Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

21. IL PECCATO VENIALE1


Dovremmo cominciare la meditazione dalla metà della preghiera: Cara e tenera mia Madre Maria2, dite pure3… La preghiera ha due parti: la prima che va fino a: Perché non commetta mai il peccato, e la seconda riguarda la santificazione di tutto il nostro essere, cioè della mente, del cuore, della volontà, del corpo: l’intera santificazione.
Gli impedimenti negativi che ostacolano e impediscono la perfezione sono tre: primo, il peccato mortale; secondo, il peccato veniale; terzo, le imperfezioni volontarie, cioè quando non sono soltanto fragilità, ma sono accompagnate, meglio, precedute dalla volontà.
Questa mattina consideriamo il peccato veniale, perché dobbiamo completare quello che abbiamo meditato l’altro giorno4: Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Completare vuol dire: Ab omni peccato, non solo dal peccato grave, ma ab omni peccato: da ogni peccato. Quindi evitare anche il peccato veniale, anzi per una religiosa, per un religioso la lotta deve essere specialmente diretta contro il peccato veniale. Se non si apre la porta con il peccato veniale, non potrà entrare il peccato mortale, se non per un caso straordinario, una cosa di sorpresa. In generale non può entrare il peccato mortale se si lotta, si combatte, si vince il veniale.
Intendiamo parlare del veniale deliberato, cioè quando una persona si accorge che una cosa dispiace a Dio, sebbene non sia un’offesa grave, ma dispiace a Dio. Si accorge e ne sa le conseguenze particolarmente per la sua anima. Tuttavia confronta il bene, il vantaggio che crede pervenga da quella venialità e conclude: Signore, a te piace così, invece a me piace
~
diverso. All’inferno non voglio andare, ma al purgatorio, non importa... Che mi impedisca la Comunione? No. Ma soltanto se ne impedisce un po’ il frutto, non importa. Questo peccato non procura la morte a Gesù Cristo, ma le spine nel suo cuore, le spine della incoronazione avvenuta dopo la flagellazione. Che questo dia dispiacere a Gesù, non importa; preferisco la mia soddisfazione, al dare una gloria maggiore a Dio e risparmiare a Gesù un dispiacere, con tutte le conseguenze che ne vengono, cioè la diminuzione delle grazie per tutta la vita.
Che significa questo? Che grande cosa, o meglio: che grande male! E si sa che in paradiso si avrà un grado minore di gloria per tutta l’eternità; si sa che per tutta l’eternità si darà al Signore una gloria minore. Diminuite le grazie, ecco che si prende la via della discesa, e questa discesa, moralmente, dove finirà? Con molta probabilità nel peccato grave. Si andrà fino al limite, forse ancora soltanto veniale. Allora incomincia ad esserci una certa incertezza nell’anima. Forse è ancora veniale, non è certamente grave, e la persona si persuade di essere ancora sul terreno della venialità. Ma poi quando si risveglia, che cosa sente nel suo cuore: era veniale o era grave? Certamente anche mille peccati veniali non formano mai un peccato mortale. C’è sempre una differenza essenziale tra il peccato grave e il peccato veniale. Tuttavia ci si avvicina al peccato grave in due maniere: primo, con la ripetizione frequente di venialità; secondo, con il privarsi delle grazie. Il diavolo quel giorno darà un assalto più forte. Quel giorno l’anima è mal disposta e uno spintone la getta a terra. Allora si risveglia e capisce, almeno in parte, ciò che ha fatto e forse si darà un po’ alla disperazione, allo scoraggiamento. Il peccato veniale non merita l’eterna dannazione, ma merita il purgatorio. Sì, il purgatorio, poiché è necessario che sia scontato il peccato veniale e sia compiuta la penitenza o di qua o di là.
Anime che passano all’eternità persuase, o almeno in molta fiducia, che saranno accolte subito in paradiso, perché la veste della grazia, la veste nuziale è candida, bianchissima. Può essere invece che quella veste abbia tante macchie, e allora bisognerà andare a lavarle nel purgatorio, dove si fa la lavanderia generale per chi passa all’eternità con l’anima macchiata di venialità.
~
Se sapessimo poi che cosa vuol dire perdere un merito! Il peccato veniale dunque non è il mortale e non bisogna farsi scrupoli, ma può essere che il peccato veniale divenga mortale per circostanze, per esempio, quando una persona crede che quell’azione sia mortale e acconsente, mentre è veniale; ma se crede che sia molto grave, commette peccato grave, perché è la disposizione interna [che conta].
Il peccato veniale può diventare grave anche per le conseguenze: può essere che si porti danno alla comunità con quelle continue mormorazioni. Se si prevede che nel gruppo o nell’insieme della comunità diminuisce il fervore, lo spirito di obbedienza, diminuisce l’amore all’Istituto, alla Congregazione, alla vocazione, o si prevede che dando ragione a una figliuola, che finisce poi con l’abbandonare la vocazione, allora queste sono cose gravi.
Se si sa che c’è disprezzo formale della disposizione, dell’ordine che è stato dato, è peccato grave. Così per ragione di scandalo e non solo, perché quando l’anima prevede che camminando sempre più celermente su quella via finirà con il rovinare la sua vocazione, comincia ad affezionarsi un po’ di qua e un po’ di là, comincia a rompere il voto di povertà un po’ di qua e un po’ di là. Si sa dove è finito Giuda che non aveva mai rubato grosse somme, perché prima di tutto non davano molte offerte a Gesù, e poi perché non voleva farsi accorgere che aveva sottratto denaro dalle offerte date per i poveri al collegio apostolico.
Se ti accorgi che la compagnia di quella persona non è subito grave, ma il cuore comincia a risentirne e tu cominci a sentire quella persona più frequentemente nella tua fantasia e ti viene più frequentemente a disturbare anche nella preghiera, allora la porta si sta aprendo, se non è già del tutto aperta, e si può prevedere dove si finisce.
Non entriamo negli scrupoli, ma neppure siamo persone rilassate: seguiamo la via retta, la giusta teologia.
Il peccato veniale, ho detto, non è peccato grave: sempre ricordarlo. E non c’è neanche strettamente l’obbligo di confessarlo. Si può cancellarlo con altri mezzi, per esempio con la Visita ben fatta, con un atto di carità proprio sentito, con un atto
~
perfetto di amor di Dio, ecc. Ma guardiamo [il fatto] in sé: che cosa significa disgustare Dio? Il peccato veniale toglie tante grazie, è una vera disobbedienza a Dio, è un vero disgusto che si dà al Signore. Il peccato veniale è già il segno dell’indifferenza verso Dio. Sì, quella persona non voglio ucciderla, ma portarle una certa invidia, un certo odio....
Qualche paragone, per persuadersi della gravità del veniale, gravità intendo sempre ben distinta dalla gravità del peccato mortale. Non si può dire una bugia senza l’offesa di Dio. Non si può dire una bugia, ad esempio, per liberare il padre dal purgatorio. Non si può dire una bugia per estinguere tutto il purgatorio, fosse anche una bugia veniale, perché di bugie ce ne sono delle gravi. Non si può estinguere tutto l’inferno commettendo una venialità. Se uno sapesse di estinguere tutto l’inferno, non potrebbe commetterla. Il peccato veniale, anche infimo, è sempre più grave di tutti i mali di questa terra, per esempio di una malattia grave, di una condizione morale spiritualmente difficile, ecc. Allora, noi diremo ancora, che è un nulla?. Ma è un nulla il peccato veniale? Allora si beve l’errore e si fa passare attraverso l’anima ciò che le è dannosissimo.
Ripetiamolo, le venialità, tante volte, nelle comunità sono di scandalo. Quando si rompe abitualmente la disciplina, l’orario; quando si hanno certe pretese e si vuole salvare in tutto l’amor proprio; quando le Costituzioni in gran parte sono considerate solo come cose di consiglio e che non c’è peccato a trasgredirle, allora ricordare che l’85% degli articoli delle Costituzioni sono di Diritto canonico o di legge naturale o di legge divina... altroché consigli! Le poche cose che sono soltanto disciplinari, per sé e in sé possono non essere peccati veniali. Può essere, per esempio, una norma ascetica che viene data, tuttavia anche in questa bisogna ricordarsi che per le conseguenze si perde lo spirito della vocazione. Inoltre occorre ricordarsi che c’è un dovere fondamentale, che è l’unico dovere della vita religiosa, perché riassume gli altri: se non osservi le Costituzioni non cerchi la perfezione. Allora è inutile che tu stia nella vita religiosa dove il dovere fondamentale, il primo è attendere alla perfezione, alla santificazione. Così tu non prendi mai i mezzi di perfezionamento. E che cosa fai allora nella
~
vita religiosa? Ti carichi di responsabilità. Meglio lasciare! E qualche volta può essere che qualcuna abbia avuto anche il coraggio di dire: Tanto non ci riesco, è meglio che mi tolga dagli obblighi.
Lasciamo stare questo ragionamento, nel valore che può avere o non avere. Stiamo alla teologia pura, perché le cose che ho detto finora sono tutte dalla Teologia della perfezione5. Ma discendere nel fervore, quell’avere sempre più pretese; quel disperarsi sempre più abbondantemente di tante cose; quel considerare soltanto tutte le disposizioni, i consigli, gli indirizzi che vengono dati come cose contro cui, per cui non si commette peccato a trasgredirle... Allora non c’è niente di perfezione, non c’è più niente di vita religiosa! E che cosa bisogna conchiudere? Tu non fai il tuo dovere sostanziale e in realtà non sei religiosa, sebbene vestita e sebbene tu possa fare delle cose che sono comuni nella vita religiosa.
Il dovere sostanziale! Come un padre non fa il padre, la madre non fa la buona madre di famiglia, come la maestra non fa la maestra se lascia cadere tutta la scolaresca, e alla fine dell’anno su trenta alunne ventidue sono bocciate. Allora la colpa è più della maestra che delle alunne, perché quando ne vengono rimandate o bocciate alcune, questo è spiegabile, capita sempre; ma quando sono i tre quarti o i quattro quinti insufficienti agli esami... Allora [di chi è la] responsabilità? Certo… E così nella vita religiosa.
Mi pare che quando don Federico6 spiegava le Costituzioni, insisteva particolarmente su questo punto, perché questo è proprio l’insegnamento che viene dal Diritto canonico e da tutte le leggi che vi sono per lo stato che si chiama di perfezione. Sì, gli stati di perfezione sono gli Ordini, le Congregazioni religiose e gli Istituti secolari. Sono ‘stati’. Ma se non
~
si compie il dovere di stato, crediamo proprio di poter essere tranquilli, cioè senza alcuna pena interna, senza un proposito di volerci emendare? Emendiamoci dunque!
Quindi aggiungere: Ab omni peccato alle altre due invocazioni che avevamo considerato nel Padre nostro: Et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a malo. E aggiungere, ab omni peccato, che io non commetta mai il peccato.
Esame: Che concetto abbiamo della venialità? Siamo abituati a qualche venialità in cui cadiamo frequentemente e quasi senza rimorso? La perdita di tempo per certe persone, specialmente nell’apostolato, ha tante conseguenze; oppure: Alla mia età… è troppo umile per me… questo no. Dunque finiscono con il far passare le giornate insipide, senza conclusione, con il mettere la discordia in quella casa in maniera che si finisce sempre con il vivere male, ma le conseguenze? È proprio sempre da passare sopra leggermente senza arrivare a [prendere] una risoluzione sincera? Il tempo della persona religiosa che può [servire] sempre ad aumentare la gloria di Dio, una gloria eterna, che può contribuire a tutto il progresso della Congregazione e a tutto l’apostolato, quel tempo è molto più prezioso che non, ad esempio, per l’operaio che perde del tempo, un muratore che produce poco nella giornata. È un’altra situazione, noi siamo entrati nella via, nello stato di perfezione.
Questa meditazione intendevo farla, e ce ne sarebbe ancora un’altra da fare, per domandare a Maria nel mese di maggio la purificazione. Purificazione ab omni peccato, e purificazione anche dell’Istituto nell’insieme, perché piaccia sempre più a Dio, piaccia sempre più al Signore, produca sempre maggior gloria al Signore e maggior vantaggio alle anime. Purificazione dal peccato mortale, dal veniale, dalle imperfezioni volontarie.
Quindi il mese di maggio quest’anno sia indirizzato a tante cose che già avete pensato, ma come intenzione generale che io metto nelle preghiere, perché dite sempre: Secondo le intenzioni particolari del Primo Maestro, è questa: la purificazione
ab omni peccato.
Cara e tenera mia madre Maria...
~

1 Meditazione tenuta a Roma il 26 aprile 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 106a = ac 175a.

2 Cf LP, ed. 2011, p. 28.

3 La comunità recita la preghiera.

4 Cf med. 20.

5 Cf A. Royo Marin, Teologia della perfezione cristiana, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2003, 11° edizione.

6 Don Federico Vincenzo Muzzarelli (1909-1956), sacerdote della Società San Paolo, procuratore presso la Santa Sede, consultore della Sacra Congregazione dei Religiosi, giurista stimato, fedele collaboratore di Don Alberione, insegnante di teologia morale e di diritto canonico, latinista. Collaborò per la stesura delle Costituzioni e per l’approvazione degli Istituti della Famiglia Paolina. Cf Giuseppe Barbero ssp, Il sacerdote Giacomo Alberione. Un uomo un’idea, EASG, Roma 1991, pp. 766-767.