12. GIOVEDÌ SANTO1
Pensiamo ai sentimenti del Cuore di Gesù in quest’ora, quando stava per lasciare i suoi Apostoli. Il suo cuore era travagliato da due desideri: restare con loro e tornare al Padre, secondo la volontà del Padre. Egli inventa allora, nel suo amore al Padre e agli uomini, un ritrovato che il mondo non avrebbe mai potuto pensare: restare e andare. Restare per sempre con gli uomini: «Vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi»2 e nello stesso tempo andare al Padre. Lasciarsi nell’Eucaristia e andare alla destra del Padre per la sua glorificazione.
Così Gesù si trova realmente e nell’Eucaristia e alla destra del Padre celeste. Dovendo cessare la sua presenza visibile fra gli uomini, egli non li volle lasciare senza pane: «Ne deficiant in via»3. E perché nella strada della vita non vengano meno, non perdano cioè la vita soprannaturale, non languiscano, diede loro il pane eucaristico: «Prendete, mangiate: questo è il mio pane, il mio corpo»4 sotto le specie del pane.
Nello stesso tempo \provvede con/ l’istituzione del sacerdozio, perché queste due istituzioni, che sono due invenzioni di amore, sono inscindibili. Il sacerdote continua a fare ciò che Gesù allora ha fatto e gli uomini continuano ad avere il pane, il pane dello spirito, il pane che è fortezza per la vita presente: «Ne deficiant in via». Coloro che si comunicano frequentemente e bene, conservano il fervore della loro vita spirituale e non cadono nelle colpe gravi. Anzi, l’Eucaristia serve a mondare dalle colpe quotidiane e a preservare dalle colpe mortali.
Ora, quando si trattava di provvedere alla Famiglia Paolina le pratiche di pietà più utili per il progresso spirituale e per
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l’apostolato si sono passate, quasi in rivista, quelle degli Istituti che ci hanno preceduto: la devozione al Crocifisso, la Via Crucis, il coro per tanti religiosi, la devozione al Cuore di Gesù e tante altre pratiche che sono seguite da molti Istituti religiosi. Ma, per divina ispirazione, si è voluto centrare i cuori verso quella che è la devozione principale: Gesù Via, Vita e Verità. È Vita nell’Eucaristia. Così che alla Famiglia Paolina è consegnato quello che Gesù ha lasciato all’umanità: «Io sarò con voi fino al termine dei secoli». È un grande dono della divina Provvidenza ed è anche un risultato dello studio della storia della vita religiosa, guidati sempre dalla luce celeste.
Verso l’Eucaristia noi dobbiamo compiere tre uffici, tre doveri: fede, speranza e carità. Fede: dobbiamo istruirci sempre di più sull’Eucaristia, istruire i piccoli con il catechismo, nella parte eucaristica, perché il catechismo è la teologia dei piccoli che si va sviluppando man mano fino agli alti studi. Dobbiamo considerare che l’Eucaristia dà il vero nutrimento. Il pane lasciatoci da Gesù, nutrimento dello spirito, nutrimento della volontà e forza della volontà, è orientamento del cuore verso Dio Padre, orientamento del cuore verso l’apostolato, e luce dell’anima.
Noi dobbiamo pensare a questo: il culto all’Eucaristia si dimostra anche esteriormente. C’è chi ha contribuito a costruire le chiese, chi contribuisce alla formazione dei sacerdoti, chi nelle chiese conserva il decoro: «Domine, dilexi decorem domus tuae»5; chi sta in chiesa bene, fa bene la genuflessione, fa bene il segno di croce, compie bene le cerimonie, dice bene le parole, fa dei bei canti e soprattutto compie quella che è la caratteristica della Famiglia Paolina: l’adorazione. L’adorazione quotidiana, culto interno e culto esterno.
In secondo luogo la speranza nell’Eucaristia. Dobbiamo pensare che Gesù quando vide che i suoi seguaci, dopo averlo sentito per tre giorni, mancavano di pane: «Ne deficiant in via», «date loro da mangiare»6. I sacerdoti compiono questo come allora gli Apostoli hanno distribuito il pane e i pesci per
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saziare quelle moltitudini. Com’è bella l’opera del sacerdote che si comunica, mangia il pane eucaristico e poi discende la balaustra e lo distribuisce alle anime affamate del pane divino! Queste anime che al mattino vengono a mangiare, a saziarsi bene perché nel cammino della giornata non vengano meno le forze e camminino nel servizio di Dio. E voi camminate per le strade del mondo, spargendo a destra e a sinistra la luce di Dio, compiendo quel ministero che rassomiglia al ministero di Paolo: seminare, seminare, «Semen est Verbum Dei: La semente è la Parola di Dio»7. Potrà cadere tante volte nelle spine o fra le pietre, ma qualche cosa nascerà e produrrà il trenta, il sessanta, il cento per uno8.
Ora noi dobbiamo pensare di vivere sempre innestati a Cristo. E l’innesto è dato ogni mattina dal sacerdote che depone sulle labbra l’innesto, Cristo: «Insertus est in bonam olivam»9. Chi lo riceve bene produce frutti di vita eterna, chi lo riceve male produce solo del fogliame inutile. Fogliame, cioè opere esterne senza vita. Fare bene le Comunioni.
Vi sono due sacramenti, l’Eucaristia e l’Ordine. Questi due sacramenti hanno un fine, sono ordinati ad un fine: la carità, amore a Dio e amore alle anime. Amore di Dio ardente, per cui si osservano i voti, si conserva tutto il cuore a Dio. Amore di Dio, perché allora diamo tutto noi stessi al Signore. E amore alle anime. Questo amore è simboleggiato nella funzione che ora stiamo per celebrare: la lavanda dei piedi. Il grande mistero di bontà e di umiltà compiuto nell’Ultima Cena da Gesù, il quale si inginocchiò ai piedi degli Apostoli per lavarli. Ne rimase stupito Pietro e non voleva che Gesù compisse questo atto di umiliazione. Ma Gesù lo vinse con la sua sapienza. E la conclusione: «Se io che sono Signore e Maestro, come mi chiamate e dite bene, anche voi dovete vicendevolmente lavarvi i piedi»10.
Qui vi è da esercitare la fede. Come uomo tante volte hai ragione, ma come religioso mettiti ai piedi e hai ragione di
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compiere un atto di umiltà simile a quello che ha compiuto Gesù Cristo. Hai ragione di acquistare il merito della carità, e non devi lasciarti sfuggire l’occasione. Se noi ci atteniamo ad una sapienza umana, ad una morale umana questo ci pare esagerato. Ma quando noi acquistiamo la sapienza di Gesù e seguiamo Gesù Via, allora i nostri ragionamenti oltrepassano la ragione, si uniformano ai pensieri di Gesù Cristo. Ed ecco che, anche ricevendo dei torti, faremo il viso buono e sorridente. Il viso buono e sorridente sempre a Gesù eucaristico presentato dal prete. Quanti torti nella vita abbiamo fatto a Gesù presente fra di noi. Quanti conti, quanti pensieri, quante industrie che non procedono dal tabernacolo!
In una città c’era un’anima devota dell’Eucaristia che prolungava le sue adorazioni; in quella città vi era un vescovo che un giorno si è trovato di fronte a una questione molto difficile, intricata e chiese consiglio a l’uno, e chiese consiglio all’altro, e pensa, e non trovò il bandolo per la soluzione. Camminando però per la città, per qualche sua incombenza, si incontrò con quella pia donna: Sentite, buona donna, siete stata in chiesa?. Sì, ho fatto l’adorazione. Che cosa vi ha detto oggi Gesù?. Mi ha detto una cosa che non ho proprio capito. Vostra Eccellenza, vorrebbe spiegarmela?. Che cosa vi ha detto Gesù?. Pensano a tante cose, si consigliano con tanti e non vengono da me. Io non ho capito. Ma il Vescovo pensò fra di sé: Ho capito io dove dovevo andare.
Allora la Famiglia Paolina sia completamente innestata in Cristo. In Cristo oliva santa, oliva fruttifera. Non seminiamo delle parole, ma facciamoci santi e veniamo davanti a colui che è l’autore della grazia e l’ha conquistata morendo in croce. Veniamo innanzi al tabernacolo a prendere la forza e la luce per l’apostolato. Non partiamo, mai, né per il mese né per la settimana né per il giorno senza venire a mangiare di questo pane di vita.
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1 Omelia della Messa in Coena Domini tenuta a Roma nel Santuario Maria Regina degli Apostoli il 26 marzo 1959 alla Famiglia Paolina e al popolo. Trascrizione da nastro: A6/an 62b = ac 107b. Stampata in ottavo.
2 Cf Mt 28,20: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
3 Cf Mt 15,32: «Non vengano meno lungo il cammino».
4 Cf Mt 26,26.
5 Cf Sal 26,8: «Signore, amo la casa dove tu dimori…».
6 Cf Mt 14,16.
7 Cf Lc 8,11.
8 Cf Mc 4,8.
9 Cf Rm 11,24.
10 Cf Gv 13,14.