Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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2. SIAMO FATTI PER IL CIELO!
Scegliere la vita in Cristo e nella Chiesa
Meditazione, Torino (SAIE), 9 gennaio 19631

Abbiamo ricordato ieri2 come la nostra vita di santificazione deve poggiarsi sulle tre virtù fondamentali, che si chiamano anche teologali, divine: fede, speranza e carità. Ma la prima è la fede ed è la radice, la fede, di ogni santità.
Nei giorni passati, feste natalizie, si son ricordati i pastori che sono andati a Betlemme e hanno adorato il Bambino Gesù, han creduto alle parole dell’angelo: È nato il Salvatore!. E son venuti dall’Oriente i magi, i quali pure si sono recati a Betlemme e hanno adorato il Bambino come Dio fatto uomo e hanno offerto i loro doni [cf Lc 2,8–18; Mt 2,1.11].
Ora, la fede che cosa è? È credere ciò che non si vede. Crediamo a Gesù Eucaristico: non lo vediamo… ma lo crediamo per la rivelazione: ce l’ha detto Gesù e la Chiesa ce lo insegna. Non vediamo il paradiso, ma lo crediamo e lavoriamo per il paradiso, perché ce l’ha detto Gesù e la Chiesa ce lo propone. La fede: prima virtù! Notando bene che è un dono di Dio, è una grazia, la prima grazia: chi crede, sarà salvo. Chi non crede, che cosa sarà? Si perderà chi si ostina a non credere [cf Mc 16,16]. Dono ricevuto nel Battesimo: e il bambino possiede questa virtù nel suo intimo, nella sua vita soprannaturale; ma arrivato il bambino all’età dell’uso di ragione, ecco incomincia l’esercizio della fede. Prima c’era, ma dopo i sette
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anni si comincia ad esercitare la fede: e, ad esempio, credere nella Santissima Eucarestia, credere al paradiso…
Non basta sapere! Uno può saper tutta la teologia e aver poca fede. San Francesco di Sales fa quella riflessione: vi sono persone che non hanno nessuna cultura, ignoranti riguardo alle cose umane, ma hanno una fede profonda e vivono secondo la fede… in ordine al paradiso vivono la loro vita! Oh! E una può avere studiato molto e magari insegnare e spiegare agli altri, e aver poca fede o anche niente. È un dono, non un ragionamento, la fede! Possiamo e dobbiamo istruirci, ma poi la vera fede, il piegar proprio la nostra testa alle verità rivelate e proposte dalla Chiesa, ecco, questa è grazia.
Le verità fondamentali sono: siamo usciti dalle mani di Dio creatore – primo articolo del Credo – e dobbiamo andare verso il paradiso – l’ultimo articolo –, «vitam aeternam», credo la vita eterna. E da questo momento in cui si nasce e fino al momento in cui si chiude la vita, ecco, la strada è da fare, dall’ingresso in questo mondo fino all’uscita da questo mondo: si tratta di seguire una strada. Quale? Quella che ci ha tracciato Gesù Cristo, quella che ci indica la Chiesa e nella quale ci guida la Chiesa. Quindi, dopo aver detto: Credo a Dio creatore ed in Gesù Cristo, suo Figliolo unico, il quale è nato dalla Vergine, il quale è vissuto e ha predicato il Vangelo, il quale è morto sulla croce per salvarci, il quale è risuscitato, il quale sta alla destra del Padre e sta nel Santissimo Sacramento dell’Eucarestia… e siccome lui non è sempre visibile qui sulla terra, Gesù Cristo ha stabilito la Chiesa: E credo nella Chiesa cattolica e la comunione dei santi, e Gesù alla fine che verrà a giudicare i buoni e i cattivi, e in Gesù Cristo abbiamo la remissione dei peccati, e risusciteremo e – la fine – la vita eterna.
Avere questa fede fondamentale, e cioè fare la via che ha fatto Gesù Cristo: Sono uscito dalle mani del Padre, «Exivi a Patre» [Gv 16,28]; «genitum, non creatum»3. Oh! «Veni in mundum», son venuto in questo mondo… e di nuovo lascio
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il mondo, ha detto Gesù, e ritorno al Padre [cf Gv 16,28]. Così noi. È la via: che se noi stiamo buoni, se viviam secondo la fede, ecco, alla fine là in cielo, in paradiso la vita eterna. Però bisogna seguire Gesù Cristo e seguire la Chiesa. Sì!
Questo principio fondamentale che la nostra vita è per prova: se seguiamo Gesù Cristo e seguiamo la Chiesa… se abbiamo questo principio che ci guida, allora arriviamo alla salvezza: chi crede si salva [cf Gv 3,36; 6,47]. Se noi ci conformiamo alla vita di Gesù Cristo in due maniere, e cioè seguire Gesù Cristo negli esempi che ci ha lasciato e approfittare della grazia che egli ha conquistato per noi mediante i sacramenti, le opere buone, le altre preghiere che possiamo fare… e docili figli della Chiesa, docili figli della Chiesa! Oh!, la nostra fede, quindi, fondamentalmente dev’essere quella, deve dirigerci.
Poi ci sono le verità che non sono enumerate lì nel Credo; ma, credendo la Chiesa, crediamo a tutto quello che la Chiesa ci insegna. L’atto di fede è di immenso valore, di immenso merito! Dice qualche Dottore della Chiesa: vale più un umile atto di fede – per esempio, per andare alla Comunione: fede nell’Ostia [che] sia Gesù – che non mille apparizioni4 perché tu vedessi mille volte la Madonna! Perché? Vederla è con gli occhi materiali: credi ciò che hai veduto… neppure è fede quella, perché quando uno vede, non c’è più fede, cioè ha veduto, sa. Ma l’atto di fede è un atto spirituale altissimo dell’intelletto nostro, e quindi l’atto di fede – il Vi adoro del mattino o l’atto di fede per la Comunione5 – vale mille volte di più che una visione, come merito. Avere somma importanza in noi… tenere come cosa sommamente importante, fondamentalmente, radice di tutto: fede! Aumento di fede! Perché tanti van male? Perché han poca fede o non ne hanno niente. E chi invece ha fede, chi vive di fede sarà salvo; e se ha molta fede, si farà santo, si farà santo.
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Quindi, seguire Gesù Cristo secondo i suoi esempi nella lettura del Vangelo, e l’istruzione cristiana sempre più estesa. Ma l’istruzione non è ancor fede; ci istruiamo per avere più conoscenza delle cose di fede, ma poi ci vuole l’atto di fede. Oh!
E vivere quindi secondo la Chiesa insegna, secondo [come] noi siamo istruiti dalla Chiesa, abbiamo avuto istruzione, magari anche dai nostri genitori, ma poi specialmente studiando il catechismo e avanti nel rimanente dell’istruzione; e vivere secondo la Chiesa… ricevere i sacramenti: Gesù non solamente ci ha dato gli esempi buoni, ci ha indicato la via del cielo, ma ci ha dato la grazia che ha conquistato sulla croce per noi, grazia che ci viene comunicata specialmente dai sacramenti e poi nei meriti, eccetera.
Io sono fatto per il cielo! Finita questa vita io mi presenterò a Dio per esser giudicato se ho seguito, se ho vissuto secondo Gesù o no. Verrà a giudicare i buoni e i cattivi. Sulla terra c’è la libertà, uno può anche scapricciarsi e prendere tutte le soddisfazioni che può raggiungere, avere, ma poi, poi… finalmente si cade nelle mani di Dio: «Statutum est semel mori, et post mortem iudicium» [cf Eb 9,27], moriamo una volta sola e dopo la morte è il giudizio, il quale giudizio: Hai creduto e sei vissuto secondo la fede?. Ecco, allora si fa l’ultima volontà di Dio: Vieni, «euge serve bone et fidelis… intra in gaudium domini tui»6 [cf Mt 25,21.23].
Ma lasciarci guidare dalla Chiesa, così in generale, che cosa significa? Noi non siamo degli esseri ideali, noi siamo degli esseri concreti, siamo persone, e bisogna che ci lasciamo guidare noi dalla Chiesa, specialmente per mezzo del sacerdote: la Confessione, la direzione spirituale. Anche il Papa deve confessarsi per aver l’assoluzione, così noi. Abbiamo sentito varie volte dal Papa quella affermazione: Io sono sempre vissuto secondo l’obbedienza e la pazienza, sempre i vari passi della mia vita son stati fatti in obbedienza e pazienza. Perché, qualunque via che prendiamo, avremo da esercitare la pazienza: tutto costa fatica, cominciando dalla preghiera,
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cominciando dall’umiliazione nel confessarci, nell’ammettere gli sbagli e ottenere e ascoltare e seguire i consigli. Voleva dire: Ho sempre fatto ogni passo della mia vita – il Papa dice – nell’obbedienza e nella pazienza7. Non dobbiamo guidarci, dirigerci noi. Il Signore ha lasciato la Chiesa [quale] guida a compiere le sue tre funzioni, cioè di istruirci e guidarci e santificarci. Così.
Dunque, la verità fondamentale: considerar la vita quello che è, e cioè una prova: venuti da Dio, messi qui in prova, se facciamo la volontà di Dio, e poi, alla fine, rendere conto a Dio se l’abbiam fatta questa volontà di Dio o no; e se l’abbiam fatta la volontà di Dio, faremo l’ultima volontà: Entra nel gaudio del tuo Signore [cf Mt 25,23]. L’ultima volontà di Dio.
Dunque fede viva. Domandare al Signore la grazia di aver più fede; dalla fede poi nascerà la speranza; e dalla fede e dalla speranza ecco la carità, perché si spera il paradiso e si orienta la vita verso il paradiso e questo è l’amor di Dio: voler andare a Dio! Possedere Dio sulla terra per contemplarlo in visione e felicità in paradiso. Quindi non una fede teorica, ma una fede pratica, considerando la vita che cosa dev’essere, e che cosa poi ci procura nell’eternità. Qui l’uomo può scapricciarsi e può farsi santo invece: scegliere! Se scegliamo la vita in Christo et in Ecclesia, ecco allora arriviamo ad vitam aeternam, alla vita eterna.
L’Oremus di questi giorni che continuiamo a ripetere domanda al Signore che, avendo noi avuto la fede, arriviamo alla contemplazione, alla visione di Dio in paradiso8. E chi crede sarà in paradiso, chi crede realmente, profondamente, e vive secondo la fede. Fare dunque i nostri buoni propositi
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e pensare che i principi fondamentali di fede sono questi: vengo da Dio, devo fare la prova su questa terra, «veni in mundum»9 [Gv 16,28] per fare quel che vuole il Signore; e poi lasciamo il mondo e andiamo al Padre di nuovo. Prima usciti dalle mani di Dio senza merito, dobbiamo arrivare a Dio con dei meriti, per avere il premio: si ricompensa colui che ha lavorato, colui che ha lavorato vien pagato… «vitam aeternam». Ricordare sempre il paradiso. Vivi così: sarà facile allora orientare la vita verso il cielo.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 146/62 (Nastro archivio 133c. Cassetta 133bis, lato 1. File audio AP 133c). Titolo Cassetta: “Vivere la vita nella volontà di Dio”.

2 Sul qMV, in data 8 gennaio, risulta una meditazione del PM a Torino.

3 «Generato, non creato». Cf AMBROGIO DI MILANO, De Fide 2,1.

4 Cf AMATO DAGNINO, La vita interiore secondo la Rivelazione, studiata dalla Teologia e insegnata dalla Chiesa, Milano 1960, pp. 371; 981–983. L’autore si rifà al pensiero di san Giovanni della Croce, citando la sua opera Salita del Monte Carmelo.

5 Cf Preghiere, ed. 1957, pp. 13; 23–24; ed. 1985, pp. 19; 30; 45.

6 «Bene, servo buono e fedele… prendi parte alla gioia del tuo padrone».

7 Cf, per esempio, AP 1962, p. 337, nota 15.

8 Si tratta dell’Oremus dell’Epifania del Signore, la cui Messa si ripeteva finché non si arrivava alla domenica dopo l’Epifania (nel 1963, dal 6 al 12 gennaio): «Deus, qui hodierna die Unigenitum tuum gentibus stella duce revelasti: concede propitius; ut, qui jam te ex fide cognovimus, usque ad contemplandam speciem tuae celsitudinis perducamur», «O Dio, che in questo giorno per mezzo di una stella rivelasti ai Gentili il tuo Unigenito; concedi a noi, che già ti conosciamo per mezzo della fede, di giungere a contemplare lo splendore della tua gloria» (Missale Romanum, In Epiphania Domini, Oratio).

9 «Sono venuto nel mondo».