Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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4.
IL GIUDIZIO PARTICOLARE

(PB 2, 1938, 321-327)

I.

1. Giudizio del Sacerdote peccatore. - «È stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, e dopo ciò il giudizio» (Eb 9,27); Rabbrividisce la mia carne per il timore di te; i tuoi giudizi io pavento» (Sl 118,120). «Il principio della sapienza è il timore del Signore» (El l,16). «Non sapete a che ora dovrà venire il Figlio dell'uomo» (Lc 12,40).
L'anima, lasciato il corpo, si presenta al Giudice, subisce il giudizio, ode la sentenza che immediatamente viene eseguita.
Il Sacerdote ed il pastore peccatori troveranno un Giudice più severo. Ebbero maggiori grazie: ricoprirono più importanti uffici ed ebbero più mezzi. S. Agostino esclama: «Che cosa faremo davanti alla maestà di tanto Giudice?». S. Bernardo dice che il Sacerdote peccatore sarà addolorato in morte: la sua agonia sarà infatti penosa; avrà orrore del tremendo passaggio, perché si dovrà incontrare con il Giudice adirato, sarà infine atterrito al cospetto di quel Dio, al quale niente è nascosto.
Il giudizio sarà un giorno d'ira. «Misero, che dirò allora? A chi mi raccomanderò, se appena il giusto sarà sicuro?» (Sequenza Dies irae, str. 7). Tuttavia confido. Mio Giudice sarà quel Dio che mi ha creato, che mi ha redento, e che dovrà rimunerarmi. O Signore Gesù, sii mio salvatore misericordioso, prima che giusto giudice! Mi riconosco peccatore.
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2. Il Sacerdote ed il pastore subiranno un più severo esame, perché: come uomini, erano obbligati ad osservare i precetti della legge naturale; come cristiani, erano tenuti ad osservare i precetti evangelici ed ecclesiastici e ad imitare Cristo; come Sacerdoti, erano obbligati ad uffici ed a santità particolari; come pastori, erano obbligati a pascere il gregge con la parola, con l'esempio e con la preghiera. Di tutto questo dovranno rendere conto nel dì del giudizio. «Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più tenerla» (Lc 16,2).
Guai a me se non avrò predicato! Guai a me! «Che giova non essere punito per il suo peccato, se deve essere punito per il peccato altrui?» (S. Gregorio). Guai a me se avrò solo badato a non commettere peccato, mentre dovrò ancora di più temere la sentenza di condanna del servo pigro che nascose il talento, la sentenza contro il fico sterile, la sentenza contro le vergini stolte: «Non vi conosco» (Mt 25,12). Ricorderò l'ammonimento: «Mettetele [le monete] a frutto fino al mio ritorno» (Lc 19,13).
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3. Il Sacerdote ed il pastore avranno una sentenza più severa. S. Bernardo scrive: «Tremo da capo a piedi ed inorridisco pensando a questa sentenza: Andate, o maledetti, nel fuoco eterno. Colui che ora invita tutti a sé, dirà: Andate! Poiché avete disprezzato la misericordia. Maledetti! E proprio ai Sacerdoti ai quali erano stati assicurati maggiori premi. Nel fuoco! Mentre il Sacerdote era stato creato per il cielo, ora invece viene mandato in quel fuoco preparato per il diavolo. Colui che doveva salvare anche gli altri, non salvò neppure se stesso. Eterno! Perché il loro verme non muore ed il fuoco più non si estingue».
«Giusto Giudice della vendetta, fammi grazia di perdono, prima del giorno del rendiconto» (Sequenza Dies irae, str. 11). Dirò anch'io come S. Bernardo: «Voglio presentarmi giudicato, per non essere giudicato». Supplico perciò l'onnipotente Iddio: «Signore, abbi pietà!».
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II.

1. Il giudizio del servo fedele. - «Siate lieti nella speranza» (Rm 12,12). Il buon Sacerdote pensando al giudizio sarà lieto, perché avrà un incontro felice col Giudice, un esame benevolo ed una sentenza desiderata. «Ora, dopo molto tempo, ritornò il padrone di quei servi e li chiamò a render conto. Venuto dunque colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque dicendo: Signore, tu mi desti cinque talenti, ecco, io ne ho guadagnati altri cinque. E il padrone gli disse: Bene, servo buono e fedele, tu sei stato fedele nel poco, io ti darò autorità su molto, entra nella gioia del tuo Signore» (Mt 25,19-21).
Il Sacerdote buono avrà un incontro felice col Giudice. Quando l'anima abbandonerà il corpo, le verrà incontro il Signore sorridente, come il padrone che accoglie l'operaio fedele, come l'amico che accoglie l'amico, come lo sposo che abbraccia la sposa amata: «Vieni, tu sarai coronata» (Cn 4,8 Vg). Chi cerca trova: l'anima fedele cercò sempre Iddio e lo amò con tutte le forze. «Chi viene a me, io non lo caccerò fuori» (Gv 6,37). Il servo fedele viene dal deserto, colmo di delizie, ossia di opere sante, appoggiato al suo diletto, perché in esso ha posto la sua speranza: «Lo libererò e lo farò onorato» (Sl 90,15); la speranza non rimarrà delusa.
Subirò volentieri il giudizio da chi morì per me, e, perché io non fossi condannato all'inferno, permise di venir lui condannato a morire su di una croce.
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2. Il buon Sacerdote avrà un esame benevolo, perché: Primo: i peccati che forse ha commesso, sono già stati, per la fatta penitenza, tolti e cancellati da Gesù Cristo. Il Padre «infatti riconciliava con sé, per mezzo di Cristo, il mondo, non imputando agli uomini i loro peccati» (1Cr 5,19). Secondo: Dio giusto vede, premia e loda tutte le opere buone nascoste: pensieri, desideri, sforzi, orazioni: «Il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa» (Mt 6,4.6). Quanto saranno gloriosi i martiri, i confessori, i vergini, di fronte a quelli che li fecero soffrire! Chi allora oserà condannare colui che sarà giustificato da Dio stesso? Terzo: Il pastore sollecito del gregge riceverà doppia corona. L'Apostolo infatti esclama: «Mia gioia e mia corona» (Fl 4,1); e nel pastore viene premiato il gregge. «Ogni volta che voi avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40).
Dunque sarò per l'avanti misericordioso con tutti; con la stessa misura difatti con la quale giudicherò il prossimo, sarò io stesso giudicato.
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3. Il buon Sacerdote avrà la sentenza che desidera: Possederai la vita eterna (cf Mt 19,29).
«L'inverno è già passato, la pioggia è cessata, è andata,... Sorgi, o mia amica,... e vieni» (Cn 2,11-13), alle nozze celesti. «Le sofferenze del tempo presente non possono avere proporzione alcuna con la gloria, che si dovrà manifestare in noi» (Rm 8,18). «Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi» (Mt 25,34). Venite: Dio è il sommo ed unico bene, l'eterna felicità. Che giovano le ostentate ricchezze, i giudizi degli uomini, i piaceri transitori? Benedetti del Padre mio: sono questi i Sacerdoti che benedissero tutti, che spesero tutte le forze per le anime, che si presentano al Giudice seguiti da grande moltitudine di discepoli. Prendete possesso del regno preparato per voi: «Il mondo godrà; voi sarete nell'afflizione, ma la vostra tristezza sarà mutata in letizia» (Gv 16,20).
O Signore, se è già tanto dolce, per te piangere i peccati, che sarà in te godere? «Chiamami nell'ora della mia morte, e comandami di venire a te, per lodarti con i tuoi Santi, per tutta l'eternità» (Anima Christi.. .).
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III.

1. «Quando furono giunti al luogo, detto Calvario, quivi crocifissero lui [Gesù] e i malfattori, uno a sua destra e l'altro a sua sinistra. E Gesù diceva: Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno» (Lc 23, 33s.).
Ricorderò le parole di Gesù: «Perdonate e sarete perdonati» (Lc 6,37); «Sarà usata verso di voi la stessa misura di cui voi vi siete serviti» (Lc 6,38).
Volentieri perdonerò le piccole offese fattemi dai miei avversari, affinché il Giudice mi perdoni le grandi offese che gli ho fatto io. Pregherò con cuore per coloro che mi vogliono male e mi perseguitano, affinché mi sia rimesso ogni debito di pena temporanea. Anzi tratterò con maggior affetto quelli che mi odiano, affinché si degni il Signore ricevermi con maggior misericordia, e possa io godere in cielo, come un peccatore che ha fatto la sua penitenza.
Ricorderò al Signore, ogni giorno, nel «memento» della santa Messa, quelli che mi odiano.
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Diceva il buon ladro all'altro: «Per noi è cosa giusta, perché paghiamo la pena dei nostri delitti; ma lui non ha fatto niente di male. Poi, soggiunse: Gesù, ricordati di me, quando sarai giunto nel tuo regno. Gli rispose Gesù: Ti dico in verità: Oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23,41-43).
Il dolore dei peccati è la detestazione delle colpe commesse, unita al proposito di non commetterle più. È condizione essenziale per ottenere il perdono dei peccati. Con Gesù vengono crocifissi due malfattori: uno di essi si pente sinceramente ed ottiene il perdono; anch'io confido, perché uno ottiene il perdono, affinché io non disperi. L'altro malfattore, ancorché si trovi nello stesso supplizio di Cristo, bestemmia, e muore impenitente; anch'io non devo presumere. Il dolore dei peccati può essere perfetto o imperfetto: chiederò al Signore una contrizione perfetta, ed una perfetta carità che cancelli la moltitudine dei peccati.
Farò, almeno una volta alla settimana, una buona confessione dei miei peccati.
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«Gesù dunque, vedendo sua Madre e lì presente il discepolo che egli amava, disse a sua Madre: Donna, ecco il tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco la tua Madre. E da quel momento il discepolo la prese con sé» (Gv 19,26s.).
Io pure prenderò Maria SS. con me, oggi, domani, sempre, in morte e nell'eternità. Maria è madre di misericordia, è vita, dolcezza e speranza nostra; chi la trova, trova la vita e la sorgente di salvezza dataci dal Signore. Invocherò Maria al mattino, a mezzodì ed a sera, affinché questa Madre mai venga bandita dalla mia mente, dal mio cuore e dal mio labbro.
Reciterò, con fede e speranza, ogni giorno, almeno la terza parte del santo Rosario.
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2. «E all'ora nona Gesù esclamò a grande voce: Eloì, Eloì, lamà sabactanì; Che vuol dire: Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34).
Penserò: È Cristo che ci riscattò dalla maledizione della Legge, diventando maledizione per noi» (Gt 3,13) «Lui che non conobbe il peccato, Dio lo fece peccato per noi, affinché noi in lui diventassimo giustizia di Dio» (2Cr 5,21). L'anima di Gesù è, per causa nostra, triste fino a morirne [se fosse possibile]; egli agonizza ed è oppresso; è abbandonato da tutti; anche il cielo gli pare chiuso, mentre è l'ora del demonio e dei malvagi. La pace all'uomo si acquista a tal prezzo!
Amerò Cristo. Nelle ansietà, ripeterò a me stesso di aver fiducia e non temere, pensando che non si vide mai il giusto, sulla terra, abbandonato. «Dio infatti riconciliava con sé il mondo per mezzo di Cristo» (2Cr 5,19). Dio abita nell'anima del giusto spesso addolorato, perché egli percuote chi ama. Il pastore pure redima in Cristo e per Cristo le sue pecore: egli deve essere un altro Cristo, associato a Cristo crocifisso.
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«Dopo questo, sapendo Gesù che ormai tutto era compiuto, affinché si adempisse la Scrittura, disse: Ho sete» (Gv 19,28).
La sete di Gesù è un atroce tormento fisico. Da molte ore non aveva più bevuto, ed inoltre era stato sottoposto a pene morali e corporali indicibili, compresa la flagellazione, l'incoronazione di spine e la crocifissione: era quasi completamente dissanguato. I presenti lo deridono nella sua sete, ed alcuni, «inzuppata una spugna nell'aceto, la posero in cima ad una canna d'issopo, e gliel'accostarono alla bocca» (Gv 19,29); si avverò così la profezia: «Stando io assetato mi diedero a bere aceto» (Sl 68, 22). La sete di Gesù è anche morale: egli ha sete di anime. Vede che non tutti approfitteranno della sua morte redentiva e andranno ancora all'inferno, a questa visione il suo cuore resta trafitto: «Qual vantaggio dal sangue mio?» (Sl 29,10 Vg). Il Sacerdote pastore porga a Gesù un bicchiere di acqua fresca, zelando fedelmente il bene delle anime. Dica a tutti come fece Cristo: «Chi ha sete, venga a me e beva» (Gv 7,37).
Come pastore di anime sarò «sorgente di acqua, zampillante fino alla vita eterna» (Gv 4,14).
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3. «Ma, quando Gesù ebbe preso l'aceto, esclamò: «Tutto è compiuto!» (Gv 19,30).
«Son disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38); «Io son venuto perché abbiano la vita» (Gv 10,10); «Io non cerco la mia gloria» (Gv 8,50). Tutto si compì in Gesù: le profezie, la Chiesa fondata, i sacramenti istituiti, la dottrina predicata, la redenzione compiuta, la gloria data al Padre e la pace agli uomini. «Tutto è compiuto!» (Gv 19,30).
Fa', o Signore Gesù Cristo, che io fedelmente corrisponda alle grazie di elezione, vocazione e missione, in modo che quando tu mi dirai: «Rendi conto della tua amministrazione» (Lc 16,2), possa rispondere con fiducia: «Signore, tu mi desti cinque talenti, ecco, io ne ho guadagnati altri cinque» (Mt 25,20).
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«Ma Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio! E, detto questo, spirò» (Lc 23,46).
Ecco la parola di amore, di speranza e di umiltà; l'offerta volontaria di se stesso; la frase che racchiude esempio e preghiera per noi.
Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché hai redento il mondo con la santa morte tua in croce. Tu sei degno, o Signore,... perché sei stato immolato e col tuo sangue ci hai ricomprati a Dio... e ci hai fatti re e sacerdoti davanti a Dio» (Ap 5,9s.). Ti amo perché mi hai amato; credo perché hai confermato con la tua morte le parole che hai detto; spero perché ogni giorno il sangue tuo è nel mio calice. Venite, o popoli, adoriamo, prostriamoci,... piangiamo.
Reciterò ogni sera con grande divozione il «completorio», e porrò speciale attenzione alla frase: «Nelle tue mani raccomando lo spirito mio!» (Lc 23,46).
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