IV
I GRADI DI ORAZIONE1
Gli Esercizi spirituali sono ordinati particolarmente a migliorare la pietà, il che non significa tanto moltiplicare le preghiere. Le preghiere, le pratiche sono stabilite dalle Costituzioni e già le fate. Invece per portare le condizioni migliori e le migliori disposizioni alla preghiera occorre l’umiltà: Da me nulla posso; la fede: Con Dio posso tutto; e la carità: Per amore di Dio voglio far tutto; A Dio la gloria, a me il paradiso. Ecco: umiltà, fede e amore a Dio. Carità, unione a Dio perseverando nella preghiera. Chi persevererà a pregare, persevererà anche nella vita religiosa, avrà un aumento di grazie e alla fine il premio.
Non illudiamoci: il demonio tenta tutti, ancorché ci siano i voti perpetui, ci sia l’abito sacro, ci siano delle belle Costituzioni. Il demonio tenta tutti, anche le persone che già sono arrivate a un grado distinto di santità. Il demonio è andato a tentare Gesù Cristo stesso. Domenica scorsa avete sentito il Vangelo2.
Questa sera miriamo a questo: migliorare la pietà. I gradi di orazione sono nove: orazione vocale, che già conoscete; orazione mentale, meditazione; orazione affettiva; quarto grado, orazione di semplicità; quinto, raccoglimento infuso; sesto, orazione di quiete; settimo, unione semplice; ottavo, unione estatica; nono, unione trasformante3. I tre primi gradi di orazione, orazione vocale, meditazione e orazione affettiva si chiamano orazione ascetica; poi vengono i gradi che si dicono di orazione infusa e poi la preghiera di contemplazione.
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Primo grado: orazione vocale. Il canto sacro dei Vespri, le preghiere del mattino e della sera, il rosario e poi tutte le orazioni che si recitano in comune nella giornata sono preghiera vocale. Non vuol dire che questa preghiera sia solamente fatta con la voce, ma vuol dire che oltre il pensiero, alla devozione interna, c’è anche la voce. Non è come la meditazione, dove tutto si svolge interiormente, nell’intimo della mente, del cuore, della volontà. La preghiera vocale è facile da capire. Avete cantato il Veni Creator, avete detto la coroncina, e prima dell’altra meditazione avete fatto la Via Crucis: tutta preghiera vocale.
Secondo: preghiera mentale. Per mentale s’intende quell’orazione in cui si esercitano le facoltà interiori: la mente, pensare; il sentimento, detestare il peccato, atti di amor di Dio; i propositi, atti della volontà, quando uno decide di servire meglio il Signore, quando uno fa dei propositi. La preghiera mentale non è solamente la meditazione metodica, quella del mattino, ma anche quella che si fa lungo il giorno quando si ha un buon pensiero, quando si va e si viene, quando si guarda il cielo, la patria lassù, quando si vede tanto male, magari si sentono bestemmie, l’orrore che si prova nel cuore, allora una giaculatoria detta anche con la mente: Dio sia benedetto.
Poi vi è la preghiera o orazione affettiva. La maggior parte delle anime arriva fino qui, alla preghiera affettiva. Che cosa si intende con questo grado di orazione? È semplice. La persona si mette davanti al Crocifisso e sente pena per Gesù, ha compassione di ogni flagello che ha solcato le sue carni, di ogni spina che è piantata nel suo capo, della condanna a morte; sente orrore per quello che viene gridato dalla piazza: «Crucifige! Crucifigatur!»4 e ne ha compassione. E fa atti di amore interno: Meritavo io queste spine; meritavo io questa condanna a morte, io che ho offeso il Signore, non tu che sei il santo. Detesto il mio peccato. Dammi, infondimi la grazia di amarti anche per il tempo che ho speso malamente, il tempo in cui ti ho offeso. Accompagnare poi Gesù in qualche stazione della Via Crucis; assisterlo nell’agonia, offrire preghiere e atti di amore come
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conforto a Gesù. E si può meditare sul purgatorio. Ah, quelle anime, soffrono per piccole cose, anche venialità; ed io quanto purgatorio già merito? Quanto, se non faccio penitenza! E se non acquisto le indulgenze dovrei restare là per la mia lingua, per i miei occhi, per le mie curiosità, per la mia freddezza nella preghiera. Preghiera affettiva: detesto, prometto, ecc. Questo è il terzo grado in cui predomina il cuore e si chiama orazione affettiva.
Quarto grado: abbiamo già un’orazione di semplicità che è infusa e ha già una grazia speciale. Notate bene però che tutti questi gradi di preghiera sono ordinari: c’è la contemplazione, c’è la grazia infusa, ma non sono né visioni, né apparizioni, né miracoli, né profezie. Sono i gradi di preghiera a cui può salire ogni anima. E ogni anima ha la grazia di salire questi gradi fino all’ultimo, al nono grado che si chiama unione trasformante. Tutte avete la grazia per arrivarci, tutte avete la vocazione di arrivarci. Quante volte dite ad esempio: «Vivit vero in me Christus». Se fosse vero che vive in noi Gesù Cristo, saremmo al nono grado di orazione. E dopo questo c’è solo la visione di Dio, la visione eterna. Quando si arriva lì l’anima è preparata ad entrare in cielo, ci manca solo la morte che apra la porta. «Vivit vero in me Christus: Gesù Cristo vive in me»5. A volte questo lo si dice troppo ingenuamente, senza sentirlo.
L’orazione di semplicità quale sarebbe? Quando [si è presi] con una semplice visione o con uno sguardo o un’attenzione amorosa a qualche oggetto divino, sia [riguardo] Dio in se stesso o qualche perfezione di nostro Signore, qualche suo mistero o anche altra verità cristiana. Esempio: il Curato d’Ars6, in principio quando si trovava in quella parrocchia piccola, in quel villaggio di montagna, vedeva ogni giorno un contadino che andava o veniva dalla campagna con gli strumenti del suo lavoro, li deponeva presso la chiesa. Entrava in chiesa, si fermava lungamente e non muoveva le labbra; [teneva] gli occhi sempre rivolti costantemente al tabernacolo; il volto era sereno,
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aveva quasi il comportamento e l’atteggiamento di quando si incontra una persona cara. Il Curato d’Ars lo avvicinò: Brav’uomo, che cosa fate? Non dite niente al Signore? Come state qui in chiesa.... Lui rispose: Io guardo lui, lui guarda me: c’intendiamo. Sento che passa qualche cosa tra lui e me. E la sua anima si sentiva bene. Dopo sentiva letizia, conforto, luce, pazienza, affezione ai suoi doveri, generosità nei sacrifici, ecc. L’incontro con Gesù: guardarsi, capirsi è qualche cosa d’invisibile che parte dal cuore. Amare Gesù parte dal tabernacolo: Io ti amo!. Una comunicazione silenziosa, due che si intendono con lo sguardo, cioè una semplice visione o sguardo all’oggetto amato: può essere Gesù nell’ostia, come ho detto adesso, può essere Gesù nel presepio, bambino... E l’anima resta come incantata a vedere quel bambino tanto amante, quel bambino povero e umiliato, ecc. Questa si chiama orazione di semplicità, perché non ci sono espressioni difficili, c’è il cuore, si sta cuore a cuore con Gesù; occhio che si incontra con l’occhio di Gesù. Questa preghiera è infusa, richiede una grazia speciale. Quando cantate il Veni Creator Spiritus, è compresa questa domanda, ed è compresa anche la seguente: l’orazione del raccoglimento infuso.
Che cosa è la preghiera di raccoglimento infuso? È l’unione della mente con Gesù, con Dio. È il Signore che illustra la mente, dà una grande luce, fa vedere cose grandi, ad esempio le opere di Dio. Quanto si deliziava il canonico Chiesa nel dire tante volte: «Dominus, Dominus noster, quam admirabile est nomen tuum in universa terra»7. «Coeli enarrant gloriam Dei et opera manuum eius annuntiat firmamentum»8. Vuol dire che egli meditava tanto la grandezza dei cieli. Adesso dicono che uno dei palloni mandato in aria per arrivare a una certa stella ha percorso un milione e ottocentomila chilometri: i cieli sono immensi. «I cieli narrano la gloria di Dio». Egli che studiava tanto questo, restava preso. Però non è necessario che uno abbia una grande scienza! Ci sono quattro doni intellettuali:
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il dono della scienza, della sapienza, del consiglio e il dono dell’intelletto.
È lo Spirito Santo che illumina l’anima. E S. Francesco d’Assisi, non era molto istruito eppure ha innalzato l’inno al sole. Che bell’inno ha innalzato al sole! Il Signore illumina l’anima, la guadagna, l’attira tutta a sé per mezzo della sua luce. È una potente virtù: scienza, consiglio, intelletto! Ecco i doni che fanno penetrare d’un colpo in un mondo superiore. Un ammalato grave si era riuscito a salvarlo con molte cure. Gli si domandava: Che cosa pensavi quando ti sentivi già ormai sicuro della morte? Che cosa pensavi del cielo?. Io pensavo a un mondo tutto diverso da questo, dove non c’è nulla di male, non c’è il male, dove non ci sono i cattivi, non ci sono tentazioni, non ci sono dolori. Iddio bello, bellissimo; c’è la felicità, la gioia. E non sentivo che voi mi dicevate: Ma lui soffre, soffre tanto, ha bisogno di qualche cosa per calmare le sue pene. Io non lo sentivo. Io mi sentivo tutto preso tra gli angeli e i santi, in un mondo nuovo, senza tutta questa materialità di cose, questi affanni della vita presente. Qualche volta l’anima ha un’infusione di questo.
Poi viene un altro grado di preghiera che si chiama di quiete. L’orazione di quiete consiste in un sentimento intimo della presenza di Dio che assorbe la volontà, riempie l’anima e il corpo di soavità e di diletto veramente ineffabili. È un dono che invade le potenze dell’intelletto, della mente; invade le potenze della volontà. È un’effusione della grazia di Dio per cui l’anima, che è entrata con Dio in serenità, sente così viva la presenza di Dio in unione di volontà, in una gioia interna per lo più senza espressioni orali, ma con tutto il suo essere si sente con Dio. E poco la impressionano le cose esterne, perché la presenza di Dio si fa sentire.
Forse gioverebbe ricordare questo del canonico Chiesa, perché non parliamo di visioni ed espressioni straordinarie, di apparizioni. Nel taccuino del canonico Chiesa a un certo punto si legge questo: Ricordati o anima mia, dice a se stesso, di quel giorno in cui ancora chierico avevo sentito la predica della Sacra Famiglia. Era la festa della Sacra Famiglia e mi sono sentito tutto preso dalla bellezza della vita di Nazaret. Ho
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invidiato le santissime persone che là vivevano in una vita di pace, di merito, di letizia, di lavoro, di sacrificio. E ho sentito che tu, o Signore, mi hai invitato ad entrare nella famiglia stessa, ed essere il quarto membro della famiglia, dopo Gesù, Maria, Giuseppe. Ed io mi sono arreso e voi mi avete accettato. Da quel momento ho sentito che voi, Gesù, siete mio fratello; voi, Maria, la mia madre; e voi, Giuseppe volete condurmi e farmi da padre nella vita. Mi avete promesso le grazie, l’assistenza; avete detto che mi consideravate come un figlio, un membro della vostra casa. Poi mi è venuto il dubbio: Chissà se sarò perseverante?. Allora mi sono rivolto a Maria e le ho domandato: Oggi sono tutto fervoroso, ma poi continuerò a vivere in questa pace, e voi continuerete ad essermi madre e Giuseppe padre, e Gesù fratello?. Maria me lo promise. Mi promise cioè che sarei stato perseverante. Tuttavia, avevo un po’ la tentazione che forse non l’avrei durata per mia mancanza. E ho domandato un segno a Dio, un segno a Maria che mi assicurasse che io sarei stato sempre fervente e membro della vostra santissima Famiglia. E voi, o Signore, me l’avete dato questo segno9. Poi... fa i puntini. E quale sia stato il segno non lo sappiamo. Si effonde ancora in sentimenti di riconoscenza alla Sacra Famiglia, di amore, di propositi, di voler vivere come un membro della Sacra Famiglia nella casa di Nazaret.
Questa come si chiama? Si chiama preghiera di quiete. Quiete consiste in un sentimento intimo della presenza di Dio, di vivere in unione con Dio, così sensibilmente. Il canonico Chiesa, in adempimento di questo, poi ha sempre fatto celebrare solennemente la festa della Sacra Famiglia. Ha istituito un legato10 perché anche dopo la sua morte la festa della Sacra Famiglia fosse celebrata sempre degnamente.
Dopo vengono altri tre gradi di orazione. Qui andiamo più avanti. Umiliamoci anche di non aver abbastanza l’intelletto aperto e di non meritare ancora di conoscere certe intimità con Dio. Domandiamo coraggiosamente di arrivarci: Voglio
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arrivare ai più alti gradi di orazione. Notando però che a volte il Signore dà un lampo, per cui la preghiera che prima magari era soltanto vocale o mentale, con quel lampo di grazia e di luce, diviene preghiera del nono grado, la più alta. Poi magari ci resta l’aridità, non si va come sui gradini di una scala dove si fa il primo, il secondo, il terzo gradino, no. A volte si sta un tempo notevole in difficoltà anche per dire le preghiere vocali. Poi viene una luce, una grazia. È il Signore che guida le anime. Fidiamoci molto di Dio, insistiamo: Vogliamo essere interamente di Dio e vogliamo che Dio viva sempre in noi, che viva in me Gesù Cristo.
I tre ultimi gradi di preghiera si chiamano: unione semplice, unione estatica e unione trasformante. L’unione semplice è il settimo grado, il primo di questo ultimo gruppo. La preghiera di quiete allora fa tacere i sensi, quasi non si sente, non si vede, neppure tanto si sente il dolore, supponiamo che si abbia mal di testa, mal di denti, e neppure quasi si sentono la fame, la sete. Le potenze interne e le facoltà esterne, divengono prigioniere di Dio. Dio ha assorbito. L’espressione è proprio questa: le potenze rimangono prigioniere di Dio.
Facciamo un altro esempio che pure è nei taccuini del canonico Chiesa, ma lo ricordiamo perché serve meglio a spiegare. Allora stavo in Alba. Un giorno ho mandato a portare le bozze di un libro che si doveva stampare, perché il canonico Chiesa correggesse le bozze. Era un suo libro. Il chierico va e trova il canonico in chiesa, nei primi banchi presso l’altare, in adorazione, le mani giunte, lo sguardo al tabernacolo. Disse: Mi sono accostato e con un certo riguardo, avvicinatomi, gli presento le bozze e gli dico: ‘Signor canonico, ci sono le bozze da correggere’. Gliel’ho detto piano. L’altro non mi ha dato segni di aver sentito. Lo ripeto un po’ più forte: ‘Vuol favorire di correggere queste bozze?’, e gliele metto proprio davanti. Ma non aveva né sentito né veduto. Allora l’ho toccato nel braccio: ‘Vuol favorire di correggere queste bozze?’. E l’altro, dopo un momento di contrarietà e di sforzo per mettersi in conversazione con gli uomini e dovere interrompere l’intimità con Dio, dice semplicemente: ‘Sì, lo farò’. E rientra in preghiera.
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Le potenze dell’anima interiori ed esteriori vengono assorbite e, secondo l’espressione, fatte prigioniere di Dio, Dio le prende con sé e non le lascia agire, se non con un passaggio repentino, perché il Signore quando dà questi gradi di orazione, non impedisce mai che uno compia i propri doveri. Il Signore rispetta anche gli orari e, se è passata l’ora, pensa lui a richiamare colui che prega al suo dovere, alle occupazioni che l’attendono.
Il settimo grado di orazione contemplativa è costituito dalla unione estatica, nella quale si verifica il fidanzamento spirituale. Fidanzamento vuol dire: desiderio di unione e di formare una cosa sola; è la promessa dell’anima che oltrepassa i voti, perché con i voti si fanno solamente promesse di beni esterni: povertà; del corpo, castità; della volontà, obbedienza. Qui invece è tutto l’essere che si promette a Dio: tutto, in maniera da essere posseduto da Dio. È l’espressione della professione: Tutto mi dono, offro e consacro. C’è la promessa vicendevole: Se tu mi ami io sono tuo, dice Gesù. E l’anima promette di amarlo tanto, di assecondarlo e di essere sua interamente, senza portare né orgoglio, né avarizia, né ira, né invidia né gelosie, né curiosità, né sensualità, né pigrizia, né golosità. Gesù, Gesù solo! Come se si dovesse vivere di Gesù. È il fidanzamento spirituale, come viene chiamato dai mistici. In questo senso, è mistica ordinaria dove, ripeto, possono arrivare tutte le anime.
Poi viene la preghiera trasformante, ed è il matrimonio spirituale. Allora [Gesù e l’anima] si donano [vicendevolmente] e formano come una persona unica. Quello che avviene nel matrimonio umano, naturale, avviene in una maniera infinitamente superiore tra l’anima di Cristo e l’anima della persona che si è elevata alla preghiera trasformante, in modo che si forma un pensiero unico, un sentire unico, un operare unico, un vivere unico. Sono ancora due esseri: Gesù e l’anima della persona che sta pregando, però formano uno spirito unico. Nel matrimonio saranno una carne unica; qui c’è uno spirito unico, il matrimonio spirituale. E chi comanda, chi dirige tutto l’essere è Gesù: Non sono più io che vivo e che opero, è Gesù che vive in me. Egli comanda, pensa in me, egli ama in me, e io amo in lui: un cuore solo, una mente sola, un gusto solo, una
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volontà sola, e anche una sola preghiera. L’anima sente che prega in Gesù e che Gesù prega in lei, è una fusione quanto mai mirabile. Per chi è ancora un po’ lontano, è un po’ difficile da comprendere. Le parti si cedono a vicenda, trasferendo l’uno l’intero possesso di sé all’altra. L’anima possederà Gesù con una certa consumazione di unione amorosa, in cui l’anima diventa divina, e Dio per partecipazione della vita di quest’anima, per quanto è possibile in questa vita.
Siamo quindi all’unione completa. Non si può più pensare al purgatorio. L’amore ha bruciato tutto ciò che c’era di meno santo, di meno puro, di colpevole, ecc., in modo tale che per entrare in paradiso non c’è più che da spingere la porta per entrare all’amplesso eterno, e questo lo fa la morte. Qui è prevenuto l’amplesso eterno, ed è quello di cui qualche volta si dice: Professione eterna sulle porte del cielo, dopo la professione perpetua, quando uno vi è arrivato.
Salite nei vari gradi di perfezione, ma con il dono di Dio: «Doce nos orare: Signore, insegnaci a pregare»11. Umiliamoci, se siamo ancora tanto indietro. Se tuttavia abbiamo umiltà, fede e perseveranza, queste grazie si otterranno.
Avanti, perché questi Esercizi sono in vista specialmente di migliorare la nostra orazione.
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1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il 23 febbraio 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 96a = ac 161b.
2 Cf Mt 4,1-11, prima domenica di Quaresima, 19 febbraio 1961.
3 Cf A. Royo Marin, o.c., nn. 371-372, pp. 770-774.
4 Cf Mt 27,22: «Sia crocifisso».
5 Cf Gal 2,20.
6 S. Giovanni Maria Vianney (1786-1859), sacerdote francese chiamato comunemente ‘il Curato d’Ars’, dal nome del villaggio dove esercitò il suo ministero.
7 Cf Sal 8,2: «O Signore, nostro Signore, quanto è ammirabile il tuo nome in tutta la terra» (Volgata).
8 Cf Sal 19,2: «I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento».
9 Cf Luigi Rolfo, Il buon soldato di Cristo, Servo di Dio can. Chiesa, Ed. Paoline, Alba (CN), 1978, pp. 59-60.
10 Disposizione testamentaria che impegna, in questo caso, liturgicamente.
11 Cf Lc 11,1.