Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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48.
PROCESSIONI, FUNZIONI, ESEQUIE

(PB 5, 1941, 475-480)

I.

1. Processioni. - Le processioni sono manifestazioni religiose collettive e pubbliche. Nel Rituale Romano vengono descritte in senso proprio e liturgico. Sono suppliche pubbliche rivolte a Dio dal clero e dal popolo cristiano, il quale, disposto con un certo ordine, muove da un luogo sacro ad un altro luogo sacro. In esse il Signore viene pregato ed onorato da molti, ed i membri del ceto ecclesiastico, in un dato ordine, come divisi in diverse schiere, equamente compongono il forte e meraviglioso esercito della Chiesa militante, del quale viene dato a Dio ed agli angeli giocondo spettacolo. Le processioni risultano di molta utilità per i fedeli, ed incutono grande timore agli spiriti maligni.
Le processioni avevano luogo frequentemente anche presso gli ebrei, e qualche volta in forma assai solenne. «La Chiesa ha ricevuto l'uso delle processioni dal costume antichissimo dei santi Padri, sia per ravvivare la pietà dei fedeli, sia per impetrare i divini favori, o ringraziare Dio, o per implorare l'aiuto divino. Le processioni devono essere fatte, come si deve, con molta religiosità; esse contengono grandi e divini misteri, ed a coloro che le fanno piamente portano da parte di Dio salutari frutti di cristiana pietà. Preavvisare ed istruire i fedeli, su questo, nel tempo che è più opportuno, spetta per dovere al parroco» (Rituale Romano, tit. 9, cap. 1, n. 1).
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2. Vi sono le processioni latreutiche, che si fanno per adorare Dio; sono tali le processioni eucaristiche, delle quali il Rituale Romano dice: «Decentemente si ornino, con tappeti e drappi, ed immagini sacre, le chiese e le case a lato delle vie per le quali si deve transitare...» (Tit. 9, cap. 5, n. 1). In queste processioni tutto si deve svolgere con la massima devozione e solennità; mentre esse si svolgono, si cantano gli inni: Pange lingua, Sacris solemniis, Verbum supernum, Salutis humanae Sator, Aeterne Rex altissime. È pure ritenuta latreutica la processione delle palme, che ricorda il trionfale ingresso di Gesù in Gerusalemme: «Sia benedetto Colui che viene nel nome del Signore!» (Mc 11,9).
Altre processioni si fanno in onore della beata Maria Vergine o dei Santi che sono venerati in una nazione (per esempio S. Francesco di Assisi e santa Caterina da Siena, per l'Italia), in una regione, in una diocesi, in una parrocchia.
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Alcune processioni sono di ringraziamento, e si fanno per rendere grazie a Dio dei benefici ricevuti. Il Rituale Romano stabilisce che in queste processioni si canti il Te Deum, i salmi Jubilate Deo, Exsultate Deo, Cantate Domino, Jubilate Deo omnis terra, Benedic anima mea Domino, Laudate Dominum, Laudate Dominum de caelis, ecc.; che si concludano con la preghiera: «O Dio, la cui misericordia non ha limiti...» (cf Rituale Romano, tit. 9, cap. 13).
Vi sono delle processioni propiziatorie, che riguardano la penitenza pubblica, e che un tempo si facevano frequentemente a piedi scalzi, ed anche in cenere e cilizio, per placare Dio irritato a causa dei peccati. Nel Rituale Romano si ricordano le processioni da farsi: in tempo di carestia e di fame, in tempo di mortalità e di epidemia, in tempo di guerra, per qualsiasi sciagura (cf tit. 9, cc. 9-12): hanno sempre il carattere di penitenza e di dolore.
Infine vi sono le processioni impetratorie, che furono istituite per ottenere qualche grazia; per esempio: la processione nelle Litanie maggiori nella festa di S. Marco evangelista, e nelle Litanie minori nel triduo delle Rogazioni, avanti l'ascensione del Signore nostro Gesù Cristo; così la processione che si fa per impetrare la pioggia, o per essere preservati dalla tempesta, ecc.
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3. Fin dai primi secoli della Chiesa, subito dopo che fu lasciata libertà al culto cristiano, per opera di Costantino, si cominciò a fare frequentemente delle processioni. In realtà i fedeli, processionalmente con i Sacerdoti e con lo stesso Sommo Pontefice, si portavano ogni giorno alle varie «stationes» della città di Roma.
In queste manifestazioni religiose, che si fanno collettivamente e pubblicamente, sgorgano dal cuore dei sentimenti che non si provano in nessun'altra manifestazione religiosa. Dal fatto esperimentiamo veramente, che nella collettività umana vi è qualche cosa, di cui in segreto e privatamente non si ha esperienza. Il così detto rispetto umano viene con maggior forza vinto; la mente più facilmente si riempie della sublimità e fortezza dell'idea religiosa; si fanno più fermi propositi di vivere la religione cristiana con maggior fervore e coraggio; spesso si ottengono delle conversioni, come avviene presso i santuari mariani; Dio viene inoltre onorato pubblicamente.
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Devono essere meditate le parole del Rituale Romano: «Procurino specialmente i Sacerdoti, e gli altri della sacra gerarchia, che in queste processioni si osservi da loro e dagli altri quella modestia e riverenza che massimamente conviene a tali azioni di pietà e di religione. Tutti rivestiti di abito decente, con rocchetti, od altri sacri paramenti, senza cappello, se non ne siano costretti per la pioggia, procedano in modo serio, modesto e devoto, a due a due secondo il loro grado, tutti intenti alle sacre preci, in modo che sia allontanato il riso, il parlare reciproco, il guardare in giro; ed anche il popolo venga invitato a pregare piamente e devotamente. I laici procedano separati dal clero, le donne procedano separate dagli uomini: e tutti preghino» (Rituale Romano, tit. 9, cap. 1, nn. 2-4). Vengano tolti gli abusi, come si ammonisce nel Rituale Romano, e come dettagliatamente è dichiarato in molti sinodi diocesani.
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Ogni pastore istruisca i fedeli sul significato delle processioni e sulla pietà che si deve avere da chi vi partecipa. Ciascheduno ricorderà ciò che si canta nella domenica delle palme (ecco un esempio di processione): «Nell'avvicinarsi a Gerusalemme, arrivarono a Betfage, presso il monte degli Olivi; allora Gesù mandò due discepoli... I discepoli andarono e fecero come loro aveva comandato Gesù. Condussero l'asina e il puledro, misero loro addosso i mantelli, e ve lo fecero sedere sopra. Allora la maggior parte della folla stese i suoi mantelli per la strada, mentre altri tagliavano rami degli alberi e li spargevano sul cammino. E le turbe che lo precedevano, e quelle che lo seguivano, gridavano dicendo: Osanna al Figlio di David! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!» (Mt 21,1.6-9).
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II.

1. Funzioni. - Il pastore di anime, nelle sacre funzioni, opera quale ministro di Dio, ottiene grandissimi benefizi al popolo, e trova mezzi per la maggior santificazione di se stesso, se sa diportarsi in modo sapiente e devoto. La liturgia romana supera le liturgie affini in estensione e perfezione. I1 buon pastore la venera, la studia e la insegna con fedeltà. Ogni giorno la Chiesa ci espone qualche verità della sua dottrina, qualche precetto morale, qualche forma per pregare Dio nella sacra liturgia e nelle funzioni liturgiche. La Chiesa infatti è maestra di fede, di santità e di orazione.
Tra le funzioni ordinarie, la prima è la celebrazione della Messa nelle sue varie forme di messa privata, messa parata, messa con assistenza pontificale, messa pontificale, messa papale. Vengono poi la benedizione del SS. Sacramento, le novene, i tridui, ecc. Se si fanno in maniera dovuta e decorosa suscitano grande impressione nei fedeli e tengono in esercizio l'anima dei cattolici; da una parte hanno grande importanza per conservare e per aumentare il fervore della vita spirituale tra il popolo cristiano; d'altra parte le pubbliche manifestazioni di culto religioso, eseguite con canti e con solenni cerimonie, scolpiscono nelle menti le verità divine, eccitano maggiormente il senso della pietà, guidano più facilmente la vita cristiana.
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Tra le funzioni straordinarie tengono un posto importante le funzioni della Settimana santa, della vigilia di Pentecoste, della benedizione delle ceneri e delle candele. Vi è la messa con la benedizione di rami d'olivo e con la processione nella domenica delle Palme; vi sono altre tre messe nelle quali si canta il Passio; vi è la messa con la consacrazione degli oli degli infermi e del crisma al giovedì santo. Nel venerdì santo si scopre la croce che viene solennemente adorata e vi si celebra la messa dei presantificati. Vi sono i tre giorni in cui si recita l'ufficio detto «delle tenebre»; al sabato santo si benedice il fuoco con l'incenso ed il cero pasquale, si cantano le profezie, si benedice il fonte battesimale, e si canta la messa solenne. Quali siano i significati liturgici di queste funzioni viene spiegato in molti libri.
Con la pia ed intelligente assistenza a queste funzioni, tanto il Sacerdote, quanto il popolo, acquistano grandissima edificazione.
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2. Il canto liturgico, il suono dell'organo e delle campane, concorrono felicemente alla solenne celebrazione dei divini misteri. Nelle leggi dei Sommi Pontefici, vi è pure un certo ordinamento musicale. Come la parola di Dio ha uno stile speciale, e le chiese una speciale forma architettonica, ed i sacri ministri una speciale veste, così anche il culto religioso esige una speciale forma di canto musicale: questa forma trova la sua migliore espressione nel canto detto gregoriano. I primi cristiani adottarono alcune melodie, che si solevano anche cantare nelle sinagoghe degli ebrei; ma assai per tempo trovarono una propria forma di melodia cristiana. Al tempo di S. Gregorio il Grande, il canto sacro ottenne una forma ed un ordine perfezionato, e venne diffuso il suo uso nelle chiese principali, mediante l'invio di cantori fatto dallo stesso Papa Gregorio. In seguito, dimenticate le forme del canto sacro, entrarono a far parte di esso nuove forme profane e portarono la decadenza nel canto sacro stesso. I Sommi Pontefici, e specialmente Pio X, operarono allora un'energica e nuova riforma del canto sacro, e le melodie gregoriane e la musica furono fatte servire meglio e più degnamente al culto divino. Esse hanno veramente una mirabile virtù di piegare dolcemente le anime alla devozione ed alla pietà. Il fedele si sente come trasportato in alto sopra le cose materiali che ci opprimono, e più facilmente può essere penetrato dalle verità di fede e da pii sentimenti.
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3. In principio gli organi e gli altri strumenti musicali furono quasi esclusi dalle sacre funzioni; ma poi l'organo venne introdotto, sia per accompagnare il canto liturgico, sia per creare singolari melodie ed armonie. Se questi strumenti, per un deviamento, vennero usati in modo profano, Pio X, nella riforma generale della musica sacra, comandò che venissero adattati alla liturgia. Se le leggi riguardanti l'uso dell'organo vengono osservate, tale strumento riuscirà adattissimo a ravvivare, ad alimentare il sentimento religioso, ed a rendere meravigliosamente animate le funzioni liturgiche.
Anche l'uso delle campane, specialmente quando si forma un concerto armonico, giova a ricordare la religione, ad ammonire i fedeli ed anche gli infedeli, come fosse la voce di Dio e della Chiesa. La campana annunzia le feste, piange nei funerali, libera dai temporali, dissipa le bufere, fa cessare le lotte sanguinose.
Il pastore che promuove le sacre funzioni ordinarie e straordinarie, per quanto è possibile, con pietà e intelligenza, efficacemente ricorda ai fedeli le verità cristiane, insegna soavemente i divini precetti e suscita la vera pietà.
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III.

1. Esequie. - L'ufficio del pastore riguarda anche quelli che hanno lasciato questa vita, affinché le anime loro siano sollevate, ed i cadaveri siano conservati per il giorno della resurrezione. Il Rituale Romano dice: «Il parroco con grandissima cura deve osservare e tenere in uso le cerimonie sacre ed i riti, che, per antichissima tradizione ed istituzione dei Sommi Pontefici, la santa madre Chiesa cattolica suole usare nelle esequie dei figli suoi, come veri misteri della religione e segni della pietà cristiana, e saluberrimi suffragi dei fedeli defunti. Nell'eseguire tali riti, si dovrà usare, come essi lo richiedono, modestia e devozione, affinché appaiano essere stati istituiti veramente a sollievo dei defunti ed insieme a pietà dei vivi, come lo sono veramente, e non a lucro... Se non lo impedisce una grave causa, i cadaveri dei fedeli, prima di venir seppelliti, devono venire trasferiti dal luogo dove si trovano alla chiesa, ove si svolge il funerale, ossia tutto l'ordine delle esequie come è descritto nei libri liturgici approvati... Si ritenga, per quanto è possibile, l'uso antichissimo di celebrare la Messa alla presenza del cadavere del defunto a suo suffragio, prima che venga portato alla sepoltura» (tit. 6, cap. 1, nn. 1. 2. 4. 7).
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2. Il Sacerdote va dalla chiesa, in capo alla processione, alla casa del defunto, e quivi avviene la «levata del cadavere», con preghiere e canti. Terminato questo, la processione ritorna in chiesa, mentre si canta il Miserere. Entrati in chiesa, se si fanno le esequie, si ha una funzione religiosa che certamente è atta a riempire di devozione ed assieme di profonda consolazione la mente dei fedeli. Dopo il canto infatti dell'antifona: «Esulteranno nel Signore le ossa umiliate», stando il feretro nel mezzo della chiesa, circondato dalle candele accese, si recita subito l'Ufficio dei morti, con l'invitatorio, tre notturni, e le lodi, duplicando le antifone. Mentre si recita l'ufficio, il Sacerdote si prepara a celebrare la Messa. Finita la Messa, il Sacerdote avvicinatosi al feretro dice: «Non t'atteggiare a giudice, o Signore, col tuo servo,... ecc.». Dopo viene cantato il responsorio: «Liberami, o Signore, dalla morte eterna, ecc.». Il feretro viene quindi asperso con acqua ed incensato, e poi si recita la preghiera: «O Dio, di cui è proprio aver sempre misericordia e perdonare,... ecc.». Chi non sente intimamente commuoversi al canto di: «In paradiso ti accompagnino gli angeli; al tuo giungere ti ricevano i martiri, ecc.»? Questo viene cantato mentre il defunto è portato al sepolcro. Quando non segue subito la sepoltura, omesso il canto di «In paradiso», si recita l'antifona: «Io sono la risurrezione e la vita, ecc.», con il Benedictus, e l'orazione (Cf Rituale Romano, tit. 6, cap. 3).
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3. Affinché i fedeli conoscano maggiormente quello che si fa e si dice, si adoperino libri liturgici che abbiano accanto al testo latino, anche la traduzione italiana. È vero che non tutti comprendono bene le esequie per i defunti; ma tutti sentono la melodia del canto, e vedono con gli occhi le cerimonie. E tutto questo è molto efficace per far sorgere in ognuno sentimenti di religione riguardo alla vanità del mondo, alla brevità della vita, alla severità del giudizio di Dio, alle verità eterne. Nessuno potrebbe calcolare quanto verrebbero a diminuire nella mente dei fedeli questi salutari pensieri, se la Chiesa sopprimesse le esequie dei defunti!
Il pastore deve pensare anche ai suffragi per i defunti. Si devono istituire pie confraternite per suffragare i defunti, e, dove già ci sono, bisogna sostenerle spiritualmente. Vengano promosse, secondo le consuetudini dei vari luoghi, le commemorazioni dei defunti, nel giorno terzo, settimo, trentesimo e anniversario dalla loro morte. Anzi, i pastori devono avere anche cura dei corpi dei defunti, affinché siano essi piamente seppelliti; affinché il cimitero sia custodito col dovuto e sacro onore, come luogo del nostro riposo e della nostra purificazione. Le polveri dei corpi, che furono santificati dai sacramenti, e che nel giorno finale dovranno risorgere nella gloria dell'eterna salvezza, siano da tutti riverite, e non sia fatto, a loro riguardo, niente di indegno o di indecoroso.
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Per l'esame di coscienza, riguardo alle benedizioni, alle funzioni, alle esequie, devono essere considerate le parole del Rituale Romano. Il sacerdote reciti le orazioni e le preci devotamente e religiosamente; non si affidi facilmente alla memoria, che spesso viene meno, ma reciti ogni cosa facendo uso del libro... Compia le cerimonie ed i riti in modo così decoroso e solenne, che gli astanti siano innalzati al pensiero delle cose celesti e siano resi attenti. Mentre amministra, faccia attenzione a ciò che sta compiendo; non parli con altri di ciò che non si riferisce all'azione sacra, e procuri di avere, nell'atto dell'amministrazione, l'attenzione attuale, od almeno l'attenzione virtuale...
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