Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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11. SAN GIUSEPPE LAVORATORE1


La Chiesa oggi ci fa leggere le parole: «Dilectus Deo et hominibus: Amato da Dio e amato dagli uomini»2. Queste parole le applica a S. Giuseppe. Nella nostra coroncina sono ricordati alcuni titoli, grazie, privilegi concessi dal Signore a S. Giuseppe. Il libro poi, La teologia di San Giuseppe3 che si è stampato, spiega, illustra i disegni che il Signore ebbe sopra questo grande santo e come egli è stato fedelissimo ad eseguire tutti i disegni di Dio su di lui, tutto il volere del Signore. Il Signore ha trovato in lui un servo veramente fedele, con gli occhi sempre rivolti al padrone, cioè al Signore per sentire i desideri, i voleri del Signore e prontamente, docilmente, amorosamente eseguirli. S. Giuseppe, il grande santo, S. Giuseppe il protettore e modello dei lavoratori, S. Giuseppe il protettore della Chiesa universale.
Il grande santo. La santità sta nell’uniformità alla volontà di Dio, nell’unione con lui. Non sta in primo luogo nelle opere esteriori, sta nell’interno e cioè: pensare come Dio e volere come Dio. Le opere esterne, poi, sono di conseguenza nell’esecuzione dei voleri di Dio. La docilità interna, la nostra disposizione a dire sempre sì. Il sì non solo davanti a quello che viene comandato nei dieci comandamenti e comandato nei consigli evangelici per chi si è consacrato a Dio, comandato nelle disposizioni che vengono date, negli uffici assegnati, ma ancora in quell’abbandono sereno, pensando che la sapienza di Dio guida rettamente l’uomo: «Justum deduxit Dominus: Il Signore guida il giusto»4, la sapienza di Dio guida il giusto. Ecco, qui vi è una scienza che supera ogni scienza. Importa assai che uno
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abbia studiato e si impegni a imparare sempre di più, perché l’intelligenza è una facoltà e un talento datoci da Dio.
Le scienze profane, ci possono essere, ma ci sono utili di più le scienze sacre: la teologia, la dogmatica, la morale, la liturgia, il catechismo che è la teologia dei piccoli, che poi si svolgerà. Ma vi è una scienza che non sta sui libri che possono possedere coloro che non sanno leggere e possono ignorarla quelli che sanno molte lingue e quelli che sanno prendere dieci all’esame. Tutto questo è buono, ma la scienza dei santi è un dono del Signore. Per chi ha fede la sapienza, la scienza, l’intelletto, il consiglio, sono doni che vengono a perfezionare la fede, a condurre la fede in un esercizio sempre più alto. La scienza dei santi: che siamo di Dio, che dobbiamo andare a Dio, che la via è la volontà di Dio. La scienza del volere di Dio, la scienza della santità, la scienza di Maria, la scienza del sì, la scienza di S. Giuseppe. Chiedere sempre questa scienza, la scienza dei santi.
Quanta gente porta la testa alta, sicura di sé, quanta gente si gonfia del proprio sapere e poi sono poveri ignoranti, in proporzione, non alla lettera. Troviamo a volte uomini molto distinti e molto lodati nel mondo per il loro sapere. Quando però si viene a parlare di religione è un abisso di ignoranza. E in proporzione, non alla lettera ripeto, quante volte ci manca quella sapienza che fa i santi, mentre si sanno molte altre cose. Imparare moltissime cose, quanto più si può, ma chiedere sempre quella scienza necessaria a tutti, la scienza che serve per l’eternità, quella scienza che in paradiso ci meriterà di conoscere profondamente, vedere profondamente in Dio. E allora un povero contadino che non sa fare la sua firma può essere che si è elevato ad una cognizione, a una visione di Dio più profonda di qualsiasi dottore o scrittore o inventore.
S. Giuseppe è modello dei lavoratori. Quando si parla di lavoratori spesso si crede di parlare solo di quelli che compiono il lavoro materiale, cioè un lavoro più corporale che intellettuale: il contadino che ara il campo, il muratore che sta costruendo le case, ecc. Lavoratori sono tutti quelli che mettono in esercizio i talenti di Dio, i talenti ricevuti, prima la mente, poi il cuore e la volontà in lavori più spirituali o meno, o in lavori corporali.
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Ecco, lavoratori dell’intelletto, lavoratori del concetto. Quelli che studiano compiono un lavoro, mettono in esercizio l’intelligenza ricevuta da Dio. Quelli che pregano, amano il Signore, mettono in esercizio tutta la sentimentalità e tendono a Dio. Le braccia incrociate di quelle persone che sono inginocchiate davanti al Santissimo, i cuori che amano il Signore, allora, sono più utili all’umanità che non certe battaglie vinte da capitani di gran merito.
Poi il lavoro corporale, particolarmente corporale in quanto, guidati dall’intelligenza, si mette mano a qualche fatica che si ha da compiere. Questo lavoro, in primo luogo, è santificante, è imitazione di Dio. «Il Padre sempre opera ed io opero»5. Il Signore, Dio è atto puro. Noi quanto più ci mettiamo in attività tanto più siamo imitatori di Dio. Il lasciare inerti i doni di Dio, i talenti di Dio è proprio sciupare quello che Dio ci ha dato. E quando la mente va dietro a pensieri inutili, quando ci si nutre di letture inutili, vuote, ecc., allora abusiamo dei doni di Dio.
Il lavoro è in primo luogo salvifico, santificatore. Attività in quanto si può, data l’età, le forze, l’ambiente, gli uffici: attivi! La pigrizia può manifestarsi in tante cose, invece il fervore nel mettere al servizio di Dio tutti i talenti: ecco un lavoro salvifico. Il lavoro di S. Giuseppe fu salvifico ma nello stesso tempo fu redentivo, un lavoro di elevazione. Redentivo, perché dopo Maria non c’è stato altri che abbia collaborato di più alla redenzione dell’umanità. S. Giuseppe in unione con Maria, unito nella missione di Maria, ha preparato al mondo il Maestro divino, con tante cure ha preparato al mondo il Sacerdote eterno, Cristo Gesù Sacerdote, ha preparato l’Ostia che noi offriamo fra poco sull’altare. Ha lavorato per Gesù, ha cresciuto Gesù: lavoro redentivo.
Per noi è anche lavoro di espiazione in quanto dobbiamo scontare la pena dei nostri peccati, perché dopo il peccato originale Iddio ha dato questa penitenza generale agli uomini: «Mangerete pane con il sudore della fronte»6. Non è la penitenza che si prende in un Istituto, in una Congregazione, è la
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penitenza data a tutta l’umanità, perché tutta l’umanità discende da Adamo e contrae il peccato commesso da Adamo e allora occorre l’espiazione.
Dobbiamo considerare S. Giuseppe protettore della morte e protettore dei vergini. Quando si conserva la purezza, il cuore mondo, la mente pura, il corpo santo, allora c’è la scienza dei santi, perché nell’anima innocente lo Spirito Santo si comunica, infonde una scienza particolare e invece «in malevolam animam non introibit»7.
Ma oggi specialmente consideriamo S. Giuseppe protettore della Chiesa universale. Certo dobbiamo sempre chiedere: O San Giuseppe padre putativo di Gesù e sposo di Maria, pregate per gli agonizzanti di quest’oggi, di questa notte. Ma quest’oggi ricordiamo in modo particolare le intenzioni del Papa, le intenzioni che egli, sentendo i bisogni della Chiesa universale, ha nella sua mente, porta nel suo cuore. Le tre intenzioni che particolarmente egli ha indicato vanno ben ricordate e cioè: la celebrazione del Sinodo diocesano romano, l’aggiornamento del Codice, il Concilio Ecumenico8. Sì, le intenzioni del Papa. Poi i bisogni della gerarchia, in particolar modo dell’Episcopato, dei sacerdoti. I bisogni di tutti i cristiani, di tutti i missionari, di tutti gli scrittori cattolici, di tutti i lavoratori del cinema, di tutti coloro che si occupano di radio e di televisione. Ricordare poi le vocazioni, i padri di famiglia, i governanti, così che possiamo avere nel mondo un ordinamento cristiano che forma non soltanto una base umana, ma una base per lo sviluppo della Chiesa, per l’azione della Chiesa nelle anime e nel mondo.
Ognuno conosce le difficoltà che vi sono attualmente, poiché la Chiesa è sempre combattuta in ogni secolo. L’ha predetto Gesù e ha messo in guardia gli Apostoli perché non si trovassero poi davanti a un fatto inatteso. E quell’avvertimento non serviva solo per i Dodici che allora egli mandava nel mondo a predicare, ma serve per tutti coloro che nella Chiesa
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devono operare perché membri della gerarchia, e per tutti noi. Pregare dunque S. Giuseppe per la Chiesa.
Ora concentrarsi bene nella Messa. Vi sarà come un omaggio o un’offerta di tutto il vostro apostolato, il nostro apostolato. Non solamente redazionale, ma tecnico, propagandistico, quello che è della stampa e quello che è del cinema. Offertorio vuol dire offrire. Se chi ascolta la Messa vuol partecipare più sensibilmente alla Messa, entrare meglio nello spirito della Messa, ecco un modo, uno dei modi: offrire l’ostia grande, offrire le ostie da distribuirsi nella Comunione. Concentrando i nostri pensieri nella Messa, ricordare a S. Giuseppe che la Chiesa è stata fondata e purificata con il sangue del suo Figlio putativo. E come egli salvò la vita del Bambino Gesù quando lo trasportò in Egitto per volere di Dio, così salvi oggi la Chiesa da tante insidie e forze avverse. E non solo, ma che la Chiesa sempre nella sua condotta, nella sua azione di pace sia esaltata, si estenda e la sua azione penetri ogni anima e guadagni tutta l’umanità.
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1 Omelia alla Famiglia Paolina tenuta a Roma nella cripta del Santuario Maria Regina degli Apostoli il 19 marzo 1959. Trascrizione da nastro: A6/an 62b = ac 107a. Stampata in ottavo e in Spiritualità paolina, pp. 101-105.
2 Cf Sir 45,1.
3 Cf Llamera Bonifacio, Teologia di San Giuseppe, Edizioni Paoline, Alba 1958, pp. 345.
4 Cf Sap 10,10.

5 Cf Gv 5,17.
6 Cf Gen 3,19.

7 Cf Sap 1,4: «La sapienza non entra in un’anima che opera il male» (Volgata).
8 Con l’allocuzione pronunciata a Roma nella Basilica San Paolo fuori le mura il 25 gennaio 1959, Papa Giovanni XXIII aveva annunciato il Sinodo della Chiesa di Roma, il Concilio Ecumenico e l’aggiornamento del Codice di Diritto Canonico.