Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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32. LA PIETÀ FONDAMENTO DI OGNI SANTITÀ
I mezzi e le nostre pratiche di pietà

Esercizi Spirituali, 5° giorno, I Istruzione, Castel Gandolfo, 12 agosto 19601


Certamente in tutte vi è il desiderio della santità. Del resto questo è proprio l’impegno di una religiosa, il dovere essenziale: tendere alla perfezione, cioè lavorare per la santificazione.
Ora, quali sono i mezzi?
I mezzi sono due, e cioè la buona volontà e la preghiera. Quanto alla buona volontà, gli Esercizi sono per eccitare la buona volontà, per risvegliare la volontà anche quando ci fossero stati dei periodi di tiepidezza, sì.
Il corso di Esercizi deve sviluppare l’impegno, maturare una risoluzione forte, un proposito decisivo: Voglio!. Ma non un voglio che duri fin che lo si pronunzia, oppure duri fin che si sia in chiesa, ma quel voglio che accompagna la persona tutta la giornata.
Ma anche la buona volontà è dono di Dio: quindi partire dalla preghiera per ottenere questo dono di Dio. Infatti i doni dello Spirito Santo sono sette, e fra i doni c’è la pietà. Ora, quando noi preghiamo, esercitiamo la pietà e, volendo questo dono, noi ci disponiamo: Chi prega si salva, e chi prega
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molto si fa santo2. La suora deve pregar molto, il religioso deve pregar molto. Vi sono le pratiche di pietà, ma le pratiche di pietà si possono fare con un certo grado di calore, di applicazione, o un altro grado migliore o un grado minore. Sì, la pietà che è utile a tutto! E senza la pietà una suora resta arida, scontenta... non sa neppure per che cosa viva e a che cosa serva la sua giornata. «Pietas ad omnia utilis est, promissionem habens huius vitae et aeternae»3 [cf 1Tm 4,8]: vi sono annesse alla pietà le promesse divine, che riguardano la vita presente e che riguardano la vita futura.
Ma sempre dobbiamo dire così: vi sono le pratiche di pietà e vi è la virtù della pietà, che si confonde e cioè sta insieme alla vita, alla virtù della religione, e vi è lo spirito di pietà. Si possono fare tre passi: le pratiche di pietà compìte; poi, invece, la pietà virtù, quando c’è già l’abito anche di pregar bene; e vi è lo spirito di pietà, il quale domina poi tutta la vita e tiene la vita in comunicazione con Dio, in una continua comunicazione con Dio.
Ecco noi [come ci regoliamo] quanto alle pratiche di pietà. Le pratiche di pietà sono, come risulta dalle Costituzioni4, parte giornaliere, quotidiane, parte settimanali, parte mensili e parte annuali.

Le annuali sono gli Esercizi che si devono fare ogni anno; oh!, le feste che sono proprie dell’Istituto sono le pratiche annuali proprie, perché poi ci son quelle che sono comuni anche ai cristiani: tutta la liturgia, supponiamo la Settimana Santa, il Natale con la sua preparazione, con la sua solennità, l’Epifania, e così la Pentecoste, l’Assunzione di Maria... sì,
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quelle sono le pratiche che sono comuni con i fedeli. Ma per la religiosa, in particolare le feste della Congregazione: e vi è la festa di san Paolo, vi è la festa della Regina Apostolorum, vi è la festa di Gesù Maestro, sì. Ricordiamo anche, nelle Costituzioni della Società San Paolo, san Bernardo, e poi ricordiamo anche la Conversione di San Paolo: ma questo è specialmente per la Pia Società San Paolo5, perché il giorno di san Bernardo del 1914 si è benedetta la prima Casa, con pochissimi ragazzi che erano appena entrati, si è benedetta la prima Casa e si è benedetta anche la tipografia, ecco; poi la Conversione di san Paolo al 25 di gennaio, e questo perché ogni nostra anima deve sempre convertirsi, ogni giorno convertirsi un po’. Noi sacerdoti diciamo sempre la preghiera tutti i giorni Deus, converte nos6, Signore, convertici: e cioè da meno perfetti diventar più perfetti.

Poi vi sono le pratiche mensili di cui il centro è il ritiro, il ritiro mensile, il quale ritiro mensile si compone di tre meditazioni, in generale, e cioè: la meditazione o la lettura alla sera antecedente, e poi due letture o due meditazioni al giorno che propriamente è quello del ritiro; ed è utile lì che si faccia anche la confessione mensile, se si vuole - non che sia imposto, ma è un buon consiglio farla -.
Poi, la prima settimana del mese la dedichiamo alle nostre divozioni. Le divozioni centrali sono le tre dette, ma attorno a quelle vi sono anche le altre divozioni, diciamo di contorno: la divozione alle anime del purgatorio, la divozione agli angeli custodi e la divozione a san Giuseppe. Oh! Tutto però va sempre a finire alla Trinità: la domenica è sempre consecrata in modo speciale alla Trinità. Ora la prima settimana del mese va bene che ricordiamo ogni giorno una di queste divozioni:
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al lunedì san Paolo, al martedì le anime purganti, al mercoledì san Giuseppe, al giovedì gli angeli custodi, al venerdì Gesù Maestro, al sabato la Regina degli Apostoli, e poi tutto finisce nella augustissima Trinità a cui «omnis honor et gloria»7.

E le pratiche settimanali? La confessione settimanale: qualche volta si può dire che si anticiperà, qualche volta ritarderà forse un giorno che non si è avuto il confessore, ad esempio, o che si era per viaggio, ma in sostanza che nell’anno ci sia la confessione ogni otto giorni, perché aumenti in noi la grazia, sì.
Vi è poi lo studio del catechismo una volta alla settimana, lo studio della religione, che è una pratica di pietà: sebbene si tenga la lezione, la spiegazione in classe o in altro locale adatto, tuttavia è preghiera: è preghiera mentale in quanto uno è indicato8 e vuole capire e ricordare sempre più le verità della religione, o verità dogmatiche o verità morali o verità che riguardano il culto... Studio del catechismo, studio della religione secondo già i vari gradi di età e di preparazione che si hanno.

Oltre a questo vi son le pratiche quotidiane. La mattina vi è la meditazione, la Messa, e chi vuole ed è preparato può fare la Comunione, con l’esame preventivo per la giornata. L’esame preventivo: che cosa oggi devo fare, che difficoltà incontro, che mezzi adopererò per la buona riuscita.
Poi vi è il rosario e la lettura spirituale e l’esame di coscienza. Questi atti si possono fare anche nella Visita, nell’adorazione; la lettura spirituale va tanto bene sul Vangelo o sulla Bibbia in generale, sull’Imitazione9; invece l’esame di coscienza
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è il principale, quel che si fa nella Visita, perché c’è più tempo e l’anima può eccitarsi al pentimento e venire a risoluzioni e propositi; poi vi è il rosario, sì, il rosario che sempre si dice - voglio dire: ogni giorno si dice - almeno una terza parte: vi è poi chi ne dice di più servendosi di qualche momento libero, e può arrivare anche al rosario intiero che sarebbe ben consigliabile se ci si impegna... almeno si potranno dire due terze parti.
Fra queste pratiche di pietà, certamente la prima è la Messa con la Comunione; ma per il vantaggio spirituale di progredire, la meditazione e l’esame di coscienza e la Visita sono assolutamente necessari; e finché non si è imparato a far bene questa meditazione, esame di coscienza e Visita, è meglio non ancora fare la professione. Bisogna già aver imparato la teoria di queste tre pratiche e nello stesso tempo averci fatto l’abitudine in modo da farle, queste pratiche, prompte, faciliter, delectabiliter10, cioè: sempre prontamente quando arriva il momento, e che si compiano con facilità perché c’è già l’abitudine, e con letizia, delectabiliter, con diletto, sebbene possono anche essere faticose.
Ecco, questo: le pratiche di pietà.
Ora la pietà è certamente il fondamento di ogni santità: perché? Il perché è tanto semplice. La santità è un dono superiore, è la grazia infusa da Dio nell’anima nostra. Noi possiamo far crescere i fiori nel giardino e gli ortaggi nell’orto e una pianta che potrà dar frutti, ma tutto questo è naturale: noi possiamo fare delle cose belle e anche naturalmente, come sarebbe scrivere bene in calligrafia, cantare bene e fare altri lavori, gli uffici che sono assegnati, dalla cucina fino
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all’ufficio di sacrestana o portinaia, eccetera... uffici che si possono fare con le forze naturali. Ma la grazia, cioè la santità, è dono di Dio in cui noi nulla possiamo: bisogna che ce lo dia il Signore! Bisogna che ce lo dia il Signore, ecco; e allora ci vuole la pietà per ottenerlo. Questa grazia è data in primo luogo nella gran preghiera sacramentale che è il Battesimo; quella11 si può perdere con il peccato e si può riacquistare di nuovo con il sacramento della Penitenza; e se uno la conserva, può sempre aumentarla, ricevendo i sacramenti, ricevendo il sacramento della Penitenza, la Comunione, eccetera... si può sempre aumentare con le buone opere: e chi fa un atto di virtù, l’obbedienza supponiamo, o la carità, lo spirito di fede e tutte le altre virtù, umiltà, obbedienza, eccetera... Con questi mezzi si ottiene l’aumento di grazia, si ottiene l’aumento di ricchezza nell’anima, che è poi un merito, per cui il paradiso sarà con delle diversità: «mansiones multae sunt»12[Gv 14,2], e vi saranno i primi posti e vi saranno gli ultimi posti a misura che uno ha acquistato di grazia, e quindi di merito per l’eternità. E vi sono quelli che sono diligenti e profittano di tutte le occasioni, e vi sono quelli che perdono le occasioni e non progrediscono o progrediscono poco. Ora noi vogliamo crescere in grazia: quand’è che uno è santo? Nel senso comune in cui generalmente parla san Paolo, chiunque è in grazia di Dio è santo, cioè è un’anima che è figlia di Dio, erede di Dio, cioè erede del paradiso [cf Rm 8,17; Gal 4,7; Ef 1,11] ... quindi è santa e va in paradiso. Ma vi è tanta distanza tra un’anima che appena ha la grazia del Battesimo - e quel bambino poi muore e passa all’eternità: una grazia, una prima grazia -; ma chi fa una vita lunga e fa tanto del bene e molto prega e molte volte riceve i sacramenti, assiste alla Messa, e fa opere buone, esercita le virtù, eccetera... pensiamo quante ne accumula [di grazie]!, e allora i primi posti in paradiso...una gradazione senza fine, diciamo così, perché i santi del paradiso sono in quantità innumerevole, sì. Ecco, quando noi facciamo queste
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pratiche di pietà, otteniamo aumento di grazie: quindi farle, e son necessarie. E qualcheduno può pensare che la preghiera sia da mettere in secondo posto: no! La preghiera è la prima e principale occupazione della religiosa: sia fedele a tutte le sue pratiche, sia fedele a tutte le sue pratiche.
Io - dice quella persona - trovo difficoltà, ho molte distrazioni... Eh, ne avevano anche i santi delle distrazioni!, ma ci vuole lo sforzo. Quando ci mettiamo lo sforzo, domandiamo la grazia al Signore di pregare bene, e anche se vengono distrazioni, anche notevoli, non sono peccati... perché? Perché non sono volontarie; anzi, per lo sforzo e la buona volontà, si acquista il merito come si fosse pregato bene.
Farle tutte le pratiche di pietà, e chi fosse impedito di farle proprio in quell’ora in cui le fa la comunità queste pratiche, dice il libro delle Costituzioni: si supplisca13. Si supplisca, si faranno dopo... come se una non fosse arrivata a tempo a tavola, mangerà dopo: non tralascerà di mangiare perché è arrivata un po’ più tardi. Oh! Ma lo sforzo per farle bene ci vuole; quando si va in chiesa o si comincia la pratica di pietà secondo l’ora, cacciar le distrazioni, raccogliersi bene alla presenza di Dio guardando il tabernacolo oppure riflettendo sopra di noi... guardare il quadro della Madonna, l’immagine del Crocifisso secondo dove si è... e poi incominciare con quell’impegno che ci è possibile. Chiamare anche gli angeli custodi d’accanto a noi, presentare le nostre preghiere per mezzo della Madonna, metterci tutte le intenzioni che ha il Cuore di Gesù nell’immolarsi sugli altari in ogni Messa: quanto più le intenzioni sono numerose e sante, tanto più è efficace la nostra preghiera.
Non tralasciare le pratiche di pietà! E, per quanto possibile, mantenere un orario fisso e determinato. Ma ho ancora questo da fare... e quell’altro: quando noi preghiamo, Dio lavora lui per noi; se noi non possiamo fare quello che ci sembra che sia necessario fare, noi preghiamo, facciamo la pratica di pietà: Dio lavorerà per noi... E lavorerà meglio? Di
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noi certamente! E noi magari non capiamo come abbia lavorato per noi, ma lo vedremo al giorno del giudizio e vedremo quante grazie che ci son venute appunto per esser fedeli alla pietà. Quindi, osservar le pratiche di pietà.
Ma poi molte anime si fanno da sé come un corso o un po’ un catalogo di giaculatorie, di invocazioni proprie - quando c’è la pietà, l’anima vuol sempre comunicare con Gesù -: e salendo le scale, l’Angelo di Dio, ad esempio; e mentre ci si incammina per strada, l’Ave Maria; e poi anche, quando si è lungo la strada, si può dire il rosario, se il tempo, le circostanze lo permettono. E vi sono persone che vivono la giornata in comunicazione con Gesù, lo sentono Gesù nel cuore, e quante cose gli dicono a Gesù, e quante ispirazioni prendono da Gesù, e quante volte domandano a lui: Devo far questo? Domando il permesso e domando la tua grazia. Anime che vivono in continua comunicazione con gli angeli, con l’angelo custode in modo particolare; anime che pensano al purgatorio; anime le quali riflettono che per loro... il loro tesoro è il tabernacolo: e le signore potranno avere delle belle scatole e magari una cassaforte, un cofano per tenere le cose preziose - anelli, orecchini, catenelle, eccetera... -, e invece [per] queste anime, il loro cofano che contiene tutto il loro tesoro è il tabernacolo, e vi ritornano spesso con il pensiero. Altre trovano più facile, di tanto in tanto, dare la mano a Maria: Maria conducimi!, e le dicono belle cose alla Madonna, individuali, cose che sono eccezionali... perché quando uno ha fatto tutte le pratiche comuni, c’è ancora un margine indefinito di possibilità e di occasioni per parlare con la Madonna; parlare con l’angelo custode e mandare qualche anima in paradiso acquistando un’indulgenza plenaria; e dicendo qualche cosa a Gesù che gli faccia piacere; e offrendogli ancora il cuore, l’anima, magari mettendo la mano sul petto e rinnovando così la consecrazione a Dio, la professione stessa... Anime che sono tanto industriose, inventive; e anime che son fredde e a stento fanno le pratiche che son prescritte e, anche quando hanno da andare in chiesa, magari ci vanno un po’ in ritardo, un po’ a stento.
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Sì, c’è il fervore e la tiepidezza! Ci può essere, sì, un’anima fervorosa e d’accanto ci può essere un’anima tiepida che trova sempre lunga la preghiera, le pratiche; e vi è un’anima invece che è fervorosa: alle pratiche comandate, aggiunge tante cosette personali, tante cosette personali... e allora vien facile una piccola mortificazione, un atto di virtù, un riguardo alle persone, una gentilezza cristiana, vien facile accettare anche un’umiliazione, un piccolo dolore, vien facile accettare l’obbedienza e mettere impegno perché le cose che si fanno, si facciano proprio bene, eccetera... Quando queste anime sono fervorose, allora i meriti si moltiplicano in tante maniere.

Ecco. Prima dunque le pratiche di pietà comuni e anche qualche cosa di individuale. Poi andremo avanti per la virtù della pietà e per lo spirito di pietà che è superiore ancora alle pratiche comuni soltanto.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 75/60 (Nastro archivio 72b. Cassetta 72, lato 2. File audio AP 072b). Titolo Cassetta: “Lo spirito di pietà è dono dello spirito”. Questa e la successiva, sono le istruzioni pomeridiane. La mattina don Carmelo Panebianco aveva tenuto la prima istruzione sul paradiso e la seconda sui primi monaci.

2 Cf ALFONSO MARIA DE LIGUORI, Del gran mezzo della preghiera I,1; 2, in Opere Ascetiche, II, Roma 1962, pp. 32, 60; cf anche pp. 11-14; 43, 52, 61. Inoltre, questo concetto viene usato dall’autore anche in altre opere ed opuscoli. Si noti come, in questo caso, il Fondatore ometta di citare parte dell’espressione del motto di sant’Alfonso: «...chi non prega si danna», preferendo sottolineare l’aspetto della preghiera quale via di santità.

3 «Pietas autem ad omnia utilis est, promissionem habens vitae, quae nunc est, et futurae», «Mentre la vera fede è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente e di quella futura».

4 Cf C ’58, artt. 209-213.

5 Cf Costituzioni della Pia Società San Paolo, Roma 1957, art. 158,2.

6 Cf Breviarium Romanum, Ordinarium Divini Officii, Preces feriales. Alle Lodi e alle Ore di Terza, Sesta e Nona si potevano recitare alcune “preci”, tra le quali questa citata dal PM: «Domine, Deus virtutum, converte nos. Et ostende faciem tuam, et salvi erimus», «O Signore, Dio di virtù, convertici. E mostra il tuo volto, e saremo salvi».

7 «Ogni onore e gloria». Parole dalla Dossologia che conclude la Preghiera Eucaristica.

8 Questa espressione potrebbe voler dire: in quanto la persona è indirizzata dai contenuti del catechismo.

9 Si tratta del testo ascetico De Imitatione Christi (L’Imitazione di Cristo), uno dei libri più conosciuti della spiritualità cristiana. Scritto nel Medioevo (attorno ai secoli XIII-XIV) da un monaco anonimo, il libro è stato attribuito ad autori diversi nel corso dei secoli; tra le varie ipotesi, la più comune è che sia del mistico agostiniano Tommaso da Kempis (ca. 1380-1471).

10 Con prontezza, con facilità, con piacere. San Tommaso d’Aquino, citando Aristotele, utilizza questi e analoghi termini per esprimere il concetto del bene che la persona giusta compie con spontaneità e naturalezza, facilmente e con gioia. A questo riguardo, cf REGINALDO M. PIZZORNI, Giustizia e Carità, nuova edizione, Bologna 1995, pp. 164-165. Il PM si serve di questa espressione, oltre che nella predicazione orale, nei testi della prima ora: nel 1932 nel Donec Formetur (DF 81), nel 1933 in Apostolato Stampa (AS, p. 21), riportato nel 1940 in L’Apostolato dell’Edizione (AE 67), e nel 1937 in Oportet orare (p. 338).

11 Il PM usa il maschile: quello. Probabilmente intende “il dono di Dio”; ma poiché il soggetto torna poi ad essere “la grazia”, abbiamo usato anche qui il femminile.

12 «[Nella casa del Padre mio] vi sono molte dimore».

13 C ’58, art. 218.