Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

27.
BEATI I POVERI, I MITI, COLORO CHE PIANGONO

(PB 7, 1943, 92-96)

I.

1. Beati i poveri in spirito. - Ascolterò le parole: «Chiunque di voi non rinunzia a quanto possiede, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33); «Se vuoi essere perfetto, và, vendi quanto hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo» (Mt 19,21); «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli!» (Mt 5,3); «Nessuno può servire a due padroni» (Mt 6,24); «Voi non potete servire a Dio e alle ricchezze» (Lc 16,13).
378
2. Quattro sono le classi dei poveri in spirito: a) Prima: coloro che realmente possiedono ricchezze, ma praticano l'ammonimento dello Spirito Santo: «Se cresce la ricchezza, non ci mettete il cuore» (Sl 61,11). Chi non mette il cuor suo nelle ricchezze osserva le seguenti regole: 1) Non vuole acquistarle e conservarle con il peccato. Ho io una tale disposizione?; 2) Di esse non si preoccupa al punto da non poter più attendere ai suoi doveri di pietà, di religione e di famiglia; e specialmente da non poter più amare Dio sopra tutte le cose. Vi è in me tale preoccupazione, per i beni temporali? 3) È preparato a tutto lasciare, ed anche a perdere ogni cosa, se tale fosse la volontà di Dio. Il mio cuore è preparato a questo?
b) Vengono in secondo luogo quelli che sono realmente poveri, e tuttavia sono rassegnati alla loro sorte; servono fedelmente Dio, e, nella semplicità di cuore, sopportano pazientemente le molestie e le avversità nelle cose temporali; si sottopongono alle fatiche quotidiane, per procacciarsi il necessario per il corpo, e mangiare un pane guadagnato col sudore della loro fronte. Se questa è la mia condizione, come mi diporto? Ed anche se non sono necessitato a lavorare, mi sottometto liberamente al lavoro, per poter soccorrere i poveri, e per adempiere la volontà di Dio? La legge del lavoro è comune a tutti. Devo imitare Gesù Cristo che fu figlio di operaio ed egli stesso operaio. Lavoro pure per non essere assalito dalle tentazioni dell'ozio?
c) Vengono in terzo luogo coloro che abbracciarono la povertà volontariamente, per avvicinarsi di più a Cristo, come sono i religiosi. Costoro rinunziano almeno al potere di liberamente disporre di qualsiasi cosa temporale, senza il permesso dei superiori; né esigono per sé i frutti del loro lavoro, per vivere unicamente per Dio. Il religioso è tenuto ad osservare la povertà in forza della religione e della virtù. Se io non sono religioso, dò almeno ai poveri quello che mi sopravvanza? Mi impongo qualche privazione, per poter soccorrerli ?
d) Vengono in quarto luogo coloro che sono veramente poveri, come dice S. Agostino: e questa povertà ha quattro atti: 1) Quando si desidera piuttosto perdere tutto, che offendere Dio; 2) Quando si sente di sé umilmente, e si desidera che anche gli altri pensino e sentano così; 3) Quando uno si libera del proprio giudizio e della propria volontà, sottomettendoli umilmente ad altri; 4) Quando uno intimamente conosce di aver ricevuto da Dio ogni dono di natura e di grazia; e sa di aver nulla di proprio, anzi di essere molto debitore, a causa dei propri peccati personali. Questa privazione della propria volontà e della stima di sé, costituisce la vera povertà in spirito, che rende l'anima grata a Dio.
379
3. Rifletterò: in morte dovrò lasciare necessariamente ogni cosa; colui che è veramente pastore e Sacerdote, non dovrebbe lasciare meritoriamente, almeno con l'affetto, in vita, tutte le cose? Sul letto del dolore, la povertà reca la massima consolazione. Se allora il Sacerdote non dovrà più disporre di nulla, poiché le mani dei poveri avranno già preso ogni cosa, quanta sicurezza avrà di arrivare al tesoro celeste!
Il Sacerdote, per poter giungere alla vera povertà in spirito, si renda familiare questa preghiera di un piissimo uomo: «O Signore Gesù, che per tutta la tua vita hai scelta come compagna indivisibile la povertà: nascendo povero in una stalla, morendo nudo sulla croce, non avendo durante il tempo della predicazione ove reclinare il capo; dammi la povertà in spirito, affinché possa imitarti, a te possa piacere, ed abbia quaggiù il cento per uno, e possa possedere la vita eterna. Fa' che io sempre più distacchi l'anima mia dalle cose caduche, e che tu sia sempre l'unico mio tesoro: o Signore, che sei tutto, mi basti».
380
II.

1. Beati i miti. - «Beati i miti, perché erediteranno la terra!» (Mt 5,5). «Il frutto invece dello spirito è carità, gioia, pace, pazienza, affabilità, bontà, fedeltà» (Gt 5,22); «O Signore, ricordati di David e di tutta la sua mansuetudine» (Sl 131,1 Vg); «Vi esorto poi io stesso, Paolo, per la dolcezza e la bontà di Cristo» (2Cr 10,1); «Cerca invece la giustizia,... la pazienza, la mansuetudine» (1Tm 6,11); «Vi scongiuro... di diportarvi... con ogni umiltà e dolcezza» (Ef 4,1s.); «Ecco, il tuo re viene a te, mansueto» (Mt 21,5); il Signore «ammaestra i docili nelle sue vie» (Sl 24,9).
Gesù disse: «Imparate da me perché sono dolce ed umile di cuore» (Mt 11,29). Isaia così descrive questa mansuetudine di Cristo: «Né triste né turbolento» (Is 42,4). Mi abbandono io qualche volta alla tristezza ed al pessimismo, ed allontano da me gli altri? Rimprovero forse gli altri con parole e con atti da adirato? «Egli non griderà,... non farà sentire la sua voce sulle piazze» (Is 42,2). Forse io, predicando, facendo il catechismo, o nei colloqui privati, faccio strepito, passo a minacce e ad escandescenze che spaventano gli uditori? «Non spezzerà la canna fessa, non smorzerà il lucignolo fumigante» (Is 42,3). Lo Spirito Santo ammonisce: «Accogliete colui che è debole nella fede» (Rm 14,1). Di Gesù con i fanciulli si legge: «Poi li abbracciò e li benedisse, imponendo loro le mani» (Mc 10,16). S. Pietro dice: «Venendo maledetto, non malediceva» (1Pt 2, 23). Gesù, ammonendo gli apostoli che avevano invocato il fuoco sulla città di Samaria, dice: «Non sapete di quale spirito siete» (Lc 9,55). Tu considera il modo di agire di Gesù con l'adultera, con Maria Maddalena, e specialmente con i Giudei.
381
2. Secondo i teologi, la mansuetudine ha tre atti: a) Frena l'ira ed il desiderio della vendetta, affinché si diano i dovuti castighi, senza alcuna commozione interna od esterna. È proprio dell'uomo sapiente, dell'uomo prudente, dell'uomo sempre uguale a se stesso frenare l'ira. Perdonare chi ci è debitore è conforme alla dottrina evangelica: «Perdonate e sarete perdonati» (Lc 6, 37). La correzione dei figli e dei sudditi deve essere fatta con animo sereno, con fortezza e soavità.
b) Rende soave nel discorso e negli atti, ed in nulla molesto agli altri. Penserò dunque se nel mio modo di parlare vi è qualche cosa che appaia troppo dura; e se parlo in modo che tutti facilmente e volentieri possano conversare con me. O se piuttosto gli altri evitino la mia compagnia, perché mi rendo molesto a quelli che mi ascoltano o che mi vedono: sia a causa della mia grossolanità, del ridere sciocco; sia a causa dei frequenti sospiri e gemiti; sia a causa delle mie lamentele e contraddizioni; sia a causa della mia musoneria.
c) Sopporta pazientemente i mali ricevuti dagli altri, né, anche potendolo, usa della giusta difesa. Vi sono quelli che rendono male per male; anzi vi sono quelli che rendono male per bene; e specialmente per cattivo animo muovono liti e persecuzioni contro i miti, i buoni, i religiosi, i Sacerdoti; vi sono quelli che diventano peggiori dopo aver ricevuto dei favori. Penserò dunque: se qualche volta, o spesso, durante la mia vita, ho taciuto, pur essendo maltrattato, facendo uso del silenzio vittorioso sull'esempio di Gesù, il quale tacque di fronte al giudice, fino a riempire di ammirazione il preside. Oppure se sono solito rispondere con animo agitato, iracondo, impaziente, a coloro che mi hanno svillaneggiato, o anche a coloro che mi hanno giustamente rimproverato.
Quando sono danneggiato non danneggio? Quando sono offeso con parole non offendo?
382
3. I miti possederanno la terra (cf Mt 5,5). Per terra qui si possono intendere tre cose, secondo gli esegeti. Primo: la terra del cuore, perché in pace sono i loro giorni ed i loro animi; realmente «Gode gran pace chi ama la tua legge» (Sl 118,165); «Le tendenze dello spirito (portano) alla vita e alla pace» (Rm 8,6); «Che il regno di Dio non consiste in cibo e bevanda, ma in giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17); e: «La pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti» (Fl 4,7). In secondo luogo si possono intendere i cuori degli altri uomini, perché l'uomo pacifico si cattiva gli uomini e ne guadagna il cuore. Egli diventa seminatore di pace e salvatore: «Vi lascio la pace, vi dò la mia pace; ve la dò, non come la dà il mondo» (Gv 14,27); «Come sono belli i piedi di coloro che annunziano il bene!» (Rm 10,15). In terzo luogo si può intendere la terra dei viventi, ossia il cielo: «Ora, o Signore, tu lascia che il tuo servo se ne vada in pace, secondo la tua parola» (Lc 2,29); «Riposino in pace» (Ufficio dei defunti); «Ma essi godono pace» (Sp 3,3). Il mite è un uomo vittorioso di se stesso, e che ha trionfato di se stesso; facilmente trionferà anche di tutti i suoi nemici: «Al vincitore darò nascosta manna» (Ap 2,17). «Colui che ama dà tutto per tutto, e possiede tutto nel tutto: perché si riposa soltanto in Uno più grande di tutto, ossia in Dio, dal quale ogni bene ha origine e procede» (Della Imitazione di Cristo, l. 3, c. 5, n. 4).
383
III.

1. Beati coloro che piangono. - «Beati gli afflitti, perché saranno consolati!» (Mt 5,4). «Con chi è nel pianto piangete» (Rm 12,15); «Non mancare di porger consolazione a chi piange, e tieni compagnia agli afflitti» (El 7,38); «Lo spirito del Signore è sopra di me... - su Cristo e sul Sacerdote - ad annunziare la buona novella ai mansueti, a curare quelli che hanno il cuore infranto, a predicare la libertà agli schiavi, la liberazione ai prigionieri,... a consolare tutti quelli che piangono...» (Is 61,1-3); «Ho rese a lui le consolazioni, a lui e ai suoi piangenti» (Is 57,18); «Vo bagnando ogni notte il mio letto, rigando di lacrime il mio giaciglio» (Sl 6,7); «È lui (Cristo) che nei giorni della sua vita mortale, avendo con grandi grida e lacrime offerto preghiere e suppliche a Colui che lo poteva salvare da morte ed essendo stato esaudito a motivo della sua pietà,...» (Eb 5,7).
384
2. Beati quelli che piangono per le avversità e le tribolazioni di questa vita. Giobbe dice: «Solo i suoi dolori sente la sua carne, e l'anima di lui piange sopra di sé» (Gb 14,22). Giobbe venne provato in molti modi e sopportò tutto pazientemente: «Il Signore ha dato e il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore» (Gb 1,21). Che cosa avvenne? «Iddio ristorò Giobbe nel suo stato primiero, avendo egli pregato per gli amici suoi, e gliene aggiunse il doppio» (Gb 42,10); «E producono frutto con perseveranza» (Lc 8,15); «La perseveranza è per voi necessaria, affinché... otteniate quanto vi è stato promesso» (Eb 10,36); «La pazienza poi fa l'opera perfetta» (Gc 1,4); «Anche Cristo non cercò i suoi comodi» (Rm 15,3); «Gesù,... invece del gaudio a lui proposto, sopportò la croce» (Eb 12,2). Il Sacerdote segue in sommo grado Cristo se accetta e desidera, con tutte le sue forze, la croce medesima che portò Gesù.
Più beati sono coloro che piangono i loro peccati. L'orrore al peccato è la base ed il fondamento di ogni santità. È infatti odio, confusione, dolore dei peccati passati; ed inoltre è timore santo di Dio, mediante il quale fuggiamo l'offesa di Dio in futuro, sapendo che il peccato è l'unico, vero, sommo male. Se non ci asteniamo dal male come possiamo progredire nella via della perfezione? Di qui: «Fior di saggezza è il timor di Dio» (Sl 110,10); «Inizio di ben agire è l'astenersi dal peccato», dice S. Ambrogio. «Non può la virtù crescere assieme ai vizi; perciò, perché essa vegeti, bisogna impedire a quelli di crescere», dice S. Bernardo. E S. Francesco Saverio afferma: «Quanto più grande è l'estinzione del male, altrettanto maggiore è l'aumento dei doni celesti».
Beatissimi sono quelli che piangono per l'esilio che devono passare nel corpo, a causa del dolore prodotto dalla lotta continua contro la carne e contro la concupiscenza; che piangono per il desiderio della patria celeste, e per la brama dell'amore di Dio e di Cristo, che sospirano di godere eternamente: «Bramo di sciogliermi dal corpo per essere con Cristo» (Fl 1,23). «Non vi sarà quivi (in cielo), dice S. Agostino, fame o sete, freddo o caldo, sfinimento per il digiuno, né alcuna tentazione del nemico, non volontà di peccare, ma si avrà completa letizia, completa esultanza». Anzi, che cosa è il cielo? Risponderà S. Paolo: «Ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo, questo Dio ha preparato per coloro che lo amano» (1Cr 2, 9). Quanto mi appare brutta la terra, quando contemplo il cielo!
385
Perché beati? a) Perché: «Io stimo che le sofferenze del tempo presente non possono avere proporzione alcuna con la gloria, che si dovrà manifestare in noi» (Rm 8,18); b) «Felice quegli a cui è perdonato ogni fallo, è rimesso il peccato!» (Sl 31,1); c) «Guazzano nella opulenza della tua casa, e tu li abbeveri al torrente di tue delizie» (Sl 35,9); d) «Al regno dei cieli non ci conduce la gloria del mondo, non la quantità delle ricchezze, non la nobiltà dei natali, non la scienza, non la sapienza, non l'eloquenza, ma soltanto la grazia, le virtù, gli atti buoni» (S. Agostino). «Il regno dei cieli non si dà in vista delle persone, ma in vista delle virtù» (S. Roberto Bellarmino). In cielo vedrò, amerò, godrò. Sopportiamo perciò adesso volentieri, per poter poi godere; volentieri accettiamo ora l'umiliazione per poter essere in seguito eternamente glorificati; piangiamo al presente volentieri, per poter essere un giorno ripieni di ineffabile letizia, per tutta l'eternità.
386
3. Che cosa si deve piangere. Ecco il rimprovero di un uomo veramente santo: «O vita nostra! Di ciò di cui non merita rattristarsi, o di cui basta rattristarsi un po', gli uomini si addolorano per lungo tempo ed in modo grave. Di ciò che bisognerebbe invece amaramente piangere, gli uomini non si inquietano, anzi ne ridono; si rallegrano di aver operato male, ed esultano in cose pessime». Anche i farisei si rallegrarono della morte di Cristo.
Il corrotto pianga la perdita dell'integrità verginale; il peccatore pianga la perdita di Dio, della grazia, del paradiso; l'invidioso pianga la perdita della carità e della pace; l'accidioso pianga la perdita del fervore spirituale e della carità positiva; l'ebrioso pianga la perdita della sobrietà; l'avaro pianga la perdita della generosità; l'iracondo pianga la perdita della pace interiore; il superbo pianga la perdita dell'umiltà; il malizioso pianga la perdita della pietà!
387