Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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45. GESÙ ESEMPIO DELL’UOMO NUOVO
Pensieri e sentimenti interni piacciano a Dio!

Domenica XIX dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo (?), 16 ottobre 19601


[La parabola del] Vangelo2, come è presentata oggi, richiederebbe una lunga spiegazione. Nel breve tempo che abbiamo, perciò, ci fermeremo per questa volta sopra l’Epistola della Messa.

«Rinnovate, fratelli, i vostri pensieri per rivestire l’uomo nuovo rifatto sul modello di Dio nella giustizia e nella santità. Lasciate quindi da parte ogni menzogna, dite frequentemente la verità al prossimo e francamente, perché siamo membri gli uni degli altri. Se vi prende la collera, non arrivate al peccato: il sole non tramonti sul vostro rancore per non dare via libera al diavolo. Chi rubava non rubi più, ma si metta a lavorare onestamente in modo da aiutare quelli che sono più poveri di lui»3.

Questo tratto dell’Epistola di san Paolo agli Efesini è estremamente utile per una buona meditazione. Rinnovate i vostri pensieri per rivestire l’uomo nuovo rifatto sul modello di Dio nella giustizia e nella santità: vuol dire, san Paolo, che in primo luogo abbiamo da badare ai pensieri, prima di tutto rinnovare l’interno; i pensieri che siano santi, conformi al volere di Dio, pensieri che siano ispirati dalla fede, dalla fiducia,
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dalla carità, dall’obbedienza, dall’amor di Dio, dall’umiltà. Rinnovare i nostri pensieri, perché può anche essere qualche volta che si badi solamente a rinnovare l’esterno, e cioè ad osservare gli orari, a badare a quello che si fa e a non lasciarci sorprendere in fallo: no. Occorre che in primo luogo la santità sia interna: guidare i nostri pensieri e i nostri sentimenti del cuore, e sempre più questi sentimenti, questi desideri del cuore che piacciano al Signore. Tante volte noi possiamo sorprenderci: O, che cosa sto pensando adesso? Che cosa desidero adesso?. Ecco... e allora vediamo che possiamo rimetterci a posto, se non lo siamo; e se lo siamo, sempre più intensificare i pensieri santi e i desideri buoni, i desideri del cuore: desideri conformati all’umiltà, conformati all’obbedienza, conformati alla carità, alla fede... l’uomo nuovo così, rifatto sul modello di Dio, sì. Perché la natura nostra è inclinata al male, dopo il peccato originale, all’orgoglio, all’ira, all’invidia, all’attaccamento alle cose della terra, alla sensibilità, alla pigrizia, alla golosità, alla curiosità: dopo il peccato originale, abbiamo queste cattive intenzioni perché i figli che nascono da Adamo sono così, noi discendiamo tutti da Adamo; e allora bisogna rifarsi [a] come era Adamo prima che peccasse: allora c’è l’uomo nuovo...
L’esempio dell’uomo nuovo è Gesù Cristo: vivere quindi secondo Gesù Cristo, rifatto uomo sul modello di Dio; e ci modelliamo su Gesù Cristo per essere modellati sopra Dio, sopra il Padre Celeste. Tanto più se uno vuol vivere la consecrazione al Signore, occorre che abbia i pensieri, i sentimenti di Gesù Cristo: rifarsi, rifarsi! Vi sono alle volte degli sforzi per condurre una vita regolata lungo il giorno, l’obbedienza e il modo di parlare, il modo di operare, però in primo luogo l’interno, l’interno. In questi giorni passati, fra il resto avevo incontrato una figliola, la quale stava proprio lavorando solamente per l’esteriorità. L’esteriorità verrà poi da sé quando c’è dentro l’amor di Dio, quando ci son dentro i pensieri di fede, i pensieri conformati all’umiltà, alla carità, alla bontà, all’obbedienza. Decisamente guardar l’interno: e che è più difficile far l’esame sull’interno! Non si deve andare nello scrupolo
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che ogni pensiero inutile o distrazione sia peccato: no, ma che ci sia l’impegno invece di coltivare in noi pensieri buoni, i sentimenti buoni, i desideri buoni, sentimenti di umiltà, di obbedienza, di carità, di fede. Quindi rifarci, rifarsi: non bisogna più essere come si era, in sostanza.

Poi, andando avanti, san Paolo dice: Lasciate quindi da parte ogni menzogna, dite francamente la verità al prossimo, perché siamo membri gli uni degli altri. E cioè, come non vogliamo mentire a noi stessi, ingannare noi stessi, così non [dobbiamo] ingannare gli altri. Le menzogne possono essere alle volte di cose da nulla - possono essere cose che ancorché si esageri per esempio nel raccontare una cosa o raccontare un fatterello con cui4 si pensa solamente di tenere lieti, e sfugge qualche bugia -, e alle volte le bugie possono essere gravi, e ci sta di mezzo poi quello che è bugia da nulla e quello che è bugia grave... lì c’è poi una catena di cose, oh!
Per esempio, la menzogna quando una persona è interrogata o in confessionale o da chi ha autorità di interrogare, e quando si copre un certo atteggia[mento], un certo fallo, in sostanza; e può essere che una abbia l’abitudine invece in ricreazione o anche nelle relazioni quotidiane, di abituarsi... che si abitui alle piccole bugie; se dalle piccole bugie poi si passa alle altre, la via è facile e il danno è notevole. Perché Dio è verità: Io sono la verità [Gv 14,6], ha detto Gesù. Abituiamoci alla semplicità, alla sincerità con tutti, con tutti. Non che si debba dir tutto, perché la prudenza deve regolare le cose che si dicono, ma quando sono da dirsi, dirsi con semplicità, sincerità.
La carità poi è anche regola, oltre la prudenza, regola nel parlare, se parliamo di altri specialmente; e anche se parliamo con la persona che ci sta ascoltando, si può fare buona impressione con quello che si dice e si può fare anche cattiva impressione: raccontare una cosa che è stata scandalosa può fare cattiva impressione.
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Se vi prende la collera, non arrivate al peccato, il sole non tramonti sul vostro rancore per non dare via libera al diavolo: la collera, l’ira... questo può succedere, ognuno ha il suo proprio temperamento, il suo proprio carattere sanguigno, collerico, iracondo, e altri hanno un temperamento flemmatico, sì. Quindi se vi prende la collera, non arrivate al peccato, cosa vuol dire? Non pensare a vendette, non pensare a dire parolacce, non pensare a magari vendicarsi, a vendicarsi. Reprimere e lasciare che sia smorzata la collera: poi si parlerà quando il cuore sia di nuovo in calma. San Francesco di Sales5 fece tanto sforzo qui sopra ed arrivò ad essere il santo della mitezza, il santo della dolcezza, combattendosi e tuttavia sempre correggendosi e imponendosi anche qualche mortificazione in modo da finire con il dominare se stesso, e si è dominato perfettamente. Non arrivare al peccato, perché il turbamento interno non è subito peccato - quello è un effetto della nostra natura -, ma frenare, aspettare, lasciare passare e al più presto mettersi con Gesù. Qualche volta, nei casi più gravi, giova far subito una comunione spirituale.
Il sole non tramonti sul vostro rancore: e vi sono persone che conservano il rancore perché si è detto loro una parola, si è fatto loro un’osservazione, eccetera. Allora dice san Paolo: Per non dare via libera al diavolo, perché allora il diavolo cosa suggerisce? La collera che si era suscitata interiormente, quello era dalla natura: quindi per sé non è peccato; ma se la si tiene e si pensa male, oppure si conserva rancore per quello che si è sentito, eccetera... che cosa succede? Via libera al diavolo!

Poi san Paolo, siccome scriveva agli Efesini che avevano degli errori nella loro mente circa il lavoro, li avverte: Chi rubava non rubi più, ma si metta a lavorare onestamente in modo da aiutare quelli che sono più poveri di lui. Perché, anche se uno avesse ricchezze e potesse condurre una vita, diciamo, senza lavorare per mantenersi, è sempre obbligato6
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a lavorare in modo da aiutare quelli che sono più poveri di lui; e allora si dovrà lavorare per produrre per gli altri, e in Congregazione per produrre per la Congregazione. Poiché la legge del lavoro non cessa con la professione, anzi è consecrata la legge, e acquista un valore superiore allora il lavoro: un lavoro che diviene redentivo, un lavoro che viene meritorio, un lavoro che diviene apostolato, in modo da aiutare quelli che sono più poveri di lui.
D’altra parte c’è sempre da considerare che da giovani, da bambini abbiamo ricevuto tutta carità e poi, se si viene vecchi, si avrà bisogno ancora di carità; e allora, specialmente quando si è nella buona età, [la persona] si metta a lavorare onestamente, dice san Paolo... utilmente anche, materialmente per l’Istituto, sì, come la mamma lavora utilmente per la sua famiglia; e consecrarsi a Dio vuol dire non che si lasci il lavoro, ma che si migliori, che si faccia sempre più in ordine alla vita eterna, sempre in ordine alla famiglia nuova, alla famiglia religiosa in cui uno è entrato, e poi si compia con la retta intenzione, compia facendo le cose benino come si possono fare, in maniera di progredire. Non si può dire che un anno fa una sapeva solamente cucire qualche cosa di più semplice [e non ha progredito]... dopo un anno bisogna che sappia di più, bisogna che sappia meglio far la cucina, la pulizia e tutto il lavoro esteriore che può essere [curare i] fiori, possono essere invece [coltivare gli] ortaggi, possono essere invece altri lavori come la redazione, come la pittura, come la scrittura... ciascheduno secondo l’istruzione e secondo l’ufficio che viene assegnato.

Ecco quanti insegnamenti da questo breve tratto della lettera di san Paolo agli Efesini.

Oh! L’autunno è un tempo più adatto al raccoglimento: in questo tempo si può progredire di più. Allora, avanti, cercando ogni giorno di migliorare: al mattino proporci quello che dobbiamo fare nella giornata; alla sera renderci conto, specialmente nella Visita, poi [con] l’esame di coscienza.
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Come dice san Paolo, in primo luogo i pensieri, i sentimenti interni. Sono più difficili da controllare i pensieri e i sentimenti interni, neh, più difficili qui, ma siccome vivete la vostra vita religiosa serena, raccolta, si arriverà proprio a santificare in primo luogo l’interno: piacere a Dio con la nostra mente, con il nostro cuore; amare Dio con la mente e con il cuore... poi le forze, la volontà, anche nelle cose esteriori.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 82/60 (Nastro archivio 79a. Cassetta 79, lato 1. File audio AP 079a). Titolo Cassetta: “Rivestitevi dell’uomo nuovo”.

2 Il Vangelo del giorno narrava la parabola degli invitati alle nozze: Mt 22,1-14.

3 Epistola: Ef 4,23-28. Il brano viene citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.

4 Il PM dice: un fatterello che.

5 Vedi pp. 238-239.

6 Qui il PM usa il plurale: siamo sempre obbligati.