III
LE TRE UNIONI PRIMARIE
LA PIETÀ1
Avete fatto molto bene i vostri santi Esercizi spirituali, con frutto, credo molto abbondante. Ora comincia un altro anno di spiritualità. Ogni anno vi è un programma da svolgere e lo fate voi, lo fa ognuno di noi agli Esercizi: i propositi individuali e poi i propositi di apostolato, di ufficio, cioè quello che è affidato ad ogni suora. Il primo è il proposito che comprende la mente, la volontà e il cuore; il secondo è il programma che si svolge nella vita religiosa. Il primo riguarda specialmente il primo articolo delle Costituzioni; il secondo riguarda invece l’apostolato, che può essere l’ufficio di superiora, può essere l’ufficio di redazione, l’ufficio di propagandista, l’ufficio invece di agenzia del cinema.
Certamente vi è da benedire il Signore, perché, l’anno scorso, iniziando l’anno biblico si era un po’ titubanti: Come riusciremo? Risponderanno? Si è risposto molto bene. Le settimane bibliche, i tridui biblici e poi tutta la diffusione, la redazione, la tecnica, la propaganda: c’è tutto un fervore spirituale per la parola di Dio. Voi siete sulla via giusta.
Questa mattina sono stato [a una tavola rotonda presso il Palazzo della Sacra Congregazione del Concilio]2, perché ho anche questo ufficio dalla Santa Sede: Prendere parte ai movimenti pastorali, giacché il lavoro, lo spirito pastorale si è iniziato prima ancora del 19143. C’erano venticinque rappresentanti di venticinque nazioni e si insisteva che si facessero
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i catechismi con molta Bibbia, con molta liturgia, oltre che le verità dogmatiche e morali. Tutti insistevano su questo. Ma le Figlie di San Paolo sono trentacinque anni che fanno questo. Siete benedette dal Signore e siete guidate dal Signore, non si guardino molto le parole. Nella Congregazione vi è proprio lo Spirito di Dio che non si lascia affogare in chiacchiere o in piccole difficoltà.
Quando poi si è arrivati ad aprire case nelle varie nazioni (ora mi pare sono ventiquattro nazioni, con le ultime aperte), si pensava: E il lavoro biblico? Cioè il lavoro della diffusione del Vangelo e della Sacra Scrittura in generale, e il catechismo, come lo portiamo noi? E poi ancora: L’iniziativa dell’unione delle Chiese4, e quindi arrivare a quelli che, pur essendo cristiani, non sono cattolici, e poi oltre a questi, arrivare ancora ai popoli infedeli. Difatti nello Statuto dell’Istituto5 è aggiunto: …e tra i popoli infedeli. Allora le suore non devono avere difficoltà presso i parroci e i vescovi per i loro catechismi, per il loro spirito conformato alla devozione a Gesù Maestro. Non devono restringersi a una parrocchia, a una diocesi, no. Devono allargarsi e portare la loro parola stampata o filmata ovunque, devono diffondere i propri catechismi. Si sono allora pensate tre unioni, che stessero a capo, innestate direttamente nella santa Sede, in modo tale che né parroci né vescovi possano fare osservazioni. Quindi tre associazioni: primo, l’unità [dei cristiani]: Ut unum sint6, ovunque siete destinate, avete diritto di entrare in ogni diocesi. È vero che per la buona riuscita e la buona concordia, è sempre bene chiedere ai vescovi e anche ai parroci. È meglio
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affinché non avvengano malintesi e anche perché abbiate la parola di conforto.
Ora, per avere queste associazioni, si è fatto un grande lavoro in vostro aiuto, un lavoro tutto silenzioso. Delle tre cose che si sono pensate, due sono compiute, l’altra è ancora in corso, e credo che occorreranno ancora due anni di lavoro. Speriamo basti un anno, ma è difficile, penso che ne occorreranno ancora due.
Primo, l’Associazione Biblica Internazionale Cattolica7. Secondo, l’azione di unione e che sovrasta tutte le varie iniziative per l’unità delle chiese, perché queste due unioni sono primarie. Ora rimane da fare la terza, quella del catechismo. Come ho detto, occorre tempo e specialmente grazia di Dio. Quando si mettono le intenzioni: secondo il Primo Maestro8, vi è sempre qualche cosa che serve al progresso dell’Istituto.
Che cosa vuol dire ‘Unione primaria’? È semplice la cosa. Unione primaria catechistica, della Dottrina Cristiana, supponiamo, quella che dobbiamo ancora raggiungere e che è già a buon punto, se con la grazia di Dio si potrà condurre a termine, perché in sostanza occorre sempre molto lavoro.
L’Unione Primaria della Dottrina Cristiana è a Roma, dipende dalla Santa Sede. Tutte le altre unioni che riguardano il catechismo, dipendono da questa. ‘Primaria’ vuol dire a cui le altre istituzioni possono aderire. Se vogliono essere riconosciute, avere le indulgenze e quindi l’approvazione della Chiesa, devono unirsi all’Unione della Dottrina Cristiana Primaria.
Così avviene per il movimento unionistico, per l’unione delle chiese. Dopo questi Esercizi, qui vi sarà un’altra adunanza di vescovi per studiare una seconda volta i mezzi per arrivare a favorire questa unione fra protestanti e cattolici, supponiamo, tra greci, scismatici e cattolici, ecc. La sua forza è nell’essere ora diventata Unione Primaria, cioè che è innestata nella Santa Sede, e quindi ha l’approvazione per tutto il mondo. In qualunque nazione voi potete stabilirvi, e se in una
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diocesi si vuole fare l’unione del catechismo, della Dottrina cristiana, si uniscono a quella Primaria da cui dipende.
Parlando della Bibbia, l’Unione Biblica Cattolica per tutto il mondo è la prima. Le [Unioni] nazionali possono sorgere, unirsi, come sorge l’Unione della Dottrina Cristiana che è veramente raccomandata in ogni parrocchia. La parrocchia aderisce alla diocesi, la diocesi si unisce allora alla Unione Primaria, cioè all’unione primaria della Santa Sede, perché da essa dipendono le unioni diocesane e le unioni parrocchiali.
Che differenza c’è tra Unione o Società Biblica Nazionale e Società Biblica Cattolica? La Società Biblica Nazionale è una delle piccole, e ce ne sono in tutte le diocesi, perché i vescovi stessi le hanno promosse non dico in Italia, ma in Francia, Germania e in altre nazioni. Tutte, se vogliono avere i favori spirituali e l’approvazione definitiva, devono unirsi all’Unione Primaria, che è presso la Santa Sede, cioè la
Società Biblica Cattolica Internazionale.
Quindi i caratteri sono: è la prima [Unione] da cui dipendono tutte le altre; secondo, è la prima ed è universale in tutte le diocesi e in tutto il mondo, dove volete portarla, e avete diritto di portarla e tutti devono ricevervi, se vogliono avere i favori ed essere sicuri di essere uniti alla Santa Sede. Allora, questa ha la superiorità rispetto ad una piccola iniziativa parrocchiale, diocesana o anche regionale, rispetto alla cattolica che è universale e che è superiore a tutte, e solo essa ha i favori spirituali. Le altre unioni, se vogliono avere i favori spirituali, devono chiedere unione alla Primaria.
Quindi voi state sempre per l’unione biblica, cioè per la Società Biblica Cattolica. Cattolica vuol dire internazionale, vuol dire per tutto il mondo, come la Chiesa è cattolica. Così con le tre unioni, siete innestate nella Santa Sede, in modo tale che si acquista un valore, una superiorità, un certo diritto, un certo influsso su tutte le altre iniziative minori. Primaria vuol dire prima, le altre sono la seconda se sono diocesane, la terza se sono individuali o parrocchiali.
Si possono accettare persone in individuo, cioè persone particolari nell’Unione Primaria, cioè nella Società Biblica Cattolica che chiamiamo universale? Sì, si ha sempre diritto in
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qualunque diocesi. Allora si partecipa subito delle indulgenze, e l’apostolato biblico vostro ha il mandato da Roma. Questa è la grande fiducia che ormai si è acquistata presso le varie nazioni. È molto merito vostro che in febbraio, arrivati al 20 del mese, mi hanno fatto le relazioni che ogni giorno erano partiti diecimila Vangeli, tra Bibbie, piccoli e grandi Vangeli, Lettere degli Apostoli, ecc.
Procedete dunque in serenità, perché la nostra posizione è molto delicata. Non subito tutti possono capire la missione paolina, ma per questo ci si è innestati direttamente nella Santa Sede, così che essa è responsabile direttamente, e quello che esce da queste Unioni Primarie, come avete letto sui bollettini9 che vi sono stati mandati, è sotto la diretta responsabilità e assistenza della Santa Sede. Così avete una certa superiorità, tranquillità e sicurezza della vostra missione.
Nascono però delle nubi, eh sì! Perché è avvenuto che dodici o tredici anni fa, avevo iniziato un’Unione per l’unità delle chiese, che si chiamava Unitas10. Di lì a un poco c’è stata un’altra iniziativa. E così è avvenuto anche per la parte biblica, e allora ho sentito il bisogno di interessare la più alta autorità della Chiesa. Ma che cosa succede? Qui è disordine ormai. La risposta è stata: Le vostre Unioni sono primarie. Quindi innestate direttamente nella Chiesa. Allora nasce l’obbligo di essere molto attenti, di fare bene, perché si è direttamente a servizio della Chiesa. Lasciate che succeda qualche cosa a destra o a sinistra, lasciate parlare. La parola però dipende dalla vostra, ossia dipende, in sostanza, dalla vostra direzione.
Le sentenze e i pareri sono stati a volte diversi, ma questo è umano, tuttavia ho voluto che dopo la [mia] morte non ci fossero discussioni. Una volta che c’è un Breve venuto dal Papa direttamente, le discussioni sono finite: bisogna stare a quello che è stabilito e tenersi unite strettamente alla Santa Sede.
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[Da tutto questo ne] viene anche una responsabilità maggiore che non è ancora sentita del tutto. La redazione bisogna che sia molto ben fatta, perché siamo a diretto servizio del Papa. Noi non dobbiamo mettere delle velleità o delle maniere di pensare diversamente o una moralità monca, oppure una facilità a declinare a destra o a sinistra. Noi abbiamo un obbligo speciale di aderire alla Santa Sede e quindi c’è il voto quod ad apostolatum11, il voto di obbedienza al Papa, non soltanto come a superiore supremo, gerarchico, ma come a padre e pastore.
Così mentre c’è questa responsabilità, vi è anche maggior sicurezza di procedere bene, e qualche volta si è anche richiamati. Non sono ancora venti giorni che sono stato avvertito che una certa pubblicazione non doveva esserci, e non doveva esserci di sicuro. È passata, così. Bisogna stare attenti. Quello che dico non è una cosa che procede dalla persona, ma da colui che è costituito a governare la santa Chiesa, quindi dall’autorità somma della Chiesa stessa.
Ora rimane la parte del catechismo. Ma, come ho detto, gli altri ci hanno messo quarant’anni per venire a dire quello che noi dicevamo trent’anni fa. Ed è stato [approvato] dalla maggiore autorità della Chiesa.
Adesso, veramente voglio parlare della pietà, perché siamo negli Esercizi ordinati particolarmente alla pietà. Parlo del dono della pietà, perché le pratiche di pietà già le abbiamo considerate. Ci vuole lo spirito della pietà, il dono della pietà che è dono dello Spirito Santo, «donum gratiae et precum: il dono della grazia e della preghiera»12.
Si possono fare le opere di pietà in vario grado, ma chi ha il dono della pietà, il dono dello Spirito Santo, onorerà e pregherà il Signore con uno spirito migliore, cioè non considera più Dio soltanto come creatore e padrone, ma come Dio Padre;
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non considera più Gesù Cristo soltanto come giudice, ma come Maestro e come lo sposo dell’anima; non considera solamente la religione, cioè la Congregazione come un vincolo, come un peso, ma come un’arca di salvezza e di santità.
La pietà è veramente l’amore a Dio, e il timore passa in quarta o quinta linea. Si fanno le cose per amore, perché si ama il Signore e perché si amano le anime, si amano le sorelle, si amano tutte le cose sante. Ecco, la pietà!
Quindi considerare il Signore non soltanto come creatore e padrone, ma come Padre: «In quo clamamus: Abbà, Pater»13. Perché non abbiamo ricevuto lo spirito di timore, ma lo spirito di amore e chiameremo il Signore: Padre, come ci ha insegnato Gesù: «Padre nostro, che sei nei cieli»14. Amare il Signore, amarlo! Fare le cose, perché piacciono al Signore.
In secondo luogo, si ama Gesù Cristo come lo sposo dell’anima, l’intimo. Lo si ama non soltanto come giudice, anzi meno sotto questo aspetto, ma come fratello e sposo dell’anima. Allora tra l’anima e Gesù interviene una comunicazione di affetto, di amore sincero. Quando si fa la Visita, l’anima entra in comunicazione intima con Gesù. Allora si stabilisce una familiarità tra l’anima e Gesù Cristo, tra la sposa e lo sposo celeste, come è raccontato e messo davanti a noi nel Cantico dei Cantici: anime che avanzano. Sì, fra di voi vi sono anime che tendono alla perfezione, quindi all’amore, a vivere di amore con grande volontà. Allora, [si stabilisce] stupenda familiaritas: una stupenda familiarità15 con Gesù. Come si apre bene il cuore a Gesù, quando si viene in chiesa! Come si sente Gesù che è in noi e che ci guarda! Con quanta intimità e confidenza gli diciamo le nostre povere cose, gli raccontiamo le nostre povere mancanze e con quanto amore egli ci dà il suo perdono, ci incoraggia, ci sostiene con la sua grazia! È sempre lui, è sempre Gesù. E allora si ha una dolce conversazione. Si può ricordare Maria, sorella di Marta che, quando Gesù arrivava a casa delle due sorelle, prendeva Gesù in disparte e si intratteneva
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umilmente con lui in dulce colloquium, in un dolce colloquio. Allora la Visita è ben fatta.
Quando si ha il dono della pietà, si ama la Chiesa, si sente che siamo parte del corpo mistico della Chiesa. Quindi abbiamo l’aiuto di Gesù, i suoi meriti, partecipiamo ai meriti di Maria, ai meriti dei martiri, dei Dottori della Chiesa, dei Confessori, degli Apostoli, dei Vergini. Sentiamo di essere membra di un tutto, di un corpo, che è il corpo mistico di Gesù Cristo. Si ama il Papa! Vi sono anime che amano il Papa e si offrono vittime per il Papa, per la Chiesa.
Quando si ama veramente e si ha il dono della pietà, come si sente l’affetto e la compassione per il purgatorio! A volte si sentono i gemiti che arrivano di là. «Saltem vos amici mei»16 allora, almeno voi, amici nostri, soccorreteci, non dimenticateci. Si sentono le loro voci, si dicono le preghiere per i defunti con tanto affetto e magari quei defunti si ricordano singolarmente.
Quando c’è il dono della pietà si vuole un gran bene all’Angelo custode, lo si sente vicino, e quando si dicono quegli Angelo di Dio, quasi senza accorgersi, si volta un po’ la testa a destra: sembra di sentirlo lì e di guardarlo. E quando ci incontreremo con l’Angelo custode sarà una festa: egli ci ricorderà tutto ciò che ha fatto per noi. Allora che begli Angeli di Dio si dicono! Che differenza da certe preghiere superficiali, dette anche ad alta voce... preghiere magari cantate, e cantate bene, con tutta l’arte musicale, ma che sono solo esteriorità. L’anima ama di più il silenzio, l’intimità. È vero però che la musica, l’arte rende più espressiva la nostra pratica di pietà, come il canto del Credo, supponiamo, come il canto dell’Agnus Dei.
Quando si ha il dono della pietà, come ci si confida con S. Paolo! Se le case materialmente si mettono sotto la protezione di S. Giuseppe, l’apostolato è tutto sotto la protezione di S. Paolo. Così deve essere lo spirito paolino! Queste persone che hanno il dono di pietà, leggono volentieri la vita di S. Paolo, specialmente gustano le Lettere di S. Paolo. Chi invece non ha lo spirito di pietà, sente il peso, deve fare lo sforzo e poi, magari,
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non è ancora abbastanza soddisfatto. Sì, lo si ama S. Paolo come il padre e il maestro: il padre che protegge, il maestro che ci guida e ci insegna.
Quando c’è lo spirito di pietà si amano le sorelle, le persone con cui si convive, con cui si è legati per vincolo religioso. Siamo con compagne, che fanno con noi il viaggio verso l’eternità.
Come si considerano le superiore che guidano? Come angeli mandati da Dio per tenerci lontani dal male e guidarci nella via della perfezione, della santità, dell’apostolato. Quando si ha questa pietà, allora c’è un sacrificio da fare, è per Gesù, si fa volentieri; c’è un’obbedienza pesante, per Gesù, si fa volentieri; c’è una lotta interiore, per Gesù, avanti! Qualunque cosa costi, avanti, allora!
Quando c’è solo il timor di Dio invece: togli un pezzo di qua e togli un pezzo di là... sono anime che hanno poca pietà. Questo poi non è peccato grave, quello è solo un’imperfezione; se perdo un merito adesso ne guadagnerò un altro. Qui perdono tempo, e là hanno una parola di mormorazione; qui si perdono in fantasticherie e di là magari guardano ancora il mondo dalla finestra. Anime che non sono concentrate.
Quando invece si ha il dono di pietà, si guardano tutte le anime a cui si deve portare la luce, pure con sacrificio, pure con pena, perché «euntes ibant et flebant»17, si cammina, magari piangendo, con dolore, c’è sempre il sacrificio, c’è la fatica, ma si è portati dall’amore. Allora nella libreria non si tratta più di clienti, ma si tratta di anime che si devono nutrire. La suora non si mette dietro al banco come il bottegaio, il commerciante, il quale guardando il cliente che arriva, guarda quanti soldi in più può cavargli fuori. La suora che ha il dono della pietà pensa: Questa persona di che cosa ha bisogno? In che cosa posso aiutare e servire la sua anima?. Se è una giovane magari che si trova nell’età della crisi, della pubertà, se è un giovane che sta formando la sua personalità, se è una madre di famiglia, ecc. Allora è apostolato e sale sul pulpito. Che belle cose si dicono nelle giornate bibliche! Che belle cose si dicono
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nelle giornate catechistiche! Che efficacia si ha nel suscitare e nel formare queste vocazioni, perché c’è il dono della pietà, perché si fanno le cose per amore. Non si hanno misure e non si dice al Signore: Fino qui, ma fino là no, si corre invece nel volere di Dio, lietamente. Allora, ubi amatur…18, dove si ama non si sente il peso. E se si sente il peso, perché la fatica c’è certamente, si ama il peso stesso, cioè la fatica stessa per il Signore.
Vedete allora queste anime che hanno il dono della pietà, che pena hanno nel vedere, per esempio, chi non fa Pasqua. Questa gente che va e viene, lavora nelle città, fa mille cose. Le città sembrano tutte in attività e invece sono morte spiritualmente, sono cimiteri, non città di anime che vivono come figli di Dio. E... per le morti improvvise: non si racconta solamente come è successa la disgrazia, ma si fa un pensiero, una preghiera per l’anima che è passata all’eternità improvvisamente. Si ha compassione dei morenti e si prega per loro. Si ha compassione di tutti quelli che sono fuori strada: comunisti o atei oppure protestanti, scismatici, ecc. Il cuore è sensibile a tutto quello che vuole Dio e a tutte le miserie umane. Queste suore non sono quelle a cui vengono dei dubbi nella loro tentazione, perché l’amore a Dio assorbe il cuore, l’affetto e la sentimentalità. Allora la castità si osserva di più, i dubbi sulla vocazione vengono di meno, la generosità che si ha nell’apostolato fa sì che le forze si consumino per Dio. Quindi le tendenze cattive diminuiscono di forza, allora si ama la Congregazione.
Che belle cose, certe volte, si leggono nelle vostre lettere! Ringraziamo sempre il Signore per la costituzione della nostra Congregazione. Ringraziamo sempre il Signore per la nostra bella vocazione. Come ci sentiamo felici in questa via! Anime che hanno la pietà. Che cosa devo dirvi? È cosa che viene da Dio. Parlassimo anche per un anno…
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«Donum gratiae et precum»19, è dono del Signore. Pregare, domandare al Signore il dono della pietà.
Adesso, stabilite tra voi un grande amore! Solamente questo: carità paziente e benigna tra voi! Questo è dono di pietà: «La carità è paziente, sopporta, è benigna»20, cioè fa tutto il bene che può nella preghiera, nel buon esempio, nell’azione, nelle parole. In tutto! Carità paziente e benigna, come la descrive S. Paolo. Il Signore vi benedica sempre di più.
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1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il 13 aprile 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 104a = ac 173a.
2 Don Speciale nel suo Diario riporta che il 13 aprile 1961 Don Alberione partecipa alla tavola rotonda tenuta a Roma presso il Palazzo della Sacra Congregazione del Concilio che ha per tema: “Orientamento e coordinamento pastorale”.
3 Don Alberione fa riferimento alla sua partecipazione alla Commissione catechistica della diocesi di Alba (CN) nella prima decade del 1900 insieme al canonico Francesco Chiesa (1874-1946) e al canonico Giuseppe Priero (1880-1966).
4 Nella seconda metà degli anni ’50 sr M. Domenica San Martino (1919-2007), su incarico di Don Alberione, iniziò a Roma presso le Figlie di San Paolo il centro “Ut unum sint” con la pubblicazione di volantini e libri per contrastare l’attività dei protestanti. In seguito diventò un’attività per l’ecumenismo. Cf Martini C. A., Le Figlie di San Paolo Note per una Storia 1915-1984, o.c., p. 300.
5 Al nono punto dello Statuto “Ut unum sint” si legge: “L’Associazione inoltre intende preparare e formare dottrinalmente e spiritualmente gruppi di anime che abbiano desiderio di dedicarsi allo specifico apostolato di richiamare i lontani e di facilitare il ritorno a Cristo ed alla sua Chiesa”.
6 L’“Ut unum sint” fu approvata come Società primaria con il Breve di erezione promulgato da Papa Giovanni XXIII (1881-1963) il 16 dicembre 1960, a firma del Segretario di Stato, card. Domenico Tardini (1888-1961).
7 La Pia Unione Primaria «Società Biblica Cattolica Internazionale» della Società San Paolo ha origine nel 1924. È eretta in unione primaria e quindi pontificia da Giovanni XXIII, con un breve del 14 ottobre 1960.
8 Cf Cuore divino di Gesù, in LP, ed. 2011, pp. 17-18.
9 Cf RA, gennaio (1961), pp. 1-3; CISP, pp. 512, 517.
10 Don Alberione si riferisce all’associazione internazionale “Unitas” sorta negli anni 1936-1943 che pubblicava una rivista omonima in tre lingue, e che continuò a svolgere a lungo il suo lavoro ecumenico, in una linea tradizionale, sotto la direzione di P. Charles Boyer SJ (1884-1980). In questa associazione era impegnato anche mons. Giulio Penitenti (1912-1978) che nel 1944 fondò la Famiglia religiosa dei Michaeliti, meglio conosciuta come Cittadella Ecumenica Taddeide.
11 Cf art. 133 Costituzioni della Pia Società San Paolo, ed. 1957. Il voto di “fedeltà al Romano Pontefice” fu professato dalle Figlie di San Paolo dal 1929 fino al 1943. In seguito si tralasciò il voto esplicito, perché tale volontà è inclusa nel voto di obbedienza.
12 Cf Zc 12,10: «…uno spirito di grazia e di consolazione».
13 Cf Rm 8,15: «…per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre».
14 Cf Mt 6,9-13.
15 Cf Imitazione di Cristo, II, I, 1.
16 Cf Gb 19,21: «…almeno voi, amici miei…».
17 Cf Sal 126,6: «…nell’andare se ne va piangendo…».
18 Cf S. Agostino, La dignità dello stato vedovile, 21.26: “Ubi amatur, non laboratur; et si laboratur, ipse labor amatur: Quando si ama, non si fa fatica; ma se c’è fatica, si ama quella fatica”.
19 Cf Zc 12,10: «Spiritum gratiae et precum: Uno spirito di grazia e di consolazione».
20 Cf 1Cor 13,4-7.