7-LA VIRTU' DELLA RELIGIONE E IL DONO1 DELLA PIETA' * La virtù della religione è un'inclinazione che si acquista verso le cose che riguardano il culto di Dio, cioè, la tendenza a rendere a Dio quello che Dio merita per la sua infinita grandezza, infinita bontà. Ci porta, quindi, questa virtù, a praticare gli atti di religione come la Messa, le funzioni religiose, i Vespri, il ricevere i santi sacramenti, le pratiche divote.
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La religione ha degli atti interni e degli atti esterni. Gli atti interni sono specialmente quattro, i quali riassumono anche gli altri e cioè, l'adorazione: rendere a Dio l'onore che egli merita in quanto è il nostro primo principio, il nostro ultimo fine, e il nostro sovrano Padrone, Reggitore. Poi, l'atto di riconoscenza per i benefici che il Signore ci ha fatti e continuamente ci elargisce. In terzo luogo, la riparazione per i peccati commessi. E quarto, la supplica, la domanda, la preghiera o la preghiera che diciamo di domanda.
Ora, questi sono gli atti interni i quali sono tali da ispirare anche altri atti, per esempio, l'offerta di noi stessi a Dio.
Ma poi vi sono gli atti esterni di culto, il principale è il sacrificio della Messa, e quindi gli atti esterni di culto hanno una specie di gradazione, sono tanto più eccellenti in quanto più sono uniti e dipendono dalla Messa. I sacramenti dipendono e prendono la loro virtù dal sacrificio della croce.
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Per compiere bene le pratiche divote e gli atti di religione è necessaria la divozione. Questa divozione è una disposizione di animo per cui noi amiamo le cose di pietà: amiamo la Messa, amiamo i Vespri, amiamo la Chiesa, amiamo i santi sacramenti, amiamo, in generale, il culto, oh, tanto esterno come interno. Ecco, se noi entriamo bene nello spirito della divozione, comprendiamo quanta importanza abbiano gli atti di culto.
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Tutte le creature vengono da Dio e tutte onorano Iddio nella loro maniera; non avendo la ragione, onorano Iddio facendo quello che è l'istinto, per gli animali; e quello che è naturale, per le piante; e quello che è naturale, per la natura inanimata. Ma l'uomo è eletto, con la sua ragione, con la sua mente, a raccogliere come le voci della natura e, con la sua coscienza, con la sua intelligenza, dare a Dio l'adorazione, perché tutte le cose vengon da Dio; e dare a Dio l'ammirazione, perché vi è un ordine ammirabile nel mondo; e dare a Dio soddisfazione, perché molti hanno mancato, hanno mancato non soltanto gli angeli del cielo, ma hanno mancato anche tanti uomini e mancano quotidianamente peccando. A Dio la riparazione. L'uomo con la sua ragione quasi raccoglie le voci di tutta la natura e presenta a Dio l'adorazione, il ringraziamento che non possono presentargli le creature inanimate. Così è detto: «Benedicite omnia opera Domini Domino, laudate et superexaltate eum in saecula1: tutte le opere di Dio, tutte le cose che Dio ha fatto, ha creato, benedicano il Signore, lo esaltino per tutti i secoli, per tutta l'eternità.
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Però noi dobbiamo pensare che, vivendo con la grazia di Dio, portiamo Gesù nel nostro cuore, in noi stessi. E allora ecco che Gesù in noi adora, ringrazia, propizia, supplica il Padre celeste. Lo fa in noi e lo fa per noi e lo fa con noi. Quando noi preghiamo in chiesa oppure in qualsiasi altro luogo, è Gesù che prega in noi e noi con lui; lui per mezzo di noi, noi per mezzo di lui. Noi preghiamo e lui dà il valore alla nostra preghiera unendovi la sua ed egli è sempre ascoltato, sempre esaudito: exauditus est pro sua reverentia.1
Così che, stando davanti al Santissimo Sacramento per l'adorazione si sente che non si è soli, che noi non dobbiamo solamente considerare Gesù là, nel tabernacolo, ma sentirlo in noi, sentire che egli prega in noi, con noi, per noi. E sentire che noi preghiamo con lui, in lui, per lui; quasi si viene a stabilire come un'anima sola di due anime e quest'anima, diciamo, nuova che risulta dall'unione dello spirito di Gesù Cristo col nostro spirito, questa lode sarà gradita a Dio e manderà al Padre celeste un'orazione accetta. Vi è come un'unione di lode, un'unione di ammirazione, un'unione di riconoscenza, un'unione di soddisfazione, un'unione di supplica.
Ecco che a tanto dobbiamo porre mente a questa presenza di Gesù in noi. Sì, egli è nel tabernacolo, ma egli è pure in noi col suo Spirito, sacramentalmente dopo la comunione e col suo Spirito tutto il tempo in cui l'anima nostra è in grazia di Dio.
Perciò nel tempo dell'orazione, il massimo raccoglimento e quasi aver paura di essere in qualche maniera disturbati perché ci sembra che disturbino quasi Gesù, chiamandoci e, magari, sollecitandoci per altre occupazioni.
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Però, perché le opere di pietà siano fatte bene, è necessaria la pietà. Oh, bisogna distinguere tra le pratiche di pietà, la virtù della religione, e quello che chiamiamo pietà. La virtù della religione, quindi, l'esercizio delle pratiche del culto interno, esterno, questa virtù, si acquista con fatica. Invece la pietà è un dono di Dio che ci viene per mezzo della preghiera. E' Dio che lo comunica. Che cos'è? E' il dono dello Spirito Santo che chiamiamo pietà, cioè, un filiale amore a Dio, un amore intenso verso di lui e verso le cose che gli appartengono, cosicché le cose di pietà sono fatte con un certo gusto e si tratta con Dio come figli col Padre: in quo clamamus Abba, Pater1, ecco. Dedit eis potestatem filios Dei fieri2: Nostro Signore Gesù Cristo, per i suoi meriti, ci ha dato la grazia di diventar figli di Dio.
E la pietà è un'affettuosità verso il Signore, è una filiale riconoscenza verso il Signore, è una specie di amore tenero al Signore e a tutte le cose divine. Quindi questo dono della pietà ci porta ad amare le orazioni del mattino, le orazioni della sera, il rosario e la Visita al Santissimo Sacramento, la Messa, la comunione, la confessione e il canto delle Lodi; ci porta ad amare la religione, la Congregazione, l'abito religioso, l'abito della Congregazione.
Si manifesta specialmente in sette modi: tenerezza e intimità eucaristica nella Visita, nella comunione e nella Messa sentita in spirito liturgico, in unione con Gesù che si offre al Padre e nella felicità di voler partecipare a questa offerta offrendoci anche noi. E le religiose si offrono; e tutti ci offriamo a soffrire qualche cosa; e tutti ci offriamo a quella lotta che dobbiamo sostenere per vincere il male, per fare il bene; e tutti ci offriamo ad accettare quelle piccole penitenze, quei piccoli atti di mortificazione che occorrono nella giornata. Intimità eucaristica. La Pia Discepola è messa nella condizione di formarsi a questa intimità eucaristica e ricevere il dono dello Spirito Santo che si chiama pietà.
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Seconda manifestazione di questa pietà è l'amore alla Vergine Maria. Una divozione qui tenera, filiale verso questa Madre, la quale, mentre che è Madre di Gesù è Madre nostra. E tu puoi sempre dire: la madre di Gesù è anche madre mia. Siamo figli della stessa madre. E allora una certa tenerezza, una certa sensibilità di amore verso Maria. E allora una premura grande di piacerle sempre di più e di procurare che tante anime facciano bene, le piacciano.
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Poi, questa pietà ci porta ad amare gli angeli, i santi, per noi particolarmente San Paolo. Ecco, amare l'Angelo Custode che sta sempre daccanto a noi per illuminarci, sostenerci e reggerci. Amare i nove cori angelici che là... compiono l'ufficio così imperfetto nostro, di dar gloria, lode, ringraziamento alla Trinità. Essi lo compiono con perfezione e noi ci uniamo a loro nella nostra povertà, nella nostra imperfezione, facciamo come un coro che risponde al coro celeste. E così amare tutti i santi che già godono in paradiso, specialmente quei santi che conosciamo di più, in modo particolare quella quarantina di santi che si nominano nella Messa fra il Canone e il Nobis quoque peccatoribus, ecco, quelli che si nominano nel Confiteor anche. Noi, poi, abbiamo questa filiale fiducia nell'Apostolo Paolo come nostro Padre, Provveditore, egli che si chiama l'economo. Economo per i beni spirituali ed anche economo nelle nostre necessità per i beni naturali, particolarmente va affidato a lui l'apostolato.
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Oh, allora, viene poi da ricordare che la pietà ci porta ad amare la lettura della Bibbia, la Sacra Scrittura. Perché lì è il Padre che scrive ai figli, poiché la Scrittura si può paragonare ad una lettera di Dio agli uomini1. E chi è quel figliuolo che non ascolti volentieri la voce del padre? quel figliuolo che non legga le lettere che gli scrive il padre? anzi le legge con particolare interesse e capisce tutto il cuore del padre nel legger la lettera, un buon figliuolo. Così noi cerchiamo di penetrare il senso intimo della Scrittura. La Scrittura, la lettura della Bibbia, è un grande mezzo per l'acquisto del dono della pietà. Devozione alla Scrittura Sacra. E fra i libri della Scrittura, particolarmente il Vangelo, le Lettere di San Paolo e tutti i libri del Nuovo Testamento.
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Il dono della pietà ci porta ancora ad una certa tenerezza e un amore grande verso la Chiesa, che è la Sposa di Cristo, la Sposa che Gesù Cristo acquistò col suo sangue1; ecco. Allora, ecco, che noi per mezzo di questo dono della pietà, comprendiamo l'azione della Chiesa, come essa è la continuatrice dell'opera di Gesù Cristo stesso. Essa che deve predicarci la verità, che deve guidarci nella via della rettitudine, che deve far discendere e comunicare a noi la grazia dello Spirito Santo, in tante forme, particolarmente coi sacramenti.
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Per il dono della pietà, poi, noi amiamo i ministri di Dio sacri e portiamo loro quella riverenza che è voluta secondo la loro dignità e il loro carattere. Sic nos existimet homo ut ministros Christi et dispensatores mysteriorum Dei1. Ognuno ci stimi come ministri di Gesù Cristo e dispensatori dei doni di Dio.
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Poi, questa pietà ci porta ad amare la chiesa, la cappella, il tabernacolo, i banchi, diciamo, e tutto l'insieme della chiesa, l'arte della chiesa, gli oggetti della chiesa. Dilexi decorem domus tuae1: ho amato il decoro della chiesa di Dio. Ecco, questo è detto nel Salmo. E sarà tanto bello poter dire così in punto di morte: io ho amato il decoro della casa di Dio, belle funzioni, belle processioni, begli ornamenti, belle statue. Ho amato il decoro della casa di Dio con la pulizia, con l'ordine, con lo stare in maniera decorosa, composta, ecco. Ho amato il decoro di Dio col comprendere quello che in chiesa si fa, con l'andarvi per tempo, con lo starvi volentieri e con l'uscire penetrati dai doni della grazia di Dio.
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Il dono della pietà porta ad amar l'abito religioso, il quale distingue chi si consacra a Dio da chi, invece, vive la vita comune del cristiano. Abito sacro, benedetto, che si è ricevuto con tanta devozione e che ci verrà messo addosso dopo la nostra morte, nel sepolcro.
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La pietà ci porta, poi, ad amare tutto quel che serve direttamente a Dio. Ci porta anche ad amare in modo spirituale, soprannaturale le persone consacrate a Dio. Ci porta ad amare anche le persone che hanno con noi qualche relazione. Quindi, vi è la pietà materna, la pietà paterna, la pietà fraterna, la pietà filiale. Tutto quello che è di Dio o che riflette gli attributi, le ricchezze di Dio e quelle cose che partecipano di più dell'essere di Dio o che più hanno relazione con Dio stesso.
Chiedere il dono della pietà, sì. Una pietà come quella del cuore di Gesù, che è nell'ostia, vivo, palpitante, onde pregare con lui, onde sentire lui, onde avere una comunicazione dolce con lui. E quando l'anima si sente già presa tutta da lui, si sente che gli appartiene, l'anima, assai più che una sposa lo sposo, allora l'anima potrà capire di più il Vangelo, potrà capire specialmente i discorsi di Gesù sulla montagna, il discorso di Gesù a Nicodemo, i discorsi di Gesù prima di andare a cominciare la sua passione; si potrà anche arrivare a capire il Cantico dei Cantici, libro così elevato e tutto ispirato da una pietà profonda, sentita.
Volevo conchiudere così: domandiamo tanto il dono della pietà, uno dei sette doni dello Spirito Santo. Di lì in là, poi, l'intimità con Gesù può arrivare a punti molto più alti ancora. Bisognerebbe intendere San Paolo come mistico, per questo. Ma il Signore ha i suoi doni e li dà agli umili1.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (15-23 gennaio 1957) alle Pie Discepole del Divin Maestro
Roma, Via Portuense 739, 17 gennaio 1957*
* Nastro 10/e ( = cassetta 25/b). - Per la datazione, cf PM: «...ma il Signore ha i suoi doni e li dà agli umili» (cf PM in c72). - dAS, 17/1/1957: «Dopo la recita del Breviaro va [il PM] in via Portuense dalle PD per le due prediche degli Esercizi SS» (cf dAS in c27 e c47). - VV (cf c16).
1 Dn 3,57.
1 Eb 5,7.
1 Rm 8,15.
2 Gv 1, 12.
1 Cf GREGORIO MAGNO, EP V, 46.
1 At 20,28.
1 1Cor 4,1.
1 Sal 25,8.
1 Cf 1Pt 5,5.