25. FESTA DEGLI ANGELI CUSTODI1
In ogni Messa dobbiamo sempre considerare una verità, e per oggi la verità che ci mette innanzi la liturgia è questa: il Signore nella sua misericordia assegna ad ogni uomo, al momento della nascita, un angelo per custodirlo, illuminarlo, difenderlo, proteggerlo, dirigerlo nella vita. Gli angeli vengono dal cielo e si prendono cura di uno che non sa la strada, e il Signore non vorrebbe che sbagliasse la strada. Uno che deve fare il viaggio della vita e l’angelo deve accompagnarlo, perché uno non sbagli la strada e la percorra bene, santamente. Quindi l’angelo prende in custodia questo bambino, lo accompagna e alla fine, quando l’anima sarà spirata, lo presenta al Signore. Ecco, compiuta la sua missione. Da lì in poi c’è il giudizio, c’è l’eternità.
Questa è la verità da considerare, ma è anche pensiero comune che ogni comunità, ogni regno, ogni nazione, abbia un angelo custode. Allora considerare questa verità, ravvivarla, pensando che l’angelo custode è sempre accanto a noi e che non c’è un amico più fedele, uno che ci capisca più dell’angelo custode. Avere con lui confidenza, riverenza e devozione. La devozione agli angeli, spesso ricordati dalla Scrittura, era già radicata nell’animo dei primi cristiani.
In secondo luogo la liturgia ci propone una pratica, un insegnamento, e in terzo luogo le domande che dobbiamo fare al Signore per intercessione degli angeli custodi. La devozione pratica è nel Vangelo, lo stesso che è assegnato per il giorno della festa di S. Michele. Insegnamento pratico: «In quel tempo si accostarono a Gesù i suoi discepoli e gli dissero: Chi è più grande nel regno dei cieli? Gesù, chiamato un pargoletto, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità vi dico, se non cambiate e non diventate come pargoli non en-
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trerete nel regno dei cieli. Chi pertanto si farà umile come questo fanciullo diventerà il più grande nel regno dei cieli. E chiunque accoglierà, in nome mio, un pargolo come questo, accoglie me.
Chi poi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli sia appesa al collo una macina da asino e sia sommerso nel fondo del mare». E ancora: «Guai al mondo per gli scandali. Certo, è necessario che ci siano degli scandali. Ma guai all’uomo per cui succede lo scandalo. Ora se la tua mano o il tuo piede ti è di scandalo, troncalo e gettalo via da te. Meglio è per te giungere alla vita monco o zoppo che con due mani, o due piedi venir gettato nell’inferno. E se è l’occhio tuo che ti scandalizza, càvatelo e gettalo via da te. Meglio è per te entrare nella vita con un occhio solo che esser gettato con due nel fuoco eterno. Guardatevi dal disprezzare uno di questi fanciulli. Vi assicuro che i loro angeli nei cieli vedono sempre il volto del Padre mio, che è nei cieli»2.
Quindi, Gesù dice che i fanciulli hanno un angelo accanto. E quando si disprezza il fanciullo, si disprezza l’angelo che è con lui. L’angelo è mandato dal Signore a custodire l’anima del fanciullo. Gli insegnamenti sono vari. Il primo insegnamento è questo: «Se non cambiate…». E parlava agli apostoli quando discutevano ancora chi di loro fosse il maggiore, il primo. Ciascuno aveva un po’ di voglia di essere primo: «Se non cambiate e non diventate come pargoli, non entrerete nel Regno dei cieli». Vuol dire che con l’orgoglio non si entra in paradiso. Chi si farà pertanto umile come questo fanciullo diventerà il più grande nel regno dei cieli. Vuol dire che quanto più ci abbassiamo nel servizio agli altri, nell’umiliarci dentro di noi e fuori di noi, tanto più si diviene grandi in paradiso. Così se uno vuol diventare grande può trovare la strada. Non diventerà grande, supponiamo, per capacità intellettuali, per forza, resistenza, lavoro, non diventerà grande magari per opere esteriori, ma se è umile di sicuro diviene grande. Questa è la strada della vera grandezza: l’umiltà. E se
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si vuole essere più grandi nel regno dei cieli, essere i primi, avere i primi posti, ci vuole l’umiltà, farsi semplice come un bambino.
Poi l’altro insegnamento: «Chiunque accoglierà in nome mio un pargolo come questo, accoglierà me». E cioè tutto quello che si fa ai bambini, ai poveri, agli ammalati, è fatto per Gesù, a Gesù. Quindi il premio l’avrà da Gesù. Il Signore poi prende un aspetto più preciso, quasi di tristezza, in vista di ciò che avviene nel mondo: quanti scandali alla gioventù, ai fanciulli. «Chi poi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da asino». Erano quelle macine che venivano trascinate dagli asini, per macinare il grano, come si usava in quel tempo. «E guai al mondo per gli scandali». Scandali che vengono dati con le parole, gli esempi, con la stampa, le pellicole, la radio, il cinema, con la televisione. Certo, gli scandali ci sono, ma guai all’uomo per cui succede lo scandalo. Cioè, nell’ordine della Provvidenza è previsto che ci siano degli scandali, e così quelli che hanno condannato a morte Gesù, hanno fatto a noi, indirettamente, senza volerlo, un gran bene. Gesù morì e fu il nostro redentore, per cui tutte le nostre colpe sono state pagate in anticipo dalla croce.
E perché non avvengano scandali, Gesù dice che ognuno deve guardarsi dallo scandalo: «Se la tua mano, o il tuo piede ti è di scandalo troncalo e gettalo via da te. Meglio è per te giungere alla vita monco o zoppo che non con due mani e due piedi venir gettato nel fuoco eterno». Cioè: se una cosa ti è anche cara come il piede e la mano, ma ti è di cattivo esempio, se ti fa del male, allora troncare. Evitare le persone, evitare le cose, evitare le circostanze, le occasioni, anche se quelle persone ci sono care, quelle letture ci sono care, ecc. E poi aggiunge: «Se l’occhio tuo ti è di scandalo, cavatelo e gettalo via da te. Meglio è per te entrare nella vita con un occhio solo che venire gettato con due nel fuoco, all’inferno». Il Signore vuol dire: Se una cosa ti è cara come l’occhio, ma ti è di pericolo per l’anima, toglila, schivala. È meglio entrare in paradiso con un occhio solo, che non andare all’inferno con due, perché sarebbero tormentati nell’inferno tutti e due
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Questo è per la nostra pratica. Allora bisogna ascoltare gli angeli custodi, i quali tutto il giorno ci fanno sentire le loro ispirazioni. Sia illuminandoci sulle vie della santità, sulle vie del lavoro spirituale, e ancora per portarci più avanti nella via della perfezione religiosa.
Ecco allora la preghiera. Quindi noi facciamo di nuovo l’accettazione dell’angelo e invitiamo il nostro angelo custode a prendersi cura stretta di noi. Dice il Signore: «Ecco io mando il mio angelo che vada dinanzi a te». Accettarlo: «Ti protegga nel viaggio», farci accompagnare nella vita; «e ti introduca nel paese che ti ho preparato» su in cielo. «Onoralo e ascoltalo, guardati dal disprezzarlo, perché egli non ti perdonerà quando gli farai del male essendo in lui il mio nome», e cioè se non lo ascolti offendi me, dice il Signore. E avendo offeso Iddio, l’angelo custode non può perdonarti, è solo Iddio che può perdonare. «Se ascolterai la sua voce e farai quanto ti dico, io sarò nemico dei tuoi nemici», cioè io sarò nemico del diavolo che è il tuo nemico e terrò a freno il diavolo che è il tuo nemico. «E perseguiterò chi ti perseguita, e il mio angelo ti precederà»3. L’angelo che ci precede per la via del cielo.
La Chiesa quindi ci fa recitare un Oremus molto bello: O Signore, che con ineffabile provvidenza ti degni deputare alla nostra custodia i tuoi santi angeli, concedi a quanti ti invocano di essere sempre difesi dalla loro protezione, quindi, difesi dalla protezione degli angeli, e di godere in eterno la loro compagnia. Quindi, domandiamo due grazie: sulla terra ascoltare gli angeli, e con le loro preghiere essere da loro protetti. Poi, terminata la vita presente, arrivare al cielo in compagnia degli angeli e avere l’eterna beatitudine che godono già gli angeli che, pur restando accanto a noi, sono sempre in eterna beatitudine, hanno sempre il gaudio eterno.
Ecco quello che dobbiamo chiedere oggi. Ci sono due cose. Primo: che noi siamo contenti, felici e riconoscenti al Signore per la custodia degli angeli. Le malate siano felici, contente e preghino per coloro che hanno l’ufficio di angeli visibili, e
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cioè per le persone che sono al loro servizio4. E d’altra parte coloro che sono al servizio, che compiono questo ufficio di angeli custodi, lo compiano nello spirito degli angeli. Con che spirito gli angeli custodi ci accompagnano nella vita? Primo, spirito di bontà: riflettono la bontà di Dio e servono da intermediari fra Dio e noi, perché pregano, e la loro preghiera è gradita, preghiera di angeli che sono sempre santi, belli, potenti presso Dio. Poi, comprendere le debolezze. Gli angeli custodi comprendono le nostre debolezze e infermità. Comprendere la psicologia del malato e le sue sofferenze.
Terzo, l’aiuto quotidiano. E dopo: tutti in paradiso, sani e malati. Ognuna avrà compiuto la sua parte di volontà di Dio. E così chi ascolta l’angelo sarà compagno all’angelo in cielo, e chi asseconda l’infermiere sarà compagno all’infermiere in cielo, tutti in paradiso. Nella vita le circostanze sono tanto varie, tanto è diversa la vita dell’uno dalla vita dell’altro. Però tutto è per compiere ciò che il Signore vuole da noi sulla terra, per compiere la nostra missione. Poi paradiso, paradiso!
Perciò quest’oggi ravviviamo la nostra fede nella verità dell’assistenza che abbiamo dell’angelo custode. Secondo, chiediamo la grazia di assecondare l’angelo custode nei suoi inviti, e terzo, domandiamo a lui la grazia che ci assista, assista il malato come malato, assista invece chi è infermiera come infermiera, tutti. Che tutti possiamo fare la nostra parte sulla terra e avere poi il premio comune.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il 2 ottobre 1959. Trascrizione da nastro: A6/ an 70a = ac 120a.
2 Cf Mt 18,1-10.
3 Cf Es 23,20-22.
4 Nella Casa di cura “Regina Apostolorum” di Albano le sorelle che prestavano servizio di assistenza alle malate erano chiamate “Angeli custodi”. La loro festa era il 2 ottobre. Quell’anno il Fondatore scrisse su un’immagine: “I.M.I.P. Il tuo Angelo Custode si prenda cura di Te come Tu custodisci e curi le Persone che ti sono affidate. Grande merito! si rivelerà nell’ultimo giorno. Fede. Ogni benedizione. Sac. G. Alberione” (Cf Arch. St. FSP, A7.28/155.2).