13. SIAMO PELLEGRINI VERSO IL CIELO1
...2come debba essere la nostra vita? Il Figliuolo di Dio partì dal cielo e si incarnò. Lo abbiamo contemplato nel presepio. Dal presepio all’ascensione è tutta una linea retta: egli compì la missione affidatagli dal Padre. Partì dal Padre, compì la sua missione, e noi lo contempliamo nell’ascensione alla destra del Padre, glorioso, nel regno meritato con la sua santità, i suoi esempi, la sua predicazione, la sua passione, la sua morte. È là alla destra del Padre, e ogni ginocchio deve piegarsi davanti a lui: «Coelestium, terrestrium et infernorum»3, tutti.
Gesù Cristo ci ha segnato così la via: usciti dalle mani di Dio. Ecco abbiamo incominciato la nostra vita là, al Battesimo, la vita spirituale, e la nostra meta è di nuovo lassù, vicino a Dio. Tornare a Dio. La vita presente, quindi, è tutta un viaggio: «Peregrinamur ad Dominum»4; siamo pellegrini sulla terra e la terra è purtroppo un esilio, è una valle di lacrime. E se in un senso diciamo: è purtroppo…, nell’altro senso diciamo: è tutto una misericordia che Dio ci concede per guadagnarci il cielo.
Siamo usciti dal Battesimo veramente purificati, l’anima nostra poteva rassomigliarsi alla bellezza di un angelo e abbiamo incominciato il cammino. La nostra missione è tutta un cammino; dobbiamo compierlo finché il Signore dice: Ora basta; la prova è fatta. Hai dato prova di amore, di fede, di speranza, di virtù. Hai dato prova, ora si consuma il sacrificio della vita. Poi l’ingresso al paradiso.
Considerarsi pellegrini. Basterebbe meditare sempre le verità del Credo: Credo in Dio Padre creatore che ci ha creati... E l’ultimo articolo: Credo la vita eterna. Gesù ha fatto questa
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via, e vuole che passiamo per questa via, la via della volontà di Dio e camminiamo sempre diretti verso il cielo: il pensiero, il cuore rivolti lassù. Qui l’esilio, là la patria.
Gesù, prima di andare a patire e morire, ha detto agli Apostoli: «Ancora un poco, poi non mi vedrete più». Li avvertiva che stava più poco tempo fra loro, e poi sarebbe andato a soffrire, a morire. «E poi mi vedrete di nuovo». E gli apostoli lo videro risorto e lo videro glorioso andare in cielo. «Non meravigliatevi; il mondo godrà, invece voi sarete in mortificazione», cioè camminando sulla via retta dove vi sono sempre delle mortificazioni. La stessa pratica delle virtù, il vivere la vita religiosa richiede un continuo sacrificio. «Ma la vostra tristezza sarà mutata in gaudio»5: perciò sempre guardare lassù, al premio. Pellegrini, camminiamo sulla via retta, non pieghiamo a destra, non pieghiamo a sinistra. La via retta! Un filo si può stendere dal momento che siamo usciti dalle acque battesimali fino al momento in cui diremo: Tutto è consumato, fino al momento in cui il Signore ci riceverà nel suo regno, come disse al buon ladrone: «Oggi sarai con me in paradiso»6.
Allora dobbiamo pensare così: Siamo pellegrini, occhi al cielo, pellegrini in santa tristezza, perché non possediamo ancora Dio, non possiamo ancora vedere Dio, non possiamo ancora amarlo in grado perfetto. Ma, d’altra parte, essere sempre gioiosi, perché se non possiamo ancora vedere Dio, contemplare Dio, possiamo meritare: ogni giorno meriti, meriti, meriti! Segnare la via della vita con meriti, meriti e meriti continuati. Non perdere tempo, non rivolgere il nostro cuore ad altre cose: la meta è lassù! Un buon viaggiatore non sta a guardare quel che succede a destra e a sinistra, non sta a contemplare i panorami che ci sono, va sempre diretto verso la meta.
Non perdere nessuna occasione di merito, adoperare tutte le più sante industrie e i mezzi che la Chiesa ci dà per aumentare i meriti. Ogni giorno un po’ di più. Ogni giorno si va completando la corona, la completiamo noi con l’aiuto della
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grazia di Dio e con la volontà nostra. La nostra volontà assistita e aiutata dalla grazia del Signore. Allora considerarsi sempre pellegrine: Io cammino verso il cielo. Oggi facciamo un pezzo di strada. Tutti i giorni un pezzo di strada. Camminare nel modo migliore, e il modo migliore è di avere sempre fedeltà e retta intenzione. Fedeltà a tutto il volere di Dio: un orario, una sofferenza, una mortificazione, una cosa che mi piace o che dispiace, l’intenzione a Dio, rivolta al paradiso, perché possiamo santificare ogni istante e ogni istante meritare.
Poiché sono le intenzioni che danno il valore all’opera, vediamo che le intenzioni siano intense e le migliori. Intense, cioè di tutto cuore, per il Signore; le migliori, quelle che ha Gesù nel sacrificarsi sugli altari. Queste intenzioni ben espresse, ben tenute, ben sentite, quanto aumentano i meriti! Lo stesso lavoro può farsi da una con tanti meriti e da una con scarsi meriti. Utilizziamo al massimo le nostre azioni, le stesse ricreazioni, le sofferenze, il lavoro, la preghiera e tutta la giornata, il riposo stesso: tutto santificare, da tutto ricavare, da tutto raccogliere, sempre raccogliere meriti.
Poi la nostra buona volontà. La buona volontà di compiere proprio ciò che è il volere di Dio. Intenzione retta e opere conformate a Dio. È una grande disgrazia voler scegliere noi. Le stesse penitenze non bisogna che le scegliamo noi. Ci sono penitenze già assegnate da Dio e indicate dalla Chiesa. Prima quelle che sono di volontà di Dio. Poi la nostra volontà, se è lasciata libera, cioè se noi scegliamo liberamente, facciamo già una cosa che piace a noi, ancorché abbia del sacrificio. Che piaccia al Signore! Il Signore è provvido, ci manda quanto abbiamo bisogno anche quanto a sacrifici, a mortificazioni, a fatiche. Sì, ci manda quello di cui abbiamo bisogno.
La penitenza generale che il Signore ha intimato all’umanità è chiara, il lavoro: «Mangerete il pane con il sudore della fronte»7. Il lavoro è la penitenza assegnata da Dio per tutti. E questa quindi è la prima. Poi il Signore ha assegnato altre penitenze e molte volte le penitenze, le mortificazioni ci vengono assegnate attraverso la Chiesa, le Costituzioni, le regole da os-
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servare, e ciò che permette il Signore di tribolazioni e di pene nella nostra vita. Tutto rivolto là, tutto utilizzare per l’eternità.
Vi è della gente che è sprecona: sprecona in cucina, nel vestiario, sciupa un po’ tutto. E a forza di sprecare il tempo, le cose, i pensieri, la mente in cose non utili, la vita resta mezza sprecata, se non tre quarti di spreco. Così è nello spirito. Non sprechiamo le grazie di Dio; non sprechiamo nessun minuto di tempo; non sprechiamo le forze, le qualità, le attitudini che il Signore ci ha dato; non sprechiamo specialmente la mente in pensieri inutili; non sprechiamo il cuore in sentimenti che non sono graditi al Signore: tutti i sentimenti vadano al Signore. E non sprechiamo la salute, non sprechiamo il tempo. Tutto per il Signore. Raccogliere mentre si cammina. Raccogliere a destra e a sinistra, cioè tutto ciò che incontriamo come oro prezioso, oro per il cielo. Pellegrini: «Peregrinamur ad Dominum», tendiamo alla patria. La mente e il cuore rivolti lassù e le mani al lavoro, cioè intanto tutta la volontà tesa, impegnata nell’arricchirci, perché non bisogna presentarsi alla fine con pochi meriti. Guadagnare il massimo.
Ognuna dopo la Comunione faccia questo proposito. Il modo migliore è poi di rinnovare la professione e volerla vivere totalmente, perché con la professione si dà tutto a Dio. Il più per la nostra vita è vivere il tutto rivolto a Dio.
Potete ascoltare la Messa con questi pensieri e saranno di tanta utilità per le vostre anime. Linea retta: una retta che parte dal battistero dove siamo stati mondati e fatti figli di Dio. Linea retta che ha l’altro capo lassù nel regno eterno, vicino a Gesù. Linea retta, sempre questa linea retta è segnata dal volere di Dio sopra di noi.
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1 Meditazione tenuta ad Albano l’8 aprile 1959. Trascrizione da nastro: A6/ an 64b = ac 110a. Stampata nell’opuscolo dal titolo: Prediche del Rev.mo Primo Maestro tenute alle Suore della Clinica Regina Apostolorum di Albano, pp, 16-20.
2 Mancano parole iniziali.
3 Cf Fil 2,10: «Nei cieli, sulla terra e sotto terra».
4 Cf 2Cor 5,6: «Andiamo peregrinando lontani dal Signore finché siamo nel corpo» (Volgata).
5 Cf Gv 16,19-20.
6 Cf Lc 23,43.
7 Cf Gen 3,19.