Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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40. SPIEGAZIONE DELLE COSTITUZIONI - VI40
Carità fraterna
1. E' di somma importanza fare una serena vita religiosa. Questa si fonda su due principi: sull'umiltà di ciascuno dei membri della casa e sulla benevolenza. Occorre possedere l'umiltà per cui ognuna si ritiene inferiore all'altra davanti a Dio. Ci può essere una suora superiora di grado ma non di merito e nel giorno del giudizio questa riceverà un premio inferiore rispetto alla suora che vive nell'umiltà. Il nostro merito è la partecipazione ai meriti di Gesù sulla croce e quando siamo umili riceviamo più grazia.
Essere respinti da Dio è grande disgrazia, essere amati da dio è grande grazia.
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2. Alle volte vi è più sapienza in un'anima umile che in una che ha molto studiato. Certi sapienti e prudenti sanno di possedere la sapienza del mondo e non capiscono nulla delle cose di Dio. Può essere che chi è umile abbia più spirito di sacrificio e spenda meglio i suoi talenti, perciò dobbiamo stabilire l'umiltà nei nostri cuori.
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3. Vi è tuttavia una gerarchia su questa terra. La congregazione, come ogni società, ha il suo capo e i suoi membri. In paradiso tutti sono membri solo Cristo che si è fatto umile è il capo. Il nostro posto è quello che abbiamo meritato specialmente con la fede e con l'umiltà.
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4. L'orgoglio porta tante cattive conseguenze come la disistima degli altri e la stima di noi stessi al di sopra degli altri, anche se abbiamo tanti difetti. L'orgoglio porta alla disobbedienza e alla critica; l'umiltà invece porta a servire, a fare le cose più umili e, man mano che si progredisce, ci si sente sempre più servi di Dio.
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5. Dovete essere tutte compagne di gloria in paradiso. Non sappiamo se sono più le pene che facciamo sopportare agli altri o quelle che gli altri fanno sopportare a noi. Essere sempre disposti a sacrificare qualche cosa piuttosto che sacrificare la carità perché è la virtù più alta.
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6. La legge dell'amore sta sopra a tutto e si oppone al rancore, che è serbare il ricordo dei dispiaceri avuti e desiderare la vendetta; si oppone all'invidia, che è come quella di Caino, e alla gelosia che albergava nel cuore degli apostoli quando erano ancora imperfetti.
Bisogna reprimere energicamente le mancanze contrarie alla carità e incoraggiare, sollevare e aiutare sempre.
Benedette quelle case in cui, più che religiose, abitano angeli!
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7. La carità non è solo dare il necessario a pranzo; è correggere, è sostenere, è avere premura materna, «date e vi sarà dato» (Lc 6,38).
Vi sarà chi è già arrivato un gradino più in su, allora questi insegnerà agli altri a salire. Anche nella visita al santissimo Sacramento, quanto c'è da imparare e insegnare! Tra i mezzi buoni che principalmente usava il Maestro Giaccardo c'era alla sera l'esame in pubblico.
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8. La carità si applica in questi quattro modi: pensare bene di tutti, parlare bene, desiderare il bene, fare il bene. Vedere se i traviamenti di certe giovani non siano dipesi un po' da noi, se siamo state chiare nelle spiegazioni, se abbiamo costantemente edificato le sorelle, se da parte nostra abbiamo costruito la comunità come un nido di pace in cui le giovani potessero affezionarsi subito.
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9. Da ogni persona si può ricavare qualche bene. Vi sono suore che hanno più intelligenza, altre hanno più memoria, altre più pietà. Quando si deve fare un giudizio su una persona vedere questi punti: com'è di spirito? Può imparate? Ama l'apostolato, la buona educazione, la povertà?
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10. Sullo studio, l'apostolato, la povertà si fa la media, sullo spirito ci deve essere la sufficienza.
Il Signore premia secondo l'impegno, non come gli uomini. Nel giudicare siamo equanimi e sempre umili.
«Signore, fa che io sia sempre illuminata dalla verità e faccia ciò che fareste voi al mio posto».
Cerchiamo di imitare il buon Pastore.

Albano Laziale (Roma)
7 agosto 1954

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40 Albano Laziale (Roma), 7 agosto 1954