Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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51.
IL PADRE NOSTRO (I)

(PB 5, 1941, 102-104)

I.

1. «Ma tu, quando vuoi pregare, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa... Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori; e non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male» (Mt 6,6.9-13). Così sia.
Dice S. Cipriano: «Preghiamo adunque, o fratelli carissimi, come ci ha insegnato il Maestro divino. Amica e familiare preghiera è pregare Dio con le parole sue; renderci presenti al suo orecchio con l'orazione di Cristo. Quando preghiamo, riconosca il Padre le parole del Figlio suo, egli che abita nel nostro cuore sia anche nella nostra voce; e siccome lo abbiamo avvocato presso il Padre, per i nostri peccati, quando noi peccatori supplichiamo per i nostri delitti, usiamo le parole del nostro avvocato» (De dominica oratione, 3). La Chiesa, nel santo Sacrifizio della Messa, dice: «Esortati da un comando salutare e ammaestrati da un'istruzione divina, osiamo dire: Padre nostro» (Messale Romano: Canone).
Sentiamo ancora S. Cipriano: «Dicendo [il Salvatore] che tutto ciò che chiederemo al Padre in nome suo, egli ce lo darà, quanto più efficacemente otterremo ciò che chiediamo a nome di Cristo, se lo chiediamo con la stessa sua preghiera?» (De dominica oratione, 3). Le tre prime domande sono un atto di carità perfetta e sono dirette alla gloria di Dio, alla lode di Dio ed al servizio di Dio; le ultime quattro domande chiedono a Dio cose a noi convenienti.
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2. Breve introduzione. - «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1). La nostra fiducia viene ravvivata mentre chiamiamo Dio col titolo di «padre». Siamo figli di Dio per dono di Cristo: «Diede ad essi il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12); «Avete ricevuto lo spirito di adozione filiale, per il quale esclamiamo: Abbà! o Padre!» (Rm 8,15). Ricordiamoci di questa grazia, perché con essa siamo eredi di Dio e coeredi di Cristo; in questa grazia abbiamo adito a Dio, e diritto alle grazie. In questo nome si riaccende la carità: «Che cosa deve stare più a cuore dei figli, che il Padre loro?... Che cosa ora non darà ai figli che chiedono, avendo già concesso prima il potere di essere figli?» (S. Agostino).
Procuriamo anche di non essere figli indegni di un tanto Padre; trattiamoci tutti come fratelli, e ricordiamo le parole del Vangelo: «Se dunque voi, cattivi come siete, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il vostro Padre che è nei cieli concederà cose buone a coloro che gliele chiedono!» (Mt 7,11).
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3. Glorificando Dio, lo rendiamo propizio: «Che sei nei cieli» (Mt 6,9) ossia tra i santi ed i giusti. Con queste parole ricordiamo la potenza, la maestà ed il dominio di Dio: «Come la tua gloria tocca il cielo!» (Sl 8,2). E mentre innalziamo l'eccellenza di Dio, ne lodiamo parimenti la bontà: «Che troneggia sì alto in cielo e abbassa lo sguardo sulla terra» (Sl 112,5s.). Dio poi abita nei cuori dei giusti figli, come nei celesti.
Il pastore di anime, spiritualmente, nell'intenzione, riunisce a sé le sue pecore ed in loro nome dice: Padre nostro; e fattosi loro voce e cuore, offre a Dio il sacrifizio di lode, ossia il frutto delle labbra che confessano la paternità, la bontà e la maestà di Dio; e prega per tutte e per ognuna delle pecore, per ottenere da Dio quello che ad esse è necessario. Il pastore è mediatore tra Dio ed il gregge a lui affidato.
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II.

1. Prima domanda. - «Sia santificato il tuo nome» (Mt 6,9). Si chiede così, non perché il nome di Dio non sia già santo, ma perché sia considerato santo dagli uomini; ossia perché essi conoscano così Dio da non ritenere alcuno più santo di lui; affinché maggiormente temano di offendere il santo nome di Dio. Dio è in sé infinito in dignità e grandezza; è infinito in sé e nei suoi attributi: è eterno, perfettissimo, onnipotente, sapientissimo, ottimo, misericordiosissimo, giustissimo, principio di ogni cosa, provvidentissimo, fine ultimo di tutto, alfa ed omega, eterno gaudio nostro e dei beati. La vera sapienza e la vera religione consiste nel conoscere Dio: «Che conoscano te» (Gv 17,3). Ti conoscano, ti adorino, ti ringrazino, ti lodino, ti amino, ti ubbidiscano, ti cerchino come ultimo fine.
Il pastore curi che i fedeli santifichino Dio nei loro cuori, vivendo in grazia, e riparando alla grazia perduta mediante la confessione e l'eucaristia.
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2. Seconda domanda. - «Venga il tuo regno» (Mt 6, 10). Ossia, sia manifestato Dio agli uomini, ed il Vangelo si diffonda e sia glorificato nei cuori e tra i popoli; e la Chiesa, che è il regno di Cristo, si estenda su tutta la terra. Come anche la luce presente non è vista dai ciechi e da quelli che hanno gli occhi chiusi, così il regno di Dio, sebbene sia sempre stato presente sulla terra, tuttavia molti lo ignorano e lo combattono. I pastori in terra devono tendere a questo: che si addivenga ad «un solo gregge e un solo pastore» (Gv 10,16), secondo l'invocazione: «Ti preghiamo, o Dio, di chiamare tutti gli erranti all'unità della Chiesa, e di degnarti di condurre tutti gli infedeli al lume del Vangelo; esaudiscici» (Litanie dei Santi).
Dopo il giudizio, Cristo regnerà con gli eletti in cielo; la vita beata sarà completa nei santi; si avrà il regno perenne di verità, di amore, di gloria e di gaudio.
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3. Il pastore di anime prega ogni giorno, in unione con Cristo, il Padre, «di mandare operai nella sua messe» (Mt 9,38); affinché gli scismatici e gli eretici ritornino all'ovile; affinché tutti gli infedeli si convertano al sommo Pastore ed al Vescovo delle anime. Lo stesso pastore avrà in sé lo zelo di Dio per l'apostolato della preghiera.
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III.

1. Terza domanda. - «Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra» (Mt 6,10). Ossia, come la tua volontà è negli angeli che sono in cielo, in essi che aderiscono in tutto a te e di te godono, in essi che nessun errore ne offusca la sapienza, nessuna miseria ne impedisce la beatitudine, così la tua volontà sia nei tuoi santi che sono in terra, che sono fatti di terra, e che dalla terra devono essere ricevuti in cielo (S. Agostino). «Non chiediamo che Dio faccia ciò che vuole, ma che noi possiamo fare ciò che Dio vuole» (S. Cipriano, De dominica oratione, 14). Gesù stesso pregava nell'orto: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice; tuttavia non quello che io voglio, ma quello che vuoi tu» (Mt 26,39). «La volontà di Dio è quella che ha fatto ed insegnato Cristo: umiltà di vita, stabilità nella fede, riguardi nelle parole, giustizia nelle azioni, misericordia nelle opere, disciplina nei costumi, non fare ingiuria agli altri, e sopportare le ingiurie a noi fatte, vivere in pace con i fratelli, amare il Signore con tutto il cuore, amare Dio come nostro Padre, temerlo come Dio, non anteporre nessuno a Cristo, perché neppure egli ha preposto qualche cosa a noi, aderire inseparabilmente a lui con la carità, portare con lui la croce con fortezza e fiducia; quando vi è contrasto intorno al suo nome ed al suo onore, dimostrare costanza nel confessarlo con le parole; quando vi è disputa, dimostrare fiducia nell'aderire a lui; dimostrare pazienza nella morte, nella quale verremo premiati;... questo è adempiere la volontà del Padre» (S. Cipriano, De dominica oratione, 15).
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2. Il pastore ricordi le parole di Cristo: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 4, 34). Sovente il fare la volontà di Dio nel ministero delle anime riesce difficilissimo! «Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mc 14,38). In questi casi bisogna ricorrere alla preghiera, e non alla mormorazione, allo scoraggiamento ed alla tristezza.
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3. Il pastore stesso, nell'estimazione delle anime, tanto nel foro interno come nell'esterno, non sia guidato da vane parole od apparenze, o dalla volontà della carne, ma questa sia la sua norma: «E uno gli disse: Ecco, tua Madre e i tuoi fratelli son là fuori e desiderano parlarti. Ma egli, rispondendo a chi gli aveva parlato, disse: Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? Poi, stendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: Ecco la mia madre e i miei fratelli. Poiché chi fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli; egli è mio fratello e mia sorella e mia madre» (Mt 12,47-50).
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