Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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18. IL PROGRESSO1


In questi giorni, celebrando la novena a S. Paolo, dobbiamo chiedere particolarmente la grazia di progredire: progredire in sapienza, in grazia, in virtù, in generosità, in apostolato.
Vedete, la vita delle suore si potrebbe quasi descrivere con un grafico, magari sulla lavagna. Si fa l’aspirandato, il noviziato e poi anche la professione temporanea e si arriva alla perpetua. Generalmente si progredisce in questo tempo, perché si ha davanti una meta da raggiungere: si desidera consacrarsi al Signore e quindi meritare la professione dei santi voti. Avviene che dopo questo progresso, questo tempo di infervoramento, si fa la professione.
Ecco, si può tirare una linea che indica lo stato elevato dello spirito e cioè l’amore a Dio, il desiderio di santità, lo spirito di fede, la prontezza nell’osservanza delle virtù, dei voti religiosi. Dopo questa linea retta avviene questo: si può tracciare un’altra linea in ascesa che tende all’alto, ma non è che continui precisamente sempre a tendere all’alto in continuità. A volte vi sono dei piccoli arresti, dei piccoli ripiani, qualche volta c’è anche qualche caduta, qualche indebolimento, ma poi si riprende. Gli Esercizi servono a rimetterci nello spirito buono e quella linea va verso la vetta. E così, con la meta fissa del paradiso per la professione eterna sulle porte del cielo, queste anime ascendono per le vie che salgono.
Ma, infelicemente, da quello stato di fervore che vi era nel giorno della professione perpetua, bisogna anche dire che non avviene sempre così. Vi è un’altra linea che tende a discendere e indica lo stato di quelle anime che si intiepidiscono. La linea tende a discendere, magari non in continuità, perché vi sono piccole riprese agli Esercizi o perché si riceve un avviso un po’ più forte o perché vi sono dei giorni di particolari grazie e anche di parti-
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colari rimorsi interiori. Ma quella linea, in sostanza, continua a discendere, e verso i cinquant’anni una religiosa è salita su verso la vetta e l’altra è discesa giù verso il basso. Tiepidezza! Allora si possono applicare le parole di S. Giovanni: «Avevi incominciato bene, perché sei decaduta così?»2. Ecco, un profondo esame: Avevi incominciato bene, perché sei decaduta così? Arrivata a cinquant’anni hai più poco spirito religioso, obbedienza ragionata se si fa, o si fa mal volentieri; povertà che viene tante volte bucata, dove passa qualcosa; e speriamo almeno che ci sia ancora la delicatezza sull’altro voto, sempre. Ma quando c’è la tiepidezza non c’è vero amor di Dio, quel fervore che dovrebbe essere il frutto di chi vive castamente, delicatamente. Sì, persone che decadono dal loro spirito. Avevi incominciato bene, e che cosa ti ha fatto decadere da quello stato primitivo? È Iddio che scrive, che fa scrivere questo a una persona che si trovava pressappoco sulla cinquantina ed era consacrata a Dio.
Oh, le anime che salgono e giorno dopo giorno penetrano meglio le cose di fede, sono più dominate, guidate dallo spirito di fede, in tutto, e la loro preghiera diviene più intima con il Signore. L’osservanza della povertà è continua, è sempre più perfezionata, perché la povertà non è solamente distacco, è anche produzione3. Maria non era solo distaccata dalle cose della terra, ma lavorava e produceva. Povertà che produce, povertà che provvede, povertà che ha di mira il benessere dell’Istituto e delle opere che l’Istituto promuove.
E poi delicatezza, sì, delicatezza. Si acquista a un certo punto quella semplicità e quella disinvoltura che procede da un’anima che è unita a Dio, ed essendo unita a Dio tutto vede, tutto fa in Dio, per lei tutto è santo: «Omnia munda mundis»4. Tutto è santo e tutto serve ad elevare a Dio, ad unire di più a Dio.
E l’obbedienza è fatta con spirito buono: quel che piace al Signore, sempre. Non tante distinzioni, non tanti ragionamenti, non vedere tutto nè sempre con vedute umane. Quando un’anima è definitivamente stabilita in Dio, l’obbedienza è fatta in
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quello spirito di semplicità, di prontezza, di dedizione che indica una volontà stabilita in Dio. E a una certa età quella persona è così unita a Dio e si può dire che niente interrompe la sua unione, perché l’unione è forte, è stabile, è costante.
Oh, domandare allora il progresso, di essere di quelle persone che sono per le strade che salgono. Passano gli anni, e gli anni ci sono dati per attendere alla perfezione, perché questo è il mestiere, cioè l’impegno della religiosa: attendere alla perfezione, cioè progredire. Perfezionarsi vuol dire salire. Salire nello spirito di fede, nella speranza più ferma, nella fiducia più serena, nella grazia degli aiuti di Dio e nella carità che maggiormente unisce l’anima al Signore, giorno dopo giorno. Allora ci sono esami di coscienza più delicati, allora ci sono le meditazioni più profonde, i propositi si osservano e ogni giorno vi si ritorna sempre con maggiore desiderio di santità, di perfezionamento. Allora ci sono delle belle Visite al Santissimo Sacramento. Le Messe poi, vengono sentite, ascoltate proprio nello spirito della stessa Messa, cioè: sacrificio di Gesù che si rinnova sull’altare e partecipazione per mezzo della Comunione alla mensa eucaristica. Allora, tutto ha un altro aspetto. Chi vede: Oh, che suora osservante, quanto è delicata, come fa bene! Progresso! Gli anni ci sono dati per questo.
S. Paolo ha progredito sempre, e quando faceva i suoi propositi: «Niente mi separerà dall’amore a Gesù Cristo», e concludeva: «Non mi separerà da Gesù Cristo la fame o il carcere o la sete, neppure la morte». E questa sarebbe stata l’ultima prova, ed eccolo là che piega la testa sotto la spada del carnefice. Niente mi separerà: «Né la morte, né la spada mi separerà dall’amore di Dio»5.
Vediamo un po’ in questo tempo se abbiamo progredito. Esaminarci se progrediamo oppure se vogliamo soltanto stare allo stesso livello, cioè al livello di fervore che si aveva quando si è fatta la professione, perché questo sarebbe un grande inganno. Uno non sta mai fermo, o va su o va giù, e se volesse stare fermo non può. Perché? Perché ogni giorno ha le grazie, e non corrisponde. Ed ecco che si rende infedele a Dio e si rende
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meno degno delle grazie di Dio e meno santo. Le incorrispondenze alla grazia, quindi le omissioni ci devono fare più paura che i peccati positivi. Le omissioni, e diciamo, il peccato di omissione è omettere la Messa festiva, peccato di omissione è non corrispondere alle grazie. Non andiamo a destare gli scrupoli, ma certo la responsabilità è chiara: quando non si corrisponde alla grazia è omettere, omettere quello che Iddio chiede a noi e aspetta da noi.
Avanti sempre, dunque, tutti in questo cammino costante. È vero che nel camminare qualche volta ci si stanca, e vi sono delle persone che un po’ fanno delle corse e un po’ si arrestano e un po’ si siedono. Quanto più l’anima progredisce e si rafforza, tanto più il cammino diverrà costante. Non a sbalzi, non due passi avanti e poi uno di nuovo indietro per riprendere di nuovo e farne altri due avanti. Si progredisce ancora, ma non è più il cammino che dobbiamo compiere, il costante cammino di ogni giorno in semplicità, in fortezza e fiducia in Dio. Fortezza da parte nostra e fiducia nel Signore. Avanti dunque.
A un certo punto si deve arrivare a una stabilità nel cammino. Vi sono delle persone che fanno delle vampate e poi lasciano spegnere quasi del tutto il fuoco. Alimentare, alere flammam: sempre alimentare la fiamma6! Alimentarla con il Pane eucaristico che si mangia, con le comunicazioni con Dio: giaculatorie, comunioni spirituali, con le sante Visite, con i buoni rosari. Alimentare, alimentare. E allora diventiamo gli economi giusti, santi che prendono tutte le occasioni per aumentare il merito. Chi invece è un po’ tiepido, perde tante, tante occasioni, oltre che perdere tanti piccoli meriti che sono i fiorellini da portare a Gesù, e commette tante imperfezioni, forse anche venialità, mezzo acconsentite.
In questa novena domandiamo la grazia di camminare e di poter arrivare alla fine a poter dire con S. Paolo: «Cursum consummavi»7, ho camminato. Aveva camminato nella santità e aveva camminato nell’apostolato.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il 25 giugno 1959. Trascrizione da nastro: A6/ an 66b = ac 114b.

2 Cf Ap 2,4-5.
3 Cf Cost’53, art. 157.
4 Cf Tt 1,15: «Tutto è puro per chi è puro».

5 Cf Rm 8,38-39.

6 L’espressione richiama il titolo di una collana di libri, Alere flammam, per religiose iniziata dalle FSP nel 1959.
7 Cf 2Tm 4,7: «…ho terminato la corsa…».