Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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49.
L'ORAZIONE (I)

(PB 5, l941, 211-216)

I.

1. Nella Scrittura si legge: «E spanderò sulla casa di David e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito della grazia e dell'orazione; ed essi rivolgeranno gli occhi a me che han trafitto» (Zc 12,10). Chiederò la luce ed il calore dello Spirito Santo, affinché possa conoscere la natura dell'orazione, e possa ottenere il dono della preghiera. Il divino Maestro così rimprovera gli apostoli: «Fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio» (Gv 16,24); «Chiedete e vi sarà dato» (Mt 7,7).
L'orazione è elevazione della mente in Dio, e questa definizione riguarda in modo speciale l'orazione mentale. È pure domanda di cose buone a Dio, e quest'altra definizione riguarda specialmente l'orazione vocale. Nell'orazione infatti l'anima nostra si astrae dalle cose sensibili, ed innalzandosi su se stessa, entra in un mondo superiore, nel quale abita Dio, e considera Dio e parla con Dio. Mentre infatti considera il cielo al quale è chiamata, facilmente riconosce la sua insufficienza per meritarlo, ed allora con fiducia domanda a Dio tutto ciò che le è necessario per la salvezza.
La preghiera è un atto di religione, col quale onoriamo Dio; è una funzione necessaria per la vita spirituale, come la respirazione è necessaria per la vita corporale. E come per infusione dello Spirito Santo viene comunicata all'anima la vita soprannaturale, così all'anima viene data la possibilità di pregare, e la norma secondo la quale essa possa muoversi liberamente nell'ordine soprannaturale; l'orazione penetra ed informa tutto l'uomo.
Il cristiano può pregare anche soltanto con la mente, e si ha l'orazione mentale; inoltre può unire la voce e le parole, e si ha l'orazione vocale; se eleviamo anche la vita, avremo l'orazione vitale, che è un'opera buona offerta a Dio con intenzione di ottenere da Lui qualche beneficio.
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2. L'orazione, dotata delle condizioni dovute, ha l'efficacia infallibile, di procurare a Dio la gloria estrinseca, e di ottenere le grazie necessarie od utili alla salvezza. Sono conosciute le parole del Vecchio Testamento: «Innalza a me il tuo grido, ed io ti esaudirò» (Gr 33,3); «Appena m'invoca, io lo esaudirò, sarò con lui nell'avversità, lo libererò e lo farò onorato» (Sl 90,15). Ed ancora più sono note le parole del Nuovo Testamento: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto» (Mt 7,7); «Concederà cose buone a coloro che gliele chiedono!» (Mt 7,11); «Chi chiede, riceve; chi cerca, trova; e a chi bussa, verrà aperto» (Lc 11,10); «Se due di voi s'accorderanno sulla terra, per domandare qualsiasi cosa, questa sarà loro concessa dal Padre mio, che è nei cieli» (Mt 18,19); «In verità, in verità vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre, egli ve la concederà in nome mio» (Gv 16,23).
Gli ebrei vennero liberati dall'oppressione di Egitto, per mezzo dell'orazione: «In quelle strette gridarono al Signore, che li liberò dalle loro angosce» (Sl 106,6). Mosè e Giosuè, per mezzo dell'orazione, riportarono una strepitosa vittoria sugli Amaleciti. Con l'orazione, Giosuè vinse magnificamente cinque re; mentre Giosuè pregava, ecco che «il sole si fermò, e la luna ristette... avendo Iddio obbedito alla voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele!» (Gs 10,13.14). Per mezzo dell'orazione, Giuditta liberò con un'insigne vittoria, Betulia da Oloferne. Il Signore Gesù operava tutti i miracoli esaudendo la preghiera di quelli che si rivolgevano a lui: «Gesù Maestro, abbi pietà di noi!» (Lc 17,13); «Signore, ch'io veda!» (Lc 18,41); «Signore, salvaci, siamo perduti!» (Mt 8,25); «Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi» (Mt 8,2); «Signore, Figlio di David, abbi pietà di me! La mia figlia è crudelmente tormentata dal demonio!» (Mt 15,22); e simili.
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3. L'orazione è utile in ogni circostanza. Tertulliano scrisse in proposito: «Che cosa Dio negherà all'orazione? L'orazione è la sola cosa che vince Dio... Cristo... ha dato ad essa tutte le possibilità... Perciò conobbe... (l'orazione) la guarigione degli storpi, la sanazione degli infermi, la liberazione degli indemoniati, l'aprire le porte del carcere, la liberazione degli innocenti. La stessa (orazione) cancella i delitti, fuga le tentazioni, estingue le persecuzioni; consola i pusillanimi, ricrea i magnanimi, guida i pellegrini, fa cessare le tempeste di mare, stupisce i ladri, alimenta i poveri, sostiene i ricchi, rialza i caduti, trattiene i pericolanti, rafforza i robusti» (De oratione, c. 29). Tutto ciò non ci deve meravigliare, perché l'orazione, se è fatta con retta intenzione, è un effetto dello Spirito Santo il quale è in noi. L'Apostolo infatti dice: «Noi non sappiamo quello che convenientemente abbiamo da domandare; ma lo stesso Spirito intercede per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26); anzi: «Cristo Gesù, che è morto, e ancora più è risuscitato, ed è alla destra di Dio, ed intercede per noi» (Rm 8,34). Se l'orazione ha origine da Dio, ed è da Dio comandata, come non verrà esaudita? Considera pure che l'orazione è diretta a Dio; Dio poi è bontà infinita ed infinita potenza, ed ha promesso di esaudire la preghiera.
Il fine dell'orazione è la gloria di Dio, e la salvezza delle anime nostre; e questo fine è voluto da Dio, ed è voluto assai più da Dio che non da noi; e per questo fine fu fatta da Dio la creazione del mondo, Gesù versò il suo sangue, lo Spirito Santo infonde la grazia. Tutti «accostiamoci pertanto con piena fiducia al trono di grazia per ottenere misericordia e trovare grazia ed aiuto al momento opportuno» (Eb 4,16).
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II.

1. L'orazione agli adulti è certamente necessaria, perché è un comando divino e perché è un mezzo necessario alla salvezza eterna. In quanto è orazione mentale richiede il ricordo delle verità eterne, affinché l'uomo eviti il peccato, e possa operare il bene. In quanto è orazione vocale, e precisamente domanda di cose buone a Dio, regolarmente nessuno può salvarsi senza orazione. Dice S. Tommaso: «Ognuno è tenuto a fare orazione, perché ognuno è tenuto a procurarsi i beni spirituali, che non si danno se non per intervento di Dio. Perciò non possono essere procurati in altro modo, se non chiedendoli a Dio». Ed ancora: «Dopo il battesimo è necessaria all'uomo la preghiera incessante, affinché egli possa entrare in cielo. Ancorché il battesimo rimetta i peccati rimane tuttavia ancora il fomite del peccato, che ci assale internamente, ed il mondo ed il demonio che ci assalgono dall'esterno».
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Nella Scrittura nessuna cosa è più inculcata dell'orazione; almeno cinquecento volte si parla dell'orazione, sia espressamente comandandola, sia inculcandola a parole ed a fatti; ora esponendo le condizioni dell'orazione, ed ora proponendo le formule di orazione, come il Salterio. Essendo la Scrittura il testamento di Dio, dalla molteplicità dei testi appare chiaramente che la preghiera sta sommamente a cuore al Signore. Sono note le parole di Cristo: «Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione» (Mt 26,41); «Chiedete e vi sarà dato» (Mt 7,7); «È necessario pregare sempre senza scoraggiarsi mai» (Lc 18,1). Inoltre, Cristo maestro, col suo esempio, confermò la sua dottrina: «Trascorse tutta la notte in orazione a Dio» (Lc 6,12); e ci insegnò il Padre nostro. Il Signore poi non comanda le cose inutili.
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2. Il Concilio di Trento, usando le parole di S. Agostino, dice: «Dio non comanda cose impossibili, ma comandando ammonisce a fare ciò che puoi ed a chiedere ciò che non puoi, ed aiuta affinché tu possa» (sess. 6, cap. 11. - Denzinger n. 804). In che modo aiuta? Dando la grazia di pregare, attraverso la quale grazia si può in modo efficace ottenere ogni altra grazia. «Perciò, dice S. Agostino, per il motivo stesso con cui si crede che Dio non poté comandare cose impossibili, siamo ammoniti su ciò che dobbiamo fare nelle cose più facili, e su ciò che dobbiamo chiedere nelle cose più difficili. Questa grazia dell'orazione Iddio la concede a tutti».
Il Signore raccomandò agli apostoli: «Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione» (Mt 26,41), ma essi avendo trascurata la preghiera, abbandonato Gesù, fuggirono, e Pietro negò il Maestro. La preghiera era dunque la condizione della perseveranza nel buon proposito. È celebre quindi la sentenza di Gennadio: «Non crediamo che vi sia qualcuno che si salvi, senza l'invito di Dio; nessun invitato può realizzare la sua salvezza, senza l'aiuto di Dio; nessuno merita di essere aiutato, se non prega».
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S. Giovanni Crisostomo insegna: «Chiunque non prega Dio, e non desidera di parlare a lungo con Dio, costui è morto; è privo di anima e di sensibilità... Come infatti questo nostro corpo, quando l'anima se ne va, muore e si infracidisce, così, se l'anima non si eccita alla preghiera, è morta miserevolmente, e fetida. Infatti, senza aiuto divino, non viene nessun bene nelle anime nostre, l'aiuto divino con noi intraprende i lavori, e li innalza egregiamente, se vede che noi amiamo la preghiera, e che assiduamente noi preghiamo Dio, e speriamo che da lui debbano a noi discendere tutti i beni». Parimenti S. Alfonso, trattando della necessità della preghiera, dice: «Noi dobbiamo combattere e vincere: colui che combatte nel circo non viene premiato, se non ha conteso secondo le regole. Ora, senza aiuto divino, non possiamo resistere alla violenza di così numerosi nemici; e questo aiuto si ottiene soltanto a mezzo dell'orazione. Dunque, senza orazione, non si può ottenere la salvezza».
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3. Dio non manca nelle cose necessarie, come non abbonda nelle cose superflue. Similmente a noi viene data la grazia dell'orazione, mediante la quale otteniamo la grazia di ben operare e di salvarci. In tal modo l'uomo diventa cooperatore di Dio. Come Dio diede la terra ai figli degli uomini, e l'uomo con il sudore del suo volto deve guadagnare il pane, così avviene anche nella vita spirituale: da Dio gratuitamente ci vengono date le grazie fondamentali, e le remotamente sufficienti, ed iniziali; mediante l'orazione poi queste grazie diventano prossimamente sufficienti ed efficaci. Gli organi della respirazione da soli non bastano, ma bisogna che l'uomo, inspirando ed espirando l'aria, viva; così non basta il pane ma è necessario mangiarlo e digerirlo per la vita naturale.
La vita spirituale è come una pianta in riva ad un corso d'acqua: come la pianta continuamente comunica attraverso le radici con il terreno, di dove trae l'alimento, così il cristiano deve stare in continua relazione con Dio, mediante l'orazione, secondo il detto: «È necessario pregare sempre senza scoraggiarsi mai» (Lc 18,1).
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III.

1. A tutti viene data la grazia dell'orazione, e chi ha imparato a rettamente pregare, ha pure imparato a rettamente vivere. Il dono della preghiera viene da Dio come un bene fondamentale: «Non che siamo capaci da noi a pensare cosa alcuna, come se venisse da noi» (2Cr 3,5); ne consegue perciò che da noi neppure possiamo pregare. «Lo stesso Spirito intercede per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26). Dio «vuole che tutti si salvino e giungano alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4); ora, essendo l'orazione assolutamente necessaria per salvarsi, bisogna che Dio conceda a tutti la possibilità, ossia la grazia di pregare. Non è possibile che Dio, essendo infinita sapienza, bontà e potenza, voglia con volontà vera la salvezza di tutti gli uomini, e poi non conceda nello stesso tempo anche i mezzi per conseguire questa salvezza.
I precetti divini, ordinariamente, nelle cose più facili, non superano le nostre forze; se si tratta invece delle cose più difficili, divengono possibili e facili mediante l'orazione. Perciò S. Agostino dice: «Per il fatto stesso che fermissimamente si crede che [Dio] il giusto ed il buono non poté comandare cose impossibili, di qui veniamo ammoniti di ciò che dobbiamo fare nelle cose più facili, e di ciò che dobbiamo chiedere nelle più difficili». Perciò sono note le parole di S. Alfonso: «I divini precetti sono a tutti possibili, almeno per mezzo della preghiera, dalla quale otteniamo l'aiuto per osservarli». E conclude: «È perciò necessario che crediamo che la grazia dell'orazione viene data a tutti gli adulti, dallo Spirito Santo; se così non fosse, alcuni precetti divini sarebbero veramente impossibili».
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2. Qualche volta tentazioni prepotenti ci spingono al male, ma dobbiamo allora ricordare le parole: «Dio però è fedele, e non permetterà che siate tentati oltre il vostro potere» (1Cr 10,13). «Non si vedrebbe, dice S. Tommaso, come Dio sia fedele, se ci negasse, in quanto sta da lui, i mezzi perché noi possiamo pervenire a lui». «Nessuno potrà essere scusato, se non ha voluto vincere il nemico, avendo cessato di pregare» (S. Giovanni Crisostomo).
Né Dio comanda cose impossibili, quando fa obbligo di pregare, dicendo: pregate, chiedete, bussate. Cristo medesimo dice: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi, ed io vi darò completo riposo» (Mt 11, 28); «Chiedete e vi sarà dato» (Mt 7,7); «Fino ad ora non avete chiesto nulla» (Gv 16,24); «Chiedete ed otterrete» (ivi). E S. Alfonso: «Se Dio non dà la grazia di sempre pregare, ossia la grazia attuale di pregare, sono vane tutte queste raccomandazioni ed esortazioni a pregare».
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3. Esaminerò me stesso; se spesso l'anima mia venne meno, non dipende forse da me, che ho cessato di pregare, o che ho pregato male? Dice infatti S. Agostino: «Non ti verrà incolpato ciò che involontariamente ignori; ma ciò che avrai trascurato di venire a sapere. Che cosa dunque ci vuole dimostrare se non questo: che lui ci concederà quanto chiediamo, cerchiamo e bussiamo; lui che ci comanda di fare così? È certo che noi possiamo osservare i comandamenti, se lo vogliamo; ma siccome la volontà viene disposta dal Signore, dobbiamo a lui chiedere di volere tanto quanto basti, affinché volendo facciamo».
La defezione e la perdita provengono dall'uomo, dal cristiano, dal pastore: giacché chi non va all'orazione, va alla rovina. Ecco il primo e principale atto di resipiscenza, di umiltà e di dolore.
Dio mi ha messo nella necessità di pregare, affinché sempre potessi dare a Dio il dovuto culto ed onore, e nutrire la mia vita spirituale. Se l'uomo non fosse nella continua necessità di pregare, si dimenticherebbe facilmente di Dio.
Vi è un divino precetto della speranza teologica: questa virtù però si esercita specialmente nella preghiera: «O timorati di Dio, sperate pure dei beni» (El 2,9). «Tutti devono porre e collocare fermissima speranza nell'aiuto di Dio» (Concilio di Trento, sess. 6, cap. 13. - Denzinger n. 806). S. Bernardo dice: «Considero tre cose, nelle quali si fonda la mia speranza: l'amore dell'adozione, la veracità della promessa, il potere del donatore». Cercherò perciò di meritarmi l'elogio che Dio fece di Abramo, per bocca di S. Paolo, di quell'Abramo che non «esitò per diffidenza di fronte alla promessa di Dio» (Rm 4,20).
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