46. RICORRERE A GESÙ CON LA PREGHIERA
Vincere le distrazioni con il raccoglimento
Domenica XX dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo, 23 ottobre 19601
Il Vangelo di oggi è ricavato da san Giovanni, capo IV.
«In quel tempo a Cafarnao vi era un ufficiale reale il cui figlio era ammalato. Costui, avendo sentito dire che Gesù dalla Giudea era venuto in Galilea, andò a trovarlo e lo pregò di recarsi a guarire suo figlio che era moribondo. Gesù gli disse: Se non vedete miracoli e prodigi voi non credete. E l’ufficiale soggiunse: Signore, vieni prima che mio figlio muoia. Gesù gli disse: Va’, tuo figlio vive. Quell’uomo prestò fede alla parola di Gesù e partì; prima ancora di arrivare a casa gli corsero incontro i servi con la notizia che il figlio era guarito; domandò loro in che ora aveva cominciato a star meglio e quelli risposero: La febbre è cessata ieri verso l’una del pomeriggio. Allora il padre conobbe che quella era appunto l’ora in cui Gesù gli aveva detto: Tuo figlio vive. Allora egli credette in Gesù e con lui credette anche la famiglia sua»2.
Ecco il ricorso a Gesù nelle nostre necessità, prima spirituali e poi anche nelle necessità materiali.
Fede in Gesù. Gesù sembra che rimproverasse quell’uomo. Quell’uomo pensava che per la guarigione del figlio fosse necessario che Gesù andasse a casa sua; e non aveva la fede
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piena, cioè non pensava che Gesù potesse guarirgli il figlio da lontano. Ma Gesù lo volle confermare nella sua fede, ma in fede piena, e quindi operò il prodigio da lontano - e c’era almeno una giornata di cammino da dove si trovava il malato e dove invece si trovava Gesù -: Va’, che il tuo figlio vive, e lo guarì da lontano. E quando quell’uomo partì persuaso che la Parola di Gesù avrebbe compìto la grazia... ecco ripartì, si avviò verso casa e incontrò i servi che gli venivano incontro e che gli dissero: Tuo figlio sta bene. Ma quando l’ha lasciato la febbre? Quando è guarito?. Ieri all’una del pomeriggio, ed era appunto l’ora in cui Gesù gli aveva detto, l’aveva assicurato: Tuo figlio vive, cioè continua a vivere, non muore.
Oh! Ricorrere a Gesù con la preghiera per tutto. In tutte le nostre necessità, particolarmente nelle necessità spirituali. Noi siamo fatti così: che più sentiamo il bisogno di Dio quando ci son necessità corporali; e poi alle volte la nostra preghiera è ben fatta e accompagnata dalla fede e alle volte non è ispirata tutta dalla fede, cioè non vogliamo quello che vuole Dio ma vogliamo quello che piace a noi, quello che vediamo noi: che Dio faccia di noi quel che vuole, ma purché assecondi i nostri voleri e qualche volta anche i nostri capricci! Bisogna che noi preghiamo così: Sia fatta la tua volontà non in qualunque modo ma come in cielo [cf Mt 6,10]: che noi siamo abbandonati e pronti a seguire il volere di Dio così bene come lo seguono gli angeli che stanno in cielo, il volere del Signore.
Vi sono anime che hanno difficoltà nella preghiera; e le difficoltà sono specialmente due, anche quando c’è una certa buona volontà. La prima difficoltà sono le distrazioni, la seconda difficoltà, aridità.
Che cosa significa distrazione? Distrarsi significa non pensare a fare quel che stiamo facendo, a quello che stiamo dicendo al Signore, come se uno leggesse un libro e poi vengono in mente altre cose e smette magari la lettura per pensare a quelle altre cose: quello è distrazione. Oh! Le distrazioni possono essere volontarie e possono essere involontarie.
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Anzitutto non è possibile che noi arriviamo ad aver più nessuna distrazione, eccetto un miracolo di Dio, una grazia particolare di Dio, come ad esempio quella grazia particolare di Dio è stata data a san Luigi3 e a molte altre anime. E poi dipende tanto dallo sforzo, anche: quando c’è lo sforzo di star raccolti e c’è [questo] insieme all’aiuto di Dio come una grazia particolare, si può venire ad una preghiera in cui l’anima è continuamente in unione con Dio, continuamente riflette su4 quello che dice al Signore, riflette sulle parole, il senso delle parole, oppure [pensa] a una cosa che è buona, che è santa: come sarebbe un pensiero di fede, come sarebbe ricordarsi di Gesù e del suo amore, sì.
Vi sono distrazioni involontarie: dipendono alle volte dalla salute, dalla stanchezza, specialmente dalla stanchezza mentale... quando uno compie degli studi e ha delle cose importanti da risolvere, vi è la stanchezza mentale; poi, involontarie: c’è la nostra debolezza, la nostra fantasia, c’è il demonio il quale è il nemico della preghiera ben fatta, perché ognuno che prega ha le grazie e, se prega bene, [al demonio] l’anima gli sfugge dalle mani, sì... e quindi egli con l’influenza che ha o nelle cause esterne o anche nelle nostre facoltà, egli insinua altri pensieri, altre cose nella mente.
Queste sono le distrazioni, in generale, più involontarie... e si capisce che qualche volta si è così preoccupati da una cosa che viene in mente dieci volte nella preghiera, sembra che si faccia apposta; quando si va a pregare tutte le cose che sono da farsi o tutte le cose che si son vedute o sentite, sembra che si diano appuntamento nella nostra fantasia, e
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la fantasia è la pazza di casa5 e quindi tante cose vengono in mente. E questo però in generale è involontario, ma «age quod agis»6, adesso fa’ quel che hai da fare; alle cose che avrai da fare o che hai fatto, ci penserai dopo, se non ci hai già pensato prima.
Tuttavia vi sono distrazioni che non sono vere distrazioni; sono ispirazioni: vengono in mente perché noi le raccomandiamo al Signore... viene in mente che si deve far questo o quello, si deve parlare in questo modo, si deve fare quel lavoro o meno. Diceva il cardinal Maffi7: Sono ispirazioni per cui vi ricordiate di pregare per quello che dovete fare e per farlo bene; e se c’è una difficoltà, per raccomandarla al Signore; se viene in mente quel che abbiamo da fare nella giornata, [per capire] come farlo perché sia fatto in maniera che piaccia al Signore. Ecco.
Oh! Però vi sono le distrazioni volontarie quando non si fa la preparazione alla preghiera. Leggevo la vita di un santo sacerdote, proprio ieri. Nei propositi diceva: Prima di cominciare la preghiera, farò un minuto di preghiera mentale, cioè riflessione, prima di cominciare, un minuto. Mettersi alla presenza di Dio, pensare che Gesù è lì che mi sente, pensare che io ho tanti bisogni, pensare che la mia vita deve essere tutta un cammino verso il paradiso... e allora raccogliendosi così, [è] più facile. San Bernardo8 diceva: Miei pensieri che siete nella mente vi lascio qui fuori dalla porta - quando
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stava per entrare in chiesa -; vi riprenderò quando uscirò. Ma non è così facile comandare ai pensieri, eh!, perché non abbiamo il dominio diretto, abbiamo solamente il dominio indiretto, cioè prendere altri pensieri: quindi un minuto di riflessione, di preghiera mentale. Poi siamo causa noi delle distrazioni, alle volte, perché non viviamo una vita raccolta, perché viviamo mezzo con la testa fuori: di questo, di quello, quel che è stato e quel che sarà, chi farà questo, chi farà quello, dove sono, cosa succede... e qualche volta cosa leggi, cosa senti, con chi vai... quando manca l’abituale raccoglimento o la vita abitualmente riflessiva! Siamo noi che dobbiamo acquistare questa abituale vita, questa abituale riflessione sopra di noi su ciò che diciamo, su ciò che facciamo; quando c’è l’abituale raccoglimento, cioè che attendi a te, «attende tibi» [1Tm 4,16], allora la preparazione remota alla preghiera è già fatta. Il ricordo frequente di Gesù nella giornata si ha anche durante le occupazioni... quanto più poi si avrà durante l’orazione!
Come bisogna comportarsi in riguardo alla distrazione?
In primo luogo, ho detto, pregare per saper pregare con Dio: Signore, «doce nos orare» [Lc 11,1], insegnami a pregare, insegnami a parlar con voi, o Signore. Il dono della preghiera, donum gratiae, ecco, il dono della pietà: chiedere al Signore questo dono, chiederlo sempre, poiché dobbiamo prepararci al paradiso e lassù in paradiso la nostra occupazione sarà quella di amare e contemplare Dio, di compiere la sua volontà, vedere il Signore... e allora cerchiamo di prevenire, di prepararci alla vita eterna, alla vita del cielo.
Secondo: oltre che domandare questa grazia, abituarsi, ho detto, alla vita di riflessione: «Attende tibi». Vi sono persone che si occupano più di quel che non devono fare che di quel che debbono fare, pensano più ad altri che a sé. Pensiamo piuttosto a noi! E impariamo le cose che dobbiamo imparare, imparare cioè più ciò che è di ufficio, ciò che è di religione, catechismo, ciò che è di formazione spirituale, ciò che è di dovere, ciò che è di vocazione. Abituiamoci con un po’ di
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impegno, perché è una grazia tanto grande saper parlare con Dio, ma noi siamo così poco preparati alle volte.
Secondo, dunque, l’abitudine di vita riflessiva e, primo9, la preghiera: domandare la grazia.
Inoltre, «ante orationem praepara animam tuam» [Sir 18,23], prima della preghiera prepara la tua anima, quasi che fossi una che tenta il Signore10: cioè mettermi subito a pregare... subito senza riflettere a cosa si dice, cosa si vuol domandare... È tanto utile, perché la preghiera riesca bene, che da principio si sappia che cosa voglio chiedere o ottenere questa mattina, quest’oggi, in questo rosario, in questa Visita dal Signore, che intenzioni ci metto.
Poi raccogliersi bene con l’angelo custode che prega d’accanto a noi. Poi metterci bene alla presenza di Dio: il Signore mi vede, è qui; il Signore mi sente, è qui; mi vede nell’interno e sente i palpiti, i desideri del mio cuore. Raccogliersi bene.
Quando poi, nonostante la buona volontà, distrazioni vengono ancora, non indispettirci contro di noi e non scoraggiarsi, ecco, ma fare un atto di umiltà: Signore, vedete un po’ come sono... voglio fare una cosa e penso ad un’altra, sono venuto qui in chiesa per parlare con voi e adesso la mia fantasia mi ha trasportato chissà dove. Umiliarsi e poi ricominciare con fede: Signore, aumentate la grazia, perché se non la aumentate io prego sempre così, un po’ distratto, e quindi non ottengo, non porto le disposizioni.
Le disposizioni per la preghiera, si sa, sono lo spirito di fede, l’umiltà del cuore e poi il desiderio della grazia. Ma molte volte viene da questo: che non diamo abbastanza importanza alla preghiera! In generale, non diamo abbastanza importanza, perché quando uno ama una cosa e ha proprio voglia di riuscir bene, e ci pensa e guarda che cosa fa, ci riflette, ci mette la mente e ci mette il cuore; quindi le distrazioni saranno assai meno numerose, saranno assai meno numerose. Quando si vive una vita troppo esterna, troppo
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esteriore, meglio... quando ci sono effusioni, quasi, troppo esteriori, eh!, l’effusione del cuore con Dio è più scarsa, è più scarsa. Vedere come stimiamo la preghiera e come alla preghiera sappiamo dare il posto principale... esser convinti: adesso vado a pregare e questa è l’ora migliore della mia giornata, è la parte migliore della mia giornata.
Ecco la conclusione: andiamo a Gesù con fede come quell’ufficiale regio, ma aumentiamo la fede come l’ha aumentata lui vedendo il prodigio [che ha] operato Gesù da lontano. Quando poi c’è una vocazione, il Signore ha già preparato tutte le grazie, perché la segua e la santifichi e ottenga il frutto, sia come merito e santità e sia come apostolato. Quindi Gesù ha preparato le grazie; resta che noi le domandiamo, perché è condizionato. Sono preparate le grazie ma alla condizione che tu preghi, che le domandi, e che le domandi con umiltà, perseveranza, fede, sì.
Quindi una fiducia vera. Una volta che si è sentito dire: Tu hai questa vocazione, se è, pensa che Gesù già ha preparato le grazie, le ha disseminate sul tuo cammino della vita.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 83/60 (Nastro archivio 79b. Cassetta 79, lato 2. File audio AP 079b). Titolo Cassetta: “La preghiera”.
2 Vangelo: Gv 4,46-53. Il brano viene citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.
3 Nella biografia su Luigi Gonzaga scritta dal Cepari, tra le altre affermazioni sul raccoglimento nella preghiera del santo, sono riportate le seguenti parole: «Niuna cosa era a lui di maggior facilità, che lo starsene tutto dì unito colla mente in Dio Nostro Signore, anco tra l’istesse occupazioni esteriori; nel mezzo delle quali facilmente conservava il suo raccoglimento, ed attenzione esterna; e difficile assai gli sarebbe stato il distraersi. Una volta confessò egli, che quanta difficoltà gli dicevano di sentire alcuni in raccogliere la mente in Dio, tanta ne sentiva egli in volerla distraere da Dio» (Vita di San Luigi Gonzaga..., op. cit., Parte II, cap. VIII: Del segnalato dono d’Orazione di San Luigi).
4 Il PM dice: a.
5 Espressione attribuita a santa Teresa d’Avila (cf Libro della Vita, XVII, 5-7; XXX, 16) o a Nicolas Malebranche (1638-1715), filosofo oratoriano (cf La ricerca della verità, libro II).
6 Letteralmente: «fai [bene] quel che stai facendo». Antica massima latina.
7 Pietro Maffi [Corteolona (Pavia), 1858 - Pisa, 1931], arcivescovo di Pisa e astronomo, fu chiamato anche alla presidenza della Specola Vaticana. Nel suo ricco e proficuo ministero s’ispirò ai principi della Rerum Novarum, come è documentato anche dai tre volumi che raccolgono le sue lettere pastorali, le omelie e i discorsi dal 1912 al 1931. Affidò a Giuseppe Toniolo la fondazione della cattedra di sociologia della facoltà teologica pisana. Fu tra i primi Vescovi a sostenere e incoraggiare l’opera di Don Alberione, come afferma anche il PM nell’Abundantes divitiae gratiae suae, (AD), 170 e 59. Cf anche GIUSEPPE TIMOTEO GIACCARDO, Diario, Pagine scelte, Roma 2004, pp. 61, 141-142, 240; e alcuni numeri dei primi anni del bollettino Unione Cooperatori della Buona Stampa (UCBS), fino al n. 12 del 1931, p. 16: Ricordando un illustre scomparso, il card. Pietro Maffi.
8 Cf BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XLVII, 8.
9 Il PM dice: «e, secondo». In realtà, sta ricordando il primo pensiero formulato.
10 Il versetto citato del Siracide prosegue così: «non fare come un uomo che tenta il Signore». La nuova traduzione CEI sostituisce la parola “preghiera” con “voto”.