39. DOMENICA XX DOPO PENTECOSTE
Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 1° ottobre 19671
Dal Vangelo secondo Giovanni2.
In quel tempo: C'era un funzionario regio il cui figlio era ammalato in Cafarnao. Ed avendo appreso che Gesù dalla Giudea era venuto in Galilea, andò da lui, e lo pregava di discendere e di guarire suo figlio che stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete miracoli e prodigi, voi non credete». E il funzionario gli rispose: «Signore, discendi prima che mio figlio muoia». E Gesù gli disse: «Va', tuo figlio vive!». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e se ne andò. E già era sulla via del ritorno, quando i servi venutogli incontro, annunziarono che suo figlio viveva. Allora egli domandò in quale ora avesse cominciato a star meglio. Ed essi gli risposero: «Ieri, all'ora settima la febbre l'ha lasciato». Il padre allora riconobbe che era proprio quella l'ora in cui Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive». E credette lui e tutta la sua famiglia.
È anche utile la lettura (...) agli Efesini, la Lettera agli Efesini3.
Fratelli, guardate attentamente come vi comportate; non da stolti, ma da sapienti che traggono profitto dal momento presente, perché i giorni sono cattivi. E perciò non siate sconsiderati, ma vogliate comprendere quale è la volontà di Dio. Non inebriatevi col vino, che vi porta alla dissolutezza, ma siate pieni di Spirito Santo, dicendo tra voi salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmodiando al Signore nei vostri cuori, rendendo grazie in ogni tempo per tutte le cose, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, a Dio Padre. Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
Sì, il miracolo compiuto, Gesù guarendo quel figlio che si trovava in grado di essere... condizione di morire. E il Signore compì il miracolo. Allora dobbiamo sempre aver fiducia nella grazia del Signore, in quel particolare modo che ci siano le grazie spirituali, prima delle grazie temporali o corporali. Noi dobbiamo aver più cura dello spirito che del corpo. Che abbiamo la cura della santificazione invece di mettere prima la salute.
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Oh! In questo giorno però si può fare una riflessione molto utile, e cioè: nella confessione sono necessarie le disposizioni, tutte; e in primo luogo, la preghiera per fare bene la confessione, e poi l'esame di coscienza; fatto, l'esame di coscienza, con prudenza e con perfezione, senza però scrupoli. Ma quello che più importa nella confessione è il pentimento col proposito. Il valore della confessione è proprio sopra questa parte particolare, fondamentale, sostanziale, e cioè, il perdono per i pentimenti, e il proposito di non commettere mai più peccati. Quindi nella confessione non ci siano gli scrupoli, ma ci sia quello che è necessario e fondamentale per ricavare un profitto nuovo della confessione. Fatto l'esame di coscienza, il dolore e, col dolore, viene insieme il proposito. E cioè: mi è dispiaciuto di fare questo peccato; non lo faccio più. Quindi il dolore è sempre unito al proposito, cioè se c'è veramente il proposito di non commetterne più. Quindi, dolore e proposito sono uniti. E il frutto della confessione è in proporzione del pentimento e del proposito; del pentimento, cioè, del dolore e del proposito insieme.
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Quanto al dolore, sono due specie di pentimenti, e cioè: quello che è un dolore perfetto, e altro quel che è dolore, ma imperfetto. Il dolore perfetto che senso ha? Ha il senso: abbiamo commesso il peccato, perché abbiamo disgustato Dio, abbiamo tolto quel che dobbiamo dare di gloria al Signore, di avere disgustato il Signore Gesù. E quindi vi è un pentimento che è perfetto, cioè, in quanto che il peccato ha offeso il Signore e impedendo la sua... non cercando la sua gloria. E poi quello che serve a dispiacere al Signore Gesù, quello che si è fatto di male. Quindi il pentimento dipende da questo: il peccato ha offeso il Signore, ha disgustato il Signore, sì. Questo è il pentimento perfetto.
Ma poi vi è altro pentimento, che è anche valido, ma non è così perfetto. E cioè: perché abbiamo peccato, e perché ci siamo meritati i castighi, perché abbiam perduto i meriti, abbiamo perduto le grazie. Quindi ci pentiamo per il male per noi.
Ma il dolore perfetto è quando il peccato è considerato come male a Dio, cioè non dà la gloria di Dio e ha disgustato il Signore, e i dolori stessi che Gesù Cristo ha sofferto sulla croce, sì. Il dolore perfetto, e si chiama contrizione, o l'altro, si chiama invece attrizione, e cioè, quando ci pentiamo per il male che ci è venuto addosso a noi. Se noi abbiamo il pentimento perché il peccato porta offesa al Signore, è, questo, contrizione; e quello che invece il peccato perché danneggia noi... allora c'è veramente il dolore. Quindi ci può essere l'attrizione e contrizione. La contrizione è perfetta, e l'attrizione è il dolore meno perfetto.
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Quindi, quanto più sarà di profitto la confessione? Quanto più è di profitto se il dolore è la contrizione: perché ho offeso il Signore, offeso Gesù Cristo, offeso l'Eucaristia. Oh! Ma poi, se invece ci pentiamo per i mali che sono addosso a noi, perduti i meriti, ho offeso... attirarci addosso i castighi del Signore e la privazione di beni e di grazie (...). Quindi, altro è sentire il pentimento verso Dio: contrizione; e verso di noi, e allora abbiamo l'attrizione. Quindi la confessione sia fatta quanto meglio. Se però, se almeno l'attrizione, anche questo vale il sacramento, sì, ma non ha i frutti e i meriti come il sacramento col dolore, con la contrizione. Quindi vedere se ci contentiamo di una confessione sufficiente oppure di una confessione perfetta. Quale vogliamo scegliere? Ecco.
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Questo vale per la confessione, sì, ma vale anche per l'esame di coscienza; perché non basta guardare i difetti che sono stati e le mancanze che sono state; ci sia allora o la contrizione o l'attrizione, sì. Quindi non basta trovare i nostri difetti, le nostre mancanze, ma ciò che è più fondamentale è il pentimento, e, se è perfetto, la contrizione; e almeno ci sia l'attrizione. E tanto la confessione come l'esame di coscienza, se il pentimento è perfetto. allora: abbiamo offeso Dio. E se invece è perché noi abbiamo mancato e quindi con danno nostro, allora con l'attrizione. Ora, non soltanto per la confessione, ma l'esame di coscienza. Vi sono persone che sono giuste nel fare l'esame di coscienza, e cioè, almeno in qualche maniera, hanno riconosciuto i propri difetti; ma quello che è più necessario: il pentimento, il dolore, il quale può essere perfetto e può essere non perfetto. Quindi, il perfetto. E quindi, se si arriva alla sera e si ha e si sente veramente il dolore, cioè, quello che è la contrizione, oppure soltanto l'attrizione, sì. E quando vi è la contrizione, facilmente, e più facilmente almeno, viene scancellato tutto quel che è in debito verso il Signore. Ma se è soltanto l'attrizione, c'è il perdono, ma ci sarà ancora da far la penitenza. E di non commettere più per causa nostra, sì.
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E oggi tenere questa decisione: come sarà la mia confessione? Come saranno i miei esami di coscienza? Specialmente che c'è il tempo tutto adatto per l'Adorazione con l'esame e il dolore. Quindi l'esame dell'Adorazione ci dà il tempo, e ci dà la luce di Dio, e ci dà la grazia, sì, per far cosa perfetta, e quindi l'amore perfetto a Dio. E quando invece è solamente per avere noi il danno, questo è anche pentimento, ma non è perfetto. E domandare al Signore la grazia di arrivare al pentimento perfetto.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 151/c (= cassetta 243/a). Voce incisa: «Domenica XX dopo Pentecoste: meditazione del PM”. In PM, nessun indizio cronologico (cf nostra nota in c305). - dAS, 1° ottobre 1967 (domenica): «Celebrazione e meditazione alle PD in cappella CGSSP».
2 Gv 4,46-53.
3 Ef 5,15-21.