Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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44. SANTIFICARE I NOSTRI SENSI (Domenica XI dopo Pentecoste)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 14 agosto 19661

Il tratto dell'Epistola di san Paolo nella Lettera ai Corinti. E nell'Epistola parla, san Paolo, della risurrezione di Gesù Cristo e delle varie apparizioni che il Signore ha fatto per confermare la sua risurrezione2. Quello è il miracolo dei miracoli, la risurrezione; è il primo, [il] più grande. Un morto non risuscita se stesso. Il miracolo più grande.
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Ora, un miracolo che ci serve a meditare.
In quel tempo: Gesù, lasciato il territorio di Tiro, attraverso Sidone, giunse al mare di Galilea, in piena regione della Decapoli. E condussero a lui un sordomuto pregandolo di imporgli le mani. [Gesù], presolo in disparte dalla folla, mise le dita nei suoi orecchi e gli toccò la lingua con la saliva; poi, alzando gli occhi al cielo, emise un gemito e disse: «Effeta», che vuol dire «Apriti». E subito gli si aprirono gli orecchi e si sciolse il nodo della lingua e parlava speditamente. Gesù comandò di non parlarne a nessuno; ma quanto più lo raccomandava, tanto più essi ne parlavano, e al colmo dell'ammirazione dicevano: «Ha fatto bene tutte le cose; ha fatto udire i sordi e parlare i muti»1.
In questo Vangelo vi sono innumerevoli pensieri e riflessioni; ma possiamo prenderne due, e cioè: come usare noi la lingua? E come noi usiamo l'orecchio? Meditare questi due doni che ci ha dato il Signore.
Costui era nato così, con la lingua che non parlava e gli orecchi che non sentivano, sì. Allora il Signore compì il miracolo secondo la fede che aveva quell'infelice. Gesù, a fare questo miracolo ha voluto, primo, portare l'infelice fuori della folla, e poi dopo, presolo in disparte, mise le dita nei suoi orecchi e gli toccò la lingua con la saliva. Oh! Quando risuscitò colui che era già sepol... ma qui ha adoperato una forma diversa, mettendo le dita nei suoi orecchi e gli toccò la lingua con la saliva.
Abbiamo da considerare che noi dobbiamo santificare l'udito e santificare la lingua, sì. Toccò gli orecchi e gli toccò la lingua con la saliva. Un modo particolare di fare il miracolo. E ne abbiamo bisogno.
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Noi abbiamo i sensi, per la misericordia di Dio: e gli occhi e l'udito e la lingua e il tatto e l'odorato. Ora il Signore ci illumina qui. Che noi siamo veramente saggi! Usare dei doni che il Signore ci ha dato: l'udito e la parola, la lingua; la lingua la quale serve per innumerevoli cose, sì, cominciando dalla preghiera. Ma l'uso della lingua è sempre stato in ordine a Dio? Ogni parola che parliamo è in ordine a Dio? al bene? a noi e agli altri? Dobbiamo sempre dominare la lingua. Questa lingua che commette tanti peccati e può guadagnare tanti meriti, secondo l'uso che facciamo della lingua. Sì, la lingua [usarla]: nel parlare con Dio, nel parlare con gli uomini, e nelle varie circostanze, e fuori e entro. E nell'Istituto: l'obbligo del silenzio secondo le Costituzioni, e secondo quello che si è imparato nel noviziato come usare della lingua, quando c'è il tempo del silenzio. Questo riguarda l'Istituto. Ma poi, prima Dio, e cioè, in primo luogo, [che] noi usiamo della lingua secondo il volere di Dio, sì. E poi dobbiamo domandare perdono di quello che noi abbiamo commesso usando malamente la lingua: e critiche, e giudizi, e narrando cose, ecc. Sì, innumerevoli peccati vengono commessi dalla lingua.
Il peccato può essere in pensieri, in sentimenti, in opere, e in lingua, e nel parlare; si può sbagliare, quindi, si può sbagliare con la mente, col cuore, con le opere, con la lingua. Nello stesso tempo si può lodare Dio, e guadagnare meriti quando ci sono i pensieri santi, i sentimenti santi, le opere sante; e la lingua, quando viene usata bene, merito, merito e merito: puoi dare un consiglio; puoi dire una cosa che è obbligatoria, tra le persone; e poi per indicare, aiutare e portare anche letizia e consolazione alle persone con cui si vive. Un esame sopra la lingua: quanti meriti avrà già fatto questa lingua da voi, da noi? E quanti demeriti possono essere stati commessi. C'è da fare un esame. Sì, il dono di Dio. Che noi non ne abusiamo, ma lo usiamo per la sua gloria. La lingua.
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Secondo: il Signore Gesù toccò l'orecchio, anzi, mise le dita nei suoi orecchi, nell'infelice, sì.
E noi abbiamo aperto gli orecchi al bene? Oppure sono stati aperti gli orecchi a sentire cose meno buone? Gli orecchi. Abbiamo cominciato a sentire dalla mamma, di Gesù, ed è entrato forse la prima volta nei nostri orecchi il nome di Gesù, bambinetti, come prima parola. E poi la parola di mamma di papà. E noi abbiamo aperto gli orecchi per tutto quel che è buono e quel che è necessario. Da rimparare dai genitori, la mamma; e il catechismo a scuola, e prediche, e tutte le relazioni che si hanno nella società che sono obbligatorie; e cioè, ascoltare quello che si deve ascoltare nel trattare con le persone, e per apprendere nella scuola, e come apprendere le prediche; tutto. Sia usato, l'orecchio, per il bene, per il bene. E quindi, con le persone si risponda. Perché? Perché si è sentito; e quindi si è sentito, allora seguirà la parola, il discorso secondo il bisogno, come poi si potrebbe fare, operare nella società. Sarebbe molto difficile, molto difficile, privi dell'orecchio. Si dovrà fare soltanto a gesti.
Oh! E questi orecchi hanno servito a tutta la predicazione, e a tutte le scuole, e a tutta l'istruzione che abbiamo avuto da piccoli fino ad oggi? E anche ad ascoltare i consigli, le istruzioni, le prediche? Orecchi per ascoltare, secondo i bisogni, sì. Si può anche abusare: ascoltare mormorazioni; quello è abuso dell'udito; o discorsi inutili che distraggono soltanto, sì.
D'altra parte, qualche volta, si potrebbe anche fare come colui che finge di non aver sentito, perché era una parola non buona; allora non si dà risposta come se non avesse sentito. Ed è bene questo. Oh! orecchi, ecco. Possiamo apprendere innumerevoli cose con l'udito, e possiamo anche fare i sordi, sì.
Questi due doni, dell'udito e della lingua, posson anche perdersi man mano che si arriva alla vecchiaia, in certa misura, più o meno, secondo i casi, secondo le persone.
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Ora, usiamo bene di questi doni, come se avessimo avuto del denaro; usarne per il Signore, per il bene. E così, come abbiamo avuto l'udito e la lingua, usarle santamente. C'è da fare un esame. Perché? Perché tanto dobbiamo riflettere: come abbiamo usato la lingua? E come abbiamo [usato] l'udito? Alle volte si fa il sordo, e le cose che vengono dette non si ascoltano; o se sono dette, non si vogliono sentire; oppure si sentono e non dando importanza alle cose che devono essere seguite. Oh!
Quindi, sempre nell'esame di coscienza: pensieri, sentimenti, azioni, e quello che sono la lingua e gli orecchi. Questi due doni: come l'abbiamo usati, e di cui abbiamo poi [da] rendere conto al Signore. Alle volte certe conversazioni potrebbero essere migliori, secondo il nostro spirito. Perciò rimane a noi il dovere di fare bene l'esame di coscienza sopra questi due sensi. E c'è la vista, l'udito, la lingua, il gusto, l'odorato, il tatto. Ora c'è da fare l'esame sopra i due: la lingua e l'udito. Usarne santamente di tutte e due questi doni, questi due sensi che ci ha dato il Signore. E quell'infelice non l'aveva, né l'udito né la lingua. Come li abbiamo usati? E come vogliamo usarli? I nostri propositi, la nostra vigilanza sopra di noi stessi; come esame, e quindi i propositi. Abbiamo tutti bisogno, però, tutti, nessuno escluso, tutti, quindi.
E domandare al Signore che la nostra lingua che tocca il corpo di Gesù Cristo, e l'udito che deve sentire la parola di Dio... sia benedetto il Signore. E che noi il talento lo spendiamo in bene.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 140/b (= cassetta 223/a). - Voce incisa: “Domenica XI dopo Pentecoste: meditazione del PM”. Per la datazione, cf PM: «Meditare questi due doni che ci ha dato il Signore [la lingua e l'udito] (cf PM in c403 e anche nostra nota in c393). - dAS, 14 agosto 1966 (domenica): «Celebra [il PM] verso le ore 5; dopo la Messa, meditazione alle PD». Durante la notte il PM apprende la morte di don Salvatore Alessandria deceduto all'ospedale di Cuneo».

2 Epistola: 1Cor 15,1-10.

1 Vangelo: Mc 7,31-37.