Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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28. SOLO DIO DEVE CONDURRE LA FAMIGLIA PAOLINA
L’umiltà fa muovere un piede e la fede l’altro
Festa di San Bernardo, Meditazione, Torino (SAIE), 20 agosto 19631


Oggi festa di san Bernardo, dottore della Chiesa. San Bernardo è insieme un modello di santità, di spiritualità, di vita comune e nello stesso tempo un apostolo che si fece sentire con la sua azione, in tutto il mondo europeo del suo tempo2 – diciamo –, e cioè per la pace, e [fece] bene e molto bene: relazioni; e nello stesso tempo un grande scrittore egli è stato, e le sue cose sono ricordate e lette con edificazione. Perciò egli è modello di vita contemplativa, cioè di preghiera, e nello stesso tempo modello di attività apostolica. Unire, allora, la pietà all’apostolato, l’apostolato alla pietà.
Ecco, così si ricorda oggi il dies natalis della Famiglia Paolina: 20 agosto 1914. Allora, con un’ora di adorazione, si è iniziato il lavoro che continua adesso, la vita che continua. Allora erano pochissimi ragazzetti, e la nascita era veramente molto modesta, modestissima, senza che ci fosse alcun rumore attorno. D’altra parte non è il rumore che faccia molto bene; e neppure il bene, d’ordinario, neppure il bene fa rumore, il vero bene. Il vero bene si fa nel silenzio, il vero bene si tratta con Dio, il vero bene deve partire sempre dalla santificazione nostra nelle due disposizioni, e cioè l’umiltà secondo la fede.
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Se mettiamo insieme umiltà e fede, si cammina avanti nella santità e nell’apostolato. Gesù Bambino eccolo nella grotta, e il suo primo letticciolo la greppia, con un po’ di paglia; e la sua vita terminò sulla croce: «Crucifixus, mortuus, et sepultus»3. Ma insieme ci vuole la fede. Perché se da noi non abbiamo mezzi umani, se noi abbiamo anche poco d’intelligenza – come ne abbiamo pochissima, abbiamo appena quel barlume che accese in noi il Signore, creandoci –, se noi non abbiamo aiuti esterni, se noi abbiamo ancor da lavorare tanto per correggerci e per acquistare le virtù, ecco lì: conoscere noi stessi, conoscere ciò che siamo e soprattutto quel che non siamo. E [per] quel che siamo, renderne grazie al Signore; e [per] quello che non siamo e quello che non possiamo fare: fiducia in Dio, fiducia nel Signore, affinché lui possa far tutto.
Noi siamo come un carro, la Famiglia Paolina può rassomigliarsi a un carro, il quale ha quattro ruote: cioè la parte spirituale, la parte intellettuale, la parte apostolica, la parte formativa, religiosa. Sì. Ma questo carro è solo Dio, Dio che lo ha messo in moto e che lo fa camminare: Dio solo! Noi con le nostre imperfezioni, con le nostre ignoranze e con le nostre debolezze, mettiamo i bastoni nelle ruote al carro, ad impedimento: imperfezioni, deficienze, mancanze. Sì, sono i bastoni nelle ruote del carro della Provvidenza. Abbiamo sempre da dire al Signore: Che io non impedisca la vostra volontà, non impedisca i vostri disegni, non impedisca la vostra Provvidenza, la Provvidenza che vuole operare. Non impediamo, quindi, ciò che il Signore ha nei suoi disegni… e quindi sempre l’umiltà. L’umiltà ben intesa, cioè la verità. L’umiltà non è un protestare che noi siamo niente soltanto, ma dobbiamo protestare ancora che abbiamo le mancanze, abbiamo le mancanze! Se Dio non creava la nostra anima, che cosa sarebbe oggi? Niente! Affatto niente! È lui che illumina, è lui che muove, è lui che vivifica, è lui che conduce avanti nella realizzazione dei suoi disegni. Ma se da noi non
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solo non siamo niente ma, oltre questo, non facciamo che… mostrando la insufficienza nostra con le nostre debolezze, imperfezioni, ignoranze. Dio è Dio: Dio solo… Dio solo.
Pensate voi, ad esempio, che io abbia fatto una vocazione? Ho fatto niente! Dio vi ha chiamate, e vi ha create e vi ha chiamato per questa vocazione. Quindi niente di nostro. Tutto e ogni persona che appartiene alla Famiglia Paolina è un atto di misericordia di Dio che ha dato la vocazione e ha guidato perché quella vocazione arrivasse alla consecrazione; e poi, consecrata a Dio, quest’anima arrivi alla santificazione. Ecco, Dio è tutto: noi siamo così carichi di debiti con Dio!
Oggi si può dire nella Messa, dopo l’Oremus indirizzato a san Bernardo che interceda presso il Signore, dopo l’aver domandato, si può recitare l’Oremus Pro gratiarum actione4, cioè per ringraziamento: per ringraziamento a Dio il quale ha voluto, il quale ha operato.
Oh! Che cosa abbiamo da conchiudere allora? La prima cosa sia questo: di saper bene unire spirito, cioè santità, con l’apostolato. Dare a ciascheduna delle due parti quel che si deve dare, cioè il tempo che si deve dare. Quanti lavorano e si agitano, e operano in tante direzioni, ma non pregano! E allora il Signore ci lascia fare da noi… e che cosa facciamo? Facciamo degli sbagli! Ecco, bisogna che prima ci sia la santità interiore: dare alla preghiera il tempo, il tempo necessario; e poi tutto il lavoro spirituale, cioè il lavoro di purificazione, togliendo ciò che c’è in noi di imperfetto o di cattivo; e d’altra parte voler conquistare la grazia, la santità, e vivere in Cristo Gesù Via, Verità e Vita.
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Un riassunto si può avere così. Nella Messa c’è quella preghiera, quando il sacerdote prendendo l’Ostia consecrata fra le due dita fa cinque segni di croce, tre sul calice e due sul corporale, e si dice: «Per ipsum, et cum ipso, et in ipso – tre segni; poi altri due – [est tibi] Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor, et gloria»… tutta la gloria a Dio, tutta la gloria e l’onore alla Santissima Trinità.
Oh! Dunque, in primo luogo, la santificazione nostra. Che cosa faremmo, se noi dimenticassimo la preghiera e se noi riducessimo anche soltanto un poco la preghiera e il lavoro che dobbiamo fare per l’anima nostra? Finiamo con l’impedire la Provvidenza, la grazia di Dio. Quindi, in primo luogo, la domanda: facciamo sempre e sufficientemente bene il nostro lavoro e le nostre pratiche di pietà? Sufficientemente bene… e andiamo migliorando?
In secondo luogo, l’apostolato. Tutto quel che si fa per la gloria di Dio – supponiamo che cantiate la Messa – quello è apostolato: gloria a Dio, gloria in excelsis Deo, oh! E tutto quel che [si] fa che è vantaggio delle anime, è tutto apostolato. Perché c’è l’apostolato della preghiera, ecco la lode a Dio, il ringraziamento… preghiera. E poi vi è il buon esempio: quando si conduce vita buona, è sempre di buon esempio, parole buone, eccetera… ecco, lì si dà gloria al Signore e quindi è apostolato. L’apostolato della santificazione, del lavoro interiore è il primo. Ci sono gli apostolati che sono compìti dalla persona nel silenzio. L’apostolato della vita interiore: chi lavora spiritualmente per santificarsi, purificarsi e crescere nelle virtù; e poi c’è la vostra preghiera, sofferenza, buon esempio e parola spicciola, diciamo. Oh! Tutto questo è già apostolato.
Poi l’apostolato che facciamo nelle opere: e quel che fate giorno per giorno è tutto preziosissimo apostolato; ed è di volontà di Dio, perché se il Signore ha benedetto la Famiglia Paolina, è perché si fa questo apostolato. Perché poteva chiamarci ad un’altra vita, per esempio alla vita di clausura poteva chiamarci: ma voleva il Signore nei suoi disegni che si facesse questo apostolato che egli ha benedetto. E se ci
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sono delle imperfezioni son tutte nostre e se c’è del bene è tutto di Dio.
E così andar sempre avanti: umiltà e fiducia, umiltà e fede. Anche nella vita spirituale non basta l’umiltà da sola e non basta la fede da sola… ci vogliono due disposizioni: umiltà e fede. E allora l’umiltà ci fa muovere un piede e la fede ci fa muovere l’altro e così si cammina, si va avanti nella grazia di Dio. E allora vi troverete ricche entrando in paradiso, presentandovi al Signore ricche di meriti perché vi siete santificate interiormente, e ricche perché avete portato del bene alle anime, le quali o han ricevuto o non han ricevuto ciò che diciamo… ma quel che facciamo non importa se è ricevuto o non ricevuto, importa che noi lo facciamo. Gesù non era mica ben ricevuto, e han finito con il metterlo sulla croce! Ma i meriti sono di chi lo fa; e anche quando è impedito di fare, siccome voleva fare, il merito c’è ugualmente. Quindi, sempre le due disposizioni: umiltà e fede.
Così ascoltate la Messa in ringraziamento e nelle intenzioni che il Signore santifichi la Famiglia Paolina, e ognuno della Famiglia Paolina si santifichi. E poi che l’apostolato sia fatto sempre secondo i disegni di Dio solo… e che faccia lui.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 153/63 (Nastro archivio 143a. Cassetta 143, lato 1. File audio AP 143a). Titolo Cassetta: “Nascita della Famiglia Paolina. Apostolato e vita interiore”.

2 Il PM dice: in tutto allora il mondo europeo.

3 «Fu crocifisso, morì e fu sepolto»: è il quarto articolo di fede del Credo (Simbolo degli Apostoli).

4 La Missa pro gratiarum actione era l’ultima Missa votiva del Missale Romanum. Si diceva la Messa della SS. Trinità o dello Spirito Santo, di Maria o di un santo, aggiungendo alle orazioni proprie l’Oratio, la Secreta e il Postcommunio di questa Messa di ringraziamento. Così recitava l’Oremus: «Deus, cujus misericordiae non est numerus et bonitatis infinitus est thesaurus: piissimae majestati tuae pro collatis donis gratias agimus, tuam semper clementiam exorantes; ut, qui petentibus postulata concedis, eosdem non deserens, ad praemia futura disponas», «O Dio, la cui misericordia è senza misura e la cui bontà è un tesoro infinito, rendiamo grazie alla tua piissima maestà, per i doni ricevuti, supplicando sempre la tua clemenza, perché tu, dopo avere esaudite le preghiere di coloro che ti invocarono, non li abbandoni, ma li disponga ai beni futuri».