buon pentimento e con propositi fermi.
La festa del Natale e tutto il tempo natalizio, che va dal giorno di Natale fino all’Epifania compresa, anzi fino alla domenica seguente, è una festa di carità ed è una solennità piena di letizia. Il Natale deve portare letizia ad ogni anima, perché finalmente l’umanità si incontra con il suo Dio, l’Emanuele, Dio con noi. Il Messia era atteso da tanti secoli, ed ecco che egli nasce: «Verbum caro factum est et habitavit in nobis»2.
Vi sono tre nascite di Gesù: la nascita eterna del Figliuolo
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di Dio dal Padre celeste: «In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum»3. Sempre all’ultimo Vangelo della Messa4 onoriamo la nascita eterna: «Genui te»5, dice il Padre al Figlio.
C’è la nascita temporale di Gesù a Betlemme, che è quella di cui commemoriamo l’anniversario. Vi è poi la nascita mistica di Gesù in ogni anima: Gesù, venendo in noi, ci comunica la sua grazia, ci dà la vita spirituale. Egli viene a mettersi in noi, a vivere in noi: «Per inhabitantem Spiritum eius in nobis»6. Questa nascita di Gesù noi dobbiamo curarla, non solamente il presepio, ma in primo luogo in noi. In ogni cuore e in ogni anima ci sia un presepio dove Gesù è adagiato in un cuore caldo, dove Gesù è amato. Questa nascita mistica di Gesù in noi, sarà tanto più perfetta e completa, quanto più noi ci purifichiamo. Allora sì che la letizia del Natale partirà dal cuore, perché ogni letizia è buona e santa quando non è solamente un’esteriorità, una festa esterna, un ridere, uno scherzare, ma sarà particolarmente l’unione dell’anima con Dio. Deve nascere da lì la letizia vera, la letizia santa, quella che non viene distrutta, ma viene perfezionata e completata in paradiso. Dio è felicità, è beatitudine, e quanto più noi comunichiamo con Dio, tanto più partecipiamo alla sua beatitudine. Certo, come si può partecipare sulla terra, secondo lo spirito delle otto beatitudini evangeliche, poi si potrà partecipare lassù in paradiso: «Intra in gaudium Domini tui»7.
La purificazione! Fare posto a Gesù. Gesù entrerà nell’anima e troverà posto? Si comunicherà all’anima in misura che è tolto l’amor proprio, l’orgoglio specialmente, l’invidia, la pigrizia che è poi la tiepidezza. A misura che è tolto l’amor proprio, noi cresciamo nell’amor di Dio, e il Signore viene ad occupare tutto il nostro cuore, le fibre del cuore stesso. Allora ci sarà la vera gioia esterna, perché è una gioia che parte dall’intimo del cuore, dalla comunicazione con il Signore, con
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il Bambino Gesù. Quale sarà stata la gioia di Maria, quale la gioia di S. Giuseppe? E quale fu la gioia dei pastori che come in carovana semplice si portarono a visitare il nato Bambino? È il Figlio di Dio venuto in mezzo di noi, quindi il gaudio della Chiesa, il gaudio di ogni anima.
Il Natale poi è la festa della carità, perché lì abbiamo l’unione del Figlio di Dio con l’uomo. Gesù Cristo, il Bambino nato, ha l’umana natura e ha la natura divina in unità di persona. C’è un’unione fra Dio e l’uomo, la più stretta possibile: possibile a Dio, non possibile a noi. Per noi quella è l’unione che celebriamo, ed è come un simbolo di quello che deve farsi in noi, cioè l’unione più intima, più intima possibile con Dio. Questo è possibile a noi rispetto a Dio. Quindi è proprio l’amore di Dio che lo ha portato a stringersi all’umana natura, e quindi attraverso al Figlio di Dio incarnato, ecco che noi possiamo unirci a lui, a Dio. Festa di carità, perché così il Padre celeste ha amato l’uomo da donare all’umanità il suo stesso Figlio8.
E l’opera dell’incarnazione è stata compiuta dalla virtù del Padre celeste, dall’amore dello Spirito Santo, e dalla carità del Figlio. Lì è la festa della carità. E il Figlio di Dio, incarnandosi, ci ha portato dal cielo i beni supremi e cioè la sua dottrina, la santità, l’esempio di ogni virtù. Ci ha tracciata la via che va diritta al cielo. E poi si è immolato sulla croce dandoci la vita eterna, riacquistandoci la vita eterna perduta dai nostri progenitori.
Oh, allora dobbiamo pensare che ciò che si dice come augurio, i regali che si fanno a Natale, sono cosa che viene dallo spirito del presepio, dallo spirito del Natale stesso. Dio portò i suoi doni agli uomini: «Dona dedit hominibus»9. E allora gli uomini si augurano vicendevolmente dei beni. Augurarsi dei beni e pregarsi vicendevolmente i beni celesti, particolarmente, e poi anche i beni della vita presente. Nel Natale domandare particolarmente la carità. Sì, è più facile domandare la carità verso il Bambino, l’amore al Bambino, anche esteriormente
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siamo portati a fare questa domanda, ma domandare anche la carità vicendevole.
Distinguere sempre bene fra la semplice carità cristiana e la carità religiosa. La carità religiosa è più perfetta. La carità religiosa ci porta alla pratica della vita comune, ed è questa carità così perfetta che supera la semplice carità cristiana. Comporta un’unione di pensieri, un’unione di sentimenti, di desideri, un’unione di attività, di energie. Perché ci si mette assieme? Per lavorare assieme nell’opera della santificazione, del perfezionamento e nell’apostolato. Quindi, tutte indirizzate al fine che è la perfezione, e all’altro fine che è l’apostolato.
Questi pensieri, questi sentimenti e questa direzione delle attività e dell’apostolato vengono ispirati, guidati dalle Costituzioni. È nello spirito delle Costituzioni che si forma l’unione della comunità. Gli individualismi escluderli, le critiche escluderle, le simpatie e le antipatie escluderle. Escludere quelle forme di pietà che sono troppo individualiste, distaccano dallo spirito della Congregazione. Occorre una pietà uniforme secondo le Costituzioni e secondo l’indirizzo dato. Non si devono aggiungere e non si devono togliere pratiche, non si deve cambiare il modo di osservarle queste pratiche, di compiere queste pratiche.
Il giudicare, il condannare, il criticare, il disapprovare significa veramente ostacolare la Congregazione nel suo cammino. La Congregazione nel suo cammino ha bisogno della massima unione. Tutti gli individualismi toglierli. Vi sono, a volte, delle forme di pietà che si trovano fra i fedeli e che noi diciamo: Non comprendono, questi fedeli, che cosa sia il corpo mistico di Gesù Cristo; devozioni individualiste, devozioni degli angoli delle chiese, diremmo. Invece, l’indirizzo che si dà a costruire le chiese oggi è tutt’altro, affinché sia facilitata l’unione, il modo e il mezzo per sentirla. Perché le chiese, se sono pastorali, devono avere la facilità perché la parola di Dio sia sentita, perché tutti possano vedere il tabernacolo e perché ci sia visibilità fra i ministri di Dio e il gregge di Gesù Cristo, e perché tutti partecipino intimamente al sacrificio della Messa, all’adorazione. Tutti i pensieri, i sentimenti e le persone si dirigano là, al tabernacolo che è certamente il centro, e dev’essere
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il centro della chiesa. Dev’essere considerato come centro del tempio di Dio.
Questo favorisce la comprensione del corpo mistico di Gesù Cristo: tutti uniti, non membra separate. Tutti uniti in Congregazione: non chi sta a lavorare e chi sta a guardare; non chi lavora mentre altri fanno osservazioni. Chi lavora, lavori con entusiasmo e non si curi che di compiere la volontà di Dio, e non si curi dei giudizi inutili degli uomini, delle persone. Unione intima di pensieri, quindi, di sentimenti e di attività. Anche quando si va in altre terre o in altre case lontane dalla Casa Madre e dalla Casa generalizia, tutto deve riflettere questa unione: sempre questa unione. Unione di pensiero, di indirizzo, unione di sentimenti e di desideri, e unione di apostolato. Sempre! Che si proceda nello stesso spirito e sia sempre: Dare Gesù Cristo alle anime.
La preparazione al Natale facciamola con Maria. Si indicano sempre tre persone per raccogliere i pensieri dei cristiani, dei fedeli verso il presepio, e cioè: il profeta Isaia, il profeta di Gesù Cristo, dalla sua nascita alla sua passione e morte; poi S. Giovanni Battista e Maria. In modo particolare oggi ricordare come Maria si è preparata al Natale. In molti luoghi si celebra anche la Messa: Expectatio partus10 ad onore di Maria. Maria si preparava santamente al Santo Natale: i suoi pensieri, i suoi affetti, e tutto quello che era il compimento del volere di Dio. Ella si considerava docile strumento di Dio in questa grande opera: collaborare, cooperare alla redenzione.
Prepararsi con Maria. Quindi l’Immacolata ci ha già preparati in parte, purificando il cuore. Ora rivolgersi al presepio con amore. Festa della carità! Vedere se manca qualcosa alla carità, allo spirito di unione, vedere che cosa possiamo aggiungere, perché siamo tutti un corpo solo, il corpo mistico di Gesù Cristo. E, per quanto noi ci perfezioniamo, mancherà ancora sempre qualcosa, cioè si potrà sempre progredire.
Chiedere allora la carità, quella carità di cui Gesù ci ha dato l’esempio incominciando la sua vita là nella povertà, e
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cominciando quindi a tracciarci qual è la via vera del paradiso: il distacco dalle cose della terra e il compimento del volere di Dio. Domandare la carità, ma una carità religiosa: la carità che si osservava nella vita di famiglia, nella vita semplicemente cristiana, ha da essere perfezionata. Tutte le virtù, sì, ma particolarmente questa della carità, perché una Congregazione è sempre segnata dalla vita comune. E questa non è una vita comune soltanto esteriore, ma è vita comune di pensieri, di sentimenti, di indirizzo, di attività, cioè una vita comune che abbraccia tutta la nostra giornata e tutta la nostra vita religiosa.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 12 dicembre 1959. Trascrizione da nastro: A6/ an 71a = ac 122a.
2 Cf Gv 1,14: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».

3 Cf Gv 1,1: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio».
4 Alla fine della Messa il sacerdote recitava il Prologo di S. Giovanni (Gv 1,1-18).
5 Cf Sal 110,3: «…io ti ho generato».
6 Cf Rm 5,5: «…per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». Breviarium Romanum, Antifona di Ingresso, sabato dell’Ottava di Pentecoste.
7 Cf Mt 25,21: «…prendi parte alla gioia del tuo padrone».

8 Cf Gv 3,16.
9 Cf Sal 68,19: «Ha distribuito doni agli uomini».

10 Nella liturgia romana prima del Concilio Vaticano II la festa dell’Expectatio Partus B.V.M. era fissata il 18 dicembre.