21.
LA CARITÀ
(PB 3, 1939, 43-47)
I.
1. La carità verso Dio. - La carità è virtù teologica infusa da Dio, mediante la quale amiamo Dio per se stesso ed il prossimo per amor di Dio. La carità verso Dio è l'amore del Sommo Bene: poiché Dio è infinitamente perfetto ed amabile; perciò a ragione si dice: «O Dio mio, perché sei la bontà infinita, oppure, perché sei infinitamente buono, io ti amo sopra tutte le cose».
La carità verso Dio è lo scopo di tutta la nostra vita: «O Signore, ci hai fatti per te, ed inquieto è il nostro cuore fino a tanto che non riposa in te» (S. Agostino, Confessioni, l. I, c. 1, n. 1). Siamo stati creati per conoscere Dio, per desiderarlo ed amarlo, su questa terra, ed infine per possederlo in cielo.
La carità è unione con Dio, possesso di Dio, vita in Cristo con Dio. La carità perfetta è lo stato di termine, è la stabilità eterna in Dio, è l'unione immutabile con Dio. La carità è il fine del precetto, infatti ogni precetto ed ogni legge sono ordinati ad eccitare o ad esercitare la carità; «Se uno mi ama, osserverà la mia parola» (Gv 14,23). La carità è il vincolo della perfezione; la carità infatti unifica tutte le opere, sia da parte del principio, (infatti la fede opera per la carità); sia da parte del fine, poiché, per la carità, tutto viene ordinato a Dio.
La carità è la pienezza della legge; poiché chi ha la carità fa la divina volontà: adora Dio e lo serve, sta sottomesso ai genitori, fa del bene al prossimo, ed esercita inoltre le varie opere di misericordia spirituali e corporali. La carità è il fine della fede e della speranza, «rimangono adunque la fede, la speranza, la carità: queste tre cose» (1Cr 13,13); la carità rimane in eterno; la fede e la speranza sono come gradini che conducono alla carità.
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2. La carità è gaudio dell'anima: tutto è fatica, Dio solo è il riposo. La carità ordina l'uomo ad un fine nobilissimo, ossia al fine ultimo che è Dio, e non da raggiungersi in qualsiasi modo, per esempio con la conoscenza come la fede, o col desiderio come la speranza, ma per possederlo veramente, con l'unirsi a lui, con l'amore di benevolenza e di compiacenza. Da questa unione ne consegue che tutte le altre facoltà dell'anima ordinano, con la loro azione, e dirigono a Dio. Tutto l'uomo, mediante la carità, tende a Dio, non solo mentalmente ed affettivamente, ma in modo vero, efficace ed operativo.
La carità è la vita dell'anima, la quale può, mediante la carità, fare opere soprannaturali e meritorie. L'Apostolo dice: «Quando pure io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la carità sono come un bronzo sonante o un cembalo squillante. E se avessi il dono di profezia, e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza; e se avessi tutta la fede fino a trasportare i monti, se non ho la carità, non sono nulla. E se distribuissi ai poveri tutti i miei averi, e dessi il mio corpo ad essere bruciato, se non ho la carità, tutto ciò non mi serve a niente» (1Cr 13,1-3).
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3. La carità è la più eccellente di tutte le virtù. «Dio è carità e chi rimane nella carità sta in Dio, e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16). I farisei s'unirono insieme, «e uno di loro, dottore della legge, gli [a Gesù] domandò, per tentarlo: Maestro, qual è il maggior comandamento della legge? E Gesù gli rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la tua mente. Questo è il massimo e primo comandamento» (Mt 22,35-38). La carità è perciò la virtù a tutti necessaria.
La carità supera tutti i doni carismatici dello Spirito Santo. L'Apostolo, nella prima lettera ai Corinzi, esortando i fedeli ad aspirare ai carismi più elevati, soggiunge: «Ma io vi indicherò ancora una via sopra ogni altra sublime» (1Cr 12,31). E poi fa quel mirabile elogio della carità, nei capitoli decimoterzo e decimoquarto della stessa lettera, e dice: «Cercate di possedere la carità» (1Cr 14,1). Dunque tutta la nostra vita deve essere ordinata dal desiderio di possedere Dio. «L'amore infatti dipende di più dalle opere che dalle parole» (S. Ignazio). «Trovai l'amore dell'anima mia, l'ho abbracciato per non lasciarlo più» (Cn 3,4).
Il Sacerdote è maestro di carità e dottore della carità. L'amore di Dio è il primo argomento di predicazione; lo zelo di Dio è la sostanza dell'ufficio sacerdotale; il dovere pastorale tende a questo e consiste in questo: far sì che le anime aderiscano a Dio con la carità.
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II.
1. La carità verso il prossimo. - La carità verso Dio e la carità verso il prossimo non sono due ma una sola virtù. La prima tende direttamente a Dio, la seconda invece direttamente tende al prossimo, ed indirettamente a Dio. La prima ha origine dalla considerazione della bontà di Dio in sé, la seconda invece ha origine dalla bontà di Dio partecipata al prossimo. Chi ama maggiormente Dio ama anche con maggior carità il prossimo.
Dopo la promulgazione del precetto dell'amor di Dio, Gesù soggiunse: «Il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,39). La carità verso il prossimo viene infusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, come la carità verso Dio. L'Apostolo, nella prima lettera ai Corinzi, capitolo decimoterzo, dimostra che non può essere separata una carità dall'altra. Dopo aver parlato della necessità della carità verso Dio, dice dei suoi effetti: «La carità è paziente, è benigna; la carità non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non opera nulla di sconveniente, non ricerca il proprio interesse, non si muove ad ira, non tiene conto dei torti ricevuti, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra con la verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cr 13,4-7).
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L'amore consiste nell'unione della volontà dell'amante con quella dell'amato; chi ama Dio deve anche amare quelle cose che Dio ama. Di qui quel detto: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola» (Gv 14,23). Il Maestro divino dice infatti: «Son disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38). Ma quale è questa volontà del Padre? «Or, la volontà di colui che mi ha mandato è questa: che io non perda niente di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno» (Gv 6,39). Per l'appunto, «Dio vuole che tutti si salvino e giungano alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4). Parimenti: «Tu ami tutte le cose che esistono, e nulla odii di ciò che hai fatto» (Sp 11,25). Se uno dunque ama Dio, deve pure amare tutti gli uomini, ossia i fratelli, i cristiani, gli infedeli, gli estranei, ed anche i nemici.
L'uomo fu creato ad immagine di Dio. Disse infatti Dio: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a somiglianza nostra» (Gn 1,26). La stessa cosa è amare Dio o la sua immagine.
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2. Grande è la retribuzione promessa a quelli che amano il prossimo. Il Giudice infatti dirà a quelli che si trovano alla sua destra: «Venite benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi sin dalla creazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi albergaste; ero nudo e mi rivestiste; infermo e mi visitaste; carcerato e veniste a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti vedemmo affamato e ti demmo ristoro; assetato e ti demmo da bere? Quando ti vedemmo pellegrino e ti alloggiammo, o nudo e ti rivestimmo? Quando ti vedemmo infermo o carcerato e siam venuti a visitarti? E il re risponderà loro: In verità vi dico: ogni volta che voi avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, le avete fatte a me» (Mt 25,34-40).
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3. Ricordi il Sacerdote tutte le opere di carità, sia spirituali che corporali. È obbligato a compierle per un nuovo motivo, ossia per l'ufficio che ricopre nella Chiesa, per il sacerdozio di cui è rivestito.
Sette sono le opere di misericordia corporali, ossia: visitare gli infermi, dare da bere agli assetati, dare da mangiare agli affamati, visitare i carcerati, vestire gli ignudi, ricevere gli ospiti e seppellire i morti. Similmente sette sono le opere di misericordia spirituali, ossia: consigliare i dubbiosi, correggere i peccatori, insegnare agli ignoranti, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare i molesti e fastidiosi, pregare per tutti sia vivi e sia defunti.
Le opere di misericordia, sia corporali come spirituali, possono compiersi separatamente da ogni singolo individuo, o collettivamente con la cooperazione di molti: esempi di questo secondo modo sono l'Azione Cattolica e l'Azione Sociale, istituite anche per le necessità temporali e molto raccomandate dai Sommi Pontefici.
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III.
1. Dopo aver conosciuto che la carità procede da Dio, mi rifugerò in Dio, fonte di tutto l'amore, e carità essenziale. «O Signore, dammi il tuo amore e la tua grazia, e sarò abbastanza ricco, e non chiederò altro» (Breviario Romano: Gratiarum actio post Missam: Suscipe... ). «La carità viene da Dio, e chi ama è nato da Dio e conosce Dio» (1Gv 4,7). «Il frutto... dello spirito è carità» (Gt 5,22). «L'amore di Dio è largamente diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato» (Rm 5,5).
S. Tommaso dice: «La virtù della carità, essendo fondata sopra la comunicazione della beatitudine eterna, non è naturale, né si acquista con forze naturali, ma bensì viene infusa nell'anima dell'uomo dallo Spirito Santo...< La carità è una certa amicizia dell'uomo con Dio, fondata sulla comunicazione dell'eterna beatitudine. Questa comunicazione però non è secondo i doni naturali, ma secondo i doni gratuiti, poiché, come vien detto in Rm 6,23, "dono gratuito di Dio è la vita eterna". Perciò anche la carità supera le forze naturali. Ciò che supera le forze naturali non può essere né naturale, né può raggiungersi dalle potenze naturali, perché l'effetto naturale non può essere superiore alla sua causa. Perciò la carità non può essere in noi in modo naturale, né essere acquisita da forze naturali, ma può soltanto essere in noi per infusione dello Spirito Santo, che è l'amore del Padre e del Figlio la cui partecipazione in noi è la stessa carità creata» (Summa, 2.a 2.ae, q. 24, a. 2).
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2. Il primo [frutto] è la concordia tra i Sacerdoti: «Ma se vi mordete e vi divorate gli uni gli altri, badate bene di non lavorare alla vostra mutua rovina» (Gt 5, 15). «Nei princìpi occorre unità, nelle cose dubbie libertà, in tutto carità» (S. Agostino). Nei princìpi bisogna essere uniti: uniti cioè nella disciplina, nella fede, nell'ubbidienza al Sommo Pontefice, al Vescovo, alla Chiesa. Nelle cose dubbie vi sia libertà: «Donde procedono le guerre e le liti tra voi, se non di qui: dalle vostre concupiscenze?» (Gc 4,1). «Purché ciascuno sia convinto del suo proprio modo di pensare» (Rm 14,5), mentre la cosa è disputabile. «Se è possibile, quanto è da voi, abbiate pace con tutti» (Rm 12,18). In tutto vi sia carità: «Abbiate tra voi gli stessi sentimenti. Non aspirate a cose alte, ma lasciatevi attirare dalle umili... Non rendete a nessuno male per male... Non fatevi giustizia da voi, o carissimi; lasciate il posto all'ira divina» (Rm 12,16.17.19).
Si deve poi cercare specialmente la solidarietà tra i Sacerdoti: «La vostra carità non sia finta... Quanto all'amore fraterno, vogliatevi bene gli uni gli altri. Prevenitevi gli uni gli altri nel rendervi onore. Non siate pigri nello zelo... Siate perseveranti nella preghiera. Provvedete alle necessità dei santi» (Rm 12,9.10.11.12s.).
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3. Lo scopo di tutto il lavoro pastorale è quello di unire le anime a Cristo. Lo si deduce anche dal Vangelo di S. Giovanni; Gesù infatti prega «affinché siano tutti una cosa sola, come tu sei in me, o Padre, ed io in te; che siano anch'essi una sola cosa in noi... Io in essi e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità» (Gv 17,21.23). Tutte le altre cose sono mezzi e tappe per raggiungere quest'unità.
La regola della carità è: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,39). Spiega l'Angelico: «Non nella stessa misura, ma nella stessa maniera. E questo in tre modi: che uno ami il prossimo per Dio, ossia santamente; che non condiscenda al prossimo in qualche cosa di cattivo, ma soltanto in ciò che è buono, ossia che lo ami giustamente; ed in terzo luogo che ami il prossimo per il bene del prossimo, ossia in modo vero» (Summa, 2.a 2.ae, q. 44, a. 7 passim).
Nella carità bisogna osservare un ordine; quest'ordine è duplice, in quanto cioè riguarda l'amore di compiacenza o l'amore di benevolenza. Per amore di compiacenza sono maggiormente da amarsi quelli che sono più prossimi a Dio, come la beata Vergine ed i Santi, per amore di benevolenza sono da amarsi anche coloro che non hanno la divina grazia; e tutti gli uomini, parenti, concittadini e connazionali.
La carità verso il prossimo deve poi avere tre condizioni: deve essere cioè soprannaturale, universale ed efficace. La carità verso Dio deve essere: sincera, completa e somma; ma specialmente deve essere efficace. «Non amiamo a parole e colla lingua, ma colle opere e in verità» (1Gv 3,18). Vive bene nella carità colui che ha per programma la gloria di Dio e la pace degli uomini in Cristo.
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