Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. IL DIVIN MAESTRO1


I. \Conformare la vita al Divin Maestro/

Siamo al termine di un periodo un po’ irregolare riguardo le occupazioni. Si sta per entrare in un periodo più normale, e allora giova dare un orientamento. Il ritiro mensile serva davvero a orientare lo spirito, lo studio, l’apostolato e tutta la vita religiosa verso Gesù Maestro divino. Quest’anno si inizia uno studio più approfondito riguardo a Gesù Maestro2. Diversi sacerdoti, più profondi nello studio e nello stesso tempo già esperti per i vari ministeri3, potranno presentarci sempre più chiaramente l’ufficio di Gesù come Maestro, onde noi lo possiamo seguire.
Orientare prima il lavoro spirituale. Il lavoro spirituale consiste sempre nell’emendazione e nella conquista: emendazione di ciò che è difettoso e conquista di quello che manca. Perciò prima togliere ciò che c’è di difettoso nei pensieri, quando si perde tempo oppure ci si occupa di cose inutili, perché la santificazione della mente è la prima parte del nostro perfezionamento. Poi anche i pensieri possono essere pericolosi e disorientano la vita, allora eliminare i pensieri inutili o pericolosi e sostituirli con pensieri utili e santi, pensieri conformati al Vangelo, alle Costituzioni, alla vita religiosa, pensieri conformati a Gesù Maestro4. Pensieri che ci servano come partenza per avere desideri santi, parole sante e opere sante. È necessario che quel libretto che avete stampato sulla santificazione della
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mente5 formi di nuovo l’argomento di molte meditazioni, ma almeno di parecchie meditazioni entrando adesso nel mese di settembre.
Conformare il nostro cuore al cuore di Gesù Maestro. Il nostro cuore è travagliato da molte passioni che lo sollecitano ora da una parte ora dall’altra. Ecco, noi dobbiamo togliere dal cuore i sentimenti pericolosi di orgoglio, i desideri vani, i pensieri di invidia, pensieri che ci portano alla freddezza, anzi sentimenti che sono già freddezza e tiepidezza. Così amare cose che non sono degne di noi.
Invece, parte positiva, amare Iddio, amare Gesù: sentimenti di umiltà come erano i sentimenti del cuore sacratissimo di Gesù, sentimenti di fervore, di carità, sentimenti di umiltà, spirito di preghiera, unione con Gesù, unione stabile con Dio. Togliere ciò che può essere amore alla vanità, amore alla stima degli uomini, amore e attaccamento a cose inutili e amore a ciò che potrebbe essere vietato e pericoloso per la religiosa. Quando il cuore non è fermo nella Congregazione può guardare a quello che è fuori, forse anche esageratamente, e tendere a ciò che noi dobbiamo lasciare come anime consacrate a Dio. Quindi, togliere dal cuore ciò che dispiace al Maestro, che non è conforme al suo cuore e invece mettervi i sentimenti, i desideri, lo spirito di preghiera, l’unione con Dio, con il Padre celeste, con il cuore di Gesù, l’amore alle anime, lo zelo per la salvezza delle anime, per l’apostolato.
Poi la terza parte della pietà che è proprio la pratica, l’attività. Santificare quindi le parole, l’attività e le azioni. Togliere ciò che dispiace al Signore nel parlare o nel parlare fuori tempo o intrattenersi in cose che portano alla distrazione, mentre i nostri discorsi, le ricreazioni stesse devono portarci a preparare l’animo alla preghiera, all’apostolato, allo studio, alla vita religiosa ben praticata. Non discorsi che distraggano, ma parole che raccolgono e servono a edificare quelli che stanno attorno a noi. Poiché, se le parole sono sante è più fa-
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cile che tutta l’attività sia santa e quindi nelle nostre opere, nella giornata sempre eliminare ciò che è il peccato, offesa a Dio, che disgusta il Maestro Gesù sia perché si tratta di cose contro la verità, contro la carità o di cose contro l’obbedienza, ecc. Servano per conformare la giornata agli orari, a prontezza nell’osservanza degli orari e abitudini, a vita conformata alle Costituzioni, a quello che nell’Istituto è già tradizione in modo che dalla mattina alla sera sia un succedersi di opere che piacciono a Dio, perché sono conformate alla sua volontà; come le opere di Gesù, che faceva sempre ciò che piaceva al Padre celeste6.
Qui sta il lavoro spirituale: togliere dai pensieri, dal cuore e dalle attività ciò che dispiace a Dio, ciò che Gesù non faceva e di cui Gesù non ci ha dato l’esempio. Invece mettere nel nostro lavoro spirituale, nei pensieri, nei sentimenti e nella volontà quello che Gesù Maestro ci ha insegnato, di cui Gesù Maestro ci ha dato l’esempio e per cui il Maestro divino ci dà le grazie e prepara il premio eterno. Ecco il lavoro spirituale conformato al Maestro divino: togliere quello che non è conforme e mettere ciò che è conforme, in maniera tale che Gesù viva in noi e noi in lui.
Poi conformare alla devozione a Gesù Maestro lo studio. Lo studio non è fine a sé stesso, solo per sapere. Il sapere può essere anche una vanità, e può essere invece edificazione per noi e un servizio, un mezzo per compiere sempre meglio il nostro apostolato. È detto: Vi sono alcuni che si vantano del loro sapere per ambizione, vi sono altri che seguono lo studio per una soddisfazione naturale. E invece vi sono altri che seguono lo studio per conoscere Gesù e per farlo amare, per predicarlo nell’apostolato di redazione, di tecnica e di propaganda. Oh, lo studio! Studiare Gesù in maniera da conoscere sempre più quello che egli ha insegnato, conoscere sempre meglio la dottrina della Chiesa che interpreta e propone ciò che Gesù ha insegnato. Quindi il catechismo approvato dalla Chiesa, la teologia che è data a noi. Sono trattati che hanno l’approvazione della legittima autorità.
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Conoscere Gesù Cristo! L’argomento è il più sublime: conoscere Dio. È il primo fine per cui siamo sulla terra. Conoscere il Signore. Conoscere Gesù attraverso le prediche, le meditazioni, la lettura spirituale, ricordando che prevalentemente le letture spirituali siano fatte sul Vangelo e sulla Bibbia. Conoscere Gesù: De Ecclesia, De Romano Pontifice, De Sacramentis, De Verbo Incarnato, De gratia7, e poi tutti i mezzi con cui la grazia viene conferita all’uomo. Conoscere sempre meglio.
Vi è ancora un bisogno forse da sentire di più, di cui essere più convinti: lo studio della religione. I tempi progrediscono e anche le persone del mondo, che a volte sembrerebbero non amare molto il conoscere, il sapere, pure con i grandi mezzi che oggi ci sono: la stampa, il cinema, la radio, la televisione, ecc., finiscono con sapere. E tante volte è un sapere che è buono e santo, ma qualche volta non è né buono, né santo. Conoscere Gesù Cristo: «Io in mezzo a voi, non ho creduto di sapere altro, che Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso»8. Lo studio perciò sia informato a questo.
Ma per lo studio ci vuole la preghiera. È sbagliato dire: Tanto si sa quanto si studia. Certo, lo studio è necessario, ma oltre allo studio propriamente detto, occorre anche la luce di Dio. Vi è particolarmente questa necessità: che lo studio, le materie studiate, le verità conosciute, la morale appresa, la liturgia che noi conosciamo costituiscano per noi un amore. Sia amata questa dottrina e si desideri di darla agli altri. Amare la liturgia per viverla, amare le virtù, la morale, in sostanza, per praticarla. E allora la preghiera. Molti Veni Creator nell’anno. Come nell’anno gli Inni che canterete devono essere prevalentemente quelli a Gesù Maestro, anche perché dobbiamo preparare un’annata speciale. Penso che da Pasqua prossima in avanti sarà un’annata speciale per la divina Parola9.
Poi se si sa, allora insegnare. Ecco l’apostolato che noi dobbiamo esercitare. Si può insegnare nella scuola, si può insegnare con le conferenze, si può insegnare particolarmente
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scrivendo, si può insegnare diffondendo nelle librerie e nella propaganda, particolarmente collettiva. Sì, insegnare! Noi dobbiamo dare la stessa scienza che viene predicata in Chiesa, dobbiamo insegnare le stesse verità. E quello che diciamo forma10 la caratteristica della Congregazione che è l’uso dei mezzi moderni, la carta, la pellicola e la radio, la televisione, e saranno anche i dischi e saranno anche le fotografie a volte, le pitture, le immagini, gli oggetti che servono al culto moderatamente, secondo lo spirito della Congregazione delle Figlie di San Paolo. L’apostolato abbia proprio il fine di far conoscere Gesù Cristo e diffondere l’amore a Gesù Cristo, fare pregare Gesù Cristo e orientare le anime verso la Chiesa che è il corpo mistico di Gesù Cristo. Orientare le anime verso il tabernacolo dove è il corpo reale di Gesù Cristo e orientare ogni anima a una vita più interiore. Orientare le anime a sentire la responsabilità della vita nostra: Perché vivo? Che cosa devo fare sulla terra?
E l’apostolato accompagnato dalla preghiera. La preghiera serve a preparare la strada all’apostolato, serve a prepararci a dire quello che bisogna dire, e presentare quello che bisogna presentare. E prepara anche la strada alle anime. Quanti Angelo di Dio sono utili nella propaganda! Quanti: Gesù Maestro, Via, Verità e Vita, abbiate pietà di noi! Quante volte dobbiamo invocare S. Paolo, la Regina degli Apostoli, perché l’apostolato non sia solo fruttuoso perché c’è la borsa vuota e vi è in tasca un po’ di moneta, ma perché illumini le anime, le indirizzi verso l’eternità, perché si allontani il peccato, perché si porti il bene, la virtù: «Ut deleatur iniquitas, adducatur justitia sempiterna»11, l’apostolato.
Ecco, poi vi è tutta la vita religiosa da conformare a Gesù Maestro nell’obbedienza e nelle attività, quello che si compie nella giornata. Castità, cuore pieno di amore di Dio; povertà, distaccarsi dalla terra e attaccarsi sempre di più al Signore per
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desiderare sempre meglio il cielo. Con l’obbedienza togliamo quello che può dispiacere al Signore e ci mettiamo proprio nel volere di Dio. La nostra volontà forma una unione con Dio:«Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra»12. Le lagnanze, le critiche, i giudizi avversi non abbiano più luogo quest’anno. Togliamoli dalle nostre case, dalle nostre tipografie, dai luoghi di apostolato, dai cortili e dai luoghi di ricreazione. Sempre cose che portano all’amore alla vita religiosa. Persone che non si accorgono, ma che fanno alla comunità un grande danno, di cui si accorgeranno poi al giorno del giudizio, quando vedranno l’effetto delle loro parole negli animi, nello spirito di chi ha sentito.
Castità: pensare che la religiosa ha rinunciato a una maternità terrena, naturale per avere una maternità spirituale: madre di tante anime, aiuto di tante anime. Essere persone che santificano la vita religiosa e diffondono attorno a sé, in tutta la Chiesa e in tutto il mondo il soave odore di Gesù Cristo. È necessario pensare che si rinnega una cosa che forse piacerebbe per averne un’altra che è più santa, che è durevole, che vale immensamente di più e che merita tanto per l’eternità.
Così la vita religiosa in comune: volersi bene, volersi bene, volersi bene, come Gesù voleva bene ai suoi apostoli, come pregava per loro, come li edificava. Quante cure per la loro istruzione e per la loro santificazione, volersi bene! Vita conformata alla vita di Gesù, nel suo collegio, nel suo convento, diciamo, quello che comprendeva lui e gli apostoli. Perciò, anno particolarmente indirizzato alla devozione a Gesù Maestro.
Potete leggere, molte l’avranno già fatto di sicuro, il libro di don Roatta13, che serve come di base a tutta la trattazione del Maestro Divino, che è estesissima, e la dottrina dovrebbe essere proprio data in quel senso. Sempre il Figlio di Dio, il quale è
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la Via, la Verità e la Vita: Creazione, Rivelazione, Chiesa, Paradiso. Sempre Via, Verità e Vita. Vi è tanto da fare ancora. Se ci sarà umiltà, qualche buon passo si farà e renderemo contento Gesù, e quando si verrà in Chiesa a fare la Visita si offrirà volentieri a Gesù il sacrificio fatto, e Gesù da parte sua aumenterà grazie e consolazioni.


II. \Gesù Maestro, prima e principale devozione/

Tra le cose che sono da imparare venendo a ‘San Paolo’, è ciò che riguarda la devozione a Gesù Maestro, prima e principale devozione della Famiglia Paolina. Questa non si riduce soltanto alla preghiera, a qualche canto, ma investe tutta la persona e, praticata bene, dà culto completo al Signore, sempre in Cristo e per Gesù Cristo: Cum ipso, et in ipso et per ipsum14, sempre. Quindi si deve imparare ed applicarla al lavoro spirituale, poi allo studio, all’apostolato e a tutto l’insieme della vita religiosa.
Forse è utile, dopo la meditazione di ieri sera, che adesso ricordiamo cose che tante volte già si sono meditate e servono per introdurci in questa devozione, con l’impegno sommo di non restringerla alla pietà, ma che deve partire dalla pietà. Non si restringe alla pietà, perché si applica a tutta la vita spirituale e a tutta la vita apostolica con la persuasione che il frutto del nostro apostolato è proporzionato a questo: presentare Gesù Cristo come è: Via, Verità e Vita. Allora si avrà veramente frutto spirituale dalle anime e corrisponderà ai bisogni spirituali dell’uomo, anche se non ha ancora tutta quella istruzione cristiana e pratica della vita cristiana che si desidera.
L’inizio quindi e la radice di questa devozione sta nelle pratiche di pietà: Visita al Santissimo Sacramento, praticata come è stata insegnata e spirito paolino cioè come S. Paolo ha interpretato Gesù Cristo Maestro. Il metodo è questo. Sarebbe poco vivere la vita paolina nella sua parte tecnica se non la si
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vivesse nello spirito. E sarebbe anche poco, sebbene un po’ di più, se poi non lo si applicasse nell’apostolato e nella vita quotidiana.
La Visita al Santissimo Sacramento divisa in tre parti. Nella prima per l’aumento della fede: uniformare i nostri pensieri ai pensieri di Gesù, alle verità che Gesù ha insegnato nel santo Vangelo e che la Chiesa ci propone a credere. Quindi, la lettura della Bibbia e di tutto quello che riguarda l’istruzione religiosa. Venire poi ad atti di fede e a detestare quello che ci manca ancora, che c’è di difettoso per sostituirlo con ciò che è santo e che ci innesta in Cristo.
La seconda parte, stabilisce la nostra vita in Gesù Cristo. L’esame di coscienza, i propositi e poi le preghiere per essere fedeli, perché anche la nostra volontà si uniformi al volere di Gesù Cristo. Concludere con propositi fermi e pratici, non astratti, che servano immediatamente e tocchino intimamente la nostra vita interiore.
La terza parte, riguarda la preghiera, cioè uniformare il nostro cuore al cuore di Gesù, come abbiamo meditato, invocando in questo la grazia, la protezione, la luce di Maria. La funzione di Maria nella redenzione e nella distribuzione delle grazie va sempre più meditata, perché se non si parte dalla madre non ci sono i figli. Oh, e noi non vogliamo essere orfani, vogliamo essere figli di Dio, passando prima come figli di Maria, lei ci condurrà sulla via dei figli di Dio.
Concludere con la rinnovazione dei santi voti e uniformarci alla vita comune dove è compreso questo che è base, che è spirito, \uniformarci/ al Divino Maestro Via, Verità e Vita. Tergiversare, volere portare il nostro apostolato fuori di lì, vuol dire disarmarsi per andare a combattere. Quando si va a combattere ci si arma, non ci si disarma, lì è la forza. E allora anche Davide può, con pochi sassi, atterrare il gigante Golia15. C’era la forza di Dio.
Applicare il metodo alla meditazione. La meditazione divisa essa pure nelle tre parti: primo sarà la verità, poi sarà la via, poi sarà la vita. Notando però che nella meditazione si possono
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invertire i termini, perché la meditazione, per esempio, potrebbe essere fatta sulla liturgia della Messa di oggi e allora si comincia dalla vita, perché dalla Messa la vita, dalla croce la vita, la grazia. Poi, si passerà alla verità e alla via, e cioè si penetrerà il significato della liturgia che ha sempre tre sensi: ci dà una verità da credere, ci dà un insegnamento da praticare e ci dà una preghiera da presentare al Signore. Può essere invece, che si cominci dalla seconda parola, la via, perché la meditazione è su un principio di morale. Supponiamo il più largo principio di morale: il bene è da fare il male è da fuggire. E allora, dopo avere considerato questo principio di morale naturale, si verrà a convincersi delle ragioni di questo principio e quindi la verità, particolarmente come risulta dal Vangelo, dove il Signore ci mette in guardia contro il peccato e ci esorta in tutte le maniere alla virtù, a tutte le virtù. Poi verrà la vita, la preghiera.
E può essere invece che si cominci dalla verità, perché può essere che uno cominci dalla prima domanda del catechismo: Chi vi ha creato? E allora: Mi ha creato il Signore. Questa è una verità e dedurre da questo principio, da questa verità fondamentale le conseguenze pratiche e la preghiera, cioè: Se sono creato non ho molto da gloriarmi di quello che ho; se sono creato devo adorare il mio principio che è Dio; e se sono creato per Dio devo rivolgere la mia vita a Dio, perché là devo arrivare necessariamente, se voglio essere felice in eterno.
E poi verrà la preghiera che può essere: Vi adoro e vi amo con tutto il cuore, perché ci ha creati, perché ci ha conservati, perché ci ha redenti, perché siamo stati fatti cristiani, perché siamo entrati nella vita religiosa, ecc. E poi ci sarà il Padre nostro e tante preghiere adatte, particolarmente l’Atto di fede e il Credo, ecc. Ma queste orazioni, dette adagio, gustando parola per parola, espressione per espressione. Un Pater noster che duri cinque minuti, per esempio. Vi sono persone che non si accontentano di cinque minuti e che sopra ognuna delle sette domande \del Pater/ si fanno una meditazione e anche più di una meditazione. Del resto c’è qualche libro scritto che spiega il Pater noster. Così la meditazione.
Ugualmente poi l’esame di coscienza, perché se noi vogliamo santificarci, non possiamo solamente santificare l’azio-
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ne, cioè le attività, quindi la volontà, dobbiamo santificare in primo luogo la mente e il cuore. Le attività! E quanti operai lavorano e faticano, e faticano tante volte più di noi, quanti contadini! Ma il lavoro bisogna che si fondi su principi naturali. Principio naturale è: chi vive occorre che si guadagni da vivere, e chi non lavora non mangi16. Il principio soprannaturale è che il lavoro è penitenza, redenzione e che ci acquista, oltre il pane quotidiano, i meriti per la vita eterna. Ecco l’attività nostra. Quindi bisogna che nell’esame di coscienza ci siano prima le altre due parti: la santificazione della mente e la santificazione del cuore. La santificazione della mente, cioè sulla verità: come penso, come governo la mente. Notando sempre che le maggiori imperfezioni e anche i più frequenti peccati, almeno veniali se non gravi, sono fatti dalla mente. La mente che non basta da sé, perché la mente da sé non fa peccato e non fa merito, ma è la volontà che consente, che approva, e unita alla mente allora c’è l’avvertenza, c’è il consenso e questi bastano a costituire il peccato anche se non ci sono le azioni.
Conoscere bene noi stessi. Abbiamo le librerie piene di libri, e nella Famiglia Paolina in Italia nel corso dell’anno escono tanti libri, più di uno al giorno, considerando le varie case dove si stampa17. Ma anche se noi leggessimo tutti questi libri e tutti i libri che ci sono nelle biblioteche del mondo e non conoscessimo noi stessi, saremmo degli ignoranti, ignoranti nelle cose più essenziali, in quella scienza che è la prima e senza la quale non possiamo camminare rettamente. Perciò l’esame di coscienza sui pensieri, sull’uso della mente, sull’esercizio della fede, sull’uniformità dei nostri pensieri e del nostro indirizzo all’indirizzo della Congregazione, a ciò che ne costituisce lo spirito, la base, anzi la sostanza.
In certi momenti dovremo diventare veramente servi inutili. E invece, in certi momenti, con il buon spirito della Con-
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gregazione possiamo diventare veramente servi utili, utili a noi, alla nostra eternità, utili alle anime, utili alla Chiesa. E la Chiesa dovrebbe gioire di averci approvati, chiamati, accettati a lavorare nel campo immenso del mondo per la salvezza di tutti. Abbiamo delle responsabilità sulle quali una può anche passarsela leggermente, ma ciò che noi possiamo trascurare per leggerezza, non sarà trascurato al giudizio di Dio e non ci consolerà in punto di morte. Quindi: conoscere noi stessi, conoscere le grazie ricevute, conoscere ciò che ci manca per la santificazione e quello che si ha da aggiungere.
Poi, l’esame di coscienza sarà sui desideri, sullo spirito interiore, sull’unione con Dio, sui sentimenti del cuore. Particolarmente questo è da notare: Io amo veramente il Signore, amo veramente le anime? Questi due precetti fondamentali sono sostanzialmente lo spirito del Vangelo: «Amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze ed il prossimo come noi stessi»18. Il Vangelo è tutto carità e questa è descritta, contenuta in questi due precetti dell’amore di Dio e dell’amore al prossimo.
Poi verranno le parole e le azioni. È più facile esaminare le parole e le azioni, perché sono le cose esterne che cadono più facilmente sotto gli occhi o sotto i sensi in generale, i sensi interni e i sensi esterni specialmente. Oh, allora che l’esame sia ben fatto!
Ma questo è solamente una parte del conoscere noi stessi: che cosa abbiamo nella mente, cosa abbiamo nel cuore e cosa facciamo, come parliamo? Ci vuole soprattutto il pentimento, il desiderio di santificazione, la preghiera per l’emendazione, la conversione, la riparazione per confermarci nei propositi che abbiamo fatto. Domandare al Signore il perdono e domandare la sua grazia, perché ogni giorno veniamo ad assomigliare un po’ di più a Gesù. Pensiamo che cosa si diceva di quel santo: Io non so immaginare un’altra persona che rassomigli più a Gesù, e nominava quel santo. Quindi la Visita, l’esame di coscienza e la meditazione.
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Importantissima è la Messa. La Messa pure divisa nelle sue parti e quindi ascoltata secondo la liturgia, e non la liturgia soltanto tecnica, ma lo spirito della liturgia. E lo spirito della liturgia è quello già accennato: che sempre più ci conformiamo nella mente al Maestro Divino e così la prima parte della Messa, chiamata anche didattica o istruttiva. Come risulta dall’Oremus, dall’Epistola, dal Vangelo. E questa mattina già avete inteso quello che fu detto riguardo alla Messa di oggi. Penetrare la Messa e ogni giorno imparare. La liturgia è per stabilire, un po’ più ogni giorno, la nostra vita in Cristo. E non a parte, ma totalmente.
Quindi, in primo luogo, la mente, in secondo luogo la volontà. La volontà perché il sacrificio di Gesù è: «Non la mia volontà ma la tua sia fatta; non come voglio io, ma come vuoi tu»19. E il nostro sacrificio quotidiano, religioso è: Non come voglio io, ma come vuoi tu, o Signore. Altrimenti la Messa è sentita, e soddisfa magari il precetto domenicale, ma non quanto a ricavare il frutto essenziale. Notiamo che noi dobbiamo di più del semplice fedele. Quante grazie in più abbiamo ricevuto, quanta istruzione in più ci fu data!
Se noi ci immedesimiamo con la vittima, noi offriamo la vittima, ma da lontano e non partecipiamo. Mentre è proprio lì: Io tutto mi dono, offro e consacro in tutto, piegando la mia volontà, i miei gusti, le mie tendenze e facendo un omaggio completo al Padre celeste per Christum Dominum Nostrum, per lui e con lui e in lui. Allora non siamo semplici spettatori, come i curiosi che sul Calvario guardavano da lontano come andava a finire e come il condannato concludeva la sua vita. Non da curiosi sentire la Messa, ma da partecipanti. Pensiamo come partecipava Maria, come univa i suoi sentimenti! È la madre che vede sotto i suoi occhi agonizzare e morire fra tanti spasimi il Figlio, e questo per gli uomini. Eppure egli è innocentissimo. Ma appunto, perché è innocentissimo è degna ostia, degna soddisfazione al Padre, degna vittima. E noi allora ci purifichiamo e diventiamo degne ostie. Non spettatori curiosi di quello che si fa sull’altare, ma entrare nello spirito
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di Maria e uniformare i nostri voleri al volere di Dio, a ciò che abbiamo abbracciato liberamente dopo il noviziato. Quindi, con piena consapevolezza.
L’altra parte della Messa comincia al Pater noster e termina propriamente con il Vangelo di S. Giovanni20. Le altre sono preghiere aggiunte21, ma da recitare per precetto, quando non vi è ragione sufficiente per dispensarcene, e in certi casi non sono obbligatorie. In questa parte è l’unione del cuore con Gesù. Se si fa la Comunione sacramentale molto meglio, se no si faccia almeno la comunione spirituale e domini la preghiera. Perché da una parte possiamo credere alla dottrina che abbiamo imparato nella prima parte della Messa, poi dobbiamo chiedere le grazie per seguire Gesù come è insegnato nella seconda parte della Messa: che abbiamo la forza, la grazia di uniformare la mente e la volontà a quello che vuole il Signore, a quello che ci insegna la Santa Messa che ascoltiamo. Entrare in maggior intimità con Gesù e avere i suoi desideri santissimi della gloria di Dio e della salvezza delle anime, in particolare della nostra santificazione. Escludere dal cuore ciò che è vano, inutile o anche peccaminoso, e mettere nel nostro cuore tutto quello che piace al Signore, quello che ci conforma al cuore santissimo del Maestro.
Ecco questo metodo poi si potrebbe applicare alla Confessione, alla Comunione, ecc. Ma per questa mattina basta. La stessa meditazione del rosario, dei misteri del rosario e tutte le altre pratiche.
Si è tanto più paoline quanto maggiormente ognuna si riveste di questo spirito, di devozione a Gesù Maestro Via, e Verità e Vita. E tanta più grazia e tanta più gioia nella vita religiosa, e tanto più frutto nell’apostolato.
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1 Meditazioni tenute in occasione del ritiro mensile alla comunità di Roma nei giorni 29-30 agosto 1959. Trascrizioni dai nastri: A6/an 67b = ac 116a e A6/an 67b = ac 116b. Stampate in sedicesimo pp. 1-8 e 8-15.
2 Cf RA, giugno-agosto 1959, pp. 1-4.
3 Nel luglio 1959 Don Alberione convoca don Carlo Dragone (1911-1974), don Guerrino Pelliccia (1912-1991), don Cirillo Tomatis (1912-1988) e don Giuseppe Pasquali (1912-2002) per uno scambio sull’Enciclopedia su Gesù Maestro. Cf CISP, pp. 1225-1229.
4 Cf Giacomo Alberione, Donec formetur Christus in vobis, Cinisello Balsamo (MI), Edizioni San Paolo 2001, pp. 39 e 50.

5 Cf Giacomo Alberione, Santificazione della mente, Figlie di San Paolo, Roma 1956. Ristampato: Giacomo Alberione, Amerai il Signore con tutta la tua mente, in Giacomo Alberione, Anima e corpo per il Vangelo, Cinisello Balsamo (MI), Edizioni San Paolo 2008, pp. 17-162.

6 Cf Gv 8,29.

7 Titoli di alcuni trattati di teologia.
8 Cf 1Cor 2,2.
9 Cf San Paolo, settembre-novembre 1960, in CISP, pp. 662-663.

10 È un verbo molto usato dal Primo Maestro per indicare l’identità della Congregazione docente attraverso la comunicazione. L’uso del verbo “formare” rimanda a Gal 4,19.
11 Cf Dn 9,24: «Per mettere fine all’empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità, stabilire una giustizia eterna».

12 Cf Mt 6,10: “Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”.
13 Cf Giovanni Roatta, Gesù Maestro, Alba, Edizioni Paoline 1955. Don Giovanni Roatta (1913-1985), sacerdote della Società San Paolo. Incaricato da Don Alberione dello studio su Gesù Maestro vi dedicò con passione anni di intense ricerche. Nel 1956 fu il primo Superiore Provinciale dei Paolini in Brasile. Incarico che ricoprì fino al 1969. Dopo il Capitolo Speciale (1971) si dedicò a tempo pieno al Centro di Spiritualità Paolina con sede nella Casa Divin Maestro ad Ariccia.

14 Libera citazione della dossologia di conclusione alla Preghiera Eucaristica: Per Cristo, con Cristo e in Cristo

15 Cf 1Sam 17,38-40.

16 Cf 2Ts 3,10.
17 Per delle case FSP: Alba e Roma. Ogni casa della SSP, in misura diversa, aveva sia la redazione sia la stampa e la confezione di libri. Dal San Paolo gennaio 1959 risultano titoli pubblicati in queste filiali: Alba, Albano, Cinisello Balsamo (MI), Bari, Catania, Modena, Pescara, Ostia (RM), Roma e Vicenza. Torino si serviva di tipografie esterne.

18 Mt 22,37-39.

19 Cf Lc 22,42.

20 Alla fine della Messa il sacerdote recitava il Prologo di San Giovanni (Gv 1,1-18).
21 Si tratta di preghiere da recitare alla fine della Messa per volontà di Leone XIII e di alcuni dei suoi successori. Un esempio è la Preghiera a S. Michele arcangelo. Queste preghiere continuarono ad essere recitate fino al 26 settembre 1964, quando l’istruzione della Sacra Congregazione dei Riti Inter oecumenici al n 48 decretò la soppressione delle preghiere leoniane.