1. VIVERE NELL'ATTESA DELLA BEATA SPERANZA (Circoncisione del Signore)
Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 1° gennaio 19661
Oggi e domani il Vangelo è uguale.
In quel tempo: Quando si compirono gli otto giorni prescritti per la circoncisione del Bambino, gli fu posto il nome di Gesù che gli era stato dato dall'angelo prima che fosse concepito nel seno materno2.
Invece è diversa l'Epistola. Dalla Lettera di san Paolo apostolo a Tito:
Carissimo: si è manifestata a tutti gli uomini la grazia di Dio nostro Salvatore. Essa insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani per vivere in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà nell'attesa che si compia la beata speranza e si manifesti la gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificare per sé un popolo che gli appartenga e sia zelante per le opere buone. Insegna e raccomanda queste cose in Gesù Cristo nostro Signore3.
Quindi, in questa Epistola, in questa Lettera, prima togliere il male: «rinnegare l'empietà e i desideri mondani», quindi togliere ciò che dispiace al Signore. E che non portiamo nell'anno nuovo, non portare ciò che è cattivo e ciò che è mondano; invece, al contrario, per l'anno nuovo: vivere in questo mondo con le tre virtù: «temperanza, giustizia e pietà». Così si compie «la beata speranza», cioè quella del cielo, «e si manifesti la gloria del nostro grande Dio».
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Allora, primo: temperanza. E temperanza che cosasignifica? Temperanza vuol dire moderazione, vuol dire regolare il nostro essere, e cioè, moderare i pensieri, moderare i sentimenti, moderare la parola, moderare la vista, gli occhi, moderare l'udito, moderare tutto il nostro corpo, il tatto, la gola. Temperarsi vuol dire governarsi e non spingersi avanti in ciò che potrebbe trascinare al male, e invece, quello che dobbiamo fare, il bene. Ma, in primo luogo, vedere se noi regoliamo noi stessi. Persone che stanno sempre sull'attenti su se stesse, e persone che, invece, lasciano che i sentimenti, e le curiosità, e poi tutti quelli che sono [i sensi]: gli occhi, l'udito, ecc...
Quindi sempre si ha da governare noi stessi. Vorrebbe, alle volte, [dominare] la pigrizia; vorrebbe, altre volte, la curiosità; altre volte sarebbe la tendenza di dire, di parlare fuori di posto, fuori di tempo. Temperarsi.
Quando uno non sa regolarsi e non sa temperar se stesso, cioè, governar se stesso, non è mai capace di governare gli altri. E quindi è una regola fondamentale: per mettere qualcheduno a capo, bisogna che sia già dominato e dominante, e cioè, sa temperarsi, moderarsi, regolarsi. Quindi, con temperanza, che è poi la virtù cardinale. Oh! Primo temperarsi.
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Secondo: giustizia. La giustizia significa: dare a Dio quel che dobbiamo dare a Dio; e dare al prossimo ciò che si ha da dare al prossimo; e ciò che dobbiamo dare a noi stessi. La giustizia.
Giustizia a Dio. E che cosa dobbiamo a Dio? La gloria sua. Ed è tutto lì. Perché poi, se noi ci abituiamo a glorificar Dio, saremo già abituati a fare quel che si farà in paradiso, e cioè: dare a Dio la sua gloria. Perché lui ha creato tutto per la gloria sua. È chiarissimo. E secondo la Bibbia, ripetuto tante volte1. Dare a Dio quel che è di Dio. Date a Dio quel che è di Dio2: la gloria. E quando noi arriviamo così, ecco noi ci troviamo in regola con Dio: diamo a Dio quel che è di Dio.
E diamo al prossimo quel che al prossimo si deve dare. E si deve dare in tante maniere, ma in particolare, quello che è il rispetto vicendevole, il trattamento vicendevole, e poi quel che è nell'intimo nostro, i desideri del bene di tutti. Giustizia, cioè, dare al prossimo ciò che è da dare al prossimo.
E dare a noi stessi ciò che dobbiamo dare a noi stessi. E quindi, in che cosa consiste, allora, la giustizia? La giustizia vuol dire che noi ci regoliamo. Giustizia: quello che è bene, cercarlo; e non commettere ciò che è male. Se noi vogliamo che veramente ci santifichiamo e quindi che abbiamo il paradiso, poi: giustizia. Se noi facciamo il male, facciamo un'ingiustizia a noi stessi. Perché? Perché condanniamo il nostro essere al male e ai castighi.
La giustizia: dare il nutrimento all'anima, quindi l'Ostia. Il Signore ci ha dato questa Eucaristia per la santificazione, e allora noi diamo giustizia; quindi il nutrimento che Gesù Cristo offre a tutte le anime, il pane: «Prendete e mangiate»3.
Non dare tutte le soddisfazioni al corpo, ma dare ciò che è più giusto e ciò che è più elevato e ciò che è più santo. Dare a noi stessi quel che è giusto. Quando si fa il bene, si fa la giustizia, e cioè, si domina il corpo, e invece si fa tutto per l'anima, ciò che l'anima chiede per essere santificata e quindi avere il paradiso. E si avrà il paradiso in proporzione in cui avremo fatto la giustizia sulla terra, cioè dare al corpo quel che è necessario, e dare all'anima quel che è necessario. E quel che è necessario, in primo luogo, è che l'anima domini il corpo. Chi deve comandare, il corpo o lo spirito? il senso o la grazia? quel che è carnale o ciò che è secondo la fede?
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Terzo: pietà. E qui si intende in particolar modo la preghiera: dare il culto a Dio. Quindi, primo luogo, è il sacrificio: la Messa, perché offriamo Gesù Cristo al Padre celeste quando si consacra e si eleva l'Ostia, il calice. La pietà. E in questa pietà c'entra tutta la preghiera, dalle orazioni del mattino: [la] meditazione, i propositi, l'Adorazione, [il] rosario e tutto quello che è compreso. Pietà. Le pratiche di pietà, sì.
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Ecco, queste tre virtù dicono tutto: temperanza: quando siamo capaci a regolarci con Dio e con gli uomini; giustizia: quel che si deve dare a Dio, quel che si deve dare al prossimo, quel che si deve dare a noi stessi; e pietà, cioè: quello che comprende tutto e tutta la preghiera. E specialmente rivolger tutto a Dio perché tutto quel che abbiamo, tutto è di Dio, e allora noi dobbiamo dar tutto a Dio. Il Vi adoro ce lo dice, e lo ripetiamo, se siamo attenti alle parole che diciamo.
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E così «nell'attesa che si compia la beata speranza»; e si compia la beata speranza che è il paradiso. Sì, nell'attesa che si compia la beata speranza; la beata speranza del cielo, si compia.
Ognuno ha il suo tempo segnato; e cioè, può essere che il Signore ci conservi ancora un po' nella vita: possono essere pochi giorni e possono essere ancora parecchi giorni. Ma se stiamo nell'attesa che si compia la beata speranza, che speranza beata! beatitudine, in sostanza; la speranza che aspettiamo sulla terra, la beatitudine.
Quindi l'anno offrirlo in quelle parole: «nell'attesa che si compia la beata speranza». Quando la nostra anima si separerà dal corpo: «attesa che si compia la beata speranza». E allora si manifesta la gloria del nostro grande Dio in cielo; la gloria, «si manifesti la gloria». Allora il paradiso è glorificare Dio, la gloria del nostro grande Dio e il Salvatore Gesù Cristo che ci ha salvati e quindi ci ha messi in condizione di glorificar Dio e di vivere l'eterna speranza. «Si compia la beata speranza» lassù in cielo.
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Questa Epistola è tutto un riassunto della vita cristiana e della vita religiosa. Particolarmente a noi religiosi, tre virtù: temperanza e giustizia e pietà. Tutti i cristiani son tenuti in quella misura che è giusta, che è retta. Per noi occorre qualche cosa di più, cioè: una temperanza più perfetta; una giustizia piu perfetta; una pietà più perfetta. E se noi siamo deboli e miseri, e siamo tentati, e viviamo in un mondo così cattivo, e vi è sempre la lotta fra lo spirito e la carne, allora l'insegnamento: «Egli, il Salvatore, ha dato se stesso per noi»; cioè. Gesù Cristo ha dato se stesso, la sua vita per noi, «per riscattarci da ogni iniquità e purificarci per sé». E quindi vuol dire: per i meriti di Gesù Cristo, riscattati dalle iniquità; «e purificare - allora - il popolo di Dio che gli appartenga e sia zelante per le opere buone». E quindi san Paolo dice a Tito: «Insegna e raccomanda queste cose in Cristo Gesù nostro Signore».
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E noi concludiamo e rendiamo grazie, cioè, Deo gratias e accettando questo: temperanza, giustizia e pietà. Allora in pratica rendiamo grazie a Dio, non solo con la parola, ma con la realtà, con le opere. Quindi fissarsi in mente la temperanza, la giustizia e [la] pietà.
Facciamo i nostri propositi. E poi domandiamo al Signore che in quest'anno noi viviamo con temperanza, con giustizia e pietà e così l'anno sarà pieno di meriti e sarà anche lieto in Dio, in Gesù Cristo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 131/d (= cassetta 204/a). - Voce incisa: “Meditazione del Primo Maestro (PM). 1° gennaio 1966: Domenica fra l'Ottava del Natale”. Per la datazione, ci riferiamo al PM stesso e al diario di don Antonio Speciale (dAS). In PM in questa meditazione, nessun indizio cronologico. - dAS, 1° gennaio 1966: [I1 PM] «celebra m.s. [= more solito] giorno festivo per le suore PD della comunità Casa Generalizia Società San Paolo (CGSSP) alle ore 5 e tiene la meditazione».
2 Cf Lc 2,21.
3 Cf Tt 2,11-15.
1 Cf Is 42,8 et passim.
2 Cf Mt 22,21.
3 Cf Mt 26,26.