4. DIO IN NOI E UNIONE CON DIO1
Noi siamo i cooperatori di Dio, i cooperatori di Gesù Cristo, i cooperatori della Chiesa. Cooperatori di Dio, perché si dà la vita alle anime mediante i sacramenti e mediante la Messa, per mezzo della preghiera e per mezzo dell’apostolato. I medici sono cooperatori di Dio il quale ha dato la vita, ed essi lavorano in cooperazione a Dio per conservarla. Così le infermiere: cooperatori di Dio. E così i sacerdoti sono cooperatori di Dio nel comunicare la vita alle anime. Gesù Cristo con la sua morte ci ha meritato la vita spirituale, la vita della grazia, ma tutti sono cooperatori di Dio. Gesù Cristo diceva sempre che cooperava con il Padre, faceva le cose che voleva il Padre suo, il Padre celeste. E come il Padre opera, così egli diceva, io opero e faccio quel che vuole il Padre, quello che il Padre mi comunica2.
Cooperatori di Dio. Se noi nella giornata stiamo uniti al Signore, sentiamo che il Signore è in noi, e ascoltiamo le sue ispirazioni, noi operiamo secondo Dio. Gesù è in noi, ma non è muto. Dio in noi parla, comunica alle anime che vivono in raccoglimento abituale, sentono la parola del Signore, sentono le ispirazioni di Dio. E allora i pensieri procedono da lui, dal Signore, e le parole che si dicono sono conformi a quello che vuole il Signore, e le opere che si fanno sono nello spirito e nel volere di Dio.
Conservare l’abituale raccoglimento, sentire di portare sempre in noi Dio. E consultarlo. Non è necessario che uno pensi sempre al Signore, no. Si può essere uniti al Signore con la mente, quando si pensa al Signore, e si può essere uniti al Signore con la volontà, quando uno fa le opere di Dio e si applica a compiere la volontà di Dio. È sempre unione con Dio:
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prima il Signore ha ispirato quello che si ha da fare, quello che si incontra nella giornata. Quindi l’unione della mente prima, ma poi viene l’unione della volontà, dell’azione. Quindi siamo ancora sempre nella volontà di Dio e stiamo sempre facendo la volontà di Dio, ancorché attualmente non vi pensiamo.
La volontà del Signore dobbiamo compierla con la mente, con il cuore e con le forze. Non basta dire: Sia fatta la volontà di Dio, ma con la mente applicarsi a far meglio le cose; con il cuore amare quelle cose come volere di Dio, mettendoci le nostre industrie, le nostre forze per compierle bene. Quindi ancorché si pensi più all’opera che al Signore, tuttavia si pensa a fare quello che vuole il Signore mettendoci la mente, la volontà e il cuore, sì: una dedizione, una generosità nel compiere il volere santo di Dio. Allora, quando ci raccogliamo, sentiamo il Signore nella nostra mente, il Signore che parla al nostro cuore, quando operiamo, siamo ancora uniti al Signore, perché operiamo secondo Dio, secondo la sua volontà. Solamente chi si oppone alla volontà di Dio si distacca da lui, e se si oppone in cose gravi, può anche far peccato grave, e se si oppone in cose piccole, può far peccato veniale. Qualche volta non ci opponiamo, ma per distrazione sbagliamo, allora non è offesa a Dio perché non c’è stato il desiderio di operare contro Dio, non c’è stata l’avvertenza a quello che si faceva, al male che ci poteva essere nella nostra azione.
Sentire il Signore nel cuore! Questa fede: Gesù è sacramentalmente unito all’anima dopo la Comunione: corpo, sangue, anima e divinità. Come egli era nel presepio, come egli era sulla croce. Poi le Sacre Specie si consumano e resta il Signore nel cuore, resta la SS. Trinità, perché resta il Figlio e con il Figlio il Padre, e con il Figlio e con il Padre lo Spirito Santo, perché sono un solo Dio in tre Persone. È vero che il Padre comunica specialmente la forza per compiere la volontà di Dio, il Figlio ci fa conoscere questa volontà di Dio, la volontà del Padre, la volontà sua con la sua sapienza, e lo Spirito Santo ce la fa amare. Dio è ogni Persona della SS. Trinità, diciamo così, ogni Persona opera secondo la sua personalità. Tutte le operazioni di Dio compiute ad extra, sono di Dio, Uno e Trino, ma si attribuiscono specialmente al Padre le opere che richiedono
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forza, virtù; si attribuiscono al Figlio le opere di istruzione, le opere di sapienza, le comunicazioni di sapienza; si attribuisce allo Spirito Santo quello che è amore. Ma un Dio solo opera in noi.
Gesù Cristo è fatto secondo la SS. Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. E noi siamo fatti secondo la SS. Trinità, a immagine di Dio. E noi ci facciamo simili a Dio quando diventiamo simili a Gesù Cristo, e cioè uniformiamo a Gesù Cristo che è Via la nostra condotta, uniformiamo a Gesù Cristo che è Verità il nostro pensiero, e uniformiamo a Gesù Cristo che è Vita il nostro cuore, i nostri sentimenti conservando l’unione con Dio.
Approfittare di questo tempo per parlare molto con Dio, poco con gli uomini. Quando si è ammalati noi ripariamo anche le soverchie chiacchiere fatte nella vita con gli uomini, quelle chiacchiere che non erano utili, necessarie. Noi ripariamo al tempo perduto in parole, al tempo forse soverchiamente dato alle altre cose, ed ecco che ci ritiriamo con Gesù, parliamo di più con Gesù. Quando uno diviene malato, è il tempo della maggior santificazione: «Cum enim infirmor, tunc potens sum»3. E quando uno è malato le sue preghiere valgono di più per le anime, per la salute del mondo. Valgono di più anche per noi. Quante volte la malattia è una grazia! È il Signore che ferma: Rifletti, tu non sei ancora abbastanza santa. Tu non finisci di romperla con quella certa cosa che ti impedisce il cammino, il volo libero a Dio! Rompila con quell’attaccamento, con quei tuoi pensieri, con quelle tue vedute, con quella tua maniera di fare.... Finalmente! Il Signore allora ci chiama affinché siamo suoi del tutto. Che la professione si consumi, non solo che si ripeta, ma si consumi, si viva la professione.
Perciò la casa conformata sempre ad un certo raccoglimento. Se si seguono gli orari, se poi specialmente si devono passare ore isolate e magari a letto, allora sentire di più la voce di Dio: «Parla, o Signore, che il tuo servo ti ascolta»4, diceva il Profeta. Parla, o Signore, la tua serva ti ascolta. Allora, lasciar parlare il Signore. Certo, lo sentiamo parlare più sensi-
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bilmente quando si è in chiesa, quando Gesù è esposto, ma il Signore sempre è dentro, la tua anima è un tabernacolo: Parla, o Signore. Disporre allora la volontà da poter proprio soggiungere: Il tuo servo ti ascolta, e concludere: «Ecco l’ancella del Signore, avvenga di me secondo ciò che vuoi»5. Che io sia pronto sempre a compiere il tuo volere.
Allora sei nel letto, ma intanto la tua anima è in comunicazione con la Trinità, con gli Angeli, con i Santi, con tutto il paradiso. È in comunicazione con le anime del purgatorio, è in comunicazione con tutta la Chiesa, con tutta l’umanità. È un tempo in cui si è più circondate da persone e si parla con un maggior numero di persone!6
L’anima si dilata, la suora si dilata: si vive allora nel cuore di Dio, nel cuore di Gesù. Quando divento infermo, allora sono potente: «Cum infirmor tunc potens sum». Se sapeste apprezzare quale misericordia tante volte passa in un’infermità. Quale misericordia!
Ascoltiamo bene la parola del Signore sempre, la parola di Dio, quella che esce dall’interno, da Dio che abita in noi, dalla SS. Trinità che abita in noi. Vivere in abituale raccoglimento.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il 28 gennaio 1959. Trascrizione da nastro: A6/ an 61a = ac 103b.
2 Cf Gv 8,29.
3 Cf 2Cor 12,10: «…infatti quando sono debole, è allora che sono forte».
4 Cf 1Sam 3,10.
5 Cf Lc 1,38.
6 Nell’originale: “Mai un tempo in cui sia più circondata da persone e con cui parli col maggior numero di persone che in quel tempo!”.