Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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L’ESAME DI COSCIENZA1


Abbiamo già ricordato che il fine particolare, direi particolarissimo, di questo corso di Esercizi è il miglioramento della pietà. La pietà è il fondamento di tutta la vita spirituale ed è ciò che più consola e sostiene l’anima consacrata a Dio nel cammino della perfezione. Ecco: Alzo la mia voce al Signore, che è il mio rifugio, la mia consolazione, il mio sommo bene; da lui tutto spero per i meriti di Gesù Cristo, per l’intercessione della beata Vergine, per l’intercessione di tutti i santi protettori particolari.
Ora, una delle pratiche di pietà che penso si debba ricordare per averne un proposito buono, è l’esame di coscienza. L’esame di coscienza2, secondo S. Ignazio3, è più importante della stessa meditazione, tuttavia la meditazione ha una grande importanza. Per chi vuole progredire e non vuole solamente battere l’aria, come dice S. Paolo4, l’esame di coscienza deve essere l’ultima pratica di pietà che si lascia. Perché invecchiando, divenendo deboli, essendo malati, bisogna lasciare da parte certe pratiche che non si possono più fare. L’esame di coscienza però deve continuare fino all’ultimo respiro. In che senso? Certo, non ci saranno allora tutti gli atti, e non si impiega un quarto d’ora a fare l’esame di coscienza, ma sempre, fino all’ultimo [chiedersi]: I miei sentimenti, i sentimenti che ho
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adesso, i pensieri che ho nel cuore, sono conformi a Dio? Cioè, sento di abbandonarmi nelle mani del Signore e accettare la morte? Io desidero veramente di vedere Gesù e arrivare al cielo? Ho fiducia nella sua misericordia, nel perdono dei peccati? Invoco adesso, in modo speciale, il Crocifisso, il suo sangue, la protezione di Maria: Prega per noi adesso e nell’ora della nostra morte?. Anche il malato deve essere attento, presente a se stesso, guardare le disposizioni, anche se non può parlare, perché si tratta di entrare nell’eternità con le disposizioni che assicurano perdono e fiducia nella misericordia di Dio. Anche se allora non si sarà più capaci di dire un’Ave Maria, ma si persiste nell’uso della ragione, nella conoscenza.
Allora, prima domanda: Che cosa è l’esame di coscienza? L’esame di coscienza è un’inchiesta su di noi, è una presa di conoscenza di sé: conoscere noi stessi in generale e in particolare. In generale: Che carattere ho? Che volontà c’è in me? Qual è lo spirito di preghiera? Sono contento del mio stato? Quest’oggi sono ben disposto a servire il Signore, ad amarlo? In questo momento quali sono i sentimenti del mio animo? Questo in generale.
In particolare, esaminarsi sul proposito che riguarda la virtù da acquistare e il difetto, sopra tutti, da fuggire. Negli Esercizi si fanno i propositi per tutto l’anno. E ogni giorno dell’anno si richiameranno i propositi: Li ho osservati oggi? Ci saranno sconfitte forse, e ci saranno belle vittorie. Le sconfitte ci umiliano; le belle vittorie ci portano a ringraziare il Signore.
L’esame è una conoscenza dello stato dell’anima. Una conoscenza delle mancanze e degli atti di virtù, in modo da non volere, per falsa umiltà, nasconderci se abbiamo fatto bene, ma dobbiamo ringraziarne il Signore: «La mia anima loda il Signore, perché mi ha dato grandi cose»5. Non dobbiamo neanche nasconderci ciò che davvero è manchevole. Sincerità con noi stessi. Non volerci scusare, non voler voler dire così facilmente: Non potevo, se è andato male dipende da altri. Signore, dammi la luce perché io conosca me, come mi farai conoscere al tuo giudizio, quando illuminerai la mia anima e
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mi farai conoscere ciò che fu male, ciò che fu bene, ecco, senza che vi siano scuse.
«Chi si giudica sarà già giudicato»6. Già, che cosa vuol dire? Chi si giudica adesso, non sarà più giudicato dopo, al giudizio, perché se noi ci giudichiamo con sincerità, condanniamo il male, [che è già stato] rimesso e non si porta più al giudizio di Dio. Al giudizio di Dio si porta quell’umiliazione fatta, quel dolore avuto, quel proposito che si è compiuto, quindi il peccato sepolto e il ricordo della bella Confessione fatta per cancellare il peccato. Chi si giudica non sarà giudicato, chi si condanna non sarà condannato. Però nemico della sincerità con noi stessi e con i confessori è sempre l’amor proprio che cerca di scusare il male, e se c’è il bene, c’è un po’ di vanità che lo attribuisce a noi stessi, il che rende un po’ inferma la nostra Confessione e un po’ infermo il nostro esame di coscienza. Sincerità! Signore, fate che io vi conosca. Conosca voi e conosca me, che mi conosca bene7.
Ci sono persone che si illudono. Si persuadono che certe cose non devono imitarle, per questa o per quell’altra ragione. Sono troppo delicate e troppo facili alle scuse con se stesse e sono facili invece ad attribuire colpe e responsabilità ad altri. Persone che distribuiscono le responsabilità ad altri e non le prendono per sé. Siamo schietti! Quanto piace al Signore la schiettezza! Né più, né meno!
Non negare le grazie ricevute, perché noi abbiamo obblighi secondo le grazie ricevute, cioè se una ha ricevuto più intelligenza deve fare l’esame di coscienza se adopera bene questo grande dono e se adopera bene il tempo. Supponiamo che una persona viva trent’anni e un’altra sessanta. La persona che ne vive trenta, ha una responsabilità sui trenta; la persona invece che arriva a sessant’anni ha la responsabilità sui sessanta. Quindi ringraziare il Signore della vita lunga. Ma come dovevo riempire quei trent’anni, cioè dai trenta ai sessanta? Avevo tutte le grazie; avevo fatto la consacrazione a Dio; avevo maggior conoscenza; avevo tutti i mezzi per progredire in
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questi trent’anni. Dai trenta ai sessant’anni sono gli anni più belli, in cui c’è la pienezza della grazia che un’anima poteva attendere dal Signore. Quindi quanta maggiore obbligazione! Essere schietti nel considerare e riconoscere le grazie, perché stabiliscono l’obbligatorietà. Ognuno è obbligato secondo i talenti ricevuti: se ci fosse un bambino che riceve il Battesimo e muore prima dell’uso di ragione, non è obbligato a rendere conto della ragione, se ha ragionato bene, se ha accolto e fatto bene l’atto di fede, ecc. Ma chi arriva a sette anni deve dire: Sono obbligato a fare il mio atto di fede e a ragionare rettamente, quanto è possibile a questa età.
Se hanno maggiore intelligenza, invece di ringraziare il Signore, se ne invaniscono; se hanno maggior salute, se ne invaniscono senza ringraziare il Signore; se hanno posizione più distinta, un posto di responsabilità, un apostolato affidato più elevato, se ne invaniscono. Quanto dobbiamo essere delicati! Ringraziare il Signore e subito umiliarci: Io questi doni, questi talenti, li traffico bene?. Chi più ha ricevuto, più deve dare conto a Dio. Quindi il nemico dell’esame di coscienza è l’amor proprio: il nasconderci le responsabilità o il volere scusare le nostre mancanze. Sincerità, allora!
L’esame di coscienza è necessario? Ho detto che è l’opera di pietà più necessaria, quella che deve durare fino all’estremo della vita, e se uno non è più in grado di balbettare, recitare con le labbra: Gesù mio misericordia, tuttavia può dirlo nel cuore.
Quindi: «Attendite vobis, attende tibi: Guarda te stessa»8. Non fare l’esame agli altri: Questa ha un difetto, e l’altra non fa quel che doveva fare; le superiore hanno disposto male, quindi le cose non sono andate bene... Si è troppo esigenti con me..., ecc.. Non [fare] l’esame sugli altri e nella predica neppure fare le applicazioni agli altri: farle a noi! Vi sono persone che arrivano in questo a un estremo di debolezza. Durante la predica, se viene fatta un po’ praticamente, distribuiscono le applicazioni: un pezzo va bene a una sorella, un altro pezzo va alla superiora; qualche responsabilità va al brutto tempo di
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oggi, e un’altra responsabilità al nervoso che ci ha assalito, ecc. E per noi? Vuol dire andare a tavola, offrire il cibo agli altri e non mangiarne? Bisogna nutrire noi stessi!
Adesso: quanti sono gli esami di coscienza? C’è l’esame di coscienza preventivo. Preventivo vuol dire [che si fa] prima. E sono quattro: quotidiano, settimanale, mensile, annuale.
Quotidiano. Al mattino una persona può pensare al proposito e questo sempre: Come l’adempirò oggi? In quali circostanze? Come pregherò per avere forza?. Poi: In quale ufficio mi troverò? Con quali persone mi incontrerò? Come sarà l’apostolato? ecc.. Allora si predispone l’animo: Signore, aiutatemi; Angelo custode, accompagnatemi perché io santifichi le ore, santifichi le parole, santifichi i miei passi. Ecco: esame preventivo sempre uniformato ai propositi degli ultimi Esercizi. Richiamare sempre il proposito degli ultimi Esercizi fatti. Voi scrivete sempre questi propositi, anzi nei propositi distinguete ancora ciò che è personale, supponiamo: Voglio acquistare lo spirito di pietà; e ciò che invece riguarda l’attività che avete, l’apostolato, le occupazioni: chi farà scuola, chi starà in libreria, chi va [all’agenzia del] cinema e chi invece va alla propaganda, ecc. Esame preventivo quotidiano.
Secondo, esame preventivo settimanale. Dopo la Confessione: Che proposito faccio? Questa settimana in che occasione mi troverò di osservare, supponiamo, l’obbedienza oppure la carità verso le sorelle? E come mi comporterò? Con quali sorelle mi troverò? Con qualcuna che ha un bel carattere o con qualcuna che ha un carattere tutto contrario al mio. Se penso che ci saranno difficoltà, mi premunisco allora con la preghiera. Che servizi potrò fare alle mie sorelle? In che cosa le saprò consolare, incoraggiare con sante parole? Come potrò fare l’ufficio in questa settimana? L’ufficio sarà la scuola, sarà la propaganda, ecc.
L’esame della settimana. Dopo la Confessione, [fare] sempre la penitenza, si capisce, ma [anche] l’esame preventivo della settimana, perché: Non voglio più commettere [le stesse mancanze] in avvenire e propongo di fuggire le occasioni. Questo appartiene all’esame preventivo, cioè il proposito applicato alla settimana. Vi saranno delle settimane più difficili,
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per esempio, quando una persona sta male di salute. E in quel tempo come comportarsi? L’altra invece si troverà in perfetta salute e come potrà organizzare il lavoro perché riesca meglio?
Il ritiro mensile suppone l’esame del mese finito e il preventivo del mese che si comincia. In questo mese che cosa praticherò? Avevo il proposito sulla carità. Praticherò la carità, specialmente quando mi troverò con quelle sorelle oppure nella propaganda, oppure nel fare il lavoro di cucina o nel fare scuola, perché sono lavori di carità. Si prende perciò una parte del proposito. Se il proposito fosse sulla pietà, questo mese sarà sulla Comunione; un altro mese farò l’esame di coscienza preventivo sulla Visita al Santissimo Sacramento; un’altra volta lo farò sulla meditazione. È bene [nei propositi] dividere un po’: sempre la pietà, ma nella pietà vi entrano tante pratiche, [prenderne] una per volta, e soprattutto l’attenzione a portare nelle nostre pratiche di pietà uno spirito
più fervoroso.
L’esame preventivo per l’anno di spiritualità, lo fate adesso, oggi, perché gli Esercizi stanno per concludersi. Ciascuna ha fatto i propositi. Ora si può applicare il proposito o i propositi alle circostanze di vita. Sul carattere, ad esempio: che ci sia buon carattere, socievolezza. Sul dare il buon esempio, sulla pratica dell’orazione, sullo spirito di fede, sulla fiducia in Dio, sulla carità, ecc. Applicarlo all’anno di spiritualità. E l’anno di spiritualità quanto dura? Dagli Esercizi attuali al corso degli Esercizi dell’anno prossimo. L’anno di spiritualità va da un corso di Esercizi al corso seguente.
Ci sono poi gli esami consuntivi. Sono: l’esame generale che riguarda tutto e l’esame particolare che porta a vedere come si è osservato il proposito degli Esercizi, del mese, della settimana, del mattino.
Il più lungo, per le Figlie di San Paolo, è l’esame che si fa alla Visita. La Visita in primo luogo è un atto di fede, quindi lettura e atti di fede. Nella seconda parte della Visita al Santissimo Sacramento l’esame è soprattutto sulla virtù. Considerare, ad esempio, la bontà di Gesù e paragonarsi a Gesù. Troveremo che siamo tanto distanti dalla bontà, dalla mansuetudine di Gesù, dall’umiltà, dal sacrificio, dalla pazienza di Gesù.
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Allora detesteremo ciò che è mancante, ringrazieremo il Signore di quello che invece è riuscito bene e faremo il proposito per continuare meglio. L’esame particolare, riguarda la virtù che vogliamo soprattutto acquistare e il difetto che soprattutto vogliamo correggere.
Ora veniamo a qualche avvertenza. Primo, cercare le cause delle cadute e le cause o i mezzi del progresso. Perché ci sono queste cadute? A volte sono per superbia, per orgoglio. A volte sono per qualche attaccamento nascosto nell’anima. A volte perché manca la preghiera o è troppo scarsa, c’è troppa freddezza. Qualche volta invece manca proprio la volontà di farsi santi. Bisogna andare alle cause, scoprirle, perché dobbiamo mettere il taglio alla radice. Altrimenti, se tagliamo solamente l’erba che è venuta fuori, di lì a un po’ l’erba torna a crescere e siamo sempre allo stesso punto. Allora andare alle cause.
Devo però dare una seconda avvertenza che è sempre un po’ difficile a spiegarsi, a capirsi, eppure sembrerebbe facile. L’esame di coscienza sulle sconfitte e sulle vittorie, è necessario. Però c’è un esame che riguarda lo stato dell’anima. Quindi questo esame può ripetersi spesso. In che cosa consiste? In un’occhiata semplice sulle disposizioni interiori. Faccio degli esempi: Il mio cuore adesso dove va? Che cosa cerca in questo momento? Di spuntarla, ad esempio, per qualche cosa? Nel mio stato presente sono raccolto o sono distratto? Che cosa sento in me? Buona volontà o indifferenza? Come sta il fondo della mia anima, la mia disposizione intima? Perché oggi non parlo? Per osservare il silenzio oppure perché faccio qualche dispetto con qualcuno? Andare al fondo dell’anima: Dove è il mio cuore, dove è la mia mente? Qual è il grado di volontà che ho? Quale il grado di preghiera? Cioè, calore, indifferenza, preghiera esterna o sentita interiormente? Ecco, lo stato, la disposizione attuale dello spirito è la parte più importante dell’esame di coscienza.
Vai a pregare. Con quali disposizioni vai? A volte si va, perché è suonato il campanello e si va con indifferenza, non si sa che cosa si va a chiedere. Non si sa che cosa si dirà al Signore. Gli interessi spirituali poco si valutano, poco si sentono. Che preghiera potete pensare di fare poi? Quale sarà il colloquio
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con Gesù? Vedere lo stato dell’anima. Basta un occhiata. Ci sono persone che in un ufficio si lasciano guidare quasi totalmente dall’amore a Gesù, dal desiderio di aiutare le anime; invece persone che si lasciano condurre dall’amor proprio, e tutto quello che fanno allora è un po’ avvelenato dall’amor proprio. Ci si affatica, e il merito? Sarà assai ridotto, supponiamo e, credo, non sarà nullo del tutto.
Questo, quando bisogna farlo? Al mattino? Si dovrebbe fare spesso nella giornata. Così, una semplice occhiata all’anima mia, alle mie disposizioni. In questo momento: che cosa cerco, che cosa penso, che cosa voglio? Sono triste, sono troppo lieto, sono divagato, sono raccolto, sento la generosità, faccio volentieri quello che mi hanno detto oppure lo faccio per forza? Che meriti guadagno? Ho tentazioni? Prego per vincere? Mi fido di Dio? Ricorro alla Madonna oppure no? Mi viene una tentazione contro la vocazione, come combatto? Vengono a tutti, in certi momenti. Come vinco? Rinnovo in quel momento: Signore, tutto mi dono, consacro,…? Si sa che ammettere dubbi sulla propria vocazione e specialmente sulla perseveranza è un grande male. Tante volte è più male e ha maggiori conseguenze che se venisse un pensiero o anche una passione che interiormente si fa sentire contro la castità. Perché ammettere il dubbio e pensarci, studiare i mezzi per farci un’altra vita, ecc., questo vuol dire abbandonare per tutta la vita quello stato di perfezione che si è abbracciato. Mentre forse le altre tentazioni sono per commettere il peccato di un momento. Altro è tutta la vita e altro è il peccato di un momento.
Contrarietà con l’Istituto. È perché non hanno capito prima lo spirito, quindi non lo prendono e non lo vivono dopo, e quindi: Religiosus negligens et tepidus undequaque patitur angustias: il religioso tiepido da tutte le parti trova da lamentarsi9, e tutto vede male, e tutto giudica in male dalla testa fino ai piedi. Poi si parla contro le sorelle, contro le disposizioni... A un certo punto il Maestro Giaccardo, che ha aiutato tante suore per conoscere la vocazione e seguirla, diceva: Ma a forza di sputare contro, il volto è tutto imbrattato, tutto è brutto. Cioè
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criticare questo, giudicare male quello... Fuggite le mormoratrici come il serpente!
[Fare] L’esame di coscienza su queste disposizioni d’animo, che vanno a toccare il fondo della vocazione. Poi si arriva magari a un estremo in cui la medicina non serve più. Allora è il caso di denunciare al medico il male quando si fa e incomincia a farsi sentire. Il medico è il confessore oppure sarà la persona con cui si ha confidenza. È tanto bene che nel corso degli Esercizi diciate tutto per avere conforto, indirizzo. Ai principianti, cioè a chi fa professione ed è entrato nella vita religiosa si promette il premio: «Riceverete il centuplo, possederete la vita eterna»10. Ma il premio poi si dà a chi persevera. Avanti, dunque!
Questa abitudine di dare sovente uno sguardo alla nostra anima, quanto è preziosa! Si rimedia subito ai mali e ci si nutre con santi pensieri e sante risoluzioni quel bene che abbiamo già, quel bene che vogliamo sempre più aumentare. Dunque, esame di coscienza, preventivo, generale, particolare.
Vi sono però persone che sarebbero disposte a stare un’ora a dire orazioni vocali e invece penano a stare cinque minuti a fare l’esame di coscienza. Ebbene, che cosa bisogna fare? Facciamo così: la penitenza dei nostri peccati, dobbiamo farla. Fare l’esame di coscienza è una penitenza: facciamola. Così otteniamo anche l’assoluzione delle nostre mancanze e già scontiamo un poco della pena che forse abbiamo meritato. Gesù ci faccia conoscere bene l’importanza dell’esame di coscienza.
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L’ESAME DI COSCIENZA1


È cosa tanto bella e pia la Via Crucis, specialmente in questo tempo di Quaresima, fatta con il libro delle nostre preghiere, perché sono segnate le riflessioni e le grazie da chiedere più adatte per la Famiglia Paolina. Tuttavia è anche bene, almeno domani, invece della Via Crucis, pregare il santo Rosario, poiché là in fondo è stata eretta la cappelletta e i piloni per ricordarci i misteri principali della vita di nostro Signore Gesù Cristo, la virtù e la missione particolare di Maria2. Il Rosario, quanto è utile! Almeno al sabato recitarlo più abbondantemente.
S. Agostino domanda al Signore due grazie: Ut cognoscam te et cognoscam me3. Signore, che io conosca te per amarti, e conosca me per emendarmi, per santificarmi per togliere ciò che non piace a Dio e per aggiungere quello che invece piace a Dio. Se vi è un tempo in cui l’esame di coscienza si deve fare bene, è proprio il tempo degli Esercizi spirituali.
Primo, che cosa è l’esame di coscienza? L’esame di coscienza è leggere nella nostra anima, prendere coscienza del nostro stato spirituale, vedere i doni che il Signore ci ha dato e vedere come abbiamo corrisposto alla sua divina misericordia. L’esame di coscienza, accanto alla meditazione, è una pratica fondamentale.
Vi sono tre specie di preghiere che si possono dire ‘sociali’: la meditazione che deve essere [fatta] in comune; il ritiro spirituale in comune; e soprattutto la Messa è sempre preghiera
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sociale: Ut meum ac vestrum sacrificium4, dice il sacerdote, il mio e il vostro sacrificio, cioè tutti insieme offriamo il sacrificio del Calvario al Signore. Fra le preghiere individuali, l’esame di coscienza è predominante. Nosce teipsum: Conosci te stesso5, era già un detto dei pagani. Quanto più deve servire ai cristiani.
Per capire che cosa sia l’esame di coscienza, notiamo subito che comprende vari punti. Primo, considerare i doni che ci ha dato il Signore, poiché noi siamo obbligati a restituire al Signore i talenti che ci ha dato. Usare i talenti che ci ha dato nella misura in cui li abbiamo ricevuti, e spenderli bene. Spenderli bene vuol dire amare il Signore e santificarsi. Spenderli male vuol dire perdere i meriti, regolarsi male con Dio e trovarsi male al giudizio di Dio. Vedere i doni con piena sincerità. L’orgoglio porta a conoscere i beni che uno ha per sé e se ne compiace. L’anima pia che vive nella verità, invece vede gli stessi doni ricevuti, ma per due fini: primo, per ringraziare il Signore; secondo, per esaminarsi se vi corrisponde bene.
Si capisce: il Signore non ha dato a ciascuno uguali talenti6. Ogni persona ha i propri talenti: chi cinque, chi due, chi uno. Noi siamo obbligati a fare [fruttificare] quanto abbiamo ricevuto da Dio. In questo vi sono cose che sono chiarissime e cose un po’ oscure. Cosa chiarissima: se vivi settant’anni, devi rendere conto a Dio di settant’anni. Se ne vivi cinquanta, renderai conto a Dio solamente di cinquanta, secondo il tempo, la grazia, i doni che il Signore ti ha fatto. Se te ne dà di più, devi corrispondere di più. Da cinquanta a settant’anni hai già imparato bene come si fa il lavoro spirituale. Allora perfezionarti di più, crescere perché ogni giorno è per crescere, non per star fermi. Così una può avere più salute e un’altra meno salute; una può avere l’intelligenza, un’altra meno intelligenza, ecc. Una può aver ricevuto più grazia nel Battesimo e un’altra meno. E può essere che il Signore lavori un’anima in modo speciale e quell’anima deve dare al Signore una maggior gloria. Prendiamo la definizione: dai talenti ricevuti, cioè dalle
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grazie ricevute, si misura l’obbligatorietà che una ha presso il Signore. Nessuna può paragonarsi a un’altra persona, perché noi non conosciamo neppure bene i talenti che sono stati dati a noi, quanto meno dobbiamo giudicare quelli degli altri. Non conosciamo certamente tutte le grazie, le ispirazioni, i lumi, le mozioni, i richiami e gli aiuti che il Signore dà a un’anima. La misericordia di Dio domina tutto. Noi esaminiamo noi stessi, non facciamo gli esami agli altri. Vi sono persone che si arrogano [questo compito], e questa è una superbia fondamentale. Tante volte il giudicarsi l’una con l’altra dilania le istituzioni religiose. Il giudicarsi e il condannarsi usurpa un diritto a Dio: Chi ti ha costituito giudice verso il tuo fratello, verso tua sorella, domanda S. Paolo (sic)7? E allora, «non giudicare per non esser giudicati, non condannare per non esser condannati»8.
Quindi primo punto dell’esame di coscienza è conoscersi sinceramente, con semplicità: questo ce l’ho, questo non ce l’ho. «Fecit mihi magna qui potens est, et sanctum nomen eius»9. Maria riconosceva le grandi grazie ricevute dal Signore e lo ringraziava. Secondo, le grandi grazie. Qualche volta giova persino esagerare un po’ per conoscere quanti stretti bisogni abbiamo e a quanti stretti bisogni e doveri dobbiamo corrispondere. Messo in un luogo più distinto, nella possibilità di un apostolato che si può fare casa per casa, ridurlo al minimo, e potete fare un apostolato collettivo. Magari lo accennerò più tardi, passare a due altri modi, a due altre forme di apostolato secondo l’ispirazione di Dio.
Conoscersi per ringraziare il Signore. Dio sia benedetto! Hai avuto più salute? Impegnati di più! Hai forse una malattia? Non puoi fare come l’altra? La tua missione forse sarà [l’apostolato] della sofferenza. E se ci sono giorni in cui non puoi accedere alle opere delle sorelle, puoi offrire la tua piccola o grande sofferenza al Signore in unione con il sacrificio della Messa e compirai una missione degnissima.
Conoscere i benefici di Dio per amarlo di più, non per
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gloriarcene, non perché hai una bella voce, non perché hai facilità a trattare con le persone, non perché puoi raggiungere una maggiore conoscenza delle cose, non perché sei messa in un ufficio distinto, no. Riconoscenza al Signore, amare colui che ci ha amato dall’eternità e ci ha dato quel che ci ha dato nella sua infinita, amabilissima misericordia.
Inoltre, conoscersi per vedere che cosa c’è di male in noi. Non solo ciò che c’è di bene, ma anche ciò che c’è di incorrispondenza, cioè mancanze e vittorie. Le vittorie sono la corrispondenza, sono il progresso, invece le mancanze sono i difetti, le incorrispondenze alla grazia.
E va bene allora, conoscendo quello che ci ha dato il Signore, e conoscendo come noi abbiamo corrisposto, veniamo a conoscere il nostro stato. Quindi nell’esame di coscienza conoscere anche il bene fatto, se poteva esser fatto meglio. E se fatto bene, Deo gratias10. Vedere se invece manca un po’ l’intenzione, se manca un po’ la generosità, si chiede perdono. Se poi sono mancanze vere, allora l’Atto di dolore, la detestazione e quindi il proposito per l’avvenire.
Perciò l’esame di coscienza comprende questi punti: primo, conoscere i doni di Dio per misurare l’obbligatorietà che abbiamo [di corrispondere]. Secondo, conoscere il bene ricevuto e il bene fatto per ringraziarne il Signore. Terzo, conoscere le incorrispondenze, le nostre deficienze colpevoli, per chiederne perdono al Signore e proporre di riparare. Quarto, vedere se adempiamo il primo articolo delle Costituzioni, che obbliga strettamente a progredire, santificarsi, perfezionarsi.
Quando una figliuola che si è consacrata a Dio non si sforza a progredire, non si sforza a fare il lavoro spirituale, questa non fa la suora, porta solo l’abito. Perché si vede chiaro se una non fa l’apostolato, appare esteriormente. In principio appare meno se non lavora spiritualmente per correggere il male e conquistare il bene, per correggere i difetti e acquistare le virtù. Questo è il primo dovere. Non si pensi che, fatta la professione: adesso basta. Fatta la professione ci si è messi in condizione di lavorare. Perché se una ha preso la patente da maestra, fino
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lì non fa niente di bene nella sua missione. Invece comincia da lì ad essere obbligata a insegnare e insegnare bene. Fatta la professione, non si è fatto ancora niente da suora, niente. Non è lì la corrispondenza alla vocazione, ma è mettersi nella condizione di fare la professione per poi lavorare come religiosa nella santificazione, nella emendazione [dei difetti] mediante esami di coscienza, meditazioni, belle Comunioni, buone Confessioni, riflessioni, propositi, ecc. Il progresso!
Suore che sono vere suore! Suore che non sono suore! Me lo lasciate dire? Suore che non progrediscono. Sembra anzi che con il passare degli anni i difetti crescano, e allora, se gli anni sono molti, molto sarà il rendiconto alla fine. Ma se gli anni sono molti e si cammina, ecco quanto più grande sarà il premio! S. Agnese11 è morta a quattordici anni, non doveva rendere conto del quindicesimo anno né del ventesimo. Ma se noi andiamo avanti negli anni, dovremo rendere conto e del quattordicesimo e del quindicesimo anno, e se il Signore lo dà, del settantesimo anno, ecc. Conosci te stesso: che cosa fai e che cosa non fai.
Per capire l’esame di coscienza bisogna notare subito che non sono tanto i difetti e le vittorie [che contano], quanto lo stato dell’anima. L’esame di coscienza è per conoscere lo stato dell’anima. Faccio delle domande: Sei fervorosa? Sei tiepida? Tu hai avuto una vita di disordini, quindi vivi da penitente? Tu hai avuto una vita di innocenza: hai la gelosia di conservarla e l’impegno di portare questa innocenza al tribunale di Dio? Tu ti trovi molto tentata: hai delle circostanze esterne, per cui non cammini bene? E forse circostanze e condizioni per cui ti metti in pericolo?
Anime orgogliose, che sono nello stato d’orgoglio; anime che hanno qualche attaccamento; anime invece che hanno il pieno distacco. C’è qualche legame? Ci sono anime che camminano nell’invidia e guardano più gli altri, e quasi vorrebbero che gli altri non facessero bene, per scusare se stesse che non fanno bene.
Sei irascibile? Che carattere hai? C’è in te la pigrizia, cioè
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la tiepidezza? C’è il tormento della carne? C’è facilità ad accontentare i sensi o li domini? Oppure i sensi ti vincono, gli occhi vincono per la curiosità, l’udito vince per la curiosità, e il gusto vince per la golosità, ecc.? Hai già un buon carattere? Conoscere lo stato [in cui si è] è ancora più [importante] che contare le vittorie e le sconfitte. Quindi l’esame di coscienza non è soltanto sui difetti e sulle virtù che già si praticano, ma è sullo stato dell’anima, e a volte basta pochissimo. D’altra parte, quando uno ha riconosciuto Ho un cattivo carattere, in certi momenti si riprende. Non bisogna che il mio caratterino o caratteraccio mi vinca.
L’esame di coscienza che posto tiene tra le pratiche di pietà? A parte le pratiche di pietà sociali come la meditazione, il ritiro, la Messa, l’esame di coscienza tiene il primo posto. In esso si richiede tanta diligenza. D’altra parte ci vuole proprio una volontà molto buona, perché se una non va in chiesa con le altre, la si vede, la si avverte, ma se una non si esamina, chi lo sa? Quindi, una diligenza grande. È proprio un dovere che si deve compiere davanti a Dio, riflettendo e sapendo di rendere conto al Signore di questo dovere e del tempo che è determinato e destinato all’esame di coscienza.
Conoscere se stesso. Chi non si conosce, non si guida. Vi sono persone che sono regolate in tante cose, per esempio, nel nutrirsi. Ci sono persone che non si regolano mai e vanno secondo che una cosa piace o non piace; se anche fa male piace al gusto, e se dovessero prenderla, perché ne hanno bisogno, ma non piace al gusto, non la prendono: sono schiave. Curiosità, golosità, sentimentalità, invidie, ecc. Persone invece piene di carità, piene di bontà, sollecite delle sorelle, sollecite delle anime, per cui fanno l’apostolato tanto bene. L’esame di coscienza è necessario per controllare se adempiamo al primo dovere della vita religiosa: perfezionarci!
L’esame di coscienza fra tutte le opere di pietà, anche quelle sociali, deve essere l’ultimo a lasciarsi. Ci si ammala e non si può andare a Messa; magari si è stanchi e forse esauriti e quel giorno non si può far così la meditazione; forse non si potrà andare in chiesa per la Visita; forse si è malati e quando la malattia si aggrava, man mano si lascia un’opera di pietà, poi
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l’altra, poi l’altra. L’ultima a lasciare è l’esame di coscienza, tanto è necessario. E cioè, anche se mancano pochi minuti dal rendere lo spirito, l’anima a Dio, la persona deve sentire: Sono nella volontà di Dio? La faccio volentieri? Accetto con amore quello che il Signore ha disposto? Sono veramente pentita? Ho piena fiducia nella sua misericordia? Abbraccio il Crocifisso per unire la mia volontà alla volontà di Gesù quando era confitto in croce?
Vigilare sulla coscienza. Non è che allora l’esame di coscienza si fa con ordine, con i cinque punti, ma è uno sguardo all’anima: Sono pronta per passare all’eternità? Sono in uno stato buono per presentarmi a Gesù? Ecco, mi presento a lui e vado a lui con amore, in piena fiducia; oppure c’è la presunzione? Eh, la presunzione: Ho fatto tanto bene nella vita. L’orgoglio può dominare anche negli ultimi momenti. Oppure un senso di disperazione. Vigilare sull’interno è l’esame di coscienza. Sarebbe un gran bene se uno morisse nelle piene disposizioni: Intendo morire come buon figlio della Chiesa. Avere in quei momenti sentimenti di fede, speranza, carità, rinnovando i santi voti religiosi, ecc., anche i voti battesimali. In quel momento [la cosa più] necessaria è l’esame, tanto più che ci possono essere due difficoltà o tentazioni: la tentazione di disperazione, guardando un passato che non fu tanto santo, oppure di presunzione nel fidarsi del bene fatto. Solo il Crocifisso dobbiamo portare nel presentarci al Signore. Nascondiamoci dietro il Crocifisso: Signore, guardate Gesù, non guardate i miei meriti. Questo deve essere proprio fino all’ultimo merito.
Quando vi sono infermi gravi, aiutare l’anima a stare in quel dominio, cioè nella posizione di esaminare se stessa, di rendersi conto. Se poi una va fuori dei sensi, allora è finito, cioè l’ultimo momento in cui uno ragiona è quello che conta, perché uno può andare fuori dai sensi e starci anche una settimana e uno muore come si trovava spiritualmente davanti a Dio sette giorni prima. E se una diventasse pazza e vivesse ancora molti anni, conta il momento in cui ha cessato di ragionare, perché da allora umanamente era morta, cioè quanto alla ragione vegetava. Quando c’è la pazzia si vegeta, non si vive più umanamente.
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Esame di coscienza preventivo. Fare al mattino l’esame preventivo per la giornata; preventivo dopo la Confessione, per la settimana; preventivo nel ritiro mensile per il mese; preventivo negli Esercizi per l’anno. Quattro [tipi di esame preventivo]. Uno al mattino deve sempre prevedere quello che l’attende nella giornata: tentazioni, difficoltà, mezzi, occasioni, ecc., per intercedere presso il Signore e avere le grazie necessarie. Se una poi fosse superiora o avesse qualche ufficio rispetto alle altre, deve ordinarsi in quello che deve fare riguardo alle altre. Se una fosse superiora della casa deve prevenire l’ordinamento della giornata, la distribuzione delle occupazioni, tutto quello che riguarda gli orari e ciò che può esserci di difficoltà per la comunità o ciò che si può disporre perché la comunità possa condurre una vita serena, utile e in pace. Preventivo settimanale, dopo la Confessione per vedere come passerà la prossima settimana. Preventivo al ritiro mensile per studiare come dovrà passare il mese che incomincia; preventivo negli Esercizi per tutto l’anno di spiritualità.
Vi è l’esame consuntivo, cioè l’esame generale e l’esame particolare. L’esame particolare si riferisce specialmente ai propositi che sono di due specie: il proposito personale, santificare la mente, santificare il cuore, santificare la volontà. Poi il proposito che riguarda piuttosto l’ufficio, le occupazioni che si hanno: come ti comporterai in libreria, nelle relazioni con le sorelle, nel tuo ufficio, e come ti comporterai nelle relazioni con gli esterni; come compirai quello che ti è assegnato come apostolato, supponiamo, il cinema. Quindi, due specie di propositi. L’esame particolare riguarda un po’ la giornata intera; l’esame particolare si riferisce però ai propositi particolari. Supponiamo sulla carità, sulla pazienza, sulla preghiera, ecc.
L’esame generale in che tempo si fa? L’esame generale principalmente si fa nel secondo punto della Visita: «Io sono la Via»12. Ci confrontiamo con Gesù, cioè guardiamo la santità, la carità, la bontà, l’umiltà di Gesù, ecc. Come mi trovo davanti a questo modello? Gesù è lo specchio, io devo conformarmi
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all’immagine di Gesù: «Conformes fieri imagini Filii sui»13. Questo è il compito: conformarsi, modellarsi su Gesù, il modello dei modelli per tutti.
Il secondo punto della Visita generalmente si fa su «Ego sum Via». È vero che uno può anche invertire l’ordine, cioè prima «Ego sum Via», e metterlo al primo punto e secondo: «Io sono la Verità». L’ordine non è quello che decide. Ma generalmente facciamo così: primo, la fede, quindi lettura spirituale; segue l’esame di coscienza, «Ego sum Via»; e poi la preghiera: «Ego sum Vita».
L’esame particolare si fa anche alla sera, quando concludiamo la giornata e rendiamo conto a Dio: Signore se qualche bene ho compiuto, accettatelo. Perdonatemi però il male che oggi ho commesso. Dirlo bene, anche fuori delle orazioni, riflettendo nell’esame che si fa.
Due avvertenze sull’esame di coscienza. Primo: scendere alle cause delle mancanze oppure del progresso che si è fatto. Può essere che una cada sempre negli stessi difetti, perché? Non prega, è tanto chiaro! Per progredire ci vuole la grazia e se non preghi, non l’avrai. Oppure non hai buona volontà. E se non hai buona volontà, tu sei come una che si mette a guardare la strada ma non cammina. Bisogna camminare. Ma è fatica salire. Già, è vero, è fatica. Ma non è sempre vero. Con la buona volontà e la grazia di Dio, un piede dopo l’altro, e poi di nuovo il primo piede e poi il secondo, piccoli passi, ma sempre camminare. Se uno ha dato anche qualche passo indietro, si umilia e dice a Gesù: Mettete un po’ i vostri meriti dove sono mancati i miei. Abbiate misericordia di questa povera creatura e venite in soccorso. Mi appoggio a voi!.
Cercare le cause anche del bene. Questo mese ho adoperato il tale mezzo, è riuscito. Va bene, continuerò. Ecco, c’era quell’occasione e qualche volta quell’imprudenza, ma adesso, questo mese, sono stata attenta, non è più accaduto. Allora, questo è un mezzo. Esaminare la causa, cioè il mezzo per cui abbiamo fatto meglio, per continuare nello stesso modo.
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Qualche volta si troverà che in una casa per certe cose bisogna domandare, e riferire qualcosa anche alle Maestre, fino alla Maestra generale cioè alla Prima Maestra. Perché se non ho potuto progredire e sono andato indietro: per quale causa? E così andiamo al fondo, alla radice.
Per concludere, ancora un’altra avvertenza. L’esame di coscienza fissato così: preventivo, generale, particolare, è richiesto: si deve fare. Tuttavia vi è una cosa nell’esame di coscienza che serve ancora di più e facilita il cammino. Nel libro: Il lavoro spirituale14, il lavoro di santificazione specializzato, cioè ridotto a semplicità, semplificato, si dice: Di tanto in tanto interroghiamoci: In questo momento dove è il mio cuore? È con Gesù? Le intenzioni sono rette? C’è qualche cosa di invidia che mi muove? Perché mi sono comportato così? In sostanza: Dov’è il mio cuore? È un’occhiata brevissima, ma va fino in fondo all’anima. Quanto è utile! Ho predicato questo abbastanza, trentacinque anni fa, dedicandovi un’intera istruzione. Ancora recentemente mi hanno scritto: Quanto mi è stato utile quello che ha detto in quella istruzione. L’ho fatto e sono contenta.
Questo si può fare in qualunque momento. Sali le scale o le discendi: Mio cuore dove stai? Che cosa cerchi?. E si mette a posto. In questo momento, faccio proprio come vuole il Signore?. Mio cuore dove sei?. E a volte l’orgoglietto, a volte la superbietta e altre cose trascinano un po’ il cuore nelle vie un po’ storte. Non è più così corretto e retto, come dopo la Comunione in cui si voleva solo Gesù, la santità.
Forse, se non c’è un po’ di abitudine, dal mattino si va fino a mezzogiorno, si va fino alla Visita, e uno non ritorna su se stesso frequentemente. Cuore mio, dove vai, cosa cerchi? Come fai adesso? Senti di dover fare quello che piace a Dio e stai facendo quello che piace a Dio oppure no?. Sono piccole domande, occhiate che per la grazia di Dio servono a diradare le tenebre dello spirito e ci fanno vedere il fondo dell’anima, non la superficie. Il fondo, perché uno può anche avere sbagliato inavvertitamente e può mettere quella mancanza nelle sconfitte, quando fa la registrazione delle vittorie e sconfitte.
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Supponiamo: uno si è irritato, ma non ci ha badato. Ma il cuore, al fondo, [si chiede] perché? Forse c’è stato l’amor proprio che è stato toccato e allora bisogna radiarlo; forse invece hai saputo conservare la calma anche davanti a circostanze difficili oppure a qualche rimprovero, a qualche richiamo, a qualche cosa che non ti aspettavi. Come ti sei comportata? Cuore mio, dove sei? E allora se il nostro cuore non sta ancora nel cuore di Gesù, ce lo mettiamo di nuovo, come si è fatto nella Comunione.
Domandiamo la grazia di saperci esaminare bene e ricavare amore a Dio che ci ha amato tanto, e ricavare umiltà perché noi siamo tanto poveri. Ricorrere allora sempre a Gesù: Giacché non ho meriti, mi prendo i tuoi. Tu te li sei fatti per me, i tuoi meriti sono miei, e io me li prendo. E allora grande speranza, fiducia. Abbiate molta fiducia nel Signore. Perché Gesù Cristo è morto ed è là che sanguina sulla croce? Che cosa ci dice la Quaresima? «Dilexit me et tradidit semetipsum pro me: Mi ha amato e si è immolato per me»15.
Ci sono persone che vogliono sentire tanti consigli e poi praticamente non fanno. Non molte cose: Non multa, sed multum16, cioè non troppe cose, ma fare bene e veramente santificare l’anima, non girarci attorno, come se la santificazione fosse come un mettersi un abito addosso. La santificazione è una trasformazione interna. Una per mostrarsi santa può andare con le mani giunte e con il collo torto, ma quello non fa la santità. La santità è l’amore di Dio con tutta la mente, tutto il cuore e le forze. Cuore mio, dove sei?.
Sono molto persuaso però che fate bene e che i vostri Esercizi vanno bene. Sempre meglio, coraggio! Se vi è qualche difficoltà, ricordiamoci di Maria ai piedi della Croce. Nella Quaresima, fra le altre devozioni vi è la devozione all’Addolorata, quando Maria ha schiacciato la testa al diavolo: «La donna ti schiaccerà la testa»17. E questo è proprio sul Calvario, per mezzo di Gesù. Vinto satana, schiacciata la testa al demonio. Fiducia nella Madonna Addolorata.
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1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il 27 febbraio 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 96b = ac 162a.

2 Cf Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 43. Attorno all’anno 1930, Don Alberione redige e pubblica il libro Metodo di esame particolare, secondo Sant’Ignazio. Cf Andrea Damino, Bibliografia di Don Giacomo Alberione, Roma 1994, III ed., Edizioni Archivio Storico Generale, p. 32.

3 S. Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù. La sua esperienza spirituale è espressa nel libro Esercizi spirituali.

4 Cf 1Cor 9,26.

5 Cf Lc 1,46.49.

6 Cf Lc 6,37.

7 Cf Agostino, Soliloqui, 1,1,1.

8 Cf 1Tm 4,16.

9 Cf Imitazione di Cristo, I, XXV, 3.

10 Cf Mt 19,29.

1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il [10] marzo 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 100a = ac 165.

2 Accenno ai due percorsi del parco della Casa Divin Maestro ad Ariccia (RM) rispettivamente alle edicole dei misteri del Rosario e della Via Crucis.

3 Cf S. Agostino, Soliloqui, 1,1,1: “Che io conosca Te, o Signore e che io conosca me”.

4 Invito del sacerdote a pregare dopo la presentazione dei doni.

5 Massima attribuita ai Sette Sapienti dell’antichità e incisa sul frontone del tempio di Apollo in Delfi (Grecia).

6 Cf Mt 25,14-30.

7 Cf Rm 2,1-2.

8 Cf Lc 6,37.

9 Cf Lc 1,49: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e santo è il suo nome».

10 Grazie a Dio.

11 S. Agnese (290/293ca.-305) nobile fanciulla romana, fu decapitata perché cristiana, durante la persecuzione di Diocleziano tra il 303 e il 313 d.C.

12 Cf Gv 14,6.

13 Cf Rm 8,29: «Conformi all’immagine del Figlio suo».

14 Cf François Pollien, La vita interiore semplificata, III, II, 7.

15 Cf Gal 2,20.

16 Cf Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 2.

17 Cf Gen 3,15.