Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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8. L’ESAME DI COSCIENZA1


Oggi chiediamo a Maria Addolorata la grazia di saper meditare bene la passione di Gesù Cristo. Ella che ha preso tanta parte ai dolori del Figlio, ci ispirerà i pensieri e i sentimenti adatti per la settimana di Passione e per la Settimana Santa, particolarmente durante le funzioni liturgiche e ancora più precisamente per quella del Venerdì santo. Nello stesso tempo, diamo molta importanza al Giovedì santo, giorno in cui Gesù si è lasciato2 a noi sotto le specie di pane e di vino, e nello stesso tempo ha istituito il sacerdozio. I sacerdoti che dovevano poi ripetere quello che egli aveva fatto, dovevano quindi perpetuare il sacrificio della Messa e perpetuare la presenza reale \di Gesù/ sui nostri altari e darci la santa Comunione. Perciò Giovedì e Venerdì santo, in modo particolare, meditare santamente la passione di Gesù Cristo, cercare di purificare le nostre anime.
Purificare le nostre anime con molto amore, cioè togliere le nostre infermità e le nostre debolezze. Toglierle specialmente amando il Signore, perché l’amore scancella i peccati, l’amore ci unisce a Dio, l’amore ci rende graditi a lui e l’amore impedisce anche tante venialità. Amore!
Tuttavia, questa mattina volevo raccomandare tre cose: primo, l’esame di coscienza; secondo, la meditazione; terzo, la Visita al SS. Sacramento. Nella Famiglia Paolina vi è questa norma, questa regola nelle Costituzioni: che non si ammettano alla professione quelle aspiranti che non hanno ancora imparato, come conviene, sia la teoria e la pratica di queste tre nostre devozioni3. Aver imparato la teoria è la cosa più semplice, aver imparato la pratica è un po’ più difficile. Formare poi l’abitudine, fino a sentire il gusto, il desiderio di compiere santamente
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queste pratiche. Sentire il gusto e il desiderio così che quel giorno in cui si fossero tralasciate queste tre pratiche, si provi un vuoto nell’anima, un qualche cosa che ci impedisce di sentire l’unione con Dio, e quasi avere l’impressione che la giornata sia passata un po’ vuota, come se fossimo vissuti un po’ distaccati dal Signore. Veramente ciò è perché non saremmo entrati in noi stessi con l’esame di coscienza, con la meditazione e con la Visita. Arrivare fino a sentire il gusto, cioè una certa soddisfazione, una compiacenza nel fare queste tre pratiche. Questo non toglie il merito, anzi l’aumenta. Arrivare fino lì. Tuttavia sentire il gusto non è di tutti i giorni: se uno mirasse a questa soddisfazione sensibile, no. È un gusto spirituale, molto più elevato che un’impressione sensibile.
Fare l’esame di coscienza. Farlo bene e insegnare a farlo. Fare l’esame di coscienza, diligente, non scrupoloso. Il Signore non ci chiede neppure lì degli eroismi, di voler penetrare, diciamo, in ogni azione, così da analizzarsi troppo minutamente. Bisogna compiere le azioni per amor di Dio, però con semplicità.
L’esame di coscienza dev’essere fatto con diligenza, ma guardare alcune cose che ne assicurano il frutto. Primo, l’esame di coscienza ci deve portare a ringraziare il Signore dei benefici e delle grazie ricevute4. Secondo, vedere la corrispondenza alle grazie. Non fermarci solo a cercare le mancanze, ma in primo luogo ringraziare il Signore e poi vedere come noi abbiamo corrisposto alle grazie del Signore. E lì vi sono delle cose ben fatte, e ne ringraziamo Iddio, e se ci sono delle cose che non sono ben fatte ne chiediamo perdono; e se ci sono delle cose che sono già buone, ma devono essere fatte meglio, dovremo concludere: Le farò meglio.
Nell’esame di coscienza però vi è da fare un’altra attenzione: cercare le cause delle mancanze. Cercare le cause, cioè la radice. Se si toglie la radice, la pianta non cresce, ma se si taglia solamente l’esterno della pianta senza andare alla radice, la pianta rinascerà, almeno certe piante rinascono. Le cause sono molteplici. Per una persona può essere una causa soprat-
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tutto, e per un’altra persona può essere un’altra la causa. Può essere l’orgoglio, ad esempio, può essere la pigrizia, può essere l’invidia, può essere la distrazione e può essere una certa tiepidezza abituale che accompagna un po’ dappertutto. Cercare le cause.
Altra attenzione nell’esame di coscienza è questa: prima esaminare l’interno, la mente, il cuore; l’esterno è più facile esaminarlo. L’esterno, cioè le parole e le opere, sono più facili a esaminarsi. Ma l’interno, in noi, nella mente c’è spirito di fede? Si vive con la mente raccolta nel Signore, nel servizio del Signore e nelle cose che dobbiamo fare per piacere al Signore? Ci occupiamo di questo? Quali sono i pensieri che dominano la nostra giornata? Ragioniamo sempre secondo la fede? Nello spirito nostro c’è veramente la fede quando pratichiamo l’obbedienza, quando pratichiamo la carità, quando pratichiamo la povertà, ecc.? Vedere come siamo riguardo ai pensieri: possono essere pensieri santissimi e possono essere anche pensieri cattivissimi. I pensieri cattivi non sono soltanto riguardanti la bella virtù, ma pensieri cattivi sono tutti quelli che sono contrari alla fede o alla morale cristiana o alla liturgia, al culto. Quindi toccano tutte le virtù.
Esaminare prima i pensieri e poi i sentimenti interni. Quali sono i nostri sentimenti riguardo a Dio: vi è vero amore di Dio? Quali sono i nostri sentimenti interni riguardo al prossimo: vi è vera carità? Quali sono i nostri sentimenti di pietà nel pregare? Quali sono i nostri sentimenti, i nostri desideri riguardo l’avvenire, riguardo le cose che ci circondano, le occupazioni che abbiamo nella giornata? Amiamo le nostre occupazioni? Le facciamo queste occupazioni che sono prescritte? Le facciamo per amor di Dio? Le facciamo con i sentimenti affinché non serviamo Iddio soltanto all’esterno, ma serviamo il Signore in spirito e verità? Esame di coscienza.
Poi, riguardo all’esame di coscienza, per assicurarci il frutto, pensare: Ma io ho buona volontà o ne ho poca? Secondo: Io prego davvero o faccio solo delle pratiche esteriori senza spirito interiore? Penetro le varie orazioni che dico, e le mie orazioni sono accompagnate da fede ferma in Dio? Mi preoccupo più delle grazie spirituali e del progresso della mia anima
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che di ciò che mi circonda, di quello che è anche la mia salute? Qual è la nostra preoccupazione principale nel pregare? Di santificarsi? Ecco, sempre notare che il nostro profitto dipende dalla buona volontà e dalla preghiera ben fatta. Perché nel camminare ci vuole Dio e ci vuole il nostro io: Dio che porge la grazia, gli aiuti, e noi che abbiamo voglia di camminare. Ci vogliono due volontà unite, così da formarne una sola: Dio che ci vuole santi e ci dà l’aiuto, e noi che ci vogliamo far santi e ci impegniamo a muoverci, a mettere tutte le nostre energie di mente, di cuore, di salute per camminare nella via della santità.
Ecco, l’esame di coscienza dev’essere seguito soprattutto dal pentimento, e poi da una specie di accusa davanti al Signore: Vedete come sono io. Passano i giorni e io invece di progredire sono sempre allo stesso punto, per quel che si può dire. Nelle orazioni che dicevamo da ragazzi c’era questa espressione: Tu mi dai i giorni ed io li riempio di tanta incorrispondenza.
Poi imporci una penitenza affinché possiamo emendarci. Non dobbiamo sempre accusare le mancanze involontarie, ma qualche volta anche per correggere le imperfezioni e per stare più attenti per non cadere. Qualche volta per ricordare una cosa, facciamo un nodo al fazzoletto, e sentendo poi il nodo, ci vien in mente quella cosa. Se ci imponiamo una piccola penitenza, a volte è un richiamo.
Un giovane aveva detto a un suo compagno: Tu sai che io sono chiacchierone, quando vedi e senti che comincio a chiacchierare troppo, e magari non tanto bene, dammi uno sguardo. Allora mi ricordo, che devo stare attento. E così a poco a poco era riuscito abbastanza a dominarsi, così da parlare a posto, a tempo debito, e parlare come si deve.
Adesso non aggiungiamo parole riguardo alla meditazione e alla Visita, sarà per un’altra volta, se vorrà il Signore.
Per quest’oggi domandiamo la grazia di far bene l’esame di coscienza. Pensare proprio bene alle grazie interiori che si ricevono, le ispirazioni, gli inviti alla santità, anche ai rimorsi che qualche volta si sentono: sono tutti inviti alla santità, inviti di Dio che ci ama e che ci vuole santi. Pensare bene. E poi si guarda alla corrispondenza che si è avuta nella giornata.
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Coloro che fanno bene l’esame di coscienza non pensano facilmente ai difetti degli altri, pensano ai propri. Chi non ha l’abitudine di esaminarsi, pensa di più ai difetti degli altri che ai suoi: «Attende tibi: Guarda te stesso»5. È una grande norma di santificazione e di progresso la parola di S. Paolo: «Attende tibi».
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1 Meditazione tenuta ad Albano il 14 marzo 1959. Trascrizione da nastro: A6/ an 62a = ac 106a.
2 Consegnato.
3 Cf Cost’53, art. 196.

4 Cf Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 43.

5 Cf 1Tm 4,16.