Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. LE PRATICHE DI PIETÀ: LA MEDITAZIONE1


\Nella nostra vita sono essenziali la pietà, lo studio,/2 l’apostolato e l’esercizio della povertà, ma il fondamento di tutto è la pietà. Quando si hanno le comunicazioni con Dio, comunicazioni intime, allora si partecipa dei beni di Dio. Da Dio riceviamo ogni bene per la vita presente e per la vita futura. Quindi: «Pietas ad omnia utilis est: promissionem habens vitae quae nunc est et futurae»3, la pietà ci assicura la vita buona e l’eternità felice...4 \Ci assicura il/ volere di Dio su ciascuno di noi e quindi il premio eterno, poiché tutto quello che è fatto secondo il divino volere è premiato. Ciò che è fatto fuori dal divino volere, non è pagato da Dio. Va a vuoto se è bene in sé, e se poi è male, va contro di noi, allora si opera contro il nostro stesso bene, la nostra stessa felicità.
La pietà ci mette in comunicazione con Dio! La vera preghiera comincia nel momento in cui noi entriamo intimamente a parlare con Dio. Le formule devono guidarci a questa intimità. Ma le formule possono essere recitate solamente con le labbra, il canto può essere fatto solamente con le labbra. La vera pietà è la comunicazione del figlio con il Padre celeste, dell’anima con Gesù: allora comincia la Visita, comincia la meditazione, comincia l’esame di coscienza, comincia il Breviario, l’ufficio e tutto quello che è la preghiera, specialmente la Messa e la Comunione e la Confessione.
Secondo punto del ritiro: la meditazione. Per comprenderla bene occorre notare che vi è l’istruzione per la mente e la meditazione per la volontà. La lettura spirituale istruisce la men-
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te, la meditazione fortifica la volontà. L’istruzione, lo studio servono a farci vedere il bene, la meditazione a farci compiere il bene. Quindi la meditazione è il compimento. L’uomo non si perfeziona soltanto con le cognizioni, ma si perfeziona e si unisce a Dio e cammina verso il suo fine, quando tutte le sue facoltà sostanziali sono dirette verso il Signore, verso il paradiso. Quindi l’intelligenza scopre la verità, ma poi ci vuole la volontà che si decida per il bene e compia il bene, e di mezzo ci sta il cuore, che ha da volgere tutti i desideri verso Iddio, verso il fine. Tutto verso il fine.
Affinché il cuore si stabilisca in Dio ci vuole la preghiera, l’unione con il Signore nella preghiera liturgica e nella preghiera personale, in privato. Noi dobbiamo essere compiti5, uomini perfetti, cioè: pensieri, principi chiari, convinzioni profonde; secondo, voltare il cuore verso Dio che è il fine; e terzo, compimento della sua volontà, la volontà di Dio, quando la volontà nostra si unisce alla volontà di Dio. Due volontà che si fondono in una sola, in quanto Iddio vuole il nostro bene e noi vivendo di santo egoismo, vogliamo pure il nostro bene: vogliamo lui che è il sommo, eterno Bene. E per volere lui, eterno e sommo bene, il compimento della volontà sua: «Non sicut ego volo, sed sicut tu»6. Perciò particolarmente quando si passa un notevole tempo nello studio delle cose sacre oppure si riceve un’istruzione religiosa più abbondante, allora la meditazione dev’essere più profonda e più larga, perché si cammini verso Dio e siamo uomini, cristiani, religiosi compiti.
Distinguere bene, affinché non si converta la meditazione in una lettura. Può essere che uno legga soltanto, e allora è lettura spirituale. Quella serve solo per la mente. Può essere che dopo la predica non ci si rifletta sopra, ma la parte principale, anche negli Esercizi spirituali, non è la predica, è la considerazione, cioè, quello che chiamiamo i riflessi7 dopo la predica. S. Giacomo dice: «Guardarsi nello specchio, vedere che ci sono macchie, insufficienze, e poi andarsene»8. Tanto valeva, se poi
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non prendiamo l’acqua col sapone e togliamo la macchia. Occorre che il cristiano sia compito, il religioso compito.
Allora, che cosa dobbiamo pensare? Pensare che la meditazione ha tre parti: la prima è propriamente istruzione, ma un’istruzione diversa dallo studio e dalla lettura spirituale. Al principio della meditazione si deve determinare il fine: Che cosa voglio ricavare? Il fine, il proposito è l’ultima cosa da raggiungere, ma deve essere il primo nelle intenzioni.
La meditazione si può fare su tutte le verità che si studiano in teologia o che vengono predicate, su tutta la teologia dogmatica, su tutta la teologia morale, e soprattutto sulla liturgia; poi su tutti i doveri che sono propri del nostro stato, su tutti i punti delle Costituzioni. Ma la parte di istruzione nella meditazione è in ragione e ha come fine il rafforzamento della volontà: convincerci maggiormente della bellezza, della bontà, della necessità di una cosa. Ad esempio, principio massimo: il bene da fare, il male da fuggire. Allora l’istruzione o ciò che riguarda l’applicazione dell’intelligenza è in ragione del fine, per fortificare la volontà con convinzione profonda. Se, ad esempio, in Quaresima si meditano i vangeli quotidiani, feriali, se si medita la passione di Gesù Cristo, se si meditano gli esempi di santi, ecco l’istruzione, la parte dell’intelligenza è per fortificare la convinzione, perché ne abbia a sua volta rafforzamento la volontà.
La seconda parte della meditazione si riferisce propriamente alla volontà con l’esame di coscienza, con i propositi e con la ricerca dei mezzi per fare il bene, fuggire il male.
Terzo, la parte del cuore che è la più importante e dev’essere quella che occupa il maggior tempo della meditazione, perché si tratta di indirizzare il cuore verso Dio, verso il fine, verso Gesù, si tratta di ottenere il rafforzamento della volontà con la preghiera. La meditazione non rafforza l’uomo soltanto nel suo carattere umano, ma lo rafforza in quanto l’uomo deve vivere una vita soprannaturale, quindi nelle virtù soprannaturali, particolarmente le virtù teologali, le virtù cardinali, le virtù religiose.
Allora ci vuole molta preghiera, perché è facile capire ciò che si ha da fare, ma non è così facile poi compierlo. Quindi considerare ciò che dev’essere il risultato della meditazione. Il risultato della meditazione è: fare l’uomo uomo, cioè il
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carattere! Uomo retto che ha dei principi e vive secondo questi principi, uomo che ha una coscienza, la sente e sente che il male è da fuggire, avvilisce l’uomo e lo scompone, perché pensa in un modo, opera in un altro, desidera cose ancora in altro senso. L’uomo scomposto nelle sue facoltà ha come tre direzioni: nella vita otterrà ben poco o niente, invece farà del male e molto. Non sarà mai uomo.
Così il cristiano. Il cristiano deve pensare come Gesù Cristo, amare ciò che Gesù Cristo ha amato, vivere secondo gli esempi di Gesù Cristo, secondo ciò che lui ha insegnato. Ma lo studio di quattro anni di teologia, quando il cuore non si uniforma... come si può allora dire che si vive la vita veramente intiera, secondo la vocazione, secondo la missione? La mente è ben convinta di una cosa, il cuore va da altre cose, e la vita è ben distante dai principi. Allora non si forma il religioso, non si forma il sacerdote, non si forma! Occorre l’unità: pensare in quel determinato modo, per desiderare nel nostro cuore le cose che ci vengono messe davanti dai principi, e vivere poi secondo quel determinato pensiero, quella determinata convinzione che abbiamo appreso.
Tutto si deve tradurre nella vita pratica, tutto ciò che è istruzione deve servirci come base per vivere poi la nostra vita. Quindi occorre la virtù della fortezza che è virtù cardinale, e che, fino a una certa misura, è virtù anche naturale. Essere forti: quando si è presa una strada, camminare secondo quella strada, in quella strada. Si incontreranno molti intoppi, difficoltà, ma colui che ha convinzioni profonde e si è formato un carattere, sfonda anche le porte chiuse, o almeno che sembrano chiuse. L’uomo senza carattere, l’uomo senza coscienza che cos’è?
E poi il dono della fortezza, il dono dello Spirito Santo. Fortezza come dono dello Spirito Santo. Dobbiamo combattere il demonio, dobbiamo combattere lo spirito del mondo e non lasciarci prendere dallo spirito del mondo, dobbiamo tenere a freno i sensi, il cuore: «Video aliam legem in membris meis»9, c’è un’altra legge, c’è un’altra tendenza nelle mie membra che ripugna, è contraria alla legge della mia mente, del mio spirito. Ci vuole la meditazione che rafforzi, primo con il dono della
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fortezza naturale, poi con il dono della fortezza virtù cardinale, e poi con il dono della fortezza, dono dello Spirito Santo. Necessità quindi di meditare! Necessità allora di meditare!
Ora un pensiero pratico. La meditazione in primo luogo bisogna amarla. Sapete che è scritto: Non si ammettano alla professione coloro che non hanno ancora imparato teoricamente e praticamente, e fatta l’abitudine, dell’esame di coscienza, della meditazione e della Visita al SS. Sacramento10. Della meditazione. Appunto perché sappiamo quanta è la nostra debolezza e quanto bisogno abbiamo del dono di Dio. Amare la meditazione. Sapere che lì si completa l’uomo e che le verità che sono nella mente, si risolvono in pratica, in vita. Vita da vivere. Quindi amare la meditazione particolarmente, diciamo, in quei giorni in cui la meditazione non è fatta in comune, e cioè quando ognuno deve farsi la sua meditazione. È ancora in comune perché si è tutti assieme, ma ciascuno segue il soggetto, l’argomento che più vuole considerare.
Secondo: compiere le tre parti nella meditazione. Quindi la prima parte è generalmente una lettura oppure è il ricordo, supponiamo, della flagellazione di Gesù, della sua vita privata, della crocifissione, è il ricordo dell’orazione di Gesù nel Getsemani, che può essere fatto aiutando la nostra memoria con la lettura. Può essere invece una massima che si vuole considerare. Quindi la parte dell’intelligenza. Poi l’applicazione di ciò che si è letto alla volontà. E terzo, dando circa metà tempo della meditazione alla preghiera e a indirizzare il cuore. La meditazione non è tutta preghiera, ma ha una parte importante di preghiera: la comunicazione dell’anima con Dio.
Supponiamo che si voglia fare la meditazione sulla Messa. Prima si considera la Messa in sé, come sacrificio della nuova legge, il compimento della redenzione operata da Gesù Cristo, il sacrificio del Calvario che viene portato sui nostri altari. Poi la Messa nelle sue tre parti: la parte didattica, la parte del sacrificio e la parte della Comunione. Ma una volta ricordate le sue parti è necessario che passiamo alla volontà, a decidere con la nostra volontà di sentire bene la Messa e sentirla volentieri per quanto
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è possibile, anche quando vi sono due Messe11, e ricavandone i frutti. Sentirla propriamente nello spirito liturgico, oppure secondo le devozioni particolari di ognuna. Quindi si deve pregare per questo. Se uno ha sentimenti propri, molto bene, altrimenti può recitare qualche mistero doloroso, può ricordare qualche tratto della passione di nostro Signore e fermarsi e pregare. Supponiamo che per il sangue versato da Gesù nel Getsemani possiamo avere la grazia dello spirito di pietà, dell’amore alla Messa, e la grazia di ascoltarla santamente, fruttuosamente.
Nella meditazione poi, soprattutto verso la fine, c’è da invocare lo Spirito Santo. C’è da invocare Gesù: Da robur, fer auxilium12. Lo Spirito Santo, Spirito di fortezza! Pregare lo Spirito Santo. Si entra in comunicazione con lui, si considera qual è stato il dono dello Spirito Santo agli apostoli: prima tiepidi, anzi timidi, poi diventati forti così da sfidare anche la morte per Gesù Cristo. La meditazione, secondo le disposizioni che si hanno, può avere grandi frutti e può risolversi in una stanchezza. Se la si ama, se si compie nelle tre parti, soprattutto se si prega, allora la meditazione lascia nello spirito un grande coraggio, una decisione che serve per tutta la giornata. Tuttavia, nel corso della giornata, è bene di tanto in tanto fare questo: ricordare le risoluzioni della meditazione. S. Francesco di Sales13 dice: Alla fine della meditazione fatevi un mazzetto spirituale di quei pensieri e sentimenti che soprattutto vi hanno impressionato nella meditazione, e poi di tanto in tanto nella giornata odorare quel mazzetto di fiori spirituali14, cioè in altre parole: ricordare la meditazione. Il religioso si completa nella meditazione!
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1 Meditazione tenuta a Roma nella cripta del santuario Maria Regina degli Apostoli il 1° marzo 1959 in occasione di un ritiro alla Famiglia Paolina. Trascrizione da nastro: A6/an 61b = ac 104b. Si tratta della seconda meditazione del ritiro, la prima non è pervenuta.
2 Manca la frase iniziale e la registrazione è scadente. Tuttavia il senso richiama le quattro ruote.
3 Cf 1Tm 4,8: «…la vera fede è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente e di quella futura».
4 Parola incomprensibile.

5 Completi.
6 Cf Mt 26,39: «…non come voglio io, ma come vuoi tu!».
7 Le riflessioni.
8 Cf Gc 1,23-24.

9 Cf Rm 7,23: «Nelle mie membra vedo un’altra legge».

10 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, ed. 1953, art. 196.

11 Prima del Concilio Vaticano II alla domenica le Figlie di San Paolo partecipavano a due Messe: la Messa della comunità e la Messa “cantata” o solenne.
12 Cf Inno O salutaris Hostia: dà tu forza ed ausilio. Inno composto da S. Tommaso d’Aquino (1225-1274) per le lodi mattutine della solennità del Corpus Domini.
13 Francesco di Sales (1567-1622) vescovo di Ginevra, Dottore della Chiesa, autore di opere di spiritualità, tra le quali Introduzione alla vita devota o Filotea, Trattato dell’amor di Dio o Teotimo. Insieme a S. Giovanna Francesca Frémiot de Chantal (1572-1641) fondò l’Ordine della Visitazione.
14 Cf Francesco di Sales, Introduzione alla vita devota o Filotea, terza parte, capitolo VII.