37. L’AMORE VERSO IL PROSSIMO
TERMOMETRO DELL’AMORE A DIO
Domenica XII dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo, 28 agosto 19601
Davanti a Dio è difficile che si commettano dei veri peccati nella settimana; ci saranno invece dei difetti, delle imperfezioni in generale. Ora i difetti e le imperfezioni si possono accusare anche in confessione e, tuttavia, non è che siano vera offesa di Dio: si accusano per confermare la volontà di emendarsi, di migliorare, sì. E allora, che cosa bisogna pensare? Il sacerdote per assolvere, per dare l’assoluzione, bisogna che abbia la materia per assolvere: cioè che ci sia stato qualche peccato vero perché possa dare l’assoluzione.
E allora cosa si fa? Si rinnova il dolore sui peccati della vita passata. Mi accuso dei peccati della mia vita passata - per esempio dicendo - dall’uso di ragione ad oggi. E quello basterà, perché il sacerdote possa assolvere. Ora questo però è quando uno si confessa da un confessore che già conosce; altrimenti, invece che dire soltanto della vita passata, uno può dire, per esempio: Ho dei peccati contro la carità, ho delle mancanze nella preghiera, perché non ho fatto tutta la preghiera sempre. E allora l’assoluzione... così la confessione resta certamente valida.
Ma uno può domandare: Ma ho già ottenuto il perdono!. Sì, vero, [hai] ottenuto già il perdono, però uno può sempre dire a suo papà, anche se già ha domandato una
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volta perdono - per esempio quando aveva dieci anni, che gli ha dato un gran disgusto al papà -, può sempre di nuovo ripetere: Mi ricordo ancora di quella pena che ti ho dato; mi dispiace ancora adesso. Ecco, questo è un pentimento. Così con Gesù: Mi dispiace che allora ti ho offeso e di nuovo ti domando perdono. Quindi, ancorché il peccato sia perdonato, si può rinnovare il pentimento sul peccato stesso e l’assoluzione [è] valida.
C’è una gran cosa da imparare nel Vangelo di oggi - lo leggerete poi bene nella giornata - e cioè questo: che la carità verso il prossimo nasce dalla carità verso Dio, e veramente si osserva l’amore a Dio quando noi abbiamo anche il frutto. Il frutto dell’amore a Dio è l’amore al prossimo: e dall’amore che portiamo al prossimo - per esempio, è per le vocazioni, il desiderio delle vocazioni -, dall’amore che portiamo al prossimo conosciamo quanto c’è di amore vero nel nostro cuore verso Dio. Quindi la prima parte del Vangelo parla dell’amore verso Dio.
«In quel tempo: Gesù disse ai suoi discepoli: Beati gli occhi che vedono quanto vedete voi; perché vi assicuro che molti profeti e re desiderarono vedere quello che voi vedete e non lo videro; e desiderarono di udire quello che voi udite e non lo udirono. Allora un dottore della legge, alzatosi, gli domandò per metterlo alla prova: Maestro, che cosa debbo fare per ottenere la vita eterna? E Gesù: Che c’è iscritto nella legge? Che cosa vi leggi? Quello recitò: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze, con tutta la tua intelligenza, e il prossimo tuo come te stesso. Hai risposto bene, disse Gesù; fa’ questo e vivrai - cioè, avrai la vita eterna -. Ma colui, volendo giustificarsi, domandò: Chi è il mio prossimo? E Gesù prese a dire: Un uomo, scendendo da Gerusalemme a Gerico, incontrò dei ladroni che lo spogliarono, lo coprirono di ferite e se ne andarono lasciandolo mezzo morto sul ciglio della strada. Per caso scendeva per la medesima strada un sacerdote. Guardò il disgraziato e passò oltre - sacerdote ebreo, era -. Così pure un levita, arrivato lì vicino, guardò e tirò avanti - il levita sarebbe in corrispondenza ad un chierico che non è ancor sacerdote, pressappoco: si tratta della legge antica -. Un viandante
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samaritano, invece, che passava di là, vedutolo ne ebbe compassione. Gli si accostò, gli fasciò le ferite versandovi su dell’olio e del vino; poi, dopo averlo fatto salire sul suo giumento, lo condusse ad un albergo e ne ebbe cura. Il giorno dopo prese dalla borsa sua dei denari e li diede all’oste dicendogli: Abbi cura di lui e quanto spenderai di più io te lo renderò al mio ritorno.
Quale di questi tre ti sembra sia stato il prossimo per quell’uomo che si imbatté nei ladroni? E colui rispose: Quello che ebbe compassione di lui. Va’, conchiuse Gesù, e tu fa’ lo stesso»2.
Sì, noi conosciamo... abbiamo un metro, o meglio abbiamo un termometro, il quale segna il calore del nostro cuore verso Dio, l’amore vero verso Dio: se è sincero, se è soprannaturale, se è costante, se è forte. Abbiamo un termometro per misurare, e questo termometro è l’amore che portiamo al prossimo. Indica quanto c’è in noi dell’amore verso Dio. Chi ama il prossimo, specialmente colui che è più vicino? E cioè come vi amate in famiglia religiosa? Come amate le persone che vi stanno a cuore? Come fate del bene alle persone in generale e specialmente ai bisognosi?
Vi è una gran diversità, per esempio, negli ospedali. Se vi sono le suore a servire, i malati sono trattati bene, sono trattati con rispetto, con premura; e le suore hanno cura che, oltre la salute, il malato si prepari bene se si avvicina la morte, si prepari bene a presentarsi a Dio. E la suora guarda quindi anche il bene spirituale, e quindi si preferiscono dai malati, come infermiere, le suore invece di infermiere laiche che molte volte poco si curano del malato... fanno solo ciò che è essenziale, quello di cui non possono fare a meno, altrimenti sarebbero rimandate, ecco. Oh! Perché queste suore si prestano con pazienza, con bontà, con premura per i malati? È perché amano il Signore! Un malato che era proprio pervertito nella sua vita, ecco, odiava tutti, tanto più la religione e le persone consecrate a Dio, vede che viene la suora a servirlo: prende il piatto e glielo sbatte in faccia. E la suora raccoglie i pezzi,
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si ripulisce e poi va di nuovo in cucina e prepara un altro piatto e di nuovo lo porta con bontà: Faccia il piacere, ne ha bisogno, lo prenda. Chi è che può suggerire questo? Questo sacrificio, questa volontà, questa premura, chi? L’amor di Dio che c’è nel cuore. Cosa avrebbe fatto un inserviente, una infermiera laica in generale, cosa avrebbero fatto inservienti così, laiche? La Pontificia Opera Assistenziale3, opera di assistenza ai poveri, tanto insiste che le Pastorelle diano per loro delle suore, perché sanno che porteranno i soccorsi ai poveri con bontà, diranno ancora delle parole buone, li istruiranno nella religione, e tutto quello che è da darsi non solo lo prendono per sé ma lo danno, eccetera. E così... volevano un po’ di suore - quello che si è potuto dare - e così servono in quarantotto parrocchie per questi poveri, per i doni che la Santa Sede manda; e mentre che vanno per questo, fanno anche il catechismo ai bambini, li preparano alla Prima Comunione, assistono i vecchi, gli ammalati, chiamano il sacerdote che intervenga quando la malattia è grave, eccetera: tutta un’assistenza corporale e spirituale. C’è l’amor di Dio, c’è l’amor di Dio! Sì. Quando c’è questo amor di Dio, la persona è disposta a sacrificarsi, a far le cose più umilianti.
Vi sono le opere di carità che si chiamano corporali e vi son le opere di carità che si chiamano spirituali. Quello che ho detto è opera tanto di carità materiale come di carità spirituale; ma chi fa il catechismo, chi istruisce, fa un’opera
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di carità soprattutto spirituale; e chi invece prepara i cibi, e cuce4 gli abiti, e poi porta da bere, visita gli infermi, eccetera... oh, opere di carità corporale. Perché? Perché c’è l’amore a Gesù, quando si fa liberamente, quando non si è costretti da altre ragioni esterne, ma quando si fa liberamente per amor di Dio, ecco. Bisogna che noi cresciamo nell’amore di Dio, se vogliamo crescere anche nell’amore del prossimo; che le opere che facciamo all’esterno siano tutte suggerite dall’interno amore a Gesù, a Dio: amare il Signore con tutta la mente e con tutto il cuore e con tutte le forze, con tutta la volontà [cf Dt 6,5; Lc 10,25-27]. E allora, sì, si avrà anche la forza, si vedrà nel prossimo l’immagine di Dio. Ecco...
Allora misuriamo anche quanto abbiamo di amor di Dio da quello che facciamo in riguardo al prossimo. Se [c’è] la cura della casa, se la cura della cucina, se la cura dei vestiti e delle biancherie, se c’è il vero impegno per le vocazioni e se si ha la pazienza di istruire, di educare, di formare... oh!, allora questo indica che dentro c’è il vero amor di Dio. Quando si è generosi nel servire gli altri, quando si è riguardosi con gli altri, si è rispettosi, quando si parla in bene di tutti, quando si dicono sempre parole che edificano, quando si dà il buon esempio, eccetera... sì, l’amore di Dio, l’amore al prossimo...un amore del prossimo che parte dall’amore di Dio, che parte dall’amore di Dio.
Allora, ecco qui che noi dobbiamo domandare un amore sempre più vivo, più intenso a Gesù. Ma Gesù si aspetta che lo amiamo tanto: non vuol vedere della gente, delle persone indifferenti, specialmente quando si tratta di anime che si consacrano a Dio; le vuole tutte piene di amore, calde di amore, sì, verso di lui, generose, pronte al sacrificio, alla mortificazione! Vuole anime che non si risparmino: che vengano a lui e stiano in chiesa, facciano le loro cose di pietà, le loro adorazioni... ma poi che si spendano e sopraspendano, come dice san Paolo: spendersi e sopraspendersi per le anime, per il prossimo [cf 2Cor 12,15]. Ecco, questo samaritano ha dato
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del suo, ha avuto cura quanto si poteva, sì. Noi dobbiamo qualche volta sacrificarci, e se non abbiamo denari, dare delle cure, dare invece la nostra opera, la nostra preghiera, il nostro buon esempio, la nostra piccola sofferenza al prossimo, perché specialmente ci sia, si compia questa vocazione per le vocazioni, per le vocazioni.
Allora, «et tui amoris in eis ignem accende»5, accendi in noi il fuoco dell’amore di Dio. Allora non ci sarà molto bisogno di insistere che uno si adoperi per il prossimo: verrà da sé. Sarà una conseguenza, come una pianta da frutto che è rigogliosa: eh, darà foglie e fiori e frutti... darà; e i frutti sono appunto questi: le opere buone verso il prossimo. E san Paolo nomina come frutto dello Spirito Santo, primo: caritas [cf Gal 5,22], la carità.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 71/60 (Nastro archivio 76a. Cassetta 76, lato 1. File audio AP 076a). Titolo Cassetta: “Amore a Dio e amore al prossimo”.
2 Vangelo: Lc 10,23-37. Il PM fa un piccolo accenno al brano biblico verso la fine della sua meditazione.
3 A causa della povertà e delle sofferenze causate dalla II Guerra Mondiale, nel 1944-1945 nacquero a Roma, ad opera di Pio XII, la Pontificia Commissione di Assistenza ai profughi e quella di Assistenza ai reduci. Nel dopoguerra si fusero in un’unica Commissione di Assistenza che divenne sempre più un’organizzazione di grande riferimento per la distribuzione di aiuti in ogni parte d’Italia. Il 15 giugno 1953 venne ufficialmente istituita come Pontificia Opera di Assistenza in Italia con il compito di promuovere «attività assistenziali e sociali in Italia, in conformità ai principii della carità evangelica e secondo le disposizioni della Santa Sede» (art. 3 dello statuto): SEGRETERIA DI STATO, Statuto della Pontificia Opera di Assistenza in Italia, in AAS, 45(1953), pp. 570-576. Cf FELICE RICCI, Pontificia Opera di Assistenza (P.O.A.), in MONACHINO VINCENZO (a cura), La carità cristiana in Roma, Roma 1968, pp. 333-345. Nel 1971 la P.O.A. venne sostituita dalla Caritas Italiana, passando così da associazione di assistenza ad organismo per il coordinamento delle attività caritative e la promozione umana.
4 Il PM dice: cucisse.
5 Dal versetto dell’Alleluia nella liturgia di Pentecoste e nella Messa votiva dello Spirito Santo: «[Veni, Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium], et tui amoris in eis ignem accende», «[Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli] e accendi in essi il fuoco del tuo amore». Cf Missale Romanum: Dominica Pentecostes; Missa votiva de Spiritu Sancto.