Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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54. IL PECCATO VENIALE54
1. Stamattina chiediamo a Gesù la grazia di non commettere mai nessun peccato veniale deliberato: ab omni peccato, libera nos Domine!
Il peccato veniale è il primo frutto della tiepidezza e l'aumenta. La tiepidezza infatti è segnata:
- dalla volontà di commettere peccati veniali deliberati;
- dal compiere male e con poca volontà i nostri doveri;
- dalla preghiera mal fatta.
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2. Domandiamo oggi la grazia di detestare e odiare il peccato veniale. Il peccato veniale è una offesa fatta a Dio in materia leggera, oppure anche in materia grave, ma senza tutta l'avvertenza e il consenso. Può essere un pensiero contro la carità, un sentimento di invidia assecondato, una parola offensiva o di mormorazione. Può essere un'opera fatta male, una perdita di tempo a studio e in apostolato.
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3. Il peccato veniale non fa perdere la grazia di Dio, ma ci raffredda nei nostri rapporti con lui. Scompare quell'unione calda e forte che c'è come fra amico ed amico. Il peccato veniale non merita l'inferno, però fa andare in purgatorio. Non ci fa perdere il paradiso, ma tanti meriti e la gloria a cui Dio ci ha chiamati. Non proibisce la comunione, non porta subito con sé il rimorso, addormenta l'anima, non le fa sentire l'attrattiva verso il bene, la rende trascurata nel servizio di Dio che viene compiuto con freddezza e negligenza. Può anche far perdere la vocazione perché toglie all'anima lo slancio per proseguire!
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4. Se una mamma è tutta dedita alla sua famiglia, la religiosa deve essere tutta dedita a Dio. Con l'abitudine al peccato veniale si è nella via di mezzo e facilmente si è attratti dal mondo. Non corrispondere alla vocazione può avere delle conseguenze anche più gravi del peccato mortale.
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5. Il peccato veniale ci rende faciloni in ogni cosa e produce in noi effetti cattivi senza che ce ne accorgiamo. Si ascoltano i suggerimenti cattivi e le tentazioni del demonio che, però, non propone subito una cosa grave, perché si direbbe subito di no. La sua tattica è di entrare un po' per volta, di aprire l'uscio adagio, perché non ci si accorga. Allora si incomincia col trascurare gli avvisi, non farci caso e disprezzarli.
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6. Non vi sembri esagerato ciò che si dice del peccato veniale. Il Signore dice: «Fossi almeno freddo! Poiché sei tiepido, ti rigetto da me» (Ap 3,15b-16). Ma non è più grave il peccato mortale? Eppure: «quia tepidus es, et nec frigidus, nec calidus incipiam te evomere ex ore meo» (Ap 3,15b-16).
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7. Quando si incomincia a trascurare le piccole cose, il Signore si ritira da noi per stabilirsi nelle anime più fervorose. Ci dice il Signore: «Tu non vuoi più bene a me ed io non ne voglio più a te». Così mancano le grazie ed allora non ci si sente di andare più avanti ed un brutto giorno ci si decide per un passo grave: «Non mi sento più!».
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8. Ecco quel che dobbiamo fare: odiare il peccato veniale deliberato. Si dice deliberato perché le imperfezioni possono anche continuare a sussistere; anche i santi non ne erano esenti. Solo Maria santissima fu libera da ogni colpa e difetto. Lottare e correggerci perché il peccato veniale non prenda campo. Finché dura la lotta e c'è sforzo, abbiamo tutto da acquistare; la lotta termina in cielo con la corona di gloria.
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9. Andare alla comunione per ottenere la volontà di lottare contro il peccato veniale e prima purificarci con un atto di dolore. C'è chi va alla comunione e mette Gesù su un letto di spine, cioè pieno di peccati veniali. Prima di riceverlo vedere se il nostro cuore è a posto per Gesù. Può essere povero, ma pulito e caldo di amore.
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10. Esaminiamoci: vi è in noi l'odio per il peccato veniale? Quell'odio che ce lo fa detestare e ci fa promettere di non commetterlo più? Vigiliamo sui pensieri contro la carità, la prudenza, la pazienza e la fede? Vigiliamo sugli occhi, sulla lingua, sull'udito, sui sensi? Vigiliamo sulla nostra vita per non perdere tempo nei nostri doveri di studio, di apostolato, di preghiera? Vi è la costante vigilanza?
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11. Il Signore vi conforti e vi faccia comprendere ciò che è il fervore. Non è un sentimento interno e sensibile o una commozione, ma è la buona volontà. Anche la commozione della comunione, se è seguita da perdita di tempo e da poco impegno nei nostri doveri, non è fervore, ma illusione.
Non perdiamoci in cose inutili, col cuore in una cosa e il corpo in un'altra.
Maria non commise mai nessuna venialità, chiediamo a lei l'odio al peccato veniale.

Albano Laziale (Roma)
29 ottobre 1954

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54 Albano Laziale (Roma), 29 ottobre 1954