6. L’AMORE AL PROSSIMO È LA MISURA DELL’AMORE A DIO
Quando si è più devoti dell’io che di Dio!
Domenica IV dopo l’Epifania, Meditazione, Castel Gandolfo, 3 febbraio 19631
Quarta domenica dopo l’Epifania:
«In quel tempo: Essendo Gesù montato in una barca, lo seguirono i suoi discepoli. Ed ecco sollevarsi in mare una burrasca tale che la barca era coperta dalle onde. Ma Gesù dormiva. E gli si accostarono i discepoli, e lo svegliarono gridando: Signore, salvaci: siamo perduti! E Gesù disse loro: Perché temete, gente di poca fede? Ed alzatosi, comandò ai venti ed al mare e si fece grande bonaccia. E quella gente ne restò ammirata, e andava dicendo: Chi è mai costui, al quale obbediscono i venti e il mare?».
Questo tratto di Vangelo viene spiegato anche in altra domenica. Allora ci fermiamo di più sull’Epistola della Messa, san Paolo che scrive ai Romani:
«Fratelli: Non vi resti con nessuno che il debito del vicendevole amore; perché chi ama il prossimo ha adempito la legge. Difatti, non commettere adulterio; non ammazzare; non rubare; non dire il falso testimonio; non desiderare; e ogni altro comandamento che ci possa essere, si riassume in questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L’amore fa nessun male al prossimo: l’amore è dunque il compimento della legge»2.
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E che cosa significa questo? Significa che ci sono tre comandamenti che riguardano l’osservanza della volontà di Dio, che riguardano Dio, cioè l’amore a Dio; e ci sono sette comandamenti che riguardano l’amore al prossimo. Questo non ci parrebbe quasi, per noi, poco capaci a capirlo? Troppo difficile a capirsi? A Gesù, a Dio importano di più le persone, cioè importa di più il prossimo più che quel che riguarda lui stesso? Noi abbiamo la prova dell’amore di Dio, l’abbiamo da questo: se amiamo il prossimo. Amare Dio: interiormente è sempre un po’ difficile che possiamo renderci conto. Non è come la sfera dell’orologio, il quale orologio ci dà l’ora esatta – se va bene – e le sfere fanno il loro corso. Non possiamo dire: E adesso amo il Signore per due, per quattro, sei, come si dice dell’orologio: sono le due, sono le quattro, sono le sei. Ma l’orologio nostro per conoscere se amiamo Dio davvero, le sfere ce lo dicono, cioè [in base a] quanto amiamo il prossimo, quanto amiamo il prossimo. Allora, se amiamo il prossimo veramente, secondo il senso della Scrittura, ecco che noi possiamo di lì comprendere a che ora siamo nell’amore verso Dio, a che punto siamo arrivati. Perché amando il prossimo, si ama Dio: quando si ama il prossimo realmente, non per simpatie o perché ci fa dei piaceri o perché ci è comodo star con quella persona che ha lo stesso carattere, eccetera…, ma quando si ama il prossimo proprio per amore di Dio, in quanto è immagine di Dio. E poi sappiamo che Gesù Cristo tiene per fatto a sé quello che si fa al prossimo: e se si fa del bene, ecco, come se facessimo a Gesù; e se si fa del male o si pensa male, come si facesse del male o si pensasse male… quello Gesù lo ritiene come fatto a sé. La carità, quindi, verso il prossimo.
In questo tempo abbiamo incominciato l’anno di santificazione, un anno dedicato di più intensamente al lavoro interiore, più che l’esterno, l’interiore: vedere quanto andiamo progredendo. L’amore interno che vuol dire pensieri, i sentimenti, il cuore, la volontà. Quante esteriorità che contano poco! E invece quello che veramente piace al Signore è il
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nostro interno! Quando siamo guidati dalle tre virtù cardinali: fede viva, speranza ferma, carità ardente. Quando cioè noi veramente conosciamo che tutto viene da Dio e che la nostra vita è tutta per arrivare a Dio: e ogni giorno le cose che dobbiam fare, per arrivare a Dio, per raggiungere una maggiore eterna felicità; e pensare all’aiuto di Dio, cioè alla grazia, la speranza, la fiducia… perché il Signore è misericordioso, perché Gesù ha meritato per noi le grazie, e confidenza in lui… a far le buone opere poi! Ma questo anno di santificazione è per la santificazione interna: che dopo segua il vero amor di Dio, non il nostro io! Il nostro io tante volte inganna, ci illude, e infine si è più devoti dell’io che di Dio.
Oh!, bisogna allora che noi cerchiamo Dio davvero. Perché si può anche andare alla Comunione per farsi vedere, atteggiamenti a pregare per farsi vedere… allora resta proprio una cosa spirituale per contentare il nostro amor proprio, è una specie di sacrilegio, è una specie di sacrilegio. Occorre che noi vediamo di vincere l’io, perché quello è il gran punto! Non stare a dire: Ci sono preghiere che consolano… faccio più esercizi di pietà… questo e quello…, [ma vedere] se c’è il distacco da noi stesse! Da noi stessi: e cioè dalla nostra volontà, dalle nostre cose interiori, quelle che ci dominano alle volte e che cerchiamo di coprire, perché nessuno vede… e se ci vedessero l’interno, saremmo vergognati se ci prendessero la fotografia, si potesse prendere fotografia dei pensieri e dei sentimenti! Allora, questo, che non c’è il distacco: che impedisce… per cui l’anima è sempre allo stesso punto: non può volare, non può spiccare il volo perché è legata da qualche piccolo filo, e che sia un filo sottile o che sia una catena, basta che trattenga il nostro cuore. Quanti sono divoti di se stessi! Anche sotto l’aspetto di miglior bene e di mostrarsi, di far vedere e di fare eccezione rispetto agli altri: sapere di più, oppure aver più abilità, oppure cercare proprio che venga assegnato, che venga comandato, disposto quel che piace a noi, e quando cerchiamo di attirare il consenso in maniera che sia disposto quel che piace a noi. Quanto è facile che s’infiltri l’amor di Dio? Sì, è facile? O no? E s’infiltra invece
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l’amore all’io, cioè il nostro io! Forse qualche volta dovremmo far l’esame di coscienza più profondo: che cos’è che mi domina? quando sono distratto, dove il mio cuore si ferma, la fantasia cosa presenta? Quando è così, o nei tempi liberi oppure anche durante la pietà, supponiamo la Visita, e la mente e il cuore svolazzano lontano, allora se noi ci sorprendiamo in quei pensieri e quei progetti, in quei punti che ci stanno a cuore, [se] ci sorprendiamo, forse allora capiamo se quel che ci domina è Dio o se quel che ci domina invece è l’io, è qualche cosa che ci piace. Altri vogliono soddisfare l’io in tante maniere, i mondani; ma l’io, siccome non muore mai, alle volte si nutre delle cose più sante: e vuol dire di cibi più squisiti, e cioè di cose sotto aspetto di voler far di più, di voler amare di più, oppure… in sostanza, è un’altra maniera di nutrire l’amor proprio. La santificazione interna dipende dalla fede viva, dalla speranza ferma e dalla carità ardente: questo vuol dire il fare e passare bene l’anno di particolare santificazione, che vuol dire particolare santificazione interiore. Facile vestire un abito esterno, eh! A vestire l’abito interno, invece! L’abito esterno lo fa la sarta, ma l’abito delle virtù dobbiamo farlo noi, il lavoro di santificazione non può farcelo nessuno, né bastano i libri, ben scelti, più moderni, e né bastano i molti consigli, né bastano le formalità o anche le osservanze esteriori. La santificazione interna: quando tutta la mente, cioè la fede viva; e tutta la volontà, cioè l’obbedienza, la conformità al volere di Dio nelle opere che dobbiamo e vogliamo fare; e tutto l’amore… e cercar solo Dio!, contentare lui e orientare il cuore verso il paradiso, e fare l’apostolato nel senso soprannaturale, perché anche lì ci può entrare tutto l’amor proprio che domina. E allora le grazie tardano, tardano… perché? E perché noi facciamo così: seminiamo e poi pestiamo il seminato o le piantine che abbiam messo nel terreno, le pestiamo tutte e non cresceranno, non daranno frutto. Con una mano si costruisce, con l’altra si distrugge. Ma che cos’è che fa distruggere3? L’io, l’io! Allora Dio non può fare,
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perché allora noi cerchiam la nostra gloria; ora lui non ci favorisce nel cercare la nostra gloria… no, non ci favorisce! Invece, quando cerchiamo la sua gloria, allora egli abbonda, sovrabbonda, aumenta ancora ogni giorno la sua grazia, la sua grazia. Qualche volta ci lamentiamo4: Non succede, non va così. E perché? E perché noi impediamo. Come se ci fosse l’acqua dei tubi, ma a un certo punto il tubo è stato otturato, e allora l’acqua era lì, c’era e l’ostacolo la ferma. E allora, da che cosa dipende? Dipende dall’ostacolo. Così può dipendere l’esito da noi, che pure vorremmo l’acqua; d’altra parte, abbiamo lasciato cadere nel tubo qualche cosa… e quindi vedere che noi non impediamo la grazia di Dio. Quante volte mettiamo i bastoni nelle ruote al carro della Provvidenza di Dio!, cioè specialmente della santità.
Ecco, e questo che cosa vuol dire? Vuol dire che dobbiamo mortificare il nostro io in tante piccole cose. Ad esempio: Ah, voglio legger da me5! …tanto lo leggo ogni giorno. Per quanto sta da noi preferire quel che è meno facile fra due cose, preferire il meno piacevole fra due cose, prendere più facilmente ciò che è spiacevole. Preferire il meno gustoso, preferire il meno gustoso, cioè l’insipido, a ciò che è gustoso. Preferire il meno apprezzato, cioè quello che sta più nascosto, non quello che viene messo in vista e [il] distinguersi e attirare lo sguardo sopra di noi, più quel che è meno apprezzato, quel che è più umile. Il meno gradito: cercare quel che ci è meno gradito, quindi non quel che piace, soddisfa i nostri gusti. Preferire il meno comodo al più comodo. E preferire di trattare con le persone che sono meno trattabili che trattare con le persone che sono più trattabili, che sono più graziose o più facilmente danno ragione. E attenzione a stimare di più i pensieri e le vedute degli altri che non le nostre, cioè che non i nostri pensieri, e le vedute degli altri preferirle. Qualche volta vogliamo invece avere tutto quello che soddisfa in qualche maniera l’amor proprio: che può essere,
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alle volte questo amor proprio è golosità, altre volte può essere pigrizia, ma molte volte è sotto l’aspetto più interiore, e diremmo più intellettuale, o quasi vorremmo dire più speciale: sotto pretesto che le cose vadano meglio come noi le vediamo, come noi le sentiamo, come noi le vogliamo fare… e poca voglia di ascoltare i consigli. È proprio l’opposto della santità! Guardate che questo viene da santa Teresa nei suoi due libri, più specialmente i due6.
Oh! Allora vedere se camminiamo nelle vie di Dio, misurarlo di lì: se più facilmente… e cioè se cerchiamo piuttosto il meno facile, il meno piacevole, il meno gustoso, il meno apprezzato, il meno gradito, il meno comodo, i meno trattabili, cioè le persone meno trattabili. Abbiamo quella persona con cui ci piace, quell’altra con cui non tratteremmo mai… e se si tratta, si tratta non sempre bene; e al posto, stimare di più i pensieri e le vedute altrui che non le nostre, e che non i nostri pensieri. Qui si cammina a cercare Dio! Il resto, cerchiamo, che cosa? Quel che è più facile, quel che è più piacevole, quel che è più gustoso, quel che è più apprezzato, quel che è più gradito, quel che è più comodo, quelle persone che son più trattabili, vanno di più a genio al nostro carattere, eccetera… e quel che sono gli attaccamenti ai nostri pensieri e vedute, nelle cose che sono libere.
Allora crescere in questa vera santità, vera santità. Anno di santificazione, ma il lavoro interiore in primo luogo, il lavoro interiore in primo luogo. Così domandiamo questa grazia alla Madonna, dicendo molto di cuore alla sera: Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi7.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 138/62 (Nastro archivio 135b. Cassetta 135, lato 2. File audio AP 135b). Titolo Cassetta: “Cercare Dio con tutto il nostro essere”.
2 Vangelo: Mt 8,23–27. Epistola: Rm 13,8–10.
3 Il PM usa la forma antica dell’infinito del verbo: distrurre.
4 Parola incerta.
5 Espressione incerta.
6 In un’altra meditazione (vedi pp. 20–21) il PM attribuisce questi stessi pensieri a san Giovanni della Croce. Nei suoi scritti, santa Teresa d’Avila insiste spesso su questi punti. Ad esempio, nel Libro della Vita (13.10; 27.14) e nel Cammino di Perfezione (10.3–4; 12.2–4), le sue opere più note.
7 Vedi p. 21, nota 6; anche AP 1961, p. 161, nota 12.