24. IL VOTO DI OBBEDIENZA
Docilità e spirito di obbedienza
Esercizi Spirituali, 1° giorno, I Istruzione, Castel Gandolfo, 8 agosto 19601
Per quest’oggi, l’orario è un po’ variato. La seconda istruzione sarà alle sette, poi continuerà con l’orario predisposto.
Ora trattiamo di quello che è argomento fondamentale: cioè dei santi voti. Ciò che ci unisce a Dio è la virtù; il voto è un mezzo per praticare più perfettamente la virtù, e cioè serve... dà un legame più forte per conseguire la virtù dell’obbedienza in un grado più alto, quello cioè che è richiesto nella vita religiosa. Vi sono dunque tre gradi, parlando subito dell’obbedienza: vi è la obbedienza virtù, vi è la obbedienza voto, vi è la obbedienza spirito, cioè spirito di obbedienza, che confina con la docilità.
Ecco, e prima parliamo di questo: la docilità al volere di Dio, che sarebbe il grado più perfetto; oppure si potrebbe dire: lo spirito di obbedienza. L’obbedienza potrebbe essere anche qualche atto virtuoso, ma lo spirito di obbedienza e la docilità sono invece una disposizione intima al volere di Dio. Docilità e spirito di obbedienza sono quella disposizione intima a tutto ciò che dispone o vuole il Signore.
Quindi, cosa comprende questo spirito di docilità, questo spirito di obbedienza? Comprende l’abbandono sereno nelle braccia di Dio come il bambino nelle braccia della mamma, il bambino nelle braccia del padre: Se non vi farete come
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bambini non entrerete nel regno dei cieli [cf Mt 18,3], diceva Gesù agli apostoli. Ecco lo spirito di docilità, di obbedienza, sono l’annullamento dell’amor proprio, delle proprie idee. Lo spirito di docilità e obbedienza sono il perfetto regno di Dio in noi, quando noi andiamo ciecamente presso quello che indica il Signore.
Se noi potessimo fare un paragone - che non sta a posto, certamente - potremmo paragonarlo con la macchina: la macchina è in mano all’autista e l’autista ha in mano il volante e ha i piedi sopra quello che deve maneggiare... e poi vi è un altro complesso di strumenti, di apparecchi. La macchina non fa mai resistenza, se è buona, se è in buono stato - perché potrebbe anche avere i freni che non rispondono -, ma se è in buono stato, dove viene toccata, secondo l’apparecchio che si maneggia, risponde senza nessuna opposizione. Ma la macchina lo fa materialmente, meccanicamente: non ha né uso né ragione né coscienza. Invece, chi ha spirito di obbedienza, chi ha docilità totale in Dio, si lascia maneggiare, guidare, toccare, condurre, arrestare e poi accelerare quando e come vuole Dio; a destra, a sinistra, in su e in giù: tutto dipende dal Signore! Ed è sempre pronta... ma non perché è senza ragione e senza capacità di opporsi a Dio: no, non per questo! Ma per disposizione e per virtù, per virtù: per spirito di obbedienza. E allora, ecco, l’osservanza dei comandamenti viene spontanea: se c’è una cosa che sia contraria ai comandamenti subito l’anima ripugna, rigetta; e se c’è una cosa che si conforma ai comandamenti subito l’anima l’abbraccia.
E così dai consigli evangelici: se c’è un consiglio, un desiderio di Dio, un volere di Dio o un consiglio, una strada più perfetta, l’anima subito si lascia andare, guidare quanto, come e fintanto che il Signore vuole, fintanto che il Signore vuole; non ha più né il nolle né il velle2, non ha più né il volere né il non volere: è tutta in Dio...
Questa è la perfezione.
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Quindi, per quanto riguarda la povertà, la castità, l’obbedienza: tutta in Dio! Non solo, ma in quelle cose che anche sono indicate dal Signore con dei segni. Supponiamo: c’è un mal di denti - il segno -: [l’anima] si adatta subito, docilmente... quello è il volere di Dio manifestato con un segno, il male che è venuto addosso. Si adatta al caldo, al freddo con tranquillità; si adatta al nuvolo, alla pioggia, a tutto quello che viene dall’esterno; si adatta a vivere così con una persona o a vivere così con un’altra, di diverso carattere; non fa opposizione a tavola per una cosa o per l’altra. Essa è indifferente: Quel che piace a Dio, pronto!. La si può chiamare in qualunque momento quella persona, la si può arrestare qualunque momento... risponde solo: Mi piace... subito... faccio. Ecco, è docile: è docile come una porta che la si può aprire e chiudere in qualunque momento; è docile come una pecorella, come un agnellino che si lascia guidare ai pascoli, e si chiude nell’ovile, e la si conduce fuori. Santa Teresina si esprimeva così: Io mi considero la palla di Gesù. Gesù può giocare come vuole con me3. Ecco, la palla la si può tirare, la si può prendere a pugni, la si può rimandare, la si può rimettere in un angolo, la si può dimettere - diciamo così - in un dimenticatoio, la si può riprendere quando si crede utile per la ricreazione; si può anche sfasciarla e sgonfiarla mediante un buco che apre e permette all’aria di uscire. Non ha ripugnanza, non ha resistenza, mai! Sempre è docile al bambino che si vuol divertire con essa o al bambino che vuol tirarla via come un ingombro, al bambino che può metterla lì al fondo del suo letticciolo oppure al bambino che l’ha buttata sotto il letto o che l’ha regalata, l’ha donata ad altri, oppure perché non le piace più, è un po’ consumata nei colori, eccetera... La docilità.
Una cera perfettamente liquefatta. Allora, se questa cera viene messa in un recipiente rotondo, prende quella forma; se
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è messa in un recipiente quadrato e poi, supponiamo, in un recipiente che è fatto a cubo, prende la forma del quadrato, prende la forma del cubo; se la si versa in un apparecchio che è la forma di una statua della Madonna, ecco, prende la forma di una Madonnina. La docilità è la perfezione dell’obbedienza: è lì che si dovrebbe arrivare, sì, è lì che si dovrebbe arrivare.
Ma allora questa persona è senza una volontà propria, è senza la ragione, e cioè non fa ragionamenti mai? E questa persona non ha una personalità sua? No, non è così: ha tutto! Bada4 a personalità superiore, ragiona con principi superiori. Principi superiori: ciò che dispone il Signore è sempre il meglio. Il Figlio di Dio incarnato ha fatto sempre ciò che voleva il Padre: «Quae placita sunt ei facio semper»5 [Gv 8,29], e non è morto né un minuto prima né un minuto dopo dell’istante fissato dal Padre Celeste.
Tutto, solo, sempre in letizia e in gioia. Sì, personalità propria. È più alta la sua personalità, in quanto che pensa: Ciò che vuole Dio è meglio, ciò che vuole Dio è meritorio. Ciò che vorrei io, se... siccome è mia volontà, farò questo che mi sembra anche forse meglio ma, non essendo il volere di Dio, non verrà pagato perché non è fatto per Dio, non è ordinato da Dio. È come se un vetraio venisse a mettere un vetro o vi portasse a casa una cosa che non desiderate: non la si riceve né si paga. Sì, così Dio.
La docilità di Maria, la docilità di Gesù, la docilità di Giuseppe. Giuseppe e Maria furono fatti passare per volontà di Dio in tante circostanze difficili, alle volte molto penose. Alle volte il Signore comunicava dei voleri, delle disposizioni che sembravano contrarie a quello che appariva loro migliore... ma non c’è cosa migliore che l’obbedienza, la docilità... e subito accettavano: così quando venne ordinato a Giuseppe di unirsi con Maria sua coniuge, quando venne ordinato a Maria e Giuseppe a portarsi a Betlemme, quando venne ordinato da Betlemme [di] fuggire in Egitto, e quando venne ordinato
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dall’Egitto [di] ritornare in Palestina e quindi stabilirsi a Nazaret... e là in quella casa la santa indifferenza. Notate però che la docilità portata a questo fine, a questo punto, è la santa indifferenza: è la perfezione, è la perfezione! Perché sant’Ignazio indica come perfezione il farsi indifferenti a tutto: cercare solo e sempre quello che piace a Dio, quello che è di sua maggior gloria, quello che Dio vuole. Tanto, se quest’oggi ti dicono che hai fatto bene come se dicono che hai fatto male; tanto, se le cose che volevi fare sono riuscite come, nonostante l’impegno messo, non son riuscite; tanto, se capita la miseria nella povertà come se hai abbondanza; tanto, se si dice bene di te e sei ben interpretata, come [se] si dice male di te e sei male interpretata; tanto passare per la strada di destra come la strada di sinistra, quando è nel volere di Dio6. E san Paolo diceva: So sopportare la fame e so vivere anche nell’agiatezza - come vuole il Signore! - e tanto sano come malato, e tanto in letizia come tormentato dalla tristezza, dalla malinconia, e tanto in fervore e tanto in tiepidezza, e tanto in calore spirituale quanto in aridità [cf Fil 4,12-13].
Oh, comprende tutto tutto questa docilità nelle mani di Dio! Quand’è che il Signore potrà fare di noi quel che vuole? Quando? Noi abbiamo da lavorare lungamente qui sopra ma, quando ci arriveremo, il Signore ci adopererà a far le sue cose più meravigliose, ci adopererà come strumenti... e sarà lui sempre che farà, ma si servirà di noi e darà a noi il merito di aver cooperato con lui. Il sacerdote dice le parole della consecrazione che cambiano l’acqua e il vino, cambiano il vino nel sangue di Gesù Cristo, come cambiano il pane nel corpo di Gesù Cristo: è il sacerdote che si presta ma l’opera è l’opera di Gesù Cristo; ma intanto il Signore ci dia di servirsi di noi come di strumenti, come il pennello è usato dal pittore, il quale l’adopera nel senso che vuole, e lo intinge nel barattolo che vuole secondo il colore di cui ha bisogno; e il pennello può esser messo da parte, può esser buttato via come inutile,
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e può esser lavato, può esser guastato: non fa opposizione. La docilità.
Perché? Che c’è [forse] differenza? Obbedire una volta... per esempio al suono del campanello che invita a tavola, e obbedire quando si battono le mani per andare al riposo o per levarsi, ecco, sono atti di obbedienza; ma la virtù è già un’abitudine di obbedire alle disposizioni che sono date, ma il voto è un voto: per obbligarsi di più facciamo il voto. Ecco, per obbligarsi di più a obbedire, facciamo il voto di obbedienza e cioè: siccome alle volte l’obbedienza costa, per non far peccato, ecco saremo più spinti, più sollecitati ad obbedire; e il voto quindi è un mezzo per disporre l’animo e per indurre l’animo nostro ad obbedire. Ma la docilità passa più avanti, supera ciò che è voto e ciò che è obbedienza e arriva a quella disposizione interiore di sempre accettare con letizia anche la sofferenza, anche l’umiliazione, anche la miseria, anche la privazione quando il Signore la permette... il suo volere7. Allora si è certi che l’abbondanza delle grazie entra in noi, perché il Signore non trova più nessuna resistenza a noi, nessuna resistenza. Anime che sono di Dio, anime che sono sempre con la faccia rivolta al Sole Divino come il fiore che è sempre voltato verso il sole... girasole: ecco, essere tanti girasoli.
Oh! Ho detto che questo stato, che costituisce una disposizione abituale, è quello che arricchisce l’anima dei meriti maggiori, dei meriti maggiori; eppure non è tanto facile. Si trovano alle volte persone che sembrano anche sante e che fanno anche delle cose che davanti agli uomini si fanno ammirare, e forse hanno del sapere e hanno della virtù in molte cose, ma trovare proprio la docilità nel volere di Dio è cosa assai più rara; e siccome questa docilità, quest’abbandono sereno, questa indifferenza nel volere di Dio conduce a tale perfezione, ci sono donne e uomini e contadini e operaie anche, eccetera..., le quali vivono in questa indifferenza e raggiungono una grande santità. Ma non hanno niente
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all’esterno che le distingue: non hanno né abito da religioso né una casa in cui si raccolgono come in una comunità, non hanno fatto i voti, ma hanno nel profondo della loro anima: Ebbè8, come Dio vuole!. Tutte le loro osservazioni, anche quando si va fare loro la condoglianza per una disgrazia: Ebbè, come Dio vuole! Beh, il Signore sa che ci siamo e ci conduce lui dove vuole: sia benedetto sempre!. Oh! In quel come Dio vuole c’è una profonda perfezione, eh!, che tante volte non si trova nelle religiose, sì. Perché, poi, essere in stato di perfezione9 non vuol dire essere perfetti: come se uno fosse nella nazione più ricca del mondo - dicono che siano gli Stati Uniti, adesso: non so se sia vero - ..., in ogni modo uno potrebbe stare nella nazione più ricca ed essere povero intanto lui personalmente; possiede la nazione, possiedono gli altri, possiede lo Stato. E dunque non solo [vivere] nello stato di perfezione che è lo stato religioso, ma ancora vivere la perfezione, vivere la perfezione.
Ecco, le vostre Costituzioni sono state composte, scritte come le ultime, e quindi sono più perfette. Oggi guardavo appunto questo: dopo il voto di obbedienza si tratta della vita di perfezione, la vita di santificazione10, la quale è così disposta e così informata che richiede la indifferenza, indifferenza. Vuoi partire per il Giappone?. Sì, se vuole. Vado solo a prendere il breviario e parto, ecco. Così rispose san Francesco Saverio11 quando gli fu detto: Vuoi andare missionario?. Egli era12 in Portogallo, è stato in Spagna, in Francia...
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andare missionario in quelle terre lontane dove era più facile morire martiri che ottenere frutto nella predicazione. Sì, se permette, vado a prendere il breviario e parto: ecco tutto! La santa indifferenza, la disposizione di docilità piena, piena.
E questo, alle volte, si verifica in una persona ma non si verifica nell’Istituto. Sto scrivendo appunto un articolo qui sopra, perché devo mandare il San Paolo alle varie Case e in questi giorni il tempo non è molto. Oh! Sono arrivato a questo punto, studiando la Teologia della perfezione13, [in cui è scritto] dove si sbaglia anche così: magari vi sono persone che sono indifferenti per sé, ma non sono indifferenti per l’Istituto; ma questa indifferenza per l’Istituto, come si può pensare? Si può pensare così: quando è fatta per amor proprio, e c’è un altro amor proprio che non è più personale ma è per l’Istituto, per interesse proprio, per la gloria del proprio Istituto; quando invece anche l’Istituto è investito, è animato da questa docilità, allora anche l’Istituto cammina in docilità, cammina in quella disposizione di abbandono in Dio. Così [il libro che sto leggendo] portava vari esempi, almeno sette-otto esempi di quello che succede. Anche l’umiltà personale e non l’umiltà come Istituto: invece bisogna che siano e l’uno e l’altro... umiltà, sì. Così per quel che riguarda la povertà: professo la povertà ma ho la ricchezza nell’Istituto, eccetera... sette-otto esempi molto, molto buoni, chiari, che servono per fare un po’ a noi l’esame di coscienza.
Oh! Allora in questi Esercizi possiamo mettere da parte tutta la nostra volontà per prendere intiera la volontà di Dio. È più perfetta la nostra o più perfetta quella di Dio? Se non ci allontaniamo dalla volontà di Dio, sappiamo di scegliere
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sempre il più perfetto, o che siano comandi espressi di Dio o che siano disposizioni che permette il Signore: tutto abbandono in Dio! E sia che uno venga adoperato in un ufficio e sia che venga adoperato in un altro; e sia che venga disposto un orario e sia che venga disposto un altro orario: quell’abbandono sereno nel volere di Dio... E sarebbe raggiunta già una certa posizione che ci immette in quella condizione nella quale14 Dio può servirsi di noi come vuole, sempre per la sua gloria e per la nostra maggior santificazione.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 72/60 (Nastro archivio 69b. Cassetta 69, lato 2. File audio AP 069b). Titolo Cassetta: “I voti. Obbedienza: docilità alla volontà di Dio”.
2 “Non volere” e “volere”: verbi latini all’infinito presente.
3 Cf TERESA DI GESÙ BAMBINO E DEL VOLTO SANTO, Storia di un’anima, Ms A, 177-178; cf anche 186; 188. Nel testo che segue, Il PM si rifà alle parole e agli esempi usati dalla stessa santa Teresa. Il PM dice: «come vuole sopra di me».
4 Parola incerta.
5 «Faccio sempre le cose che gli sono gradite».
6 Cf IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi Spirituali, 23, 155, 179.
7 Parole incerte.
8 La congiunzione “ebbene” è usata familiarmente nei discorsi diretti con il troncamento: embè o ebbè; e anche nelle forme: be’, bè o beh.
9 Sul concetto di “stato di perfezione”, cf ADOLFO TANQUEREY, Compendio di Teologia Ascetica e Mistica, 367.
10 Cf C ’58, artt. 143-148.
11 Francisco de Javier y Jaso (Javier, 7 aprile 1506 – Isola di Sancian, 3 dicembre 1552), nobile spagnolo, studiò a Parigi dove incontrò Ignazio di Loyola con il quale iniziò la Compagnia di Gesù; su invito del re di Portogallo, Ignazio lo inviò missionario nelle “Indie Orientali” in sostituzione di un altro sacerdote che all’ultimo momento non poté partire perché ammalato. Il 16 marzo del 1540, il giorno dopo la notizia del suo incarico, ricevuta la benedizione da Papa Paolo III, iniziò il suo viaggio verso il Portogallo, da cui si sarebbe poi imbarcato per le Indie l’anno seguente.
12 Parola incerta.
13 Il testo del domenicano Antonio Royo Marín (1913-2005), Teología de la perfección cristiana, uscito in Spagna nel 1954, fu pubblicato in lingua italiana dalle Edizioni Paoline in prima edizione nel gennaio 1960, con traduzione a cura di M. Pignotti e A. Girlanda. Seguirono poi altre edizioni, anche riviste e aumentate, e il testo è tutt’ora presente nel catalogo delle Edizioni San Paolo: ANTONIO ROYO MARÍN, Teologia della perfezione cristiana, Cinisello Balsamo 2003
11 , pp. 1216. Il PM ne caldeggiò in più occasioni lo studio e nel 1964 ne fece stampare un Estratto ad uso della Famiglia Paolina. Cf AAP, 1964, “Appendice 2”, pp. 323-382.
14 Il PM dice: che