Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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32. LA MISERICORDIA INFINITA DEL PADRE (Domenica III dopo Pentecoste)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 19 giugno 19661

Nell'Epistola2, san Pietro apostolo invita e insiste perché non cadiamo in peccato.
«Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, riversate su di lui ogni vostra pena perché egli ha cura di voi. Siate sobri e vigilate perché il vostro avversario, il diavolo, come leone ruggente si aggira cercando chi divorare».
Che, quindi, non siamo presi dal demonio; evitare il peccato.
E poi nel Vangelo. Se si è peccato allora ritornare nella via buona e quindi di nuovo con Dio. Prima, che non pecchiamo, e se poi abbiam peccato, allora ricorrere alla misericordia del Signore.
In quel tempo: Si avvicinarono a Gesù pubblicani e peccatori per ascoltarlo. E i farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, avendo cento pecore e ne perde una, non lascia le altre novantanove nel deserto per andare dietro a quella smarrita finché non la trovi? E quando l'ha trovata, se la mette sulle spalle tutto contento, e arrivato a casa chiama gli amici e i vicini dicendo loro: Rallegratevi con me perché ho ritrovato la mia pecora che era smarrita. Così vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore che si pente che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di penitenza. Oppure: quale donna, avendo dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca con gran cura finché non la trovi? E quando l'ha trovata chiama le amiche e le vicine dicendo loro: Rallegratevi con me perché ho ritrovato la dramma che avevo smarrita. Così vi dico, ci sarà gioia alla presenza degli angeli di Dio per un solo peccatore che si pente»2.
Quindi, nel complesso della funzione della Messa di quest'oggi: non peccare; quindi evitare il peccato; e secondo, se c'è stato il peccato, domandare perdono e ottenere la misericordia di Gesù. E quindi, in cielo, si fa gran festa per un peccatore. Le novantanove pecorelle indicano che esse non erano perdute; cioè non si è commesso il peccato. Ma commesso il peccato, allora nel pentimento: in cielo si è in grande gioia per la conversione di colui che aveva peccato. E chi è che non ha più peccato nella nostra vita?
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Bisogna che noi ricordiamo per la purificazione: l'esame di coscienza, e secondo, la confessione; confessione accompagnata veramente dal dolore e dal proposito. Il sacramento scancella il peccato nella misura in cui abbiamo le disposizioni, cioè il pentimento e il proposito.
[Per] il sacramento della confessione, alcuni minuti bastano; ma è da farsi qualche cosa in più, e cioè, la virtù della penitenza. Poche volte si applica; ma occorre che noi continuiamo a vivere nella virtù della penitenza. E non è facile scancellar tutto, tutta la pena, occorre che ci sia questa virtù della penitenza. Nessuno dei santi ha dimenticato la virtù della penitenza, tutti i santi hanno esercitato la virtù della penitenza. D'altra parte la Chiesa ci insegna. La Chiesa mentre che ci mette sulla bocca preghiere, la Chiesa ci mette insieme le preghiere per ottenere il perdono. Nella Messa, almeno nove volte, il sacerdote domanda perdono, cominciando dal «Mi confesso», fino all'ultimo. Così tutti i santi - e fossero anche solamente alcuni - e [solo per] venialità. Allora sempre conservare lo spirito della penitenza, virtù.
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E in cosa consiste questa virtù della penitenza? In tre aspetti. Anzitutto ricordare che abbiamo disgustato il Signore; che abbiamo perduto dei meriti; e poi vorremmo possedere un pentimento sempre vivo; e ricordare che abbiamo dispiaciuto al Padre celeste, a Gesù. In secondo luogo, vivere con attenzione per non commetterne più. E se erano troppe le parole che non erano buone, allora vigilare su quelle parole; o vigilare sui pensieri, se ci sono pensieri non buoni; e sui sentimenti, magari di superbia, di vanità, ecc. Sempre vigilare, perché non ricadiamo. Terzo, che ci sia la mortificazione, per la penitenza; e la mortificazione perché noi vigiliamo su noi stessi, ma ripaghiamo anche il nostro peccato con qualche mortificazione, ecco. E può essere la superbia, può essere la vanità, può essere quello che è l'invidia, quello che è distrazione nelle preghiere, quelle distrazioni della vita, della giornata. Persone che son sempre distratte, fuori di quella poca preghiera. Allora è necessario che si vigili sopra di sé.
Se la Teologia1 dice che tutti i santi hanno fatto la mortificazione, ecco scancellare così le pene che sarebbero del purgatorio, sì; e poi, perché avendo peccato, abbiam perduto delle grazie. E pregare perché il Signore, nella [sua] misericordia, ce le ridoni; nella nostra umiltà e nella nostra fiducia nella misericordia di Dio. Persone che si vantano, persone che si compiacciono, persone che si confrontano con gli altri come se fossero migliori. Quanto orgoglio entro!
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Oh! Per vivere questa penitenza meglio, la pratica della virtù della penitenza. La Teologia indica tre mezzi.
[Primo,] domandare al Signore la grazia del dono delle lacrime. Nel Messale vi è l'Oremus1: che il Signore ti conceda il dono delle lacrime. Non è necessario che ci siano le lacrime materiali, ma che ci sia un gran pentimento interiore. E anime che non danno molta importanza se c'è stato una venialità, oh! E se noi abbiamo ricevuto molte grazie, la nostra responsabilità! D'altra parte, se noi non vigiliamo, possiamo cadere in maggiori sbagli. Signore, concedici il dono delle lacrime.
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Secondo, considerare la passione e morte di Gesù Cristo; ricordare le pene che noi abbiamo dato al cuore di Gesù nella sua passione e morte. Ma il Signore Gesù, quando era a Nazaret, allora tutto ha compiuto, tutto ha esercitato l'obbedienza al Padre celeste. E come ha riparato i peccati degli uomini? Con la preghiera, con la virtù, con l'umiltà, col sacrificio, la santificazione interiore. Tutti noi abbiamo pesato sopra Gesù Cristo che portava la croce, che portava non tanto la croce di legno, quanto la croce dei nostri peccati che han pesato sopra il suo cuore, il cuore di Gesù. Quindi, o si faccia la Via Crucis, oppure si medita [la passione e morte di Gesù]. E poi che ci sia l'impegno quando [siamo] in chiesa, veramente non guardiamo cose esterne, ma che guardiamo di offrire al Padre celeste le pene di Gesù, Figlio suo incarnato. Quindi offrire in riparazione le sofferenze di Gesù, offrirle al Padre celeste.
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Poi, terzo, che ci fermiamo a qualche mortificazione; la mortificazione, in primo luogo, per non commettere più lo sbaglio, il peccato; ma qualche mortificazione per cui otteniamo la grazia di non commetterne mai più e di riparare quello che [si] è commesso. E il merito che possiamo acquistare con la mortificazione!
La mortificazione può essere: limitare il riposo nella misura giusta; nutrirsi nella misura giusta; poi non fare le preferenze di un cibo, di un altro; dominare gli occhi: non leggere quello che non ci riguarda; dominare l'udito: non ascoltare cose inutili che ci distraggono. Leggere volentieri quello che è il Vangelo, la Bibbia. Non si vorrà mica arrivare alla morte senza aver letto tutta la Bibbia! La Bibbia è la lettera del Padre celeste agli uomini1. E se un figlio riceve una lettera dal padre, non la legge tutta?
Mortificazioni intime: una cosa ci è gradita e noi preferiamo quello che un po' non è gradita; e poi, tutto quello che abbiamo da governare i nostri sensi: la fantasia, la memoria di cose non buone; e poi i sensi esterni, facilmente gli esterni, sensi, sì, lo stesso odorato e il gusto.
Oh! Ricordarci la passione di Gesù Cristo, sì. E come sono le mortificazioni nostre rispetto a quel che Gesù ha sofferto nella sua passione e morte? E accettare la volontà di Dio sopra di noi, e in tutto.
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Quindi tre mezzi: domandare il dono delle lacrime; meditare la passione e morte di Gesù Cristo; e scegliere qualche mortificazione, non per rovinarsi la salute, ma per quello che, anzi, giova alla salute, quando noi regoliamo in tutto noi stessi, noi stessi. Sì, la mortificazione. Questa virtù della penitenza è stata propria di tutti i santi - come si dice nella Teologia -. E che noi partecipiamo, in qualche maniera, come l'hanno fatto i santi. Si diceva che san Luigi aveva appena commesso due venialità, e le ha piante per tutta la vita.
Come in noi è il dolore dei peccati? È il dolore così vivo da ottenere nella confessione, un pentimento tale che ci ottenga la misericordia di Dio? Non soltanto per il passato, ma per il futuro che non ricadiamo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 137/c (= cassetta 218/a). In PM, nessun accenno cronologico (cf PM in c325 e anche nostra nota). - dAS, 19 giugno 1966 (domenica): «Celebra [il PM] verso le 5 in cappella CCSSP. Tiene meditazione alle PD della comunita».

2 Epistola: 1Pt 5,6-11.

3 Vangelo: Lc 15,1-10.

1 Cf A. ROYO MARIN, O.P. Teologia della Perfezione Cristiana, o.c. nn. 220-223.

1 Missale Romanum, Orationes diversae... n. 22: Ad petendam compunctionem cordis.

1 Cf S. GREGORIO MAGNO, Ep V, 46.