Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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23.
LA GIUSTIZIA

(PB 3, 1939, 210-214)

I.

1. La giustizia è una virtù cardinale, e viene definita da S. Tommaso: «Costante e perpetua volontà di rendere ad ognuno quello a cui ha diritto» (Summa, 2.a 2.ae, q. 58, a. 1). La giustizia comprende tutte le virtù morali che riguardano gli altri, Dio, noi stessi, il prossimo.
Nella meditazione presente consideriamo solo la giustizia riguardo al prossimo. La giustizia è virtù soprannaturale, che dirige la volontà a compiere le azioni strettamente dovute al prossimo; la carità invece, come virtù teologale, inclina l'uomo a compiere i doveri verso il prossimo, ancorché non di stretto debito, ma eseguiti spontaneamente per amore di Cristo. La giustizia è una delle virtù cardinali, perché è veramente il cardine sul quale poggiano molte altre virtù morali. Alla virtù della giustizia si riducono il quinto, il settimo, l'ottavo, il nono ed il decimo comandamento del decalogo: questi comandamenti vietano di danneggiare i diritti del prossimo riguardo alla vita del corpo e dell'anima, e ai beni di fortuna: «Non uccidere... Non rubare. Non fare testimonianza falsa contro il prossimo tuo. Non desiderare la casa del tuo prossimo» (Es 20,13.15-17); non desiderare la donna altrui. Questi precetti contengono evidentemente anche una parte positiva, che difende nel giusto modo i beni umani della vita, della fama, i beni esterni e spirituali.
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Dice S. Ambrogio: «La giustizia dà ad ognuno ciò che gli spetta, e non rivendica le cose altrui; per questo la giustizia consiste nel fare il bene sotto motivo di bene dovuto, e nell'evitare il male in quanto è ingiurioso». Dice Bossuet: «La giustizia è il vincolo sacro della società, il freno alla licenza; dove regna la giustizia si osservano i patti, si ha l'onestà nei contratti, l'ordine nelle amministrazioni pubbliche, la pace in terra, e la sottomissione degli uomini a Dio». «Giustizia e pace si abbracciano insieme» (Sl 84,11); «Opera della giustizia sarà la pace» (Is 32,17). Senza la giustizia vi sarà la frode, la calunnia, l'oppressione del debole, il furto, l'invidia, la rissa e la guerra.
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2. La giustizia può, secondo la specie, essere: commutativa, distributiva e legale. Con la giustizia commutativa, un uomo privato rende ad un altro uomo privato ciò che gli compete di stretto diritto. Questa giustizia riguarda specialmente i contratti e le innumerevoli commutazioni che si sogliono fare tra gli uomini.
La giustizia distributiva inclina la comunità, ed a nome di essa il governante, a distribuire, in proporzione dei meriti e delle possibilità, i premi, le dignità, gli onori ed i doveri comuni. A questa giustizia si oppone l'accezione delle persone, ossia la parzialità.
La giustizia legale o generale inclina l'uomo privato od il governante a dare alla comunità tutto ciò che devono in ordine al bene comune; per essa l'uomo conosce i benefizi che gli vengono dalla società, ed i doveri che egli ha verso la società; la società conosce i doveri che ha verso i sudditi, e distribuisce i beni e gli oneri secondo equità.
La giustizia cristiana è superiore alla giustizia naturale; essa rende infatti l'uomo simile a Dio, essa estende maggiormente i doveri verso le anime, affinché l'uomo si faccia maggiori meriti.
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3. Il pastore di anime, non solo per l'Ordine ricevuto, ma anche per giustizia, è obbligato a provvedere la salvezza eterna del suo gregge. Per giustizia deve condurre il gregge ai pascoli salutari, istruire i fedeli,amministrare i sacramenti, pregare per le persone a lui affidate. Questo dovere è così stretto, che se il pastore lo trascura non può appropriarsi i frutti del beneficio, e può essere anche tenuto alla loro restituzione. Il beneficio è dato in vista dell'ufficio. Qualche volta i parroci meritano di essere privati del beneficio. Non sono scusati da grave colpa se per un mese di continuo, o per tre mesi discontinui non predicano, o non fanno predicare qualcheduno in loro vece, o se trascurano il catechismo ai fanciulli, o se non amministrano i sacramenti ai fedeli che legittimamente li richiedono, o non applicano la santa Messa per il popolo, o non danno quando è loro possibile, i sacramenti ai moribondi, o non impediscono, per quanto è da loro, gli abusi e gli scandali.
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Di qui quella prescrizione del concilio di Trento: «Essendo per precetto divino comandato a tutti quelli ai quali è affidata la cura delle anime di conoscere le loro pecore, di offrire per esse il divin sacrifizio, di pascerle con la predicazione della parola di Dio, con l'amministrazione dei sacramenti e con l'esempio di tutte le opere buone, di avere cura paterna dei poveri e di tutti gli altri miserabili, e di attendere a tutti gli altri doveri pastorali, doveri che non possono in alcun modo essere da loro compiuti ed assolti, se essi non vigilano e non assistono il loro gregge; se, secondo il costume dei mercenari, essi lo abbandonano: questo sacrosanto sinodo ammonisce costoro e li esorta affinché, memori dei divini precetti, divenuti esempio del gregge, lo nutrano e governino, con giustizia e verità» (sess. 23, cap. 1).
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II.

1. È chiaro che i Sacerdoti ed i religiosi sono obbligati ad osservare la giustizia in modo più stretto e più perfetto che non i semplici fedeli. Qualche volta i Sacerdoti ed i religiosi sono tenuti anche a dare ciò che strettamente non si dovrebbe dare. Studiatevi di fare con diligenza ciò che è bene «non solo davanti al Signore, ma anche davanti agli uomini» (2Cr 8,21); «Tenetevi lontani da ogni apparenza di male» (1Ts 5,22); «Se un alimento è di scandalo al mio fratello, non mangerò carne in eterno, piuttosto che essere a lui occasione di scandalo» (1Cr 8,13): questi sono i principi di S. Paolo apostolo.
In materia di giustizia, il popolo ha una maggiore sensibilità; spesso i fedeli sono più esigenti con il Sacerdote e con il religioso su questo punto; facilmente il popolo si scandalizza, e gli avversari prendono pretesto per calunniare la religione. La giustizia è una virtù che ci obbliga, tutti e subito, mentre la carità spesso viene consigliata soltanto ai proficienti.
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2. In primissimo luogo la giustizia deve essere osservata riguardo ai beni dell'anima. Perciò gravissimo è il peccato di scandalo che danneggia i piccoli e ruba loro l'innocenza. Esclama il Salvatore: «Guai al mondo per gli scandali!» (Mt 18,7); «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per colpa del quale avvengono! Sarebbe meglio per lui che gli si legasse al collo una macina da mulino e si gettasse nel mare, piuttosto di scandalizzare uno di questi piccoli» (Lc 17,1s.).
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In secondo luogo, è da evitarsi l'ingiustizia riguardo ai beni di ordine spirituale. Non sono sufficienti lievi indizi, se la malizia non è palese, per fare perdere la buona stima, alla quale il nostro prossimo ha diritto; saremmo ingiusti se pensassimo in questo caso male del prossimo, e dessimo il nostro consenso a questi pensieri. Vi sono diversi gradi: ossia il dubbio, il sospetto, l'opinione, ed infine il giudizio temerario. Tre possono essere le cause: la malizia di colui stesso che giudica, perché spesso giudichiamo gli altri secondo la nostra cattiveria; l'odio e l'invidia: chi si adira od è invidioso, pensa male, anche quando gli indizi sono lievi; l'esperienza della fragilità umana: i vecchi sono molto sospettosi, perché sovente sperimentarono i difetti degli altri. «Non giudicate per non essere giudicati» (Mt 7,1); «Non condannate e non sarete condannati» (Lc 6,37).
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3. Lede anche la giustizia colui che parla male del prossimo. Questo può avvenire con la detrazione, che è l'ingiusta lesione della fama altrui, mediante la manifestazione, senza giusta causa, di un vizio vero, ma occulto. Può pure succedere con la calunnia che è la lesione ingiusta della fama altrui: accusando uno di un delitto falso, o imputandogli un difetto che non ha.
I diversi modi di detrarre sono così elencati: «Addossando, ingrandendo, manifestando, volgendo in male, negando, reticendo, diminuendo, lodando senza energia».
Ricorderò le parole di Dio: «Il detrattore è l'obbrobrio degli uomini» (Pv 24,9 Vg); le parole di S. Agostino: «Chiunque ama, con le parole, rodere la vita degli assenti, si ricordi che gli è vietato l'assidersi a questa mensa»; le parole di S. Bernardo: «La lingua del detrattore è ferocissima;... essa colpisce a morte tre persone, con un unico soffio».
Qualche volta tuttavia è lecito svelare i vizi occulti di una persona, se vi è un motivo sufficiente: se si tratta del bene pubblico od anche del bene privato, e quando la divulgazione è già stata fatta da altri.
Tra coloro che ascoltano la detrazione, vi sono di quelli che incitano il detrattore a denigrare il prossimo; altri volontariamente godono per ciò che sentono; altri infine soltanto non impediscono la detrazione.
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Similmente deve essere evitata la mormorazione, ossia la manifestazione di fatti o detti altrui capaci di turbare la pace e l'amicizia tra le famiglie e gli amici. I mormoratori sono chiamati nella sacra Scrittura bilingui (cf El 28,15), perché spesso usano un doppio modo di parlare, per più efficacemente spargere le divisioni.
Uno può ledere la giustizia con la contumelia o con la falsa testimonianza: «Dardo, spada, acuta saetta è l'uomo che attesta il falso contro il suo prossimo» (Pv 25,18).
Ai Sacerdoti ed ai pastori deve essere massimamente raccomandata la diligente custodia dei segreti. La violazione infatti dei segreti naturali o commessi, fatta senza giusta causa, è peccato contro la giustizia. Chi custodisce fedelmente i segreti è circondato da venerazione e da fiducia; costui usa della lingua in bene, avanza maggiormente nella via della perfezione, custodisce la carità, e salvaguarda la pace.
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III.

1. La virtù morale della giustizia, nell'uomo elevato da Cristo, assurge al grado soprannaturale e diventa fonte di meriti per la vita eterna. La legge naturale infatti precede la legge positiva. Ogni giorno io, osservando la virtù della giustizia, anche nei contratti e riguardo ai beni naturali e nella riparazione del diritto leso, faccio la volontà del Signore, nostro creatore; ed uso dei beni terreni, dati da Dio ai figli degli uomini, in modo retto; ed onoro così il Signore con le mie sostanze.
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Devono essere evitati i furti e le speculazioni temerarie, che tanto sono di disdoro alla persona del Sacerdote. Si paghino i debiti, anzi si eviti di fare quei debiti, che si prevede di non poter pagare. Se il debito fu contratto imprudentemente, si faccia ogni sforzo per saldarlo quanto prima.
Chi si è fatto prestare qualche cosa, si ricordi che deve restituire nel tempo opportuno e prefisso. Il Sacerdote faccia per tempo il suo testamento, in carità e giustizia.
Chi ha volontariamente danneggiato è tenuto, per giustizia, a riparare; chi ha danneggiato involontariamente ancorché non sia tenuto alla riparazione, cercherà tuttavia, per farsi maggiori meriti, di soddisfare per quanto gli è possibile.
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Il Sacerdote custodisca con fedeltà e prudenza i doni ed il denaro ricevuto per le opere pie, e lo spenda secondo le intenzioni dei devoti offerenti. Il Sacerdote soddisfi con somma diligenza agli oneri di Messe avute per legato o personalmente. «Chi manda ad altri da celebrare le Messe ricevute dai fedeli o in qualsiasi modo a lui affidate, è di esse responsabile, fino a che non abbia ricevuto la conferma dell'impegno assunto dal ricevente di celebrarle, e la ricevuta dello stipendio» (CJC can. 839). «Ogni e singolo amministratore di cause pie, o quelli che in qualsiasi modo sono obbligati a soddisfare ad oneri di Messe, siano essi ecclesiastici o laici, alla fine di ogni anno, devono presentare al loro Ordinario, secondo il modo da questi stabilito, l'elenco degli oneri ai quali non si è ancora soddisfatto» (CJC can. 841, § 1).
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2. Il pastore, ed ogni Sacerdote, sappia poi salire dal piano della giustizia a quello della carità; non si meriti mai la nomea di usuraio; sia sempre più incline a dare che a strettamente esigere. Si ricordi delle parole del Signore: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli!... Beati i miti, perché erediteranno la terra!» (Mt 5,3.5); «Accumulatevi dei tesori nel cielo» (Mt 6,20); «Se uno vuol litigare con te, per toglierti la tunica, cedigli anche il mantello. E se uno ti forza a fare un miglio, va' con lui per altri due. Da' a chi ti chiede, e non voltare le spalle a colui che desidera da te un prestito» (Mt 5,40-42); «Cercate piuttosto il suo [di Dio] regno e il resto vi sarà dato in più» (Lc 12,31); «Andate... ed ammaestrate» (Mt 28,19); «Senza borsa, senza bisaccia» (Lc 22,35); «Non vogliate... mettervi in pena per il domani» (Mt 6,34 ).
Devono essere considerati tre gradi di giustizia: il precetto naturale, la legge evangelica della provvidenza, ed il consiglio di Cristo per coloro che vogliono eleggere la parte migliore.
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3. Come conclusione, mediterò le parole di S. Agostino: «Osserva la giustizia ed avrai pace, affinché si abbraccino la giustizia e la pace; se infatti non amerai la giustizia, non avrai la pace». La giustizia eleva anche i popoli, in quanto i vari ordini dei cittadini uniti dalla virtù tendono costantemente con le forze unite al bene comune della società. Dove non vi è vera giustizia non può sussistere un'intesa tra gli uomini basata sul diritto. Se vi è giustizia, anche le guerre e le lotte tra i vari popoli cessano, e si instaura il regno di Dio che è regno di giustizia e di pace, ed ogni cosa verrà rinnovata in Cristo. Perciò raccomanderò queste cose al Signore; le predicherò instancabilmente con la parola e con lo scritto, sia a quelli che nella società sono in posti di comando e sia a quelli che nella società sono in posti di sudditi. Io, Sacerdote e figlio della Chiesa, mediterò assiduamente i documenti dei Sommi Pontefici che trattano di proposito della giustizia, specialmente della giustizia sociale.
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