Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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12. IL SENSO DELLA VITA: COMPIERE
IN TERRA LA PROPRIA MISSIONE
Conoscere, chiamare, formare le vocazioni

Domenica V dopo Pasqua, Meditazione, Torino (SAIE), 22 maggio 19601


Il Vangelo ci prepara a questa festa [dell’Ascensione]:

«Dice Gesù ai suoi discepoli: In verità, in verità, vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, ve la concederà. Fino adesso non avete chiesto nulla in nome mio: chiedete e otterrete, affinché la vostra gioia sia piena.
Queste cose io vi ho detto per via di parabole. Ma è venuta l’ora in cui non vi parlerò più in paragoni e parabole; ma apertamente vi darò conoscenza del Padre mio. In quel giorno chiederete in nome mio, e non vi dico che io pregherò il Padre per voi: perché il Padre stesso vi ama, avendo voi amato me e creduto che io sia uscito dal Padre. Sono partito dal Padre, sono venuto nel mondo, ora lascio il mondo e torno al Padre.
Gli dissero i suoi discepoli: Ora sì che parli chiaro e non usi nessun paragone. Ora conosciamo che tu sai tutto, e non hai bisogno che alcuno ti interroghi, e per questo crediamo che sei venuto da Dio»2.

Gli insegnamenti di questo Vangelo sono vari; ma perché noi comprendiamo il senso della nostra vita - comprendiamo, cioè, perché viviamo - [riflettiamo su] queste parole: Sono
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partito dal Padre, son venuto nel mondo, ora lascio il mondo e torno al Padre; ognuno di noi dica così: Sono partito dal Padre, sono venuto nel mondo, poi lascerò il mondo e tornerò al Padre.
Il Figliolo di Dio incarnato ha seguito la missione, ha fatto la strada che il Padre gli aveva assegnato; e l’ha fatta bene tutta, quella strada: da quando è comparso là, bambinetto, nella grotta di Betlemme ai pastori, quando fu messo sopra a quella paglia, vestito con poveri abiti, fino al momento in cui spirò sulla croce e fino al momento in cui risuscitò; poi salì alla destra del Padre. Così noi: siamo partiti dal Padre Celeste, dalle sue mani creatrici... egli ci ha messo nel mondo, ma ci ha messo nel mondo per fare qualche cosa, compiere cioè una missione; e poi torniamo al Padre, se noi avremo compìto bene quella missione che il Padre Celeste ci ha affidato. Figuriamoci un padre, un papà buono, che mandi il figlio a fare una commissione - come si dice: commissione è una cosa commessa, affidata, cosa da fare... affidata una cosa perché sia fatta - e deve farla bene..., ma se è mandato a comperare qualche cosa, per esempio i francobolli, fornito quindi del denaro sufficiente, e spreca e usa i soldi in altra cosa, quando ritornerà a casa, che cosa dirà il padre? Il Signore ha affidato a ognuno di noi qualche commissione da fare sulla terra, e che noi dobbiamo fare...
Perché il Signore, quando crea un’anima, le dà un destino, le assegna una via! Percorrendo quella via, fa la volontà del Padre, e allora, quando fa la volontà del Padre, la commissione è ben fatta: Bravo, entra! Hai fatto bene, sei stato fedele a quel che io ti ho dato... quindi entra. Ma se uno tornasse a mani vuote, dopo aver sciupato i suoi giorni, i suoi talenti - cioè le sue qualità, la sua salute... - e sprecato quello che era il cuore e quello che era la mente e quello che erano le forze, che cosa potrà dire al Padre Celeste quando si presenterà per il rendiconto?
Quelle commissioni che affida Dio ad un’anima, costituiscono la vocazione, la chiamata di Dio! Ora... ma forse è più chiaro spiegare così: qui a Torino, anni fa, pochi anni fa, è
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venuto malato un nostro sacerdote, don Trosso3, bravissimo sacerdote. Ora quando io sono stato a trovarlo l’ultima mattina della sua vita, perché poi fu portato in quella giornata a Casa Madre e passò all’eternità, all’eterno riposo, don Trosso, quella notte... l’ultima mattina, come ultimo pensiero: Ecco, il Signore ci manda sulla terra a far qualche commissione - mi ha detto -, adesso l’ho fatta, vado al Signore. 4Penso che abbia fatto proprio come voleva lui, cioè ho seguito la mia vocazione. Era già capitano quel sacerdote, e gli avevano offerto altri gradi perché aveva fatto bene il suo servizio militare durante la guerra del 1914-1918. No! Il Signore mi ha affidato un’altra commissione, un’altra missione. E al ritorno, tornato in Seminario, finì i suoi studi e si fece paolino, venne ordinato sacerdote e compì magnificamente la sua missione prima in Italia e poi all’estero; e poi è tornato in Italia dove visse e continuò il suo lavoro, specialmente il lavoro per le vocazioni, per i giovani... per le vocazioni in sostanza, e passò all’eterno riposo.
Ecco, il Signore ha affidato a ciascheduno di noi qualche cosa da fare come ha affidato a suo Figlio Gesù qualche cosa da fare, cioè compìre la redenzione. E poi? E poi lo chiamò, lo chiamò alla sua destra, lo mise alla sua destra perché era il Figlio che gli piaceva e in cui egli si era compiaciuto, il Figlio diletto; e quindi, avendo questo Figlio compìto perfettamente la sua volontà, [lo mise] alla destra. Ora, a ciascheduno di noi che potrà presentarsi a Dio [affermando]: Ho fatto quel che mi hai detto!, cosa dirà il Padre Celeste? Avanti.
Però vi sono sempre persone che non seguono la loro vocazione. Io penso che nel mondo, fra cinque figlioli o figliole, ci sia una vocazione, perché questo è il bisogno della Chiesa,
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è il bisogno della Chiesa. Ora noi dobbiamo comprendere il volere di Dio dai bisogni che ci sono: quelli parlano a chi è sensibile, a chi ci vede! Vi son persone che sono cieche, che sono insensibili alle ispirazioni di Dio, ai disegni di Dio.
Ora, quante vocazioni van perdute? E per tanti motivi: e vi è il mondo e vi è la carne e vi è il diavolo... vi è l’ambiente sociale in cui tante volte cresce il bambino, l’ambiente scolastico, l’ambiente magari familiare. Oh! Allora, le vocazioni che qualche volta van perdute con colpa, altre volte forse in buona fede... ma, forse, i giudizi di Dio non sono i giudizi nostri tante volte, e ogni giudizio è riservato al Signore!
Ma il fatto è quello: o che si corrisponde o che non si corrisponde. Ora se un padrone affida a un operaio un lavoro - supponete un muratore - o, supponiamo, affida la pulizia della casa... e non la fa, quest’operaio, e sta seduto magari a fumare invece di lavorare, quando si presenterà al fine della settimana a ricevere, il padrone dirà: Vediamo cosa hai fatto, perché io devo pagare ciò che hai fatto, non quel che rimane da fare. Ecco... E se invece quel servo fu buono, quell’operaio fu buono, in qualunque momento arrivi il Signore e lo trovi nell’atto di fare il volere di Dio, lo farà sedere alla mensa celeste, il Padre Celeste, alla mensa sua: Ut sedea[tis], bibatis et edatis in mensam Patris mei5 [cf Lc 22,29-30], e cioè il padrone pagherà il lavoro che ha fatto quell’operaio. Oh! Sta qui: conoscere la vocazione, seguire la vocazione, mettere, nel seguire la vocazione, le forze, l’impegno e i talenti che il Signore ci ha dati, di cui il Signore ci ha forniti... siano cinque o siano due i talenti che abbiamo ricevuto. E poi se uno ama le vocazioni ancora, e induce altre anime a seguire la vocazione, cioè a seguire e a compiere la missione da Dio affidata, oh!, allora il premio
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è molto maggiore ancora, perché fare dei buoni cristiani è un merito grosso, ma fare delle anime consecrate a Dio, dei buoni religiosi, delle buone religiose, è grandissimo il merito! È grandissimo il merito! E se il Signore ci ha chiamato anche a compiere questa missione di aiutare le vocazioni, allora cantare dei buoni Magnificat, lodare insieme a Maria, lodare il Signore il quale è stato buono, molto buono con noi e ci ha chiamato a compiere la missione delle missioni: il formare le vocazioni, che è chiamare le anime che sono destinate a servire il Signore... chiamarle e portarle sulla via segnata da Dio, sulla via dell’apostolato.
Don Bosco diceva di più: che sarebbe ogni tre persone una vocazione; diceva questo: ogni tre6. Ma altri dicono ogni sei. Ma per mia parte ho sempre seguito questo parere: che cinque, ogni cinque persone. Non che sia una cosa di fede, eh!? Ma è una cosa che viene un po’ dalla conoscenza dei bisogni, e un poco anche dalla conoscenza delle persone, dei giovani, delle giovani.
Oh! Aiutare dunque le vocazioni. Se noi aiutiamo le vocazioni, compiamo un’opera di merito tale che non trova riscontro, paragone in altre. Questa è la carità maggiore, perché è una carità che mostra il nostro amore a Dio ed è una carità che mostra il nostro amore al prossimo, cioè carità verso Dio e carità verso il prossimo. Possiamo comprenderlo bene...

Ma intanto, per oggi, facciamo un’altra riflessione ancora. Sia impresso nella mente di tutti: cos’è la vita? È riassunto tutto quello che è il senso della vita: Son venuto dal Padre, sono uscito dal Padre, sono stato mandato nel mondo,
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torno al Padre. Questo sempre in noi come il riassunto della nostra vita. Che sia venuto nel mondo: Vi ringrazio di avermi creato e fatto cristiano7; che adesso sia nel mondo e abbia una cosa da fare, una commissione, una missione da compiere: chiaro; e torno al Padre, ecco, torno al Padre... E allora la mia missione voglio compierla perfettamente, per quanto mi è possibile secondo la debolezza umana. E poi può essere che uno, compiendo quella sua vocazione, e cioè rispondendo alla sua missione, qualche volta abbia anche qualche caduta, inciampi un po’ - gli inciampi possono paragonarsi ai peccati veniali e le cadute ai peccati mortali -; ma se uno si rialza subito e si rimette in strada, e fino alla morte sta lì su quella strada segnata da Dio, presentandosi al Padre [può dire]: Sostanzialmente ho fatto la tua volontà. Ma se uno ha maturato la sua vocazione [e poi] ha preso un’altra strada che non era quella del volere di Dio, quando si presenterà al Padre Celeste dovrà ben riconoscere: Io ho fatto sempre quello che non era il volere di Dio nella mia vita, ho fatto il mio capriccio, il mio volere.... Si avrà, allora, la pretesa del premio? Ma se uno può dire: Sono stato debole e fragile anch’io, ma ho sempre guardato a te e al tuo volere, o Padre Celeste... ecco, il Padre Celeste che già ci ha assolti da ogni nostra debolezza e ogni nostro peccato, e che vede solamente più che sostanzialmente si è stati fedeli al suo volere, [pronuncerà] l’ultimo suo volere: Entra nel gaudio del tuo Signore [cf Mt 25,21.23]. Perché siam creati per quel lì!, è quello il volere: che andiamo in paradiso, e dobbiamo conchiudere la vita con quello, come era il volere del Padre sopra il Figlio suo Gesù che, compiendo la sua missione, venisse a sedere alla sua destra. Entra nel gaudio del Signore.
Ma anche se uno avesse pochi talenti e non corrispondesse? Dunque, tutti i giorni la grazia di conoscere le vocazioni, ma soprattutto la grazia di corrispondere alla nostra vocazione: Son venuto nel mondo, cioè son partito dal Padre,
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sono venuto nel mondo, torno al Padre Celeste. Ma prima si entra senza meriti, si viene a dar prova nella vita di fedeltà a Dio, prova di amore, prova di fede; ma allora [poi] si lascia un po’ di merito... e quindi il Signore vi darà l’eterna ricompensa. Sono entrato nel mondo a mani vuote... dobbiamo uscire dal mondo con le mani piene: Padre, ho fatto questo che tu volevi da me. Ed il Padre Celeste ci ammetterà nella sua casa, nella casa della sua eterna felicità e, secondo l’espressione del Vangelo, ci farà sedere alla sua mensa, che vuol dire: vedremo Dio, conosceremo Dio come è, e lo ameremo e lo godremo, lo possederemo.

Questa settimana specialmente pensiamo a questi nostri buoni propositi, a questi nostri buoni desideri, contemplando Gesù che va a sedere alla destra del Padre Celeste... l’Ascensione8.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 66/60 (Nastro archivio 65a. Cassetta 65, lato 1. File audio AP 065a). Titolo Cassetta: “Il senso della nostra vita. La vocazione”.

2 Vangelo: Gv 16,23-30. Il brano viene citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.

3 Don Sebastiano M. Benedetto Trosso (Corneliano d’Alba, 8 novembre 1894 - Alba, 14 ottobre 1952). Il suo profilo venne pubblicato sul San Paolo, Novembre, I, 1952, pp. 2-5 a firma di d. G. Roatta. Nella prima pagina dello stesso numero del San Paolo, sono riportati alcuni brevi pensieri del Primo Maestro (CISP, 399-400) su questo sacerdote paolino, compreso ciò a cui accenna in questa meditazione.

4 Non è chiaro se il pensiero che segue sia stato pronunciato da don Trosso o sia un commento del Primo Maestro. Abbiamo scelto di inserirlo nella frase pronunciata da don Trosso.

5 Perché sediate, beviate e mangiate alla mensa del Padre mio.
La citazione evangelica recita così: «Et ego dispono vobis sicut disposuit mihi Pater meus regnum, ut edatis et bibatis super mensam meam in regno meo, et sedeatis super thronos iudicantes duodecim tribus Israel», «E io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele».

6 Giovanni Bosco (Castelnuovo d’Asti, 1815 - Torino, 1888), sacerdote piemontese, fondò la Pia Società di San Francesco di Sales (Salesiani) e le Figlie di Maria Ausiliatrice per l’educazione della gioventù.
In una meditazione alle Suore Pastorelle del 3 agosto 1960, il PM ripete questo concetto affermando: «Dicono che don Bosco abbia pronunciato questa parola - io non son sicuro - che su tre figliuoli o figliuole, su tre c’è una vocazione». GIACOMO ALBERIONE, Alle Suore di Gesù Buon Pastore, (AAP), 1960, Roma 1984, p. 150.

7 Cf Le Preghiere del Cristiano, Vi adoro, mio Dio. Vedi Preghiere, ed. 1957, p. 13; ed. 1985, pp. 19; 30.

8 Il giovedì successivo, 26 maggio, ricorreva la festa dell’Ascensione di Gesù.