Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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26. INTRODUZIONE AGLI ESERCIZI SPIRITUALI: PURIFICAZIONE (IV)

Esercizi Spirituali (18-26 maggio 1966) alle Pie Discepole, superiore.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 18 maggio 19661

Questo primo giorno degli Esercizi, l'ascensione di Gesù al cielo. E anche ricordare la sorella che è passata dalla vita presente alla vita eterna, al gaudio eterno2. È tanto importante, è tanto importante che noi teniamo sempre presente ciò che ci aspetta. E ciò per cui vi siete consacrate al Signore, [è] per arrivare al cielo, e arrivare in un bel posto in cielo, sì, secondo i meriti; i meriti che sono comuni, in certo senso, in quanto tutte fate la vita religiosa della Pia Discepola; ma poi, nella stessa vita della Discepola, vi è chi progredisce di più, chi progredisce di meno; e chi sale più in alto, e chi sale ancora, ma forse meno. Siamo noi che costruiamo la nostra casa in cielo; noi. E quando arrivano i mattoni per costruire quella casa? Eh! sono i nostri meriti. Nessun altro ci fa questo, né un grande superiore, né un grande uomo potente o sapiente; chiascheduno solo per sé; e solo noi stessi, personalmente, dobbiamo arrivare a quel gaudio eterno.
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Oh! Il primo pensiero, quindi, è ringraziare il Signore. Perché il Signore ci ha creati; l'anima nostra è uscita dal Padre. Come Gesù: exivi a Patre1. Gesù diceva: «Sono uscito dal Padre». E poi siamo venuti in questo mondo. Ecco, il bambino che nasce è una persona umana. Poi, altro grande dono, la vita di grazia, la vita cristiana col battesimo, la seconda nascita. E poi la vocazione che ciascheduna di voi avete avuto; e poi, quando siete arrivate già a questo lavoro che avete fatto, e come la grazia vi ha assistite. Oh! «Vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, conservato fino qui, e condotto in questa Congregazione». Estote grati2 - dice san Paolo -: siate riconoscenti al Signore, per tutte le grazie nel complesso, e poi le grazie particolari di ognuna, sì.
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Ora, parlando degli Esercizi che siete venute a fare, come bisogna considerarli, gli Esercizi?
Gli Esercizi spirituali si possono dire divisi in due parti; e poi c'è un'altra parte che domina tutto.
La prima parte, la purificazione; la seconda parte è la santificazione. Qualche giorno, per la purificazione; altri giorni, per la santificazione; il lavoro quindi personale. E poi vi saranno delle conferenze in cui si guarda quello che è l'apostolato. Primo per noi, e poi le anime. Quanto alla preghiera, la preghiera dev'essere di tutti i giorni, una parte importantissima, necessaria, assolutamente necessaria per arrivare alla nostra santificazione.
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Ora, quanto alla purificazione di noi stessi, occorre l'esame di coscienza, il dolore, il proposito; e dopo queste tre condizioni, la confessione. La purificazione.
Perché noi possiamo far l'esame, che è la prima parte, interroghiamo noi stessi: abbiamo fervore, siamo in istato di fervore? o siamo in istato di tiepidezza? o in istato di trascuranza? Ecco il primo punto, quello che ci fa conoscere sostanzialmente: sono in grado di fervore? in istato di fervore? sono in istato di tiepidezza? sono in istato di trascuranza? Ecco, l'esame. Guardando l'anno che è passato dall'ultimo corso di Esercizi, quali sono stati i frutti? Oppure, siamo ancora nelle condizioni uguali? Ecco.
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Allora, poi, l'esame sopra noi stessi in particolare. Noi abbiamo le facoltà interne: la mente, la volontà, il cuore.
La tua mente, la tua intelligenza, le applichi per conoscere bene le cose? E, essere istruite quanto alla religione, penetrare quello che è la vita religiosa. La santificazione della mente: istruzione catechistica, istruzione sull'apostolato; e poi tutto quello con cui noi santifichiamo la mente: pensar bene di tutti e di tutte; e non pensare più al mondo e alle sue tendenze; lasciate che il mondo segua il mondo; e neppure la famiglia, ma raccogliersi nei pensieri, perché c'è il voto di povertà, di castità, [di] obbedienza, ecco. Questo per dare al Signore tutto il nostro essere. La mente. Ora domandarci, sì, la nostra intelligenza è sempre stata usata per il Signore e per la mia santificazione? per il progresso? Pensieri inutili, alle volte. Pensieri contro la carità, pensieri di ribellione, pensieri di superbia, pensieri di invidia, ce ne sono? Ecco l'esame: come abbiamo usato bene la mente, l'intelligenza, e quando è stata meno [bene] usata.
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Poi la nostra facoltà interiore: la volontà. Volontà: uniformazione a Dio, alla volontà di Dio. Sia fatta la volontà di Dio come in cielo, così la facciamo in terra1. La facciamo? Ecco, ci interroghiamo. La obbedienza è sempre stata fatta con generosità, con prontezza? E la volontà, seguire la volontà di Dio: i comandamenti, in primo luogo; le Costituzioni, in secondo luogo; le disposizioni giornaliere che vengono date; gli uffici che sono assegnati; le circostanze in cui ci troviamo. Abbiamo fatto resistenza alla volontà di Dio? O ci è dispiaciuto qualche cosa per le disposizioni date? La obbedienza, di cuore? Obbedienza generosa, prontezza, di grado soprannaturale? Poi, qualche volta, può aver mancato.
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Terzo, quanto a facoltà interiore, c'è il cuore. Diciamo con realtà e con sicurezza: «Io vi amo con tutto il cuore, Signore, vi amo con tutto il cuore sopra me stesso, e amo il prossimo come me stesso»? Amiamo il Signore! Il cuore! Il cuore alle volte si volta di qua, di là; vi son simpatie, vi sono quelle tendenze. E il cuore, qualche volta, non è tutto di Dio. Se noi lo impegniamo perfettamente, allora il cuore: cercare la gloria di Dio. Ma l'apostolato, quindi l'amore al prossimo: l'amore al prossimo fra le sorelle; l'amore al prossimo con le persone cui si deve trattare, si deve operare; la carità che si deve adoperare per tutti, tutti gli uomini, tutte le persone, particolarmente [quelle] con cui dovete trattare. E il cuore, il cuore superbo, il cuore invidioso, il cuore che ha ancora degli attaccamenti? Quindi l'esame: mente, volontà, cuore. Il cuore, veramente acceso? C'è fervore? Si ama tanto Gesù? Come si fanno le Adorazioni? ecc.
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Dopo, le facoltà esterne, che dobbiamo ancor considerare. Vi è ancora da ricordare qualche cosa dell'interno: la fantasia e la memoria.
Questa fantasia che alle volte riproduce delle cose che non sono buone; fantasia; e cose che dovrebbero essere invece [riprodotte]: il presepio, i misteri del rosario, ecc.
La memoria. Non ricordare quello che è stato male, quello che viene ancora a disturbare lo spirito. Allontanare i sentimenti, allontanare le memorie di quello che c'è stato meno buono. Sì, santificare la fantasia; santificare la memoria.
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Dopo, noi abbiamo le facoltà esterne, cioè i sensi: la vista, l'udito, il gusto, la lingua, l'odorato, il tatto.
Abbiamo sempre usato bene gli occhi? o qualche volta, questi occhi han guardato cose che non era conveniente? non era conveniente leggere, non era conveniente guardare quelle figure, non guardare quelle persone, ecc.? La vista. Ma la vista può essere usata a guardare il tabernacolo, a guardare l'immagine di Maria, di san Paolo. E bisogna che usiamo gli occhi per leggere, per vedere le persone, per lavorare nell'apostolato, ecc. La vista, è sempre usata bene? sì, è usata bene? o si è fatto, qualche volta, preferenza fra sorella e sorella? La vista.
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Poi vi è l'udito. L'udito: sentire bene la meditazione; l'udito: sentire bene nella scuola; sentire bene la predicazione; sentire bene gli avvisi, e le istruzioni, e tutto quello che può entrare per mezzo dell'udito; tutto (...). E poi si può anche adoperare l'udito a sentire mormorazioni o a sentire fatti che non sono veramente da ricordarsi. Sentire. E sentire può essere in tante maniere: discorsi i quali sono così vaghi, sono così inutili, e, qualche volta, portano più male che bene. Esaminare l'uso che abbiamo fatto. L'udito.
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E poi l'uso del gusto. Il Signore ci ha dato il cibo, e bisogna prenderlo nella misura come è il bisogno, sì. Ma che non sia soltanto che ci faccia preferire una cosa o un'altra; ma quello che è necessario prendere, fosse pure una medicina. Prendere più abbondante o meno secondo il gusto, se quello è il giudizio, il giudizio che proviene dal gusto, no; è necessario che noi usiamo il gusto secondo il Signore ci ha dato; ma non per soddisfare la gola, ma per soddisfare le necessità del corpo.
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E così, vi è la lingua. Questa lingua che porta innumerevoli vantaggi all'umanità; e porta, anche per abuso, molti danni. Per quello che è l'abuso: le parole inutili, vaghe, che non portano né letizia né incoraggiamento, né, alle volte... Sì, bisogna dire che tante conversazioni non sono sempre edificanti. Sempre parlare religiosamente. E poi, se avete un compito, per esempio di insegnare, bisogna che la lingua sia usata bene. Questa lingua, sì, che ci serve a pregare, a cantare le lodi di Dio; sì, il buon uso nella preghiera; e se avete da insegnare o se avete da incoraggiare persone o trattare per l'apostolato, tutto questo è parola che merita davanti a Dio, sì.
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Oh! Poi, la santificazione del tatto. Il tatto è un senso che è diffuso in tutto il corpo a differenza degli altri sensi che sono nella testa, come gli occhi e l'udito e la lingua, il gusto, sì. Il corpo, cioè quello che è il tatto, il tatto del corpo; c'è l'energia, mettere tutte le forze per compiere l'apostolato con energia, come si può, secondo la salute. E poi ci può essere invece la pigrizia. Dobbiamo dare il cibo necessario [al corpo], e dobbiamo dare il riposo necessario alla salute; certo, per mantenerci nel servizio di Dio. E quindi, quando si prende il cibo necessario, e quando si prende il riposo necessario è sempre la volontà di Dio, ed è tutto meritorio; anche riposando e dormendo si merita, secondo che si è messa la buona intenzione della volontà di Dio, sì. Ma vi sono anche abusi, alle volte. Ora, ecco, i sensi, come ci troviamo?
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Il proprio ufficio, lo si fa bene? Un altro punto. L'ufficio proprio, e sentir la responsabilità? Usiamo bene del tempo o perdiam del tempo inutilmente? o tempo non bene usato? Quale è il calore della pietà che abbiamo? Quale il carattere per vivere bene in comunità o trovare difficoltà nel vivere in comunità? Oh! Noi considerare tutto questo agli occhi di Dio, sì.
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Quando poi noi facciamo l'esame di coscienza, allora il dolore. Eccitarsi bene al pentimento. E quanto più il dolore è perfetto, tanto più scancelliamo da noi il male che avessimo fatto, sì. Poi l'accusa sincera e schietta con i propositi; e i propositi poi si fanno specialmente o prima della confessione, che ci deve anche essere, e poi dopo la confessione.
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Vi è poi la virtù della penitenza; e cioè, noi dobbiamo sempre ricordare che, delle mancanze che abbiamo fatto, dei peccati che abbiamo commessi, bisogna che facciamo penitenza; e poi che li ricordiamo in umiliazione i nostri peccati; sono stati perdonati, ma bisogna ricordare che abbiamo offeso Iddio e abbiamo danneggiato la nostra salvezza, la nostra anima: causa mia; e poi dispiacere a Gesù, e poi diminuite le grazie. I santi, tutti, tutti, eh? nessuno eccettuato, sempre hanno avuto uno spirito di mortificazione e di penitenza, di disgusto: non ho fatto abbastanza bene con Dio; tempo che ho perduto; potevo amarlo di più, ecc.
Per esempio, per ricordare: nella Messa il sacerdote prega nove volte nel chiedere perdono, cominciando dal confiteor fino alla fine. Il confiteor, per esempio, è compreso, il Kyrie eleison, la preghiera prima del Vangelo, ecc. Vuol dire che, nella preghiera, la Chiesa vuole che ci sia, sì, la lode a Dio e il desiderio buono coi propositi, ma insieme ricordare, ricordare che noi abbiamo offeso Iddio, ecco.
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La Teologia della Perfezione1 consiglia, per vivere la virtù della penitenza, di cui si parla così poco... [Primo], c'è l'Oremus nella Messa: Signore, vi domando il dono delle lacrime2, nell'Oremus che c'è nel Messale, il dono delle lacrime; secondo, considerare i disgusti e le pene e le sofferenze che abbiamo portato a Gesù nel Getsemani, e poi nella flagellazione, e poi la condanna a morte, quindi il viaggio al calvario, la crocifissione, ecc.; considerare che ha sofferto per noi peccatori; e [in] tante cose noi abbiam dispiaciuto al Signore; terzo, poì, metterci una mortificazione, qualche mortificazione da praticare abitualmente; non una penitenza che danneggia la salute, ma per esempio, moderare il riposo nel modo giusto; così il cibo; così, come mortificazione, essere più svelte nel far le cose; occupare sempre meglio il tempo; fare le cose con più diligenza. Mortificazioni [di cose] che devono già essere [fatte], ma nello stesso tempo costituiscono la virtù della penitenza. La mortificazione. E pensare che vi è il lavoro da fare, quindi la mortificazione quando è da farsi. E poi nell'avanzarsi della vita vi sono sempre più dolori, pene; e [vi] sarà l'ultimo momento che chiuderà la nostra vita. Ma tutto unito a Gesù Cristo, il quale ha così patito ed è morto per i nostri peccati. Quindi, oltre la confessione ben fatta, anche ricordare la virtù della penitenza secondo la Teologia della Perfezione3.
Così la prima parte degli Esercizi; sarà due giorni oppure anche di più o un po' di meno. Poi il lavoro per la santificazione. E poi ancora l'apostolato, alla fine degli Esercizi.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 87/b (= cassetta 215/b). Per la datazione, cf PM: «Questo primo giorno degli Esercizi, l'Ascensione di Gesù al cielo (...). Anche ricordare la sorella che è passata dalla vita presente alla vita eterna» (Sr Rosita Diez, pddm defunta al 18 maggio 1966). - dAS, 18 maggio 1966: «Alle ore 16 [il PM] va ad Ariccia. Inizia, con l'introduzione, gli Esercizi delle PD (Madri). Giorno 26: chiusura agli Esercizi delle Madri PD». - VV: «Esercizi (Madri), Ariccia, 18-26 maggio 1966».

2 Sr M. ROSITA DIEZ, nata a Garfin, Spagna al 1° maggio 1935; entrata a Bilbao il 25.2.1952; Professione religiosa, a Roma, il 25.3.1955; defunta il 18.5.1966 a Roma, Casa Generalizia, dopo una non breve malattia.

1 Gv 16,28.

2 Col 3,15.

1 Cf Mt 6,10.

1 A. ROYO MARIN, O.P., Teologia della Perfezione Cristiana, o.c.

2 Missale Romanum, Orationes diversae, n. 22: Ad petendam compunctionem cordis.

3 A. ROYO MARIN, O.P., Teologia della Perfezione Cristiana, o.c. pp.538-539.