Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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24. IL FRUTTO DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI
La santificazione del momento presente
Esercizi Spirituali, 7° giorno, Ariccia (Casa Divin Maestro), 7 agosto 19631


Il Veni Creator, il Veni Sancte Spiritus è sempre perché noi siamo illuminati nell’udire la Parola di Dio, e poi sentire il calore dello Spirito Santo che è amore2… e quindi buone risoluzioni. E le buone risoluzioni le avete già formulate.
E tuttavia abbiamo da considerare questa mattina il frutto delle meditazioni e delle istruzioni varie che avete sentite in questi giorni. Ci serve la parabola che ha narrato Gesù Maestro:
Venne il seminatore e gettò il seme. E una parte del seme cadde sulla strada e non fruttò perché i passeggeri lo calpestarono, il seme, o gli uccelli lo beccarono: non diede frutto. Altra parte del seme cadde in terreno pietroso, sabbioso: e non avendo umore, appena si è sviluppato, morì, mancando l’umidità. Poi cadde una parte del seme in un terreno coperto di spine, di ortiche: nacque sì, ma con le ortiche e con le spine crebbe soffocato. E così tre parti della predicazione di Gesù e tre parti delle predicazioni che vengono date dai sacerdoti, tre parti del seme non produce, non produce e non produce…
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Ma invece vi fu una parte del seme che cadde in buon terreno, terreno buono ed ottimo, secondo il grado dello stesso terreno: poteva essere più buono o meno buono. E allora una parte produsse il trenta per uno, cioè un granello ne diede trenta; e una parte cadde in un terreno ancora migliore e produsse il sessanta per ogni granello; e una parte cadde in un terreno ottimo e produsse il cento per uno [cf Mt 13,3–9].
Ora il seme è caduto nei vostri cuori, nelle vostre anime, ha illuminato le vostre menti. I propositi sono tutti buoni, ma ora dipende dal valore della bontà dell’intimo, cioè il terreno ben preparato: la luce della mente, il calore che si è risvegliato nel cuore mediante le Comunioni, le preghiere tutte, e poi con la collaborazione più viva ai propositi con impegno. Ecco, chi produrrà il trenta, chi il sessanta, chi il cento per uno? È la risposta dei nostri cuori a Gesù: la Parola è sua, la parabola è sua.
Oh! La Parola di Dio qualche volta suscita anzi una odiosità: e così Gesù predicava e cercavano di prenderlo in parola, e l’han condannato perché insegnava, aveva insegnato la sua dottrina [cf Mt 26,59; Lc 19,47].
Oh, allora, ecco, noi possiamo far render la nostra vita il trenta, il sessanta, e il cento per uno. Noi siamo destinati a crescere, non a star fermi! Perché, quando siamo stati portati al Battesimo, è stata immessa nella nostra anima la semente, il buon seme, che è la grazia di Dio. Ora la santità dipende dallo sviluppo di questo seme. Nati piccoli piccoli, poco per volta, giorno per giorno, anno per anno, si è cresciuti, quanto al corpo: e questo è chiaro.
Oh, e il seme, e la vita nuova che è immessa dal Battesimo nelle nostre anime!?
Anime che rimangono sempre piccole; anime che svolgono in se stesse quel seme e crescono, anime che crescono il trenta e il sessanta e il cento per uno. Tutti abbiamo ricevuto la grazia! Ma guardiamo ai santi, alle sante.
Oggi ad esempio, san Gaetano, il quale fece dei voti che generalmente neppure si capivano; come è stato il suo spirito: come l’Oremus della Messa chiede che si ritorni alla forma…
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alla forma, cioè al modo di vivere che viene da Gesù Cristo3, ecco.
Crescere allora! Se il bambino non crescesse niente o crescesse poco o rimanesse un nano, gli uomini lo vedrebbero? Ma gli uomini non penetrano fin nell’anima se è cresciuta molto o poco, o niente o è morta, secondo lo stato. Ciascheduno può misurare la sua statura spirituale? Sì, e può essere un metro, può essere un metro e mezzo, può essere più alto… e Gesù indica e san Paolo spiega questo crescere, questo crescere! E allora che cosa è il crescere? È l’aumentare i meriti, giorno per giorno; e meriti che si fanno sulla terra che sono il trenta, il sessanta, il cento per uno. E ciascheduno riceve poi secondo [quello che] ha fatto. «Unusquisque…» che cosa? «…secundum suum laborem»4 [cf 1Cor 3,8], secondo come ha lavorato per la sua anima. Ecco, ciascheduno riceverà. Siamo noi che ci costruiamo la felicità eterna! E chi si prepara il posto… cioè, Gesù l’ha preparato a ciascheduno, ma che poi noi andiamo al posto che egli ci ha preparato; e invece, se perdiamo dei meriti, allora il posto sarà inferiore o ancora molto più inferiore, ecco.
Noi lavoriamo per noi… Anche se dite lavoriamo per le anime, lavoriamo ciascheduno per sé, perché lavorando per le anime, lavora per sé ognuno, e guadagna quindi meriti per la vita eterna. «Quaerite primum regnum Dei et iustitiam eius» [Mt 6,33], cercate il regno di Dio e la santità. Il regno di Dio cercare: questo è carità perfetta; e poi la santità: carità individuale, per noi.
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Oh, allora, cosa significa merito? Eh, quella giovane ha studiato, dà un buon esame: merita dieci; ha studiato meno: merita otto; ha studiato niente: ripeta l’anno! Ma il ripeter della vita non si dà più! Si muore una volta sola. E ha fatto questo lavoro, ha fatto bene, con diligenza quell’operaio: merita una buona paga. Ha fatto quel lavoro quel pittore, quello scultore: merita. Eh, vi sono cuoche che fanno bene il loro lavoro e, mettendosi con impegno, hanno un merito come se si trattasse di un pittore, di uno scultore. Ecco il merito: ogni giorno possiamo accumulare meriti per la vita eterna, ogni giorno!
Ora la santità, è chiaro, si raggiunge quando si vive per la gloria di Dio: allora, sì, siamo all’apice, e tuttavia anche all’apice vi sono gradi. Ma quello che è più facile per la santificazione, per le anime che non hanno ancora contemplata bene l’unione con Gesù – oh!, questa ricerca della gloria di Dio –, trovano più facile santificare il momento presente, il momento presente: il futuro non c’è ed è dubbio che l’avremo5, ma il momento presente, sia che scopi o sia che pitturi con un bel pennello, dipende dall’amore con cui la cosa si fa.
Oh! La santificazione del momento è in questo pensiero, per cui si facilita per tutte la santificazione, secondo la definizione di Benedetto XV: La santità consiste nella piena conformità al volere di Dio6. Conformità nella vocazione, conformità negli uffici che ho da compiere, conformità all’obbedienza, a quello che è disposto dall’orario del mattino fino all’orario della sera, o che c’è un’altra distribuzione di uffici e di lavori. Conformità piena: o siamo malati o siamo sani, o ci dicono del bene oppure ci criticano, è la stessa cosa! Cioè prender tutto come viene e sempre per Dio… e così sempre. Conformità piena al volere di Dio: questa è la vera santità, dice Benedetto XV.
Ma come si prova che ci sia questa conformità al volere di Dio? Come possiamo rendercene conto? In questa maniera:
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se vi è il continuato ed esatto compimento del volere di Dio, cioè se noi facciamo esattamente quello che Dio ha disposto di ciascheduno di noi… è quello che viene disposto anche attraverso a chi guida: farlo sempre esattamente. Farlo esattamente: non le cose così, comunque siano, alla meglio o alla peggio… la preghiera ad esempio, la Comunione, le conversazioni con le persone con cui si convive, e poi gli uffici vari. Si prova con l’esatto compimento. È studente e fa il suo dovere; ha un ufficio in Congregazione e lo fa davvero, se lo prende a cuore, lo ama, non lo accoglie così con una certa ripugnanza; e qualche volta viene la ripugnanza naturale, ma parliamo della ripugnanza spirituale o dell’adesione spirituale, sì. E può essere che il cibo sia malfatto quel giorno, e può essere quindi che abbiate da fare una mortificazione…
Ora, esatto… e continuato, continuato: non solo un giorno, ma tutti i giorni! Esatto e continuato compimento del volere di Dio: questo dimostra, prova che si vive in conformità al Signore, alla volontà di Dio. E questa santificazione che è molto elementare, che è adatta per tutti, anche per chi non sapesse né leggere né scrivere, si adatta per tutti. Pensare a san Giuseppe, pensare a Maria: esatto e continuato compimento del volere di Dio, ecco. Conformità allora alla volontà di Dio: sì, ecco.
Oh! Il Signore è venuto perché noi riuscissimo così soltanto a salvarci? E a stentare appena di poter essere ammessi nel paradiso? Così, volgarmente si dice, vicino alla porta? Gesù ha detto: Son venuto a portare la vita…, cioè la santità, la grazia; ma ha aggiunto: «…abundantius habeant»7 [cf Gv 10,10]. Non fermatevi! Lui ha portato una vita spirituale, una grazia più abbondante, più abbondante. E volete? Gesù lo vuole! …che già ciascheduno aumenti la grazia: «Abundantius habeant». Ma vi sono anime: Ma io tanto non mi faccio santa!, e così cominciano a chiudere – diciamo – per metà la bocca a Gesù. Tanto lì non ci vado: abundantius. Fino a parlar così… Oh! E Gesù viene nell’anima… mi
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pare che siete oltre centosessanta: è lo stesso Gesù che avete ricevuto ognuna, che abbiamo ricevuto ognuno questa mattina. Dunque è lo stesso Gesù che porta le medesime grazie, che ama tutte le anime. Da che cosa dipende? Da noi, dalle disposizioni. «Abundantius habeant». Vedere che disposizioni portiamo, che si riassumono sempre sia in preparazione e sia nel ringraziamento: fede, speranza, carità. Son sempre queste le disposizioni per farci santi e specialmente per ricevere i sacramenti, la Confessione, in particolare poi la Comunione: preparazione e ringraziamento.
Bisogna che cerchiamo in noi: tutti son chiamati alla santità! Questo è già insegnamento dei santi e dei Padri della Chiesa, ma il Concilio Ecumenico fisserà questo punto, fisserà questo punto: tutti son chiamati alla santità8. E poi? E parte è la santità della vita religiosa, quando è ben vissuta. Oh! Allora questa Comunione o questi nostri atti, questo lavoro che facciamo nella giornata – anche quando si va a riposo e anche quando si va a tavola –, uno può ricever di più e l’altro ricever di meno, o il trenta o il sessanta o il cento per uno, di frutto. Da che cosa dipende? Dipende da due condizioni, da due punti. Se riceviamo abundantius e fino al cento o meno, dipende da due condizioni: secondo l’amore con cui si fa quello che si fa, e cioè il momento presente, ad esempio: come si medita la Parola di Dio; secondo, dal capitale di grazia che già si possedeva.
Ora, dall’amore con cui si fa – prima condizione – quel che si fa, o lavarti la faccia oppure far la Comunione. Oh, l’amore che decide! Le opere sono tutte buone – son conformi alla volontà di Dio – ma dipende dall’amore, per amore di Dio con cui si fanno le cose, tutte le cose. È perché si ritiene9 da certe anime piccole soltanto che meritino quando sono in chiesa, ma è tutta la giornata che vale lo stesso! Perché, se sei andata alla Comunione, e poi al mattino e un po’ più tardi devi
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andare a fare un certo lavoro, è sempre la volontà di Dio, ma è l’amore, il grado di amore con cui si riceve Gesù, il grado di amore con cui si fanno le cose che sono disposte, che sono secondo il volere di Dio, secondo la nostra condizione spirituale, morale, secondo la vocazione, infine. L’amore… e non sforzarsi in sentimentalità. Eccitare la fede; e poi confidenza in Dio, perché ciò che ci salva è la misericordia: nessuno si salva per la giustizia ma per la misericordia; e, terzo, il cuore: amore al Signore in tutto.
[Primo:] e anche la cosa minima, sì, viverla, cioè pensarla secondo la fede. Adesso vado a spazzare: la Madonna spazzava; Gesù, alla sera, dopo che aveva lavorato con san Giuseppe, puliva lui la bottega, diciamo, il laboratorio. Oh, secondo la fede. Cosa vale davanti agli uomini? Non facciamo conto… quel che vale è davanti a Dio!
Secondo: Gesù, io faccio questo lavoro. Lo faccio insieme e con lo spirito, le intenzioni di Gesù. Allora, ecco, il nostro piccolo lavoro è piccolo, veramente, ma unito a Gesù Cristo, quanto vale! È lui che dà il valore soprannaturale a quella opera che si è fatta.
E terzo: l’amore, cercando la gloria di Dio e dando gusto a Gesù e cercando l’aumento di grazia e di vita interiore, in crescita, in crescita. Sì, come il seme che era il più piccolo dei semi: si è sviluppato, nato, cresciuto… è diventato un albero.
Quindi il primo mezzo, la prima disposizione: l’amore, che comprende la mente, la volontà, il cuore. E se fate i propositi così, poi tutto l’anno è ispirato così, a quel proposito: la mente, la volontà e il cuore – supponiamo – riguardo alla carità o riguardo all’obbedienza o riguardo al fervore nella pietà, eccetera…
L’altro mezzo per cui si aumentano di tanto valore le opere, quindi di tanti meriti, dipende dal capitale preesistente di grazia, capitale precedente di grazia. Cosa vuol dire? Chi è già santo, ha già quindi molta grazia, con la nuova opera che sta facendo, moltiplica il merito precedente di opera nuova, secondo il capitale di grazia, sì. Pensare a Maria che aveva in se stessa, fino dal primo momento della concezione,
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un grande capitale di santità, di grazia. E ognuno di noi, secondo che ha già accumulato di grazia nel passato: con la nuova opera, con quello che adesso va a fare, si moltiplica quello; non solo si aggiunge quello, ma si moltiplica, si moltiplica. Ecco, questo è l’insegnamento della Chiesa, è l’insegnamento dei santi. Quindi, più ne abbiamo già accumulato in passato e più renderà oggi la giornata, renderà oggi la giornata per la vita eterna.
E allora, che cosa dobbiamo pensare? Pensare a Gesù: «Proficiebat», non stava fermo ma progrediva. Anime quasi che si credono [che] basta, di aver fatto abbastanza perché han già fatto la professione o temporanea o perpetua. Eh, sono arrivate lì, arrivate sul campo del lavoro: perché il tuo lavoro a cui sei chiamata è la santificazione e sei arrivata sul campo della santificazione, cioè nello stato di anima consecrata a Dio… è allora che si guadagnano di più i meriti, che si cresce nella santità! Quindi, non mai dire è abbastanza, no; [ma dire] oggi incomincio!. Quelli che han proprio la volontà ferma: Finora sono stato debole, ho fatto quello che potevo, ma oggi comincio con tutta la mia volontà, con tutto il mio essere. Sempre fede e speranza e carità, cioè la santificazione della mente e della volontà e del cuore. Allora si cresce. Mirare perciò a che punto? In fiducia… la grazia di Dio… la volontà: trenta? sessanta? cento? Ecco, questi due giorni con cui si conchiudono gli Esercizi Spirituali domandare e fissarsi sulle vette: salire! Non in piano… salire! O meglio, per essere più chiaro, mirare al cento per uno: che questi Esercizi producano il cento per uno secondo la predicazione, secondo le meditazioni e le istruzioni che sono state date.
Avanti in fede, quindi. Fede, sì, amore e volontà ferma.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 156/63 (Nastro archivio 142b. Cassetta 142, lato 2. File audio AP 142b). Titolo Cassetta: “Far fruttare i doni di Dio”. Questa meditazione è stata dettata alle Pie Discepole e alle Apostoline.

2 Come era abitudine negli Esercizi Spirituali, la prima meditazione della mattina e quella della sera venivano introdotte con il canto allo Spirito Santo. Vedi AP 1958/2, p. 240. La recita del Veni Creator Spiritus precedeva anche la meditazione quotidiana: vedi Preghiere, ed. 1957, p. 58.

3 San Gaetano da Thiene (1480–1547), sacerdote e fondatore, canonizzato nel 1671, fu un riformatore della Chiesa e un grande apostolo della carità. I voti a cui si riferisce il PM potrebbero essere quelli dell’obbligo per sé e i suoi religiosi di non possedere beni, di non praticare la questua, ma di attendere tutto dalla Provvidenza, rifacendosi alla forma di vita apostolica della Chiesa primitiva. Così, infatti, recita l’Oremus della sua festa: «Deus, qui beato Cajetano Confessori tuo apostolicam vivendi formam imitari tribuisti: da nobis, ejus intercessione et exemplo, in te semper confidere, et sola caelestia desiderare», «O Dio, che hai concesso al tuo beato Confessore Gaetano di imitare la forma di vita degli apostoli, concedici, per sua intercessione e sul suo esempio, di confidare sempre in te e di desiderare solo i beni celesti» (Missale Romanum, Sancti Cajetani confessoris, Oratio).

4 «Ciascuno [riceverà la propria ricompensa] secondo il proprio lavoro».

5 Parole incerte.

6 Vedi AP 1962, pp. 200–201, note 2–3.

7 «[Io sono venuto perché abbiano la vita e] l’abbiano in abbondanza».

8 Come è noto, questo concetto è espresso nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, al capitolo V intitolato Universale vocazione alla santità nella Chiesa, 39–42; anche il 32.

9 Il PM dice: si dà.