Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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30. LA SCELTA DELLO STATO DI VITA
Missione della donna in famiglia e nella Chiesa
Ritiro alle ragazze, 1a Meditazione, Torino (SAIE), 22 settembre 1963 (?)1


[…] Qualcheduna vuole ancora usufruirne leggendo quanto è stato scritto o farsi dare le dispense, cioè il libro. Del resto la rivista SE VUOI, che stampano le Apostoline, è una rivista magnifica per voi e magnifica per tutta la gioventù o maschile o femminile; una rivista in cui si parla specialmente della tendenza alla vita consecrata a Dio, ma apre la strada a tutte le vie, a tutte le condizioni, a tutti gli stati di vita.
Arrivata a un certo punto della vita, è naturale che la figliola, la giovane si faccia la domanda: E poi?. E poi? Ecco, vi era un ragazzino che aveva quasi sette anni, non più di sette anni, e stava davanti alla chiesa sul piazzalino giocando con dei compagni, e vinceva lui. E una suora, guardandolo, perché stava passando di lì, lo chiama da una parte, vedendo uno tanto impegnato e intelligente: E tu che cosa farai?. E l’altro risponde: Io, quando son grande, mi faccio santo. Ecco la risposta. Ma questo non era ancora distinguere tra stato secolare, stato religioso, stato sacerdotale, ma a tredici anni aveva poi già presa la sua risoluzione… e ferma. È stato un giovane che veniva nei vocazionari, anzi nel vocazionario – allora era uno solo – di San Paolo.
Oh, ecco. Se vuoi: la scelta dello stato è scelta che deve essere fatta con Dio in libertà… in libertà: cioè consultarsi con
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Dio, sentire le proprie tendenze intime, poi consigliarsi e pregare. Allora, ecco, la scelta dello stato sarà fatta seriamente. E quindi la scelta ben fatta [è] garanzia che dopo non si avrà a pentirsene.
Quali vie sono aperte alla giovane per la vita?
Bisogna entrare nel concetto di Dio. Perché Dio ha creato la donna?
Il Signore stesso l’ha detto il perché: «Faciamus ei adiutorium simile sibi»2 [Gen 2,18]. Oltre Adamo, creare un aiuto, un aiuto all’uomo, un aiuto che sia simile all’uomo, ed ecco la creazione della donna; quindi la donna per sé è destinata ad essere aiuto all’uomo. Aiuto specialmente per l’intelligenza? Non tanto per questo. Specialmente per la robustezza, per i lavori che sa fare? Non tanto per questo. Aiuto morale! L’uomo ha specialmente da sua parte la forza fisica, l’intelligenza, sì, e quindi certi doni. La donna lo completa con la sua bontà, con la sua pietà.
E in che cosa specialmente deve aiutarlo? In ordine alla vita eterna! E se l’uomo attende più alle cose di questo mondo, ai lavori, alle iniziative, eccetera… la donna ha da compiere l’altra parte: cioè ricordare all’uomo il paradiso. Tutto va bene: che vi sia il lavoro, che vi sia la professione, eccetera… ma non c’è solamente la vita presente da vivere: c’è anche la vita futura. La donna è specialmente destinata a questo, ricordare all’uomo il suo destino, il suo fine: che, sì, attenda alle cose della terra ma abbia sempre lo sguardo rivolto al fine, cioè l’occhio al paradiso.
Ora questo aiuto può esser fatto in diverse maniere. O, essendo la giovane destinata alla famiglia, e compie la sua parte di sposa fedele e di madre buona ed educatrice; e sempre questo in ordine a formare una gioventù, e formare in famiglia un ambiente morale, il quale permetta di vivere la vita cristiana e quindi raggiungere, tutti i membri della famiglia, raggiungere il paradiso. Essa ha questo scopo, e l’uomo deve guardare più quelle cose che riguardano la terra […]: del resto
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più è impegnato nei lavori. La donna deve fare questo… però, aiuto all’uomo, è solamente in questa misura? No, non solo in questa misura, ma più intimamente.
Vedete, il concetto è questo: la donna deve essere chiamata a dare aiuto all’uomo in un senso più profondo… aiuto al sacerdote, il quale è destinato a portare la luce del Vangelo, a santificare le anime, a guidarle per la via del cielo; e la donna allora è di aiuto all’uomo, ma l’uomo sacerdote. E che cosa fanno nell’Azione Cattolica, se non questo? E che cosa fanno le suore, se non questo? Oh, fanno nella loro vita una missione mirabile!
Supponiamo gli Stati Uniti d’America, dove ho visto proprio con gli occhi, ho visitato scuole, eccetera… sono centotrentacinquemila suore in Stati Uniti, oh! O son dedicate agli ospedali e a opere caritative, oppure alle scuole: fanno le scuole cosiddette parrocchiali prendendo i giovani fino ai quindici anni, ai diciotto anni, secondo i casi. Ma di lì poi si formano i cristiani, i cattolici veri, perché hanno preso una buona formazione, una vita cristiana, ecco.
Oh, perciò aiuta l’uomo o in famiglia o come anima che si dedica ad un apostolato: aiuto all’uomo sacerdote; o all’uomo padre e sposo o aiuto al sacerdote, cioè aiuto alla Chiesa per la salvezza delle anime.
Ora, salvare le anime. La salvezza è portata da Gesù Cristo con Maria. Gesù Cristo, il quale ha compìto la redenzione: egli ha vissuto trent’anni in vita privata, lavorando; egli ha vissuto tre anni nella vita pubblica, predicando; egli si è offerto ed è morto sulla croce per la redenzione. Maria lo ha accompagnato: Maria dal presepio lo ha accompagnato sempre, lo ha formato bambinello, faceva tutti i servizi che deve fare una mamma verso il bambinello e poi dopo, più avanti, quando era già fanciullino, poi fanciullo, poi giovinotto… e fino ai trent’anni, e poi lo accompagnò a sentir le prediche quando Gesù predicava, e lo accompagnò al Calvario.
Oh!, Gesù compì la sua opera. Ecco l’immagine della donna… L’uomo: Gesù Cristo, l’uomo sacerdote che rappresenta
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Gesù Cristo, sacerdos alter Christus3, il sacerdote è un altro Cristo; la donna è un’altra Maria quando sceglie questo: di essere aiuto all’uomo sacerdote. E in Oriente per lo più le suore si chiamano maria: invece del nome suora, adoperano la parola maria… la maria, le marie… perché è inteso bene: Gesù Cristo Salvatore, Maria corredentrice con il Figlio Redentore. Del resto l’aveva già detto il Signore fino dal paradiso terrestre, quando Dio promise la salvezza agli uomini ma per mezzo della donna, la quale sarebbe diventata madre e la quale avrebbe contribuito alla salvezza del mondo in Gesù Cristo, con Gesù Cristo, e in dipendenza da lui [cf Gen 3,15].
Oh, allora: aiuto all’uomo. O sia padre di famiglia, sposo… perché [la donna] ha la missione di condurlo al cielo: e solo allora è una vera sposa e una vera madre quando compie, quanto le è possibile, questa missione. Secondo: c’è la suora la quale è aiuto al sacerdote e deve condividere un po’ la missione e deve condividere anche le pene… ma dare quell’aiuto perché ci sia la salvezza non di una famiglia sola ma una salvezza di tante anime! In Italia ci sono adesso centocinquantacinquemila suore: sono distribuite in tanti uffici, dalle scuole alle opere caritative, alle opere apostoliche, in tante maniere, ecco. E in questi giorni abbiamo fatto partire per l’Africa altre due suore in aggiunta a quelle che erano già andate precedentemente, ma il lavoro è molto fra quei neri e quindi era richiesto aiuto4.

Adesso, venendo più al pratico, quali dunque sono le vie che si prospettano alla giovane? Più frequentemente la donna è ordinata alla famiglia; sì, la donna è ordinata alla famiglia.
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Secondo: la donna può essere ordinata invece a collaborare con il sacerdote in tante maniere: o con la preghiera o con le attività, con l’insegnamento, eccetera… La donna allora può trovarsi chiamata ad una vita contemplativa come son le suore di clausura perpetua: la loro vita è di immolazione a Dio e di preghiera per la salvezza del mondo, e quindi si separano dal mondo per vivere più unite con Gesù; e la loro azione di aiuto al sacerdote sta nella preghiera e nelle mortificazioni che fanno, quelle penitenze che sono assegnate dalle regole. Quindi, vita contemplativa si chiama quella. Hanno più pietà e poi fanno anche dei lavori, perché nessuna della suore deve stare senza lavoro – come nessuna della donne dovrebbe stare senza lavorare in qualche maniera –, ma fanno dei lavori che si possono compiere in casa senza però che debbano uscire.
C’è poi la vita delle suore ordinarie che vivono a vita comune, che sono negli ospedali, che sono nelle scuole, sono nei vari apostolati, sono nelle missioni, eccetera…
E poi vi è una terza condizione in questa consecrazione a Dio, in questo voler dare aiuto alla salvezza che porta il sacerdote, ed è quella degli Istituti Secolari. Che cos’è questo? Vita contemplativa è vita chiusa; vita religiosa è vita regolare, normale, con abito proprio, ordinamento5 e vita in comune; poi vi è la vita della donna consecrata a Dio ma nel mondo… quindi non c’è obbligo della vita comune e non c’è abito comune: si vive nel mondo e si opera nel mondo in tante maniere, sì, in tante maniere ad esempio quando si dedicano ai catechismi. E quanto abbiamo fatto per le scuole a formare le catechiste! Eh, sono cinquant’anni da che ci siamo impegnati in questo; e adesso ci sono suore che sono andate in America, Sudamerica, per preparare delle catechiste, dei catechisti per i giovani, perché il clero è insufficiente. C’è un prete ogni quindicimila abitanti: e allora come potrebbe attendere a tutto? D’altra parte vi sono molte cose [da fare].
Dunque la figliola che può vivere nel mondo e si ordina alla consecrazione a Dio: quindi stato che viene chiamato
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stato di perfezione, e cioè Istituto Secolare. Secolare nel senso che si vive nel mondo: o in famiglia o anche sole, oppure possono anche unirsi, ma non hanno quella vita così strettamente comune come l’hanno le religiose, le quali hanno poi anche abito proprio. E poi queste, o siano in famiglia o siano sole o siano aggruppate in qualche casa, sempre fanno un apostolato proprio. L’apostolato può essere vario. Non avendo l’abito religioso, possono entrare in molti ambienti; poi hanno una certa libertà di disporre del loro orario, per poter fare più facilmente il servizio alle anime.
Quindi la donna in primo luogo è più ordinariamente ordinata ad aiutare l’uomo padre e sposo. La donna può essere ordinata ad aiutare un altro uomo, l’Uomo Dio, Gesù Cristo, che ora è rappresentato dal sacerdote, per la salvezza delle anime. E in tutti i casi è sempre la donna che deve orientare l’uomo verso Dio, verso l’eternità. Se Gesù fu Redentore, Maria fu la corredentrice. Però la donna, volendosi consecrare a Dio per offrire la sua verginità al Signore, può trovarsi in una di quelle tre condizioni: o vita contemplativa, sempre chiusa, come sono supponiamo i Trappisti; o vita religiosa comune, con abito proprio, sì, consecrata a Dio; o consecrate a Dio in Istituti Secolari. Ma, in fondo, è la medesima cosa, perché ciò che costituisce la suora, che cos’è? Sono i tre voti, cioè povertà, obbedienza e castità… si possono fare in un convento e si possono fare invece nel mondo. Ciò che poi è libero è la scelta dell’apostolato, dove ognuna può trovarsi meglio; e secondo la posizione: una può esser maestra, e allora si avvale del suo ufficio di maestra per aiutare i fanciulli a star buoni, a orientarsi verso il paradiso; e una può essere che assista un malato all’ospedale: gli ispira la pazienza, lo assiste un poco cristianamente, e poi quando è tempo gli preparerà lo spirito per i sacramenti, chiamerà il sacerdote; oppure ci sono le missioni… e poi ci sono altre vie che si aprono allo zelo…
Ora, ecco… quindi, ciò che importa sono i tre voti, cioè in sostanza: consecrarsi a Dio oppure una famiglia. Nella famiglia c’è sempre l’osservanza della povertà, della castità,
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dell’obbedienza, ma nello stato comune delle madri di famiglia, delle spose. Invece quello che fa la suora veramente – l’abito non fa il monaco, l’abito non fa la suora – quello che fa la suora è la povertà, castità e obbedienza vissuta o in famiglia religiosa, o vissuta libera nel mondo secondo i documenti del Papa: sono quattro documenti più importanti che regolano questa vita6, la quale ha anche più difficoltà, notiamo bene. Anche più difficoltà perché si tratta sempre di vivere castamente in un mondo pericoloso, e quindi la battaglia spirituale, intima del cuore, è sempre un po’ più forte, e alle volte è anche più ostinata… ma possono anche essere i meriti più grandi. Però occorre pensare che poi il punto centrale… tre sono i voti che costituiscono l’anima consecrata a Dio, ma qui il punto centrale è la verginità, che è poi quello che perfeziona gli altri due e decide la vita. Perché decide la vita?
Vi è in quella giovane l’amore a Dio: o questo Dio è amato più intensamente o meno intensamente. Secondo: quando l’anima si sente di amare Dio direttamente, senza nessun intermezzo; anche la giovane che passa alle nozze deve amare Dio, ma non si sente di amarlo direttamente e ha bisogno di un intermezzo, cioè di una persona. Invece quando l’amore
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è più sentito e l’anima si sente più lieta di comunicare direttamente con lui, di appartenergli tutta a Gesù e di esser presa tutta da Gesù… quindi la verginità, amore diretto; amore invece indiretto attraverso una persona che resta poi il compagno della vita. Il punto è lì. Se si sente tanto amore a Dio e tanta intimità da godere questo Gesù che ama, da sentirsi in comunicazione intima con lui, da essere abbastanza soddisfatta che il suo cuore ha già tutto quel che chiedeva, quel che cercava… ecco allora, lì è il segno della vocazione, ed è lo stato verginale. Verginale vuol dire vivere con diretto contatto con Dio, senza intermezzo di persona.

Dopo questo, nell’altra istruzione veniamo a precisare un po’ di più le cose.
Intanto, lì ci vuole sempre la luce di Dio, neh! Con il consiglio del confessore, e poi dopo averci pensato, sì, averci pensato poi per un tempo sufficiente, per prendere una risoluzione, la risoluzione dello stato… prenderla seriamente maturata questa decisione, in maniera che uno non si abbia poi a pentire, non abbia poi a dire: Ho precipitato!. No. Pensarci, pregare e consigliarsi.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 132/62 (Nastro archivio 120b. Cassetta 120, lato 2. File audio AP 120b). Titolo Cassetta: “La scelta dello stato. Se vuoi”.

2 «Voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Nel testo latino: facciamogli.

3 Con il Concilio Vaticano II la teologia si è orientata a definire il sacerdote come colui che agisce in persona Christi. Cf PIERPAOLO CASPANI, Ministero ordinato e presidenza della Eucarestia, in SEMINARIO ARCIVESCOVILE DI MILANO, Presbiteri nel popolo di Dio. A servizio della comunione, Milano 2015, pp. 19–26; Cf PIO X, Lettera Enciclica E supremi apostolatus [ASS 36 (1903–4), pp. 129–139], 4 ottobre 1903, in EnchEnc 4, Bologna 1999

2 , 11.

4 Cf AP 1961, p. 207, nota 17.

5 Il PM dice: ordinariamento.

6 In un articolo firmato da Don Alberione sul San Paolo, che illustra dettagliatamente la natura degli Istituti Secolari e presenta i Gabrielini e le Annunziatine, è scritto: «I principali documenti che reggono gli Istituti secolari sono: La Costituzione Apostolica “Provida Mater Ecclesia”. Legge propria degli Istituti secolari; Motu Proprio “Primo feliciter” in lode ed approvazione degli Istituti secolari; Istruzione sugli Istituti secolari; Costituzione Apostolica “Sedes Sapientiae”. Sono uscite, tra raccolte di documenti, istruzioni e libri che trattano ed illustrano questi Istituti, circa duecento pubblicazioni, più o meno voluminose» (Aprile 1958, p. 2). Pio XII approvò e diede slancio alla forma di vita degli Istituti Secolari con la Costituzione Apostolica Provida Mater Ecclesia [AAS 39(1947), pp. 114–124], del 2 febbraio 1947, contenente lo Statuto generale o Legge particolare degli Istituti Secolari, redatto dalla S. Congregazione dei Religiosi. L’anno successivo promulgò il Motu Proprio Primo Feliciter del 12 marzo 1948 [AAS 40(1948), pp. 283–286], a cui fece seguito l’Istruzione della S. Congregazione dei Religiosi Cum sanctissimus dominus [AAS 40(1948), pp. 293–297], del 19 marzo 1948 (tutto in Enchiridion della Vita Consacrata, op. cit., 2030–2062; 2107–2115; 2116–2128). Dopo questi specifici Documenti sugli Istituti Secolari, quelli che successivamente erano indirizzati agli “stati di perfezione”, comprendevano anche i consacrati secolari. Cf anche GAUDENZIO ZAMBON, Laicato e tipologie ecclesiali: ricerca storica sulla «Teologia del laicato» in Italia alla luce del Concilio Vaticano II (1950–1980), Roma 1996, pp. 83–92.