3. FESTA DEL DIVIN MAESTRO1
...sino a coloro i quali sono entrati o entrano nel ministero, nel magistero. Gesù insegnò la vita privata con l’esempio, ritirato nella solitudine in quel piccolo paese di Nazaret, dove «cresceva in sapienza, età e grazia»2, «subditus illis»3, umile, esercitandosi nella professione di falegname.
La vita privata, la vita ritirata assume importanza da ciò che s’impara, da quello che si compie e si vive durante gli anni di formazione. [Da questo] dipende il frutto della vita pubblica. Tanto si opererà nella vita pubblica, quanto c’è di preparazione corrispondente, cioè sufficiente, migliore. Non si può sperare di più anche per un’altra ragione, perché chi dovrà insegnare e fare da maestro, dovrà essere fornito di grazia, dovrà essere santo, perché il suo primo ufficio è dare l’esempio e pregare per le anime. Gesù visse la povertà, la diligenza nell’amore al Padre, l’obbedienza in tutto, esercitandosi nella sottomissione a Maria e a Giuseppe. E là cresceva. Attorno, i vicini, i parenti non si accorgevano del suo mirabile progresso e della sua vita interiore, ma egli cresceva e la sua sapienza, la sua virtù e il suo spirito di orazione lo accompagnavano, crescevano come egli cresceva nei giorni, negli anni di quella vita.
La parte di formazione è decisiva per il seguito della vita. È decisiva, e allora comporta che ci rifletta chi è maestro e chi è discepolo. Là l’esempio. Quando S. Pio X4 emanò i nuovi regolamenti per la formazione di coloro che dovevano diventare
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maestri5, si esclamò: Pio X ha penetrato lo spirito del Vangelo anche sotto questo aspetto: «Instaurare omnia in Christo»6, ossia la formazione dei futuri maestri. E Gesù che cosa fece durante la sua vita pubblica? La maggior parte del tempo lo dedicò alla formazione delle vocazioni. Certo predicò al popolo, ma durante le sue prediche non erano assenti gli apostoli anzi, erano presenti, e inoltre nelle sue prediche vi è tanto che si riferisce soltanto agli apostoli. Ecco, egli si dedicò come Maestro ai suoi novizi: prima li cercò, cercò le vocazioni. Questo è impegno di tutti. Se noi non arriviamo a questo non seguiamo Gesù e non interpretiamo il suo modo di condurre la vita pubblica, di formare i suoi discepoli, i futuri maestri. Prima le vocazioni: cercarle. Secondo, formarle. E come le formò? Li fece stare con sé, che vedessero come egli viveva, che cosa diceva, lo spirito con cui operava e le prove che dava di essere egli venuto come Maestro: «Locutus est nobis in Filio»7, ci parlò Gesù.
Ora, volendo formare quei dodici Maestri dell’umanità, Gesù che cosa fece? Quattro cose. Primo, li fornì di dottrina e manifestò i segreti della nuova legge, la legge evangelica, la legge dell’amore. E si meravigliarono quando egli ad esempio pronunziò il discorso del monte, quando stabilì la legge nuova, la legge della carità, quando poi operò in conformità alla nuova legge della carità. Fornì la materia che i maestri devono insegnare. Egli era la dottrina stessa, la verità stessa. Noi intanto siamo maestri in quanto predichiamo lui, cioè ripetiamo il suo insegnamento.
Secondo, non solo diede agli apostoli l’esempio di vita, ma insegnò una legge morale, una legge di perfezione che distaccasse il cuore dal mondo, che uscissero dalle loro case e dalle loro famiglie, che vedessero che per essi c’era una missione immensamente più grande di quella che hanno i semplici cristiani. Insegnò loro la povertà, la castità, l’obbedienza, li
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corresse tante volte quando mostravano di non capire la nuova legge. «Fino a quante volte devo perdonare? Settanta volte sette»8. La nuova legge, che è nota a noi per mezzo dei Vangeli e per mezzo delle Lettere degli apostoli, specialmente di S. Paolo, che l’hanno interpretata e applicata a casi particolari.
In terzo luogo, Gesù fornì gli apostoli della grazia, perché le anime devono essere confortate dalla grazia, dall’aiuto di Dio e devono ricevere la nuova vita, la vita soprannaturale. «E chi non rimane in me»9, come ha detto Gesù, non può giungere alla grazia, quindi non può possedere la vita eterna. E i sacerdoti sono forniti del potere di celebrare la Messa e di comunicare la grazia.
Quarto, occorreva dare ai nuovi maestri la laurea e cioè autorizzarli all’insegnamento e di poter insegnare con autorità, quindi: «Andate, predicate e insegnate a fare quello che io vi ho detto e poi battezzate nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo»10. Fornì i maestri di tutto quello che occorreva per compiere la loro missione. I maestri sono specialmente i sacerdoti: il Papa, maestro infallibile, i vescovi uniti a lui, i sacerdoti che compiono sotto di loro la missione di insegnare, di guidare e di santificare. Tutto hanno da Gesù Cristo e devono essere amministratori fedeli, come dice S. Paolo11. Maestri fedeli, compiendo insieme il magisterium e il regimen animarum e il ministerium gratiae et salutis12. Eccoli allora questi nuovi maestri che partono da Gerusalemme, si diffondono nel mondo e con la loro opera, la loro parola, il loro esempio e con la comunicazione della grazia fanno discepole tutte le nazioni: «Andate e fate discepole le nazioni».
Ecco, il dovere proprio dei maestri: compiere queste quattro cose riguardo a coloro che sono in formazione. E chi è in formazione deve ascoltare la dottrina e abbracciarla: catechismi e poi avanti fino alla teologia e alla specializzazione,
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imparare quello che è la morale, il diritto, l’ascetica, la mistica ed essere forniti dei mezzi di grazia, cioè possedere il potere di conferire la grazia, e il potere di celebrare, poiché dalla Messa dipendono i rivoli della grazia, e quindi l’autorità. Noi insegniamo a nome di Gesù Cristo ed è dovere che ci ascoltino. Allora, insegnanti e discepoli uniti assieme per formare il Maestro nuovo, il Maestro del Nuovo Testamento, cioè colui che un giorno dovrà essere il Maestro del popolo: «Mi è stato dato ogni potere»13 e «Andate e insegnate». «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi»14: la missione. Perciò, Maestri completi, ma occorre che ci siano i discepoli completi.
Qui però bisogna fare un’osservazione. Siccome tutto il nostro apostolato è insegnamento, il corpo morale della Famiglia Paolina esercita questo ufficio di insegnare. Tanto chi fa la redazione come chi fa la parte tecnica, come chi fa la parte divulgativa, tutti assieme si costituisce il corpo morale, tutti insieme siamo insegnanti. Allora: sempre apprendere da Gesù, sempre dare Gesù. Questo è l’apostolato. Leggete attentamente gli articoli delle Costituzioni che si riferiscono a questo15: prima la Chiesa, la dottrina della Chiesa, secondo, la Bibbia, e celebrate l’Anno biblico, terzo la Tradizione rappresentata in modo speciale dai Padri e dagli scrittori ecclesiastici, particolarmente dagli insegnamenti dei sommi Pontefici.
Quindi, la Messa. Per chi sta nella vita privata, la Messa, per chi già compie il suo magistero, uniti insieme tutto offriamo a Gesù. E voi, durante la Messa, all’offertorio, porterete qualche saggio del vostro magistero. S. Paolo dice a S. Tito: «Guarda di dare il Vangelo, ma di più dà te stesso, la tua vita»16. Offrire noi stessi, non solo il magistero, tutte le edizioni e tutto il lavoro apostolico, ma offrire la stessa nostra vita consacrata a questa missione, vivendo al massimo, per quanto è possibile, il magistero di Gesù. Preghiere quindi, e d’altra parte imitazione.
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1 Meditazione tenuta alla Famiglia Paolina a Roma, [in Cripta del Santuario S. Maria Regina degli Apostoli] l’8 gennaio 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 91b = ac 155b. Manca la prima parte.
2 Cf Lc 2,52.
3 Cf Lc 2,51: «…stava loro sottomesso».
4 Pio X, Giuseppe Sarto (1835-1914), Papa dal 1903. Il suo pontificato fu in parte caratterizzato dalla lotta contro il modernismo. Riformò la liturgia, operò in campo catechistico e pastorale. Fu canonizzato il 29 maggio 1954 da Pio XII.
5 Cf Pio X, Haerent animo, Esortazione apostolica al clero cattolico, 4 agosto 1908.
6 Motto del pontificato di Papa Pio X. Cf Ef 1,10: «…ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose…».
7 Cf Eb 1,2: «…ha parlato a noi per mezzo di suo Figlio».
8 Cf Mt 18,22.
9 Cf Gv 15,5-6.
10 Cf Mt 28,19.
11 Cf 1Cor 4,1-2.
12 Don Alberione si riferisce al triplice munus del sacerdote: magistero della Parola, ministero della grazia e governo delle anime.
13 Cf Mt 28,18.
14 Cf Gv 20,21.
15 Cf Cost ’53, artt. 258-259.
16 Cf Tt 2,7. Cf anche 1Tm 4,11-12.