Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. AUGURI AI MEMBRI DELLA FAMIGLIA PAOLINA1


La pace di Gesù Cristo, portata da lui là nel presepio, sia sempre con tutti voi. È conforme allo Spirito della Congregazione il valersi di tutti i mezzi forniti dal progresso, per comunicare più rapidamente e più largamente il pensiero cristiano. Oggi mi servo di questo strumento con molta riconoscenza verso il Signore, per rinnovare gli auguri e ringraziarvi dei vostri, e assicurarvi le continue mie preghiere per tutti.
Intanto vi invito a compiere santamente, questa sera, il grande, doveroso atto di riconoscenza al Signore, alla conclusione dell’anno. Eccoci, al termine di un altro anno di vita. Quando l’orologio suonerà le dodici, in quel tratto noi entreremo nel 1960. In questo giorno, ai piedi del Bambino, gli abbiamo ripetuto: Perdonateci, o Signore, il male commesso, e se qualche bene abbiamo compiuto, accettatelo.
Aggiungiamo ora, il nostro profondo Deo gratias in modo solenne, con il Te Deum per i benefici ricevuti. Il Te Deum è suggerito da due pensieri di fede. Primo, riconoscimento che tutto viene da Dio. E secondo, riconoscenza a Dio, riconoscenza fatta di amore. Se esistiamo, se in noi vi è intelligenza, se in noi vi è salute, tutto viene da voi, perciò diciamo: Vi ringrazio, o Signore, di avermi creato, fatto cristiano, conservato in questo anno, condotto in questa Congregazione.
I benefici ricevuti nel corso dell’anno sono innumerevoli. La nostra mente si è illuminata e si è istruita nelle cose di fede e nelle scienze umane. Il nostro cuore si è orientato sempre verso Dio e verso il suo paradiso. La nostra volontà vi si è conformata e il nostro apostolato è stato sempre più ampio e più costruttivo. Benefici generali concessi a tutti, in comune,
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qui, dove quotidianamente noi avviciniamo il pane spirituale, il pane intellettuale, il pane materiale. Benefici particolari che riguardano ogni anima, secondo la propria vocazione, secondo le proprie necessità e secondo il tempo, gli anni di vita. Quindi benefici spirituali e benefici corporali.
Maria, quando le fu rivolto il saluto e quando fu riconosciuta come la Madre di Dio da S. Elisabetta, pronunciò il suo grande Magnificat2. Altrettanto deve venire dal nostro cuore il sentimento della riconoscenza verso il Signore. Nel corso della Messa si legge il Prefazio che precede il Canone. Diciamo, ad esempio, in questi giorni: Veramente è degno e giusto, equo e salutare, che noi sempre, dovunque ti rendiamo grazie, Signore Santo, Padre Onnipotente, eterno Dio, perché per il mistero del Verbo incarnato rifulse così agli occhi della nostra mente la nuova luce di tua chiarezza. E mentre difficilmente conosciamo Iddio, per esso veniamo rapiti all’amore delle cose invisibili3. E il Prefazio si conchiude con l’inno di glorificazione a Dio: Santo, Santo, Santo è il nome del Signore. Allora la terra si unisce al cielo per cantare le lodi di Dio e presentargli i ringraziamenti: Il cielo e la terra sono pieni della tua gloria, o Signore. Osanna nell’alto dei cieli. Il Prefazio dice dunque: Vere dignum et justum est aequum et salutare, nos tibi semper et ubique gratias agere. Il che corrisponde a quanto insegna S. Paolo: «Grati estote: Siate riconoscenti»4.
Nessuno di noi vuole essere tacciato di ingratitudine. La nostra riconoscenza va a Dio in primo luogo, e poi alle persone di cui Dio si è servito per chiamare chi è nei disegni del suo amore e della sua sapienza. La riconoscenza è il primo dovere, la riconoscenza è un dovere naturale, ed è segno di buon cuore e di buona educazione. La riconoscenza è richiesta da Dio e si rileva anche dal fatto che quando Gesù aveva guarito i dieci lebbrosi, uno solo era ritornato a dare gloria a Dio. E Gesù se ne lamentò5. Questo lamento va a tante anime che sono pronte a chiedere e non così pronte a ringraziare.
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La riconoscenza poi ottiene altre grazie, e noi abbiamo bisogno di altre grazie e di un numero ancora maggiore di grazie per l’anno che stiamo per incominciare. La riconoscenza si mostra specialmente con i fatti, con la corrispondenza. E chi ha ricevuto di più, di più deve dare. Chi ha molta intelligenza, chi ha molta salute, chi ha attitudini particolari nelle varie cose, ecco dia di più, perché: «A chi molto è dato, molto sarà richiesto»6.
Canteremo, dunque, il Te Deum. Il Te Deum è un inno di riconoscenza al Signore: Ti lodiamo, o Dio, ti celebriamo, o Signore. Te Padre eterno tutta la terra venera. A te tutti gli angeli, a te tutte le schiere e tutte le potenze, a te i cherubini e i serafini con voce incessante cantano: Santo, santo, santo è il Signore dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della maestà della tua gloria. Te il glorioso coro degli apostoli, te dei profeti lo stuolo venerando, te dei martiri il candido esercito loda. E per tutto l’orbe la santa Chiesa ti celebra, o Padre d’immensa maestà.
Poi la seconda parte del Te Deum si rivolge, particolarmente a Gesù Cristo. \Lodiamo/ il tuo adorato e vero ed unico Figlio e insieme il Santo Spirito consolatore. Tu sei il re della gloria, o Cristo. Tu sei del Padre il Figlio sempiterno. Tu, umanandoti per liberare gli uomini, non sdegnasti il seno della Vergine. Tu, distrutto il potere della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli. Tu stai assiso alla destra di Dio nella gloria del Padre. Noi crediamo che ritornerai giudice. Vieni, adunque, in aiuto ai tuoi servi, che hai riscattato con il tuo sangue prezioso.
L’altra parte si rivolge particolarmente allo Spirito Santo. Fa’ che con i tuoi santi nella gloria un giorno siamo annoverati. Salva il tuo popolo, o Signore e benedici la tua eredità. E guidala e innalzala fino all’eternità. Ogni giorno ti benediciamo e lodiamo il tuo nome santo, per sempre. Degnati, o Signore, in questo giorno, di custodirci senza peccato. Abbi pietà di noi, o Signore, abbi pietà di noi. Sia la tua misericordia, o Signore, su di noi, che sempre abbiamo sperato in te. In te, o Signore, ho sperato, non resti io confuso giammai.
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Si chiude l’anno, e quanti sono lieti per aver santificato i loro giorni! E ci possono essere anche anime in timore e in umiltà per avere sciupato le grazie ricevute. Santificare ogni anno, gli anni, il tempo. Così sarà sereno il nostro passaggio all’eternità. Ci sono persone che passano da questa vita all’altra in letizia anche cantando, per quanto la loro infermità lo permette. E persone che piangono per il tempo perduto.
L’anno sia dunque santo. E questa santificazione dell’anno è la corrispondenza e la gratitudine di opere fatte per il Signore. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
E la benedizione di Dio discenda sopra ciascuno di voi e rimanga sempre.
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1 Meditazione tenuta alla Famiglia Paolina a Roma [31] dicembre 1959. Trascrizione da nastro A6/an 71b = ac 123b. Nell’audiocassetta c’è il titolo: “Auguri di Don Alberione a tutti i membri della Famiglia Paolina per fine anno”. All’inizio della registrazione una voce maschile introduce: “Il Primo Maestro Don Giacomo Alberione manda i suoi auguri a tutta la Famiglia Paolina in occasione della chiusura dell’anno 1959”.

2 Cf Lc 1,46-55.
3 Cf Prefazio del Natale, pregato anche il 1° gennaio.
4 Cf Col 3,15.
5 Cf Lc 17,12-19.

6 Cf Lc 12,48.