Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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51. I FRUTTI DEGNI DI PENITENZA
Pentimento e dolore, riconoscere il peccato e fare i propositi

Domenica IV di Avvento, Meditazione, Castel Gandolfo, 18 dicembre 19601


Il Vangelo preso da san Luca, capo III. In principio, questo tratto di Vangelo determina il tempo preciso in cui ha cominciato la sua predicazione il Battista, san Giovanni Battista, in preparazione alla venuta, alla manifestazione di Gesù - Gesù che era allora arrivato a circa trent’anni -.

«L’anno decimoquinto dell’Impero di Tiberio Cesare, quando Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, suo fratello Filippo tetrarca dell’Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca di Abilene; sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, Giovanni figlio di Zaccaria ricevette da Dio l’ordine di predicare nel deserto. Ed egli andò in tutti i paesi lungo il Giordano predicando il battesimo di penitenza per la remissione dei peccati, così come sta scritto nel libro della profezia di Isaia: Voce di colui che grida nel deserto: preparate la via del Signore; raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle sia abbassato. Le vie storte diventino dritte e le scabrose diventino piane, ed ogni uomo vedrà la salvezza di Dio»2.

San Giovanni Battista predicava e dava un battesimo di penitenza: e cioè, predicava la necessità di pentirsi dei peccati e poi mostrava, consigliava questo segno esterno di pentimento
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come una confessione pubblica; non in particolare, ma la confessione pubblica [...] di coloro che chiedevano questo battesimo, cioè discendere nelle acque del Giordano ed essere battezzati. Battesimo che era figura e preannuncio quasi di quello che avrebbe istituito Gesù: quello che avrebbe istituito Gesù sarebbe stato per la remissione del peccato originale3 e per l’infusione della grazia; qui, questo battesimo è di penitenza per la remissione dei peccati personali, dei peccati attuali. Ecco, il bambino non può pentirsi, ma l’adulto sì; il bambino non può anche pentirsi di un peccato originale che non è suo - anche se uno ricevesse il battesimo più tardi, adulto -, ma noi adulti dobbiamo avere il dolore per essere perdonati dei peccati.
Che cos’è il pentimento? Il pentimento comprende tre atti.
Primo: uno rinsavisce - perché quando pecchiamo, sragioniamo, non pensiamo al nostro vero bene, anzi ci procuriamo del male -, riconosciamo che il peccato offende Dio, ci toglie grazie e ci priva di tante grazie che noi potremmo ricevere se vivessimo sempre una vita santa, una vita innocente. Il primo atto di pentimento è riconoscerci, cioè rinsavire: Ho fatto il male. Se uno vien corretto e sempre si scusa, allora non rinsavisce, non si emenda, non riconosce. Il primo atto è di riconoscere che abbiamo peccato perché la tale cosa non dovevamo farla, e che non deve essere fatta per il futuro.
Secondo: il pentimento comprende il dolore, il dolore soprannaturale: l’offesa di Dio. E poi, perché, peccando, ho meritato il vostro castigo e molto più perché ho offeso voi, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa, dice l’Atto di dolore4. Disgusto perché abbiamo meritato il castigo di Dio, operato il peccato5; e poi soprattutto perché abbiamo offeso il Signore, il quale dovevamo amarlo sopra ogni cosa e con tutto il cuore. Quindi un dolore interno, un dolore soprannaturale in ordine a Dio, o perché egli ci potrebbe infliggere i castighi o perché facciamo a lui un
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torto: dovevamo amarlo e non l’abbiamo amato, l’abbiamo anzi disgustato Gesù, e offeso Gesù.
E terzo: il pentimento significa voler fare diverso, e cioè il proposito. Il proposito è una conseguenza ed è contenuto anche nel dolore: se uno è veramente pentito, vuole un’altra volta non fare più quel peccato. Perciò il pentimento comprende il rinsavimento, il riconoscere lo sbaglio fatto. Secondo: averne il dolore soprannaturale in ordine a Dio ed anche in ordine a noi per i mali spirituali che ci vengono; e poi il dolore perché abbiam perduto delle grazie, abbiam perduto dei meriti, e non abbiamo amato il Signore come dovevamo, non l’abbiamo amato con tutto il cuore; anche se ci sono venialità, è certo [che] uno non ama con tutto il cuore, altrimenti non farebbe al Signore offese né gravi né leggére: perché se il peccato mortale è come un attentato alla vita di Gesù, il peccato veniale è sempre una spina che si pianta nel cuore di Gesù, un dispiacere che gli diamo... per accontentare noi, disgustiamo Gesù. E allora, in terzo luogo, il proposito, proposito di non peccare più; ma che sia un proposito forte e generoso, un proposito di evitare anche le occasioni: quando sappiamo che una cosa o una persona o un incontro, una lettura, uno sguardo, è causa di disturbo spirituale, causa di male, allora è necessario che noi evitiamo le occasioni ed evitiamo il peccato. Oh, per fare una degna penitenza, bisogna che abbiamo tanto più dolore quanto più sono stati gravi i nostri peccati, e che quindi ci pentiamo di tutti. E poi questo: importante è la penitenza - di conseguenza, se abbiamo un vero dolore -, una penitenza: quale? La prima penitenza è la correzione, è fare all’opposto di quello che abbiamo fatto prima. Se ha mancato l’occhio, frenare l’occhio, lo sguardo; se ha mancato il cuore, regolare il cuore, l’interno; se ha mancato la nostra mente con vanità o giudizio, eccetera, allora castigare la nostra mente, regolare la mente mettendo pensieri buoni in luogo di quei pensieri vani e inutili che abbiamo già detto prima; e così, se abbiamo peccato per il gusto, castigare e regolare il gusto... fare l’opposto di ciò che avevamo fatto prima. Non solo, ma anche qualcosa in castigo, cioè in penitenza.
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E sarà allora moderare la curiosità, anche in qualche cosa che non sarebbe cattivo, ma moderarla e governare la nostra curiosità anche in qualche cosa che, per sé, sarebbe anche lecito a noi, ma che non è necessario però il vantaggio6.
Quindi la penitenza prima è di emendarci: fare il contrario di quanto abbiamo fatto prima, di quanto abbiamo prima commesso, di quanto e in quanto ci siamo occupati di qualunque rumore nella libertà stessa. Così la penitenza per la disobbedienza è l’obbedienza, la penitenza per le mancanze di povertà è l’esercizio della povertà, la penitenza per i sentimenti interni è regolare il cuore, regolare il cuore... principalmente. Poi si possono anche prendere delle piccole penitenze che toccano altri punti: supponiamo la puntualità agli orari, il governo della lingua, l’osservanza del silenzio, praticare sempre la carità nei discorsi, il trattare le persone con rispetto perché sono immagine di Dio, il voler anche aiutare le persone, fare il bene positivo con l’esempio, con la preghiera, con il comportamento buono e poi con gli uffici che ciascheduno ha, con gli uffici che uno ha, anche quello che fate come lavoro qui. Tutto serve a portare qualche vantaggio alle anime, se noi compiamo ciò che è prescritto nella nostra vita quotidiana, tutta la nostra vita: quindi, l’emendazione. Bisogna però che, mentre ci pentiamo, ci guardiamo da un pericolo, e cioè il pericolo sarebbe questo, che venga lo scoraggiamento: Ma tante volte che mi son pentito, che ho detto... e non sono ancora riuscito!. No, quello serve a tenersi umili, ma non deve scoraggiare. Se uno sta sotto l’impressione dello sbaglio che ha fatto e quindi si mette in tristezza, allora finisce con il commettere un altro errore peggiore del primo. Rialziamoci subito verso il Signore... Vedete che cosa sono buono a fare, o Signore, dopo tante promesse che vi ho fatto!. Poi, non riusciamo ancora ad emendarci? Finché non ci siamo riusciti, nonostante lo sforzo, continuiamo a proporlo, anche tanti anni; sì, la mancanza su un difetto è così... è tale da portarsi anche da anziani. Poi diminuire queste mancanze, o almeno
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possibilmente limitare7; ma inoltre tenere il cuore in pace e dire così: Io da me sono buono a nulla, ma devo tutto ricevere: la forza, il coraggio, la grazia... da voi, o Signore! Allora, o che finora non ho ancora pregato abbastanza o che non ho ancora pregato bene, in sostanza ho bisogno di aumento di grazia. Supplicare il Signore che ci applichi i suoi meriti dove sono mancati i nostri; ma se in qualche punto non abbiamo ancora la grazia, supplichiamo il Signore con maggiore umiltà e perseveranza, fiducia: mai che ci domini lo scoraggiamento, mai! È il più brutto diavolo dell’inferno, lo scoraggiamento... quasi il disperare di poterci correggere o poter arrivare alla santità: è una tentazione grave quella da cui sempre abbiamo da guardarci. No, possiamo arrivare alla santità, però più fiducia, più umiltà, più perseveranza nella preghiera. Quindi: Signore, aumentatemi le grazie. Se non sono bastate quelle che avete già disposto per me, ve ne domando delle altre più grandi, perché possa arrivare alla santificazione [...]. Oh! Allora il pentimento. «Facite dignos fructus paenitentiae» [cf Lc 3,8]. Giovanni Battista predicava di fare un degno frutto per il peccato, e cioè quanto più il peccato è stato grave, quanto più i peccati sono stati numerosi, tanto più la penitenza deve essere pronta e seria [...]. E altro è il dolore del peccato veniale e altro è il dolore di un peccato grave. Frutti degni di penitenza vuol dire proporzionati al male fatto e al mondo del peccato in atto. Così prepariamo sempre un pegno8 con la innocenza, lavando il passato, specialmente nelle confessioni e negli esami di coscienza, lavando il passato, e intanto preparare il cuore con atti di virtù, facendo al rovescio di quanto abbiamo fatto quando abbiamo peccato, facendo e mettendo del bene dove c’è stato del male.
Poi fiducia, fiducia. Il Bambino viene dal cielo a portare le grazie, le sue manine sono piene di grazie. Fiducia. E siamo solleciti a domandarle!

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 85/60 (Nastro archivio 81b. Cassetta 81, lato 2. File audio AP 081b). Titolo Cassetta: “Pentimento e penitenza”.

2 Vangelo: Lc 3,1-6.

3 Il PM dice: veniale.

4 Cf Le Preghiere del Cristiano. Vedi Preghiere, ed. 1957, p. 17; ed. 1985, pp. 23-24.

5 Espressione incerta.

6 Intende forse: il vantaggio che viene da ciò che è lecito, non sempre ci è necessario.

7 Parola incerta.

8 Parola incerta.