Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. INTRODUZIONE AGLI ESERCIZI SPIRITUALI: PURIFICAZIONE (V)

Esercizi Spirituali (13-21 giugno 1966) alle Pie Discepole del Divin Maestro, novizie del 2° anno.
Roma, Via Portuense 739, 13 giugno 19661

Cominciamo col ringraziare il Signore di tutti i benefici e grazie che abbiamo ricevuto: dalla creazione, poi dal battesimo, poi la vocazione, e poi tutto quello che già noi abbiamo fatto di bene e, nello stesso tempo, noi mentre lo ringraziamo, il Signore, domandiamo altre grazie. È sempre saggezza, quando si vogliono ottenere grazie importanti, cominciare dal ringraziare il Signore: «Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno». Poi dopo: «dà a noi il pane quotidiano», e le altre domande2.
Ora ringraziare e così avrete più abbondanza di grazie per questo corso di Esercizi Spirituali. Sì, ringraziare.Grati estote3 - come dice san Paolo -: siate riconoscenti.
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Oh! Allora adesso, volendo partecipare a questo corso di Esercizi, consideriamo: il corso di Esercizi si deve considerare sotto tre aspetti. Il primo è: purificazione; secondo: la santificazione; e terzo la preghiera, la quale preghiera è per tutti gli otto giorni degli Esercizi Spirituali. La preghiera deve sempre dominare.
La purificazione sotto vari aspetti: il nostro stato spirituale, e poi gli esami di coscienza, il pentimento, i propositi, e, soprattutto, il sacramento della penitenza. Dopo, la virtù della penitenza, di cui si parla poco, ma è una virtù che ci mantiene a posto, equilibrati, non tanto presi da pensieri di superbia, di vanità. Pensare che abbiamo avuto tanti torti davanti a Dio.
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Ora, primo passo è l'esame di coscienza, come inizio della purificazione. Cercare quel che ci manca, quel che c'è stato ancora di male, di difetti. Sì, l'esame.
Ora l'esame, facciamo subito una domanda a noi stessi; sempre interrogare il nostro intimo: sono in istato di fervore, o sono in istato di tiepidezza, o sono in uno stato non buono o cattivo? Speriamo che non ci sarà questo. Ma l'interrogativo, e cioè: ho veramente fervore, oppure vivo un po' con trascuranza? tiepidezza? Ecco, interrogare noi stessi. Non quel che possono dire gli altri, ma quello che può rispondere la nostra coscienza alla domanda, sì.
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Venendo poi all'esame, in particolare domandiamo a noi stessi: come è la mente, l'intelligenza, il cuore, la volontà? Abbiamo tre facoltà interiori, cioè: intelligenza o ragione, lo stesso; secondo, la nostra volontà com'è; e terzo il sentimento, quel che c'è nel nostro intimo, il cuore. Domandare a noi medesimi, quindi.
[Primo], la nostra mente: abbiamo pensieri sempre buoni, sempre santi, pensieri che ci portano a quello che è buono e santo, ritenere quello che è buono e santo? Oppure sprechiamo un poco la mente, l'intelligenza, impiegandole in cose non necessarie per noi, non utili per noi? E vi sono anche i pensieri cattivi, pensieri di superbia, pensieri di vanità, di ambizione, di attaccamenti, ecc.? Perdiamo noi tempo? studiamo? impegniamo la nostra mente a fare sempre le cose meglio, e imparare volentieri da tutto ciò che viene detto o nella predica o negli Esercizi o nelle meditazioni o nella scuola o quando si è avviati per fare un apostolato o un altro? Come utilizziamo la mente? O perdiamo un po' per pensare delle cose che non ci servono? Spreco. Se si sprecassero, buttati nella strada, biglietti da mille, si direbbe che siamo stolti. Ma siamo anche più stolti quando impegniamo la nostra mente in cose inutili, in cose magari che portano a condizione e a una vita non del tutto santa.
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Secondo, la nostra volontà, questa facoltà. La nostra volontà si santifica col fare l'obbedienza.
Obbedienza: i comandamenti, prima di tutto; e poi ci sono le disposizioni delle Costituzioni; e poi c'è l'obbedienza quotidiana negli uffici che sono stati assegnati. L'obbedienza, uffici. Poi la volontà: se il Signore ci permette una malattia; se il Signore [permette] che la giornata non ci sia propizia, ecc., accettare tutto dalla volontà di Dio, tutte le disposizioni che vi vengono date da chi guida l'Istituto. Sopportare anche il caldo quando c'è, e sopportare il freddo, quando c'è. Facciamo l'accettazione del volere di Dio. La volontà.
E quando la volontà è un po' ribelle? Quando la nostra volontà, qualche volta, porta un po' al disordine, voglio dire, allontanarsi da quello che è disposto, pensare diversamente da quanto è stato disposto? La volontà. Volontà tiepida, volontà lenta a fare le cose. E, quando una cosa piace, si fa con generosità; e quello che non piace, tante volte, si fa malvolentieri, oppure si tralascia anche. L'esame sulla volontà.
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Terzo, sul cuore. Il cuore è santo? «Vi amo con tutto il cuore, sopra ogni cosa, Voi, Bene infinito»? Allora siamo nell'osservanza dell'amore a Dio. Il cuore ordinato a Dio, ed essere ordinato a Dio, cercando la sua gloria. C'è ancora: «amare il prossimo come noi stessi». Amore. Questo cuore è tutto orientato verso Dio e verso l'apostolato? verso la preghiera? verso tutto quello che ci porta al Signore? quello che ci porta a utilizzare per le anime? Amare. Ma alle volte vi sono invidie, vi sono dispetti; si preferiscono delle amicizie un po' particolari; e non si vorrebbe seguire le persone che non ci son simpatiche, ecc. Come è il nostro cuore? Ecco. È vero, ci sono delle tentazioni, della concupiscenza della carne; ma se noi orientiamo il cuore, quando ci accorgiamo, allora non c'è il male. Ma bisogna dominare il cuore, il sentimento, e, quando viene la tentazione, orientare il cuore: «Vi amo con tutto il cuore, sopra ogni cosa». E allora amo anche l'apostolato; amo anche tutto quello che è disposto, l'ufficio, anche gli orari, ecc.
L'esame intanto su queste tre facoltà interiori: la mente, la volontà, il cuore.
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Poi ci sono due facoltà interiori; parliamo solamente di due: la memoria e la fantasia.
La memoria l'adoperiamo per ricordare quel che è buono? o non sempre? Ecco, se noi ricordiamo quel che è buono, e se, qualche volta, ricordiamo dei fatti, degli avvenimenti di quello che è successo; allora ecco, la memoria. Scancellare dalla nostra memoria le cose che ci porterebbero solamente distrazioni; allontanarsi.
E poi c'è la fantasia. La fantasia che ci riproduca, per esempio, il presepio; ricordare la Via Crucis nelle varie stazioni, o ricordarci i fatti della vita di nostro [Signore] Gesù Cristo. Oh, la fantasia e la memoria. La fantasia, tante volte, giuoca. E quante volte la fantasia va cercando altre cose invece di pregare. Dominare sempre un po' meglio. È difficile, eh? dominare la fantasia e dominare la memoria. Sì, ricordare tanto le cose buone e le disposizioni.
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Oltre a questo, vi sono i sensi esterni.
Come abbiamo usato sempre della vista? bene? o qualche volta non bene? che cosa si è osservato? o guardato ciò che non è buono o come persone, o come letture o figure non buone? La vista. Può essere, questo dono, può essere abusato da noi, quindi dominare anche gli occhi, il comportamento. E questi occhi guardino tutte le cose che son necessarie da guardarsi; particolarmente l'Ostia Santa, e poi tutto quello che ci è necessario, come il leggere, lo studio. Gli occhi. Leggere. E possono essere, gli occhi, un po' disorientati. Dominare la vista.
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Poi c'è l'altro senso: l'udito; il senso dell'udito. Qualche volta apri bene l'orecchio perché c'è il catechismo, perché c'è la predica, perché c'è da imparare, da compiere l'apostolato o altre cose, sì. Allora l'udito serve e ci porta a virtù, a compiere la virtù. L'uso dell'udito. Qualche volta potrebbe anche aprirsi, l' udito, a sentir mormorazioni o racconti di cose che non ci riguardano udire. E vi sono coloro che hanno molta curiosità di sapere. Dominare quello che solamente ci distrae; lasciamolo da parte, sì. Però sempre santificare l'udito.
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Poi vi è la santificazione della lingua. Ah! Questa lingua ci serve a far tante cose. Quanti meriti quando pregate, quando cantate le cose sacre, quando insegnate ad altri, quando dovete trattare con [altri] nelle relazioni sociali, negli apostolati, ecc.; quando si adopera la lingua, poi, ricordando cose buone, magari fare il catechismo ad altri, dare istruzione, avviare le persone, o le aspiranti per crescere sempre meglio nell'apostolato, ecc. E questa lingua, però, quante volte è causa di tante imperfezioni: o possono essere mormorazioni; o possono essere discorsi troppo umani; o perché, anziché mettere l'impegno per le cose che sono nella Congregazione... ecc. La lingua.
Ricordo una predica di Giovanni XXIII (del resto aveva predicato secondo la Lettera di san Giacomo che ha un capitolo sulla lingua). E diceva il Papa, prendendo il pensiero dalla Lettera di san Giacomo: Quante parole che si dovrebbero riservare e non dire; e quante volte si dovrebbe usare la lingua per fare il bene. Parlare di quel che distrae, ecc.1 Oh, la lingua!
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Vi è poi anche il gusto. È un altro, un'altra facoltà. Che noi non ci regoliamo a prendere le cose secondo è di buon gusto per noi, oppure non è di buon gusto per noi. Noi dobbiamo regolarci se è buon gusto o cattivo gusto? Dobbiamo regolarci per prendere quello che è necessario e utile, e fosse anche una medicina. Quindi fare quello che è giusto, quello che abbiamo di dovere di nutrirci per potere mantenerci nel servizio di Dio.
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Vi è poi l'altro dono che è il tatto. Il tatto è un dono che si diffonde in tutto il corpo. Gli altri sono soltanto nella testa, come l'occhio, come l'udito, come la lingua, ecc. Ma vi è il tatto che è un senso che si diffonde in tutto il corpo; ad esempio, la pigrizia; oppure vi sono occasioni che disturbano magari tutto il corpo insieme. Noi abbiamo da dominarci e prendere, quindi, il riposo quanto è necessario. Esigere che il corpo compia i doveri, e poi che si dia il riposo giusto, come si deve prendere il cibo secondo la necessità, ecc. Ma dominarci, dominarci. Gli esami di coscienza su questi sensi, ecco.
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Ma oltre a questo, vi sono altri punti di esame.
Primo, come si è compiuto l'ufficio, il lavoro assegnato? Come avete compito l'ufficio dato, il compito assegnato, da fare? Ecco. Quindi, come nell'anno, dall'ultimo corso di Esercizi ad oggi, abbiamo compito quello che c'è stato assegnato da fare? Sì, questo va esaminato bene.
Altro punto: come stiamo riguardo alla preghiera? Le Adorazioni come sono fatte? gli esami di coscienza, le meditazioni, le comunioni, le confessioni, ecc.? Tutte le pratiche di pietà, sì, tutte le pratiche di pietà, come sono state?
Poi l'osservanza della vita religiosa secondo le Costituzioni. Si leggono, si rileggono, si meditano? Sì, ecco.
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Poi allora, fatto l'esame di coscienza, eccitarsi al pentimento. Il dolore è la principale disposizione per fare una buona confessione. Occorre il dolore, un dolore vivo, e, quanto più è vivo il dolore, così noi avremo più facilmente il perdono, sì; ma ci sarà anche tolta una parte della penitenza che dovremmo fare. Col dolore nasce da sé il proposito di non commetterne più, sì. Poi avanti, punto di maggiore importanza è quello della confessione. Preparazione buona, senza scrupoli, ma in sincerità, con vivo pentimento, con propositi; e prendere i consigli che vengono dati. Il sacramento.
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E si deve, però, anche dire altra cosa. Il sacramento dura poco, un po' di minuti, sì. Però è importantissimo che noi pratichiamo la virtù della penitenza. Se ne parla di rado, eh! Ma è cosa molto importante.
Lì, nella Teologia1, si dice che tutti i santi hanno sempre portato con loro una certa umiltà, un certo rimorso, non perché non sia stato perdonato il peccato, ma pensare: io ho disgustato molto il Signore, il mio Padre celeste, sì. Quello, nella Teologia.
E perché noi diamo importanza a questo, nella Chiesa si mettono insieme le domande delle grazie, e poi del pentimento e quindi del dolore. Nella Messa che celebriamo vi sono almeno nove domande in cui il sacerdote chiede perdono per sé e anche per gli altri, in certa misura; cominciando dal confiteor e fino alla fine vi sono nove domande per cui noi chiediamo ancora sempre il perdono, la misericordia di Dio, sì. Allora stiamo nell'umiltà: quanti torti ho fatto al Signore, al Padre celeste; io che figliuolo sono stato?
In che cosa, dunque, consiste questa virtù della penitenza?
[1.] Consiste nel ricordare le nostre imperfezioni, i nostri peccati. Ricordare, non perché non siano perdonati, ma perché dobbiamo dire: io ho disgustato il mio Padre celeste e non sarei degno di lui. E allora, con la testa piuttosto incline.
2. Oltre che ricordare, vedere se [ci] correggiamo, se costantemente noi vogliamo correggerci; c'è quella superbia; c'è quella lingua che non sta ferma; quello che c'è, quello che in sostanza dobbiamo togliere: il difetto, il male che c'è stato, ecco. Quindi l'impegno di correggere.
3. La parte della virtù sta nel mortificarci. E mortificare la nostra lingua, e mortificare la nostra pigrizia, e mortificare la sensualità, mortificare la lingua, la gola, ecco. Dobbiamo castigare noi stessi; che siamo noi stessi a castigarci con qualche mortificazione. E se c'è stata una disobbedienza: sarò poi tanto docile e pronto per fare, quel che è stato disposto, con allegria, anche se mi ripugna. E perché? E perché qualche volta ci sono cose che non sono gradite al nostro io. Ma piace a Dio e basta.
Poi la Teologia dice che [ci] sono tre mezzi per praticare questa virtù della penitenza. Nel Messale c'è una preghiera per cui chiediamo al Signore il dono delle lacrime2. Che noi abbiamo sempre il pentimento di tutto e quindi staremo attenti a non ricadere. Quindi, chiedere il dono delle lacrime. Santi, che così pieni già di virtù e di meriti, tuttavia si sentono sempre...
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1 Nastro 87/d (= cassetta 217/b). Per la datazione, cf PM: «Il corso degli Esercizi si deve considerare sotto tre aspetti: il primo è purificazione, secondo la santificazione e la terza parte è la preghiera (cf PM in c305). - dAS, 13 giugno 1966: «Verso le ore 18,15 [il PM] esce per andare a dettare l'introduzione degli Esercizi a un gruppo di PD in via Portuense». - VV: «Esercizi, 13-21 giugno 1966, novizie 2° anno» (cf PM in c317).

2 Mt 6,9-13.

3 Col 3,15.

1 Primo sinodo romano A.D. MCMLX. Tipografia Poliglotta Vaticana, s.d. - Allocuzione del Santo Padre del 26 gennaio 1960: “Nel sacerdote: la testa, il cuore, la lingua”, pp. 315-327. Cf anche Gc 3,3ss.

1 Cf A. ROYO MARIN, O.P., Teologia della Perfezione Cristiana, o.c. 2a ed. 1960, pp. 530-539 (o numeri 220-223 per altre edizioni).

2 Missale Romanum, Orationes diversae... n. 22: Ad petendam compunctionem cordis.